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n. 3-2008 - © copyright

 

VERONICA PAMIO

Le novità introdotte dal Trattato di Lisbona. Spunti di riflessione


SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Disposizioni generali. Personalità giuridica, simboli e struttura dell'Unione europea. - 3. Fonti del diritto comunitario. Norme, primauté del diritto comunitario e impulso popolare all'iniziativa normativa. - 4. Diritti e rapporti con la società civile. Carta dei diritti fondamentali, Convenzione europea dei diritti dell'uomo, cittadinanza e strumenti di consultazione delle parti sociali. 5. Istituzioni dell'Unione europea. - 5.1. La presidenza del consiglio europeo. - 5.2. La presidenza delle formazioni del Consiglio. - 5.3. L'Alto Rappresentante dell'Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza. - 5.4. Il Presidente della Commissione. - 5.5. I Commissari europei. - 5.6. Competenze del Parlamento europeo e ripartizione dei seggi. - 5.7. La giurisdizione della Corte di giustizia e la sua composizione. - 6. Rapporti Unione europea - Stati membri. - 6.1. Ripartizione delle competenze tra Unione e Stati membri. - 6.2. Sussidiarietá e proporzionalitá. - 6.3. Voto a maggioranza qualificata. - 6.4. Clausola di Ioannina. - 7. Politiche. - 7.1. Politica estera e di difesa comune. - 7.2. Energia e cambiamenti climatici. - 7.3. Clausola sociale e concorrenza. - 7.4. Violenza domestica. - 8. Revisione dei trattati e clausola di recesso. - 8.1. Revisione dei trattati. - 8.2. Recesso dall'Unione europea.

1. Premessa
L'arresto del processo di ratifica del trattato costituzionale europeo firmato nell'ottobre 2004, a causa del voto contrario di Francia e Paesi Bassi ai referendum del 2005, ha portato l'Europa, dopo due anni di riflessione, a proseguire l'iter di riforma dell'Unione in termini differenti. E' stato infatti necessario ripensare l'intera architettura del nuovo trattato, riducendone sensibilmente l'ambizione e la portata per tentare di superare l'impasse del processo evolutivo istituzionale europeo.
Il 23 giugno 2007 i capi di Stato e di Governo dell'UE, nell'ambito del Consiglio europeo del 21-22 giugno, hanno raggiunto un'intesa sulla approvazione di un mandato dettagliato per la redazione - entro la fine del 2007 - di un trattato sulla riforma istituzionale rivolto alla successiva conferenza intergovernativa.
La necessità che i lavori fossero svolti tanto rapidamente nasce dalla opportunità politica sia di ridare slancio alla riforma dei trattati, sia di rendere operativo il nuovo trattato per le elezioni del Parlamento europeo del giugno 2009.
Infatti, conformemente a quanto richiesto, il Consiglio europeo informale di Lisbona ha adottato il 19 ottobre 2007 il testo definitivo del trattato elaborato nell'ambito della CIG che, corredato da diverse dichiarazioni e protocolli allegati, è stato poi firmato dagli Stati membri il 13 dicembre 2007.
Alla firma farà seguito il processo di ratifica in tutti i 27 paesi (per uno schema aggiornato sullo stato delle ratifiche si v. http://www.robert-schuman.org/tout-comprendre-sur-le-traite-de-lisbonne.php?r=2 ).
Il nuovo trattato, che dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2009 - in tempo per le prossime elezioni del Parlamento europeo del giugno 2009 -, riflette il mandato della CIG, integrando nel TCE (che diventa TFUE) "le innovazioni risultanti dalla CIG del 2004", ovvero la sostanza del "naufragato" trattato costituzionale.
Il nuovo progetto di trattato risente ovviamente della sconfitta del trattato costituzionale. Questa ha comportato, innanzitutto, la necessità di abbandonare l'idea - tanto auspicabile - della ricodificazione organica dell'assetto istituzionale europeo nonché il concetto costituzionale, rinunciando quindi alla nascita di una nuova Europa sotto l'algida di una Costituzione. Il trattato di Lisbona non si pone dunque l'obiettivo di sostituire l'intero sistema di diritto comunitario originario, ma interviene sull'esistente. Sono inoltre scomparsi i simboli europei (bandiera e inno), ma si è comunque optato per la conservazione dei tratti fondanti del trattato costituzionale e delle innovazioni ivi contenute, riaffermando peraltro con forza il principio di sussidiarietà.
Il compromesso che si è raggiunto ha perciò riguardato prevalentemente l'aspetto formale rispetto a quello sostanziale, poiché il nocciolo duro del pacchetto di riforme istituzionali è stato nella sostanza conservato, seppur mutato in maniera consistente nella forma.
Sono perciò scomparsi i simboli dell'Unione, la primauté del diritto comunitario, i termini "legge" e "legge quadro" europea e il testo della Carta di Nizza. Ad una lettura attenta emerge però come tante disposizioni del trattato costituzionale siano state comunque mantenute nei protocolli e nelle dichiarazioni, seppur non riportate testualmente nel corpo del trattato.
Il testo, che va ad incidere sulla lettera dei trattati preesistenti e il cui contenuto non risulta pertanto di immediata percezione (il testo del trattato è composto da 7 articoli emendativi dei trattati vigenti a cui sono allegati diversi protocolli e 65 dichiarazioni), definisce così le regole per il funzionamento dell'Europa allargata, basandosi su principi di democraticità ed efficienza.

2. Disposizioni generali. Personalità giuridica, simboli e struttura dell'Unione europea

Il nuovo art. 46A del TUE riconosce all'Unione europea la personalità giuridica. Questa novità, già da sola, comporta una maggiore comprensibilità del sistema europeo, considerato che, nel sistema di diritto originario vigente l'Unione non ha personalità giuridica, mentre la Comunità europea è notoriamente soggetto di diritto internazionale. L'attribuzione di una personalità giuridica unica dovrebbe avere il pregio di chiarire la posizione dell'Unione nei rapporti internazionali e in quelli con il popolo europeo e di permettere la sua adesione, ad esempio, alla CEDU (in relazione alla CEDU si v., infra, par. 4).
A questa prima innovazione si affianca quella relativa all'assorbimento della Comunità europea nell'Unione. Di conseguenza, cambia la denominazione del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), che diviene Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
Nonostante il valore di queste disposizioni, che mirano ad una chiarificazione dell'intero sistema, purtroppo il sistema normativo comunitario continua ad essere composto dai due trattati, così come puntualmente modificati dal trattato di Lisbona. Certo è che un primo passo verso la semplificazione viene senz'altro compiuto nel momento in cui l'Unione va a sostituire in tutto la Comunità europea, eliminando la duplicità dei soggetti europei, ma non si compie il passo successivo verso un unico trattato di chiara e immediata percezione.
Inoltre, l'assorbimento della Comunità nell'Unione, oltre alle mere modifiche testuali, comporta che il metodo comunitario venga ad comprendere quanto prima disciplinato autonomamente, come il terzo pilastro: politiche comuni nell'area di libertà, sicurezza e giustizia. La politica estera e di sicurezza comune (secondo pilastro) continua invece ad essere soggetta a procedure decisionali specifiche, scelta questa dovuta con tutta probabilità alle resistenze incontrate nell'abbattimento completo della struttura a pilastri.
Per quello che riguarda, invece, i simboli dell'Unione europea, nonostante la mancata inclusione nel trattato, una dichiarazione allegata ricorda che Belgio, Bulgaria, Germania, Grecia, Spagna, Italia, Cipro, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Austria, Portogallo, Romania, Slovenia e Repubblica slovacca dichiarano che la bandiera, l'inno, il motto "Unita nella diversità", l'euro quale moneta dell'Unione europea e la giornata dell'Europa del 9 maggio continueranno ad essere i simboli della comune appartenenza dei cittadini all'Unione europea e del loro legame con la medesima come, del resto, è stato sinora anche in mancanza di una norma che espressamente li definisse tali.

3. Fonti del diritto comunitario. Norme,
primauté del diritto comunitario e impulso popolare all'iniziativa normativa
Con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, le direttive, i regolamenti e le decisioni restano tali, abbandonando l'idea di adottare nuove definizioni come "leggi europee" e "leggi quadro europee". Viene però fissata una gerarchia tra le norme, fissando la distinzione tra atti legislativi, atti delegati e atti di esecuzione.
L'atto legislativo viene definito come l'atto giuridico adottato mediante procedura legislativa ordinaria (adozione congiunta di regolamento, direttiva o decisione da parte del PE e del Consiglio su proposta della Commissione) o speciale (adozione di regolamento, direttiva o decisione da parte del PE con la partecipazione del Consiglio o da parte del Consiglio con la partecipazione del PE anche su iniziativa di un gruppo di Stati membri).
L'atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrino o modifichino elementi determinati non essenziali dell'atto legislativo (atti delegati), determinando esplicitamente gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di potere. Se previsto nell'atto legislativo di delega, questa può essere soggetta a revoca o a condizione sospensiva dell'entrata in vigore.
L'atto di esecuzione è competenza della Commissione o in casi specifici determinati del Consiglio (solo se previsto da atto giuridicamente vincolante). In tal caso, il Parlamento e il Consiglio stabiliscono nell'atto legislativo le regole e i principi relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio di tali competenze.
Si afferma perciò il principio secondo cui il Parlamento e il Consiglio hanno uguali poteri per quanto attiene alla definizione delle modalità di controllo degli atti delegati e degli atti di esecuzione (comitatologia).
Da rilevare, inoltre, la scomparsa dal novero delle fonti europee della decisione-quadro (parimenti all'innovazione prevista nel progetto di trattato costituzionale) che comporta che la cooperazione di polizia e la giustizia penale siano disciplinate da atti normativi ordinari.
Per quello che riguarda il noto principio della primauté, una dichiarazione allegata al trattato cristallizza la giurisprudenza della Corte di giustizia, secondo cui il diritto comunitario originario e derivato prevale sul diritto degli Stati membri. Riporta, inoltre, testualmente il parere del Servizio giuridico del Consiglio del 22 giugno 2007 proprio sul primato del diritto comunitario, definendolo "principio fondamentale del diritto comunitario stesso". Dopo aver ribadito con forza la primarietà del diritto comunitario, il parere prosegue affermando che la circostanza che il principio della preminenza non sia incluso nel futuro trattato non deve alterare in alcun modo l'esistenza del principio e la giurisprudenza consolidata della Corte di Giustizia. Questo rappresenta uno dei casi in cui la distanza formale dal trattato costituzionale - ove il primato del diritto comunitario era affermato nel corpo dell'articolato e precisamente nell'art. I-6 denominato "Diritto dell'Unione" - risalta particolarmente.
Inoltre, anche per ovviare al problema del deficit di democrazia dell'Unione, il trattato di Lisbona inserisce uno strumento che ricorda l'iniziativa normativa popolare. Un milione di cittadini che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri può chiedere alla Commissione di presentare una proposta normativa nell'ambito delle sue attribuzioni, su materie in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell'Unione ai fini dell'attuazione dei trattati, introducendo un nuovo e importante strumento di democrazia partecipativa (art. 8 B TUE modificato).

4. Diritti e rapporti con la società civile. Carta dei diritti fondamentali, Convenzione europea dei diritti dell'uomo, cittadinanza e strumenti di consultazione delle parti sociali

Per quello che riguarda la protezione dei diritti, si rinuncia a comprendere nel trattato le norme della Carta di Nizza per le medesime ragioni di opportunità per cui si è deciso di abbandonare il nomen "trattato costituzionale", ovvero la necessità di diminuire l'impatto del trattato e trovare un buon compromesso tra i Paesi membri, ma - e si tratta di un'innovazione di rilievo - viene assicurato carattere giuridicamente vincolante alla Carta.
In particolare, attraverso una norma di rinvio, che però non avrà valore per la Gran Bretagna e per la Polonia che hanno ottenuto una clausola di esclusione relativa alla giurisdizione della Corte di Giustizia e dei tribunali nazionali in materia di protezione di diritti sanciti dalla Carta, la Carta dei diritti ottiene lo stesso valore giuridico dei trattati, dopo essere stata proclamata solennemente durante la sessione plenaria del Parlamento europeo del 12 dicembre 2007 da parte dei Presidenti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione.
Il nuovo art. 6 del TUE riconosce perciò i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta, attribuendogli il medesimo valore giuridico dei trattati. Ricorda, al 2° paragrafo, che le disposizione della Carta non comportano l'effetto di estendere le competenze dell'Unione e rimanda per l'interpretazione delle norme alla Carta medesima (titolo III).
Inoltre, una dichiarazione allegata al trattato esplicita che la Carta conferma i diritti fondamentali garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri.
Nonostante la Carta di Nizza non sia stata trasposta nel diritto comunitario originario, si deve rilevare che l'affermazione del valore giuridico vincolante comporta che i diritti ivi protetti vi facciano comunque ingresso, seppur con un rinvio, e di conseguenza impongono anche l'applicazione della riserva di legge contenuta nell'art. 52.1 della stessa Carta (in relazione a questo punto si v. J. ZILLER, Il nuovo Trattato europeo, Bologna, 2007, 49 ss.).
Per quello che attiene alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, è previsto che il Consiglio adotti all'unanimità la decisione di concludere l'accordo sull'adesione dell'Unione alla Convenzione europea, previa approvazione del Parlamento europeo e degli Stati membri, conformemente alle rispettive norme costituzionali.
Una dichiarazione allegata al trattato afferma poi che l'adesione dell'Unione alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali debba realizzarsi con modalità atte a preservare le specificità dell'ordinamento giuridico dell'Unione. A tale riguardo, la conferenza intergovernativa prende atto dell'esistenza di un dialogo regolare fra la Corte di giustizia dell'Unione europea e la Corte europea dei diritti dell'uomo che potrà essere rafforzato non appena l'Unione europea avrà aderito alla convenzione.
Ad ogni buon conto l'art. 6 del TUE modificato afferma che i diritti garantiti dalla CEDU e quelli risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni dei Paesi membri fanno parte, quali principi generali, del diritto dell'Unione.
Giova segnalare, inoltre, che all'articolo 8 del TUE modificato figura ora la definizione di cittadinanza: "è cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce".
Da ultimo, il trattato rinnova la necessità di un dialogo costante e trasparente con le associazioni rappresentative e con la società civile, anche attraverso la consultazione pubblica. Inoltre, afferma che l'Unione riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali al suo livello, tenendo conto della diversità dei sistemi nazionali. Si proclama inoltre l'obiettivo di facilitare il dialogo tra tali parti, nel rispetto della loro autonomia e viene riconosciuto come il vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione contribuisca al dialogo sociale.

5. Istituzioni dell'Unione europea
5.1. La presidenza del Consiglio europeo
Le maggiori novità del trattato di Lisbona si individuano nell'intervento sull'assetto istituzionale europeo che è stato ritenuto da più parti inadeguato per l'Europa a 27 membri (si v., in argomento, A. VILLAFRANCA, Il Trattato di Lisbona: fine di una crisi?, in ISPI, n. 63, 2007, 2) e che ha perciò necessitato di una revisione complessiva.
Il nuovo trattato prevede l'istituzione di una Presidenza stabile del Consiglio europeo che duri fino a cinque anni e permetta al Presidente stabile di svolgere un ruolo centrale nella preparazione del Consiglio europeo e nei vertici. In particolare, la Presidenza è attribuita ad una personalità nominata per due anni e mezzo, rinnovabile per una sola volta e incompatibile con un mandato nazionale. Entro giugno 2008 si abbandonerà quindi la rotazione semestrale, a favore di un mandato stabile. Il Presidente presiede e anima i lavori del Consiglio europeo, ne assicura la preparazione e la continuità dei lavori, in cooperazione con il Presidente della Commissione e in base ai lavori del Consiglio "Affari generali". Si adopera per facilitare la coesione e il consenso in seno al Consiglio europeo e presenta al Parlamento europeo una relazione dopo ciascuna riunione. Il presidente del Consiglio europeo assicura, al suo livello e in tale veste, la rappresentanza esterna dell'Unione per le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune, fatte salve le attribuzioni dell'Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, il quale comunque partecipa ai lavori del Consiglio europeo (in relazione a cui si v. infra).
Una strutturazione di questo tipo del Consiglio europeo condurrà con tutta probabilità ad una diminuzione del ruolo del Presidente della Commissione, le cui competenze - come affermato dal ministro degli esteri belga, Karel De Gucht - si fermeranno agli aspetti comunitari economici. Evidenti, dunque, le preoccupazioni dei Paesi "minori" dovute al fatto che questo tipo di scenario potrebbe condurre all'appropriazione, da parte dei Paesi grandi, della politica estera europea.

5.2. La presidenza delle formazioni del Consiglio
Il paragrafo 9 dell'articolo 9C del TUE modificato afferma che la presidenza delle formazioni del Consiglio, ad eccezione della formazione "Affari esteri", è esercitata dai rappresentanti degli Stati membri nel Consiglio secondo un sistema di rotazione paritaria.
Una dichiarazione allegata al trattato riporta un progetto di decisione del Consiglio europeo, da adottare il giorno dell'entrata in vigore di tale trattato che dispone quanto segue. La decisione prevede che la presidenza del Consiglio, sempre ad eccezione della formazione "Affari esteri", sia esercitata da gruppi predeterminati di tre Stati membri per un periodo di 18 mesi, che esercitano a turno la presidenza per tutte le formazioni per un tempo di sei mesi ciascuno.
La decisione specifica inoltre che il Consiglio "Affari generali" assicura, in collaborazione con la Commissione, la coerenza e la continuità dei lavori delle varie formazioni del Consiglio nell'ambito di una programmazione pluriennale.

5.3. L'Alto Rappresentante dell'Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza
Il nuovo trattato inserisce la figura istituzionale dell'Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (in luogo del Ministro degli esteri previsto dalla Costituzione), che rappresenti l'Europa sul piano internazionale e presieda il Consiglio Affari esteri. L'Alto Rappresentante è nominato e revocato dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata dei membri e con l'accordo del Presidente della Commissione. Guida la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione e la attua in qualità di mandatario del Consiglio. Vigila sulla coerenza dell'azione estera dell'Unione e, come Vicepresidente della Commissione, ha la responsabilità delle relazioni e dell'azione esterna dell'Unione.
Una dichiarazione allegata al trattato assicura che durante i lavori preparatori della nomina dell'Alto Rappresentante, conformemente all'articolo 9E del TUE, saranno presi gli opportuni contatti con il Parlamento europeo, dichiarazione che pare coinvolgere il Parlamento nella nomina, almeno in via informativa.
Come ufficio di supporto all'attività dell'Alto Rappresentante è previsto il servizio europeo per l'azione esterna che lavora in collaborazione con i servizi diplomatici degli Stati membri. E' composto da funzionari dei servizi competenti del segretariato generale del Consiglio e della Commissione e da personale distaccato dai servizi diplomatici nazionali. In relazione a quest'ultimo punto, però, si deve ricordare che, quando sembrava vicina l'entrata in vigore del trattato costituzionale, la Commissione e il Consiglio avevano intrapreso la impostazione di un servizio nella medesima direzione ed erano emerse diverse difficoltà, dettate proprio dalla circostanza che anch'esso comprendeva funzionari delle istituzioni e diplomatici nazionali.

5.4. Il Presidente della Commissione
Il Presidente della Commissione è eletto dal Parlamento europeo sulla base di una candidatura proposta dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata, tenuto conto dei risultati delle elezioni del Parlamento e dopo aver svolto le consultazioni opportune. Se il candidato non ottiene la maggioranza, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone entro un mese un nuovo candidato, che è eletto dal Parlamento secondo la medesima procedura. E' poi il Consiglio, di comune accordo con il presidente eletto, ad adottare l'elenco delle altre personalità che propone di nominare membri della Commissione, selezionate in base alle proposte presentate dagli Stati membri.
Il Presidente della Commissione, l'Alto Rappresentante e i membri della Commissione sono poi soggetti collettivamente ad un voto di approvazione del Parlamento a seguito del quale il Consiglio europeo nomina la Commissione a maggioranza qualificata.
Il Presidente definisce gli orientamenti della Commissione, ne decide l'organizzazione interna e provvede alla nomina dei Vicepresidenti, fatto salvo l'Alto Rappresentante che lo è di diritto e che rassegna le sue dimissioni proprio su richiesta del Presidente della Commissione.
Giova segnalare, inoltre, che una dichiarazione allegata al trattato dispone che la scelta delle persone chiamate ad occupare la carica di presidente del Consiglio europeo, di presidente della Commissione e di alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza debba tenere debitamente conto della necessità di rispettare la diversità geografica e demografica dell'Unione e dei suoi Stati membri.

5.5. I Commissari europei
A partire dal 2014 il numero dei Commissari è ridotto a due terzi del numero degli Stati membri (da 27 a 15 compreso il Presidente e l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza), in base al principio di rotazione paritaria, che consente di riflettere la molteplicità demografica e geografica degli Stati membri, a meno che il Consiglio europeo, deliberando all'unanimità, non decida di modificare tale numero.
Una dichiarazione allegata al trattato esprime un monito proprio su questo punto, ricordando che quando la commissione non includerà più cittadini di tutti gli Stati membri, sarà necessario dedicare particolare attenzione alla necessità di assicurare piena trasparenza nelle relazioni con tutti gli Stati membri. Di conseguenza, si dovranno mantenere stretti contatti con tutti gli Stati membri, indipendentemente dal fatto che essi abbiano un loro cittadino tra i membri della Commissione, assicurando che le realtà politiche, sociali ed economiche di tutti gli Stati membri, inclusi quelli che non hanno loro cittadini tra i membri della Commissione, siano pienamente prese in considerazione, anche mediante l'adozione delle appropriate disposizioni organizzative.
E' il Parlamento europeo a votare sull'investitura della Commissione nel suo insieme. In seguito a tale approvazione la Commissione è nominata dal Consiglio europeo, che delibera a maggioranza qualificata.

5.6. Competenze del Parlamento europeo e ripartizione dei seggi
E' prevista un'estensione della procedura di codecisione a circa 50 settori e che finisce per coprire circa il 95% della legislazione europea. Il Parlamento europeo, in tal modo, si trova ad operare come co-legislatore su un piano di parità con il Consiglio in gran parte dell'attività legislativa, ma soprattutto in aree come Giustizia, Sicurezza e Immigrazione. Inoltre, vengono conferiti al Parlamento importanti poteri in materia di bilancio ove viene garantita la piena parità tra Parlamento e Consiglio per quello che attiene l'approvazione del bilancio e del quadro finanziario pluriennale. Vengono estesi altresì i poteri del Parlamento europeo in tema di accordi internazionali (in relazione a cui si v. il nuovo art. 188N TFUE).
Per quello che riguarda la ripartizione dei seggi del Parlamento europeo tra gli Stati membri, ricordiamo la polemica scaturita dal nuovo criterio proposto dagli europarlamentari Alain Lamassoure e Adrian Severin. I due parlamentari hanno infatti ricevuto il mandato di rivedere le norme relative alla ripartizione dei seggi tra Stati membri entro fine anno e comunque in tempo utile per utilizzare i nuovi criteri nelle elezioni del 2009 sulla base del principio della "proporzionalità decrescente". La proposta che hanno presentato ha ricevuto non poche critiche proprio in merito all'interpretazione che i deputati hanno dato al principio della proporzionalità decrescente, nonché alla base di calcolo utilizzata per assegnare i seggi.
Lamassoure e Severin hanno proposto alla Commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo - che la ha approvata - una ripartizione di questo tipo: per un emiciclo di 750 seggi: Germania - 3 seggi (a causa della fissazione nel trattato del tetto massimo a 96 seggi, invece dei 99 previsti dal trattato di Nizza), Francia +2 seggi (74 rispetto a 72), Regno Unito + 1 (73 invece di 72), Italia: status quo ante (72), Spagna + 4 (54 invece di 50), Polonia + 1 (51 invece di 50), Romania status quo ante (33), Paesi Bassi + 1 (26 invece di 25), Grecia, Portogallo, Belgio, Ungheria e Repubblica ceca: status quo ante (tutti 22), Svezia + 2 (20 invece di 18), Austria + 2 (19 invece di 17), Bulgaria + 1 (18 invece di 17), Danimarca, Slovacchia, Finlandia: status quo ante (tutti 13), Irlanda e Lituania status quo ante (tutti 12), Lettonia + 1 (9 invece di 8), Slovenia + 1 (8 invece di 7), Estonia, Cipro, Lussemburgo status quo ante (tutti 6), Malta + 1 (6 invece di 5). I due parlamentari hanno sostenuto - anche durante un'audizione presso il nostro Parlamento - che, considerato il breve tempo di cui hanno disposto, la soluzione rappresenta la migliore proponibile. L'art. 9A del futuro trattato, infatti, impone limiti ben precisi di tipo numerico per i deputati del PE. Come accennato innanzitutto un massimo di 750 parlamentari totali. Inoltre, un limite massimo di 96 parlamentari per il paese più popolato e un limite minimo di 6 parlamentari per il meno popolato. In quanto alla base di calcolo, i proponenti hanno scelto - contrariamente a quanto auspicato dal nostro Paese - il criterio della residenza e non quello della cittadinanza.
Anche dinanzi alle tante critiche, la stessa Commissione affari costituzionali ha chiesto che la ripartizione proposta sia riveduta, molto prima della legislatura 2014-2019, per istituire un sistema di ripartizione che posa dirsi "obiettivo ed equo".
A seguito dell'opposizione del governo italiano, che non ha accettato di buon grado la ripartizione dei seggi né il criterio della residenza, al trattato è stata aggiunta una dichiarazione che attribuisce un seggio supplementare al Parlamento europeo all'Italia per la legislatura 2009-2014. Il Consiglio europeo adotterà questa decisione in dicembre, sulla base di una nuova proposta del PE, che riprenderà la formula adottata a Lisbona. Inoltre, si è deciso che il principio della cittadinanza sarà preso in considerazione per le successive elezioni al Parlamento europeo, e cioè per il 2014, data entro la quale il Consiglio europeo dovrà dare il suo accordo politico sul progetto riveduto di decisione sulla composizione del Parlamento europeo.

5.7. La giurisdizione della Corte di giustizia e la sua composizione
La giurisdizione della Corte di Giustizia è estesa a tutte le attività dell'Unione, fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune. Include perciò il controllo delle misure che limitano i diritti delle persone.
Per quello che riguarda gli avvocati generali della Corte di Giustizia europea, la Conferenza ha stabilito in una dichiarazione aggiuntiva che, nel caso in cui la Corte di Giustizia, conformemente all'articolo 222, par. 1, del TFUE, chieda l'aumento degli avvocati sino al numero di 11, il Consiglio deliberi all'unanimità proprio per l'ampliamento di tre posti. La Corte sarebbe perciò formata da 11 avvocati generali, di cui sei permanenti (provenienti dai 6 Stati grandi: Germania, Regno Unito, Italia, Spagna, Francia e Polonia) e cinque scelti tra gli altri Stati con un criterio di rotazione.

6. Rapporti Unione europea - Stati membri
6.1. Ripartizione delle competenze tra Unione e Stati membri
Competenze esclusive dell'Unione sono l'unione doganale, la definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno, la politica monetaria, la conservazione delle risorse biologiche del mare e la politica commerciale comune. L'Unione ha inoltre competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali, allorché questa sia prevista in un atto legislativo dell'Unione o si renda necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui possa incidere su norme comuni o alterarne la portata. Essa esercita invece azioni di sostegno, coordinamento o completamento dell'azione degli Stati membri in materia di tutela e miglioramento della salute umana, industria, cultura, turismo, istruzione, formazione professionale, gioventù, sport, protezione civile e cooperazione amministrativa.
La competenza concorrente è di tipo residuale nel caso in cui i trattati attribuiscano una competenza all'Unione che non rientri tra le competenze esclusive, né tra le azioni di sostegno, coordinamento o completamento. In particolare, competenze concorrenti attengono a mercato interno, politica sociale, coesione economica, sociale e territoriale, agricoltura e pesca, ambiente, protezione dei consumatori, trasporti, reti transeuropee, energia, spazio di libertà, sicurezza e giustizia, problemi comuni in materia di sicurezza in materia di sanità pubblica. Inoltre, nei settori della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dello spazio, l'Unione ha competenza per condurre azioni, in particolare di definizione e attuazione di programmi, senza che l'esercizio di tale competenza possa comportare la conseguenza di impedire agli Stati membri di esercitare la loro. Analoga previsione è individuata per la cooperazione allo sviluppo e l'aiuto umanitario, ove l'Unione ha competenza per condurre azioni e una politica comune, senza che l'esercizio di tale competenza possa produrre l'effetto di impedire agli Stati membri di esercitare la propria.
Da segnalare, inoltre, la possibilità che l'Unione prenda misure per assicurare il coordinamento delle politiche occupazionali degli Stati membri, in particolare definendo gli orientamenti per dette politiche e iniziative per garantire il coordinamento delle politiche sociali degli Stati membri.

6.2. Sussidiarietá e proporzionalitá
Il trattato impone che le proposte normative comunitarie siano esaminate dai Parlamenti nazionali e che nel caso in cui un terzo dei Parlamenti nazionali ritenga che la proposta possa ledere le proprie competenze, la Commissione sia tenuta a riverificare la legittimità della proposta. A quel punto, la Commissione (o chi abbia esercitato l'iniziativa legislativa) può decidere di ritirare la proposta, modificarla o confermarla, spiegando al Parlamento e al Consiglio dei Ministri le ragioni del mancato ritiro (c.d. regola del cartellino giallo).
Inoltre, se una maggioranza semplice dei parlamenti nazionali adotta un parere in cui dichiara che una proposta legislativa non rispetta il principio di sussidiarietà e se il Consiglio o il Parlamento concordano con i parlamenti nazionali, la proposta è respinta.
Una dichiarazione allegata al trattato evidenzia che, "conformemente al sistema di ripartizione delle competenze tra l'Unione e gli Stati membri previsto dal trattato sull'Unione europea e dal trattato sul funzionamento dell'Unione europea, qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei trattati appartiene agli Stati membri. Quando i trattati attribuiscono all'Unione una competenza concorrente con quella degli Stati membri in un determinato settore, gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l'Unione non ha esercitato la propria o ha deciso di cessare di esercitarla. Quest'ultimo caso si verifica quando le competenti istituzioni dell'Unione decidono di abrogare un atto legislativo, in particolare per assicurare meglio il rispetto costante dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. Il Consiglio può chiedere, su iniziativa di uno o più dei suoi Stati membri (rappresentanti di Stati membri), [.] alla Commissione di presentare proposte per abrogare un atto legislativo". Se perciò la dichiarazione conferma il sistema di ripartizione di competenze tra Stati membri e Unione, innova nel punto in cui permette al Consiglio di chiedere alla Commissione di esercitare la propria iniziativa per abrogare un atto comunitario. La dichiarazione si conclude con un impegno della Commissione europea ad attribuire "un'attenzione particolare" a questi suggerimenti.

6.3. Voto a maggioranza qualificata
Il voto a maggioranza qualificata viene a sostituire l'unanimità in oltre quaranta settori, tra i quali il coordinamento delle politiche economiche, la proprietà intellettuale, la politica dei trasporti, la politica energetica e il turismo. Il trattato inoltre ridefinisce la maggioranza qualificata, introducendo il sistema della doppia maggioranza, ovvero il 55 per cento degli Stati membri che rappresentino il 65 per cento della popolazione europea. Questo sistema si applicherà però solo a partire dal primo novembre 2014, restando fino a tale data in vigore le previsioni di Nizza, essendo comunque prevista, fino al 31 marzo 2017, la possibilità di attuare il regime transitorio (in relazione a cui si v. il titolo II del Protocollo sulle Disposizioni Transitorie).

6.4. Clausola di Ioannina
Per consentire una transizione "fluida" al sistema di voto che si adotterà a partire dal novembre 2014 è prevista, in una decisione del Consiglio da adottare il giorno dell'entrata in vigore del trattato, la c.d. clausola di Ioannina che prevede lo slittamento di una decisione presa a maggioranza anche nel caso in cui solo una minoranza di paesi sia contraria. Più in particolare, dal novembre 2014 i Paesi che rappresentano il 75 per cento di una minoranza di blocco (sia in termini di Stati che di popolazione) possono deferire la questione al Consiglio affinché raggiunga un accordo entro un termine ragionevole. A tal fine, è stabilito che il Presidente del Consiglio metta in atto, con l'assistenza della Commissione e nel rispetto del regolamento interno del Consiglio, qualsiasi iniziativa necessaria per facilitare la realizzazione di una più ampia base di accordo nel Consiglio. Le predette soglie - in base alla nuova intesa - verranno ridotte al 55 per cento della minoranza di blocco a partire dal 31 marzo 2017.
Nonostante le ferme richieste della Polonia, la clausola non è entrata nel corpo del trattato, ma nella decisione che il Consiglio farà entrare in vigore contemporaneamente al trattato. E' stato però previsto in un Protocollo allegato che, prima che il Consiglio esamini qualsiasi progetto teso alla modifica o all'abrogazione della decisione di cui sopra, ovvero alla modifica indiretta della sua portata o del suo senso mediante la modifica di un altro atto giuridico dell'Unione, sia necessaria una delibera preliminare all'unanimità del Consiglio europeo.

7. Politiche
7.1. Politica estera e di difesa comune
Una dichiarazione allegata al trattato sottolinea che le disposizioni del TUE riguardanti la politica estera e di sicurezza comune, compresa la creazione della carica di alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e l'istituzione di un servizio per l'azione esterna, devono intendersi senza pregiudizio sia delle competenze degli Stati membri nella formulazione e conduzione della loro politica estera sia della loro rappresentanza nazionale nei paesi terzi e nelle organizzazioni internazionali. Inoltre, conferma che l'Unione europea e i suoi Stati membri resteranno vincolati dalle disposizioni della Carta delle Nazioni Unite e, in particolare, dalla responsabilità primaria del Consiglio di sicurezza e dei suoi membri per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali.
Oltre alla possibilità prevista, anche su richiesta dell'Italia, di porre in essere cooperazioni rafforzate tra un minimo di nove Stati membri, il trattato indica che per quello che attiene alla difesa, gli Stati membri che rispondono a criteri più elevati in termini di capacità militari e che hanno sottoscritto impegni più vincolanti in materia ai fini delle missioni più impegnative instaurano una cooperazione strutturata permanente nell'ambito dell'Unione, che può condurre ad un sistema di difesa comune.
Il trattato prevede anche che, qualora uno Stato membro subisca un'aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri siano tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, senza pregiudizio del carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri.

7.2. Energia e cambiamenti climatici
Quanto all'energia, il nuovo Trattato precisa che, nel quadro dell'instaurazione o del funzionamento del mercato interno e tenendo conto dell'esigenza di preservare e migliorare l'ambiente, la politica dell'Unione nel settore dell'energia è intesa, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, a garantire il funzionamento del mercato dell'energia, la sicurezza dell'approvvigionamento energetico nell'Unione, a promuovere il risparmio energetico, l'efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili e l'interconnessione delle reti energetiche.
La promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici viene a far parte degli obiettivi dell'Unione.

7.3. Clausola sociale e concorrenza
Nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni (ad esempio in tema di energia, brevetti, turismo, sport), l'Unione tiene conto delle esigenze connesse alla promozione di un livello di occupazione elevato, della garanzia di una protezione sociale adeguata, della lotta contro l'esclusione sociale e di un livello elevato di istruzione, formazione e tutela della salute umana.
Inoltre, la concorrenza esce dal novero degli obiettivi fondamentali dell'Unione, ma viene richiamata in un Protocollo aggiuntivo.

7.4. Violenza domestica
Una dichiarazione allegata al trattato conferma che, nell'ambito degli sforzi generali per eliminare le ineguaglianze tra donne e uomini, l'Unione mirerà, nelle sue varie politiche, a lottare contro tutte le forme di violenza domestica. Ricorda, inoltre, che gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure necessarie per prevenire e punire questi atti criminali e per sostenere e proteggere le vittime.

9. Revisione dei trattati e clausola di recesso
9.1. Revisione dei trattati

A seguito dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona, i trattati potranno essere modificati conformemente a una procedura di revisione ordinaria o a procedure semplificate.
La procedura ordinaria prevede che il governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione possa sottoporre al Consiglio progetti per modificare i trattati anche per accrescere o ridurre le competenze attribuite all'Unione nei trattati, notificandoli anche ai Parlamenti nazionali. Qualora il Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento e della Commissione, adotti a maggioranza semplice una decisione favorevole all'esame delle modifiche proposte, il presidente del Consiglio europeo convoca di norma una convenzione composta da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei capi di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione. La convenzione esamina i progetti di modifica e adotta per consenso una raccomandazione a una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri per stabilire di comune accordo le modifiche da apportare ai trattati (il Consiglio europeo può però decidere a maggioranza semplice, previa approvazione del Parlamento europeo, di non convocare una convenzione qualora l'entità delle modifiche non lo giustifichi. In questo caso, definisce direttamente il mandato per la conferenza). Le modifiche entrano in vigore dopo essere state ratificate da tutti gli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali. Qualora, però, al termine di un periodo di due anni a decorrere dalla firma di un trattato che modifica i trattati, i quattro quinti degli Stati membri abbiano ratificato detto trattato e uno o più Stati membri abbiano incontrato difficoltà nelle procedure di ratifica, la questione è deferita al Consiglio europeo.
I trattati possono inoltre essere modificati conformemente a procedure di revisione semplificate. Il governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione può sottoporre al Consiglio europeo progetti intesi a modificare in tutto o in parte le disposizioni relative alle politiche e azioni interne dell'Unione, esclusa la possibilità di estendere le compente dell'Unione come delineate dal diritto comunitario originario. In tal caso, il Consiglio europeo può adottare una decisione che modifica in tutto o in parte queste disposizioni, deliberando all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione. Anche tale decisione ovviamente entra in vigore solo previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali.
Altra procedura semplificata permette di passare dall'unanimità alla maggioranza qualificata nel Consiglio (esclude le decisioni che hanno implicazioni militari o che rientrano nel settore della difesa) o da una procedura legislativa speciale alla codecisione, mediante una decisione unanime del Consiglio, previa approvazione del Parlamento. In entrambi i casi, tale decisione entra però in vigore solo in mancanza di opposizione degli Stati membri. Infatti, nel caso un cui un parlamento nazionale notifichi la propria opposizione entro sei mesi dalla data della trasmissione della decisione, la medesima non può essere adottata e può applicarsi la sola revisione ordinaria del trattato.
Sia nella procedura ordinaria che in quelle semplificate, il Parlamento europeo ha un ruolo importante in quanto possiede il diritto di iniziativa, partecipa alla convenzione prevista dalla procedura ordinaria e, sempre nell'ambito della medesima procedura ma nei casi di minore importanza, in cui il Consiglio voglia evitare la convenzione e definire direttamente il mandato per la Conferenza dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri, è necessaria una sua approvazione.

9.2. Recesso dall'Unione europea
I trattati in vigore sono stati stipulati a tempo indeterminato e non prevedono alcuna clausola di recesso dall'Unione. Nella storia dell'Unione europea, peraltro, solo in un'occasione si è verificato il recesso di uno Stato membro, ovvero della Groenlandia che, nel 1985, decise di uscire dall'ordinamento europeo, imponendo una modifica dei trattati.
Il nuovo trattato prevede invece una clausola espressa di recesso volontario dall'Unione. Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio europeo. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio europeo, l'Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l'Unione.
L'accordo è concluso a nome dell'Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo.

 

(pubblicato il 21.3.2008)

 

 
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