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GIANCARLO ARMATI

Rapporto tra pubblico ministero penale e pubblico ministero contabile


La relazione fra il pubblico ministero ordinario e quello contabile è posta dalla legge all’art. 129, co. III, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale Vassalli. Tale norma fa obbligo al magistrato requirente, che eserciti l’azione penale per un reato che abbia cagionato danno all’erario, di informare il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti, dando notizia dell’imputazione. Naturalmente tale obbligo, dopo la riforma organica della Corte dei Conti che ne ha determinato il decentramento, deve essere adempiuto nei confronti dei Procuratori Generali regionali, competenti per territorio.
La norma, che ha costituito una novità rispetto al precedente codice di procedura penale, induce a riflettere, ponendole a confronto, sulle prerogative delle due magistrature requirenti, 1’ordinaria e quella della Corte dei Conti.
La relazione fra i due uffici può essere utilmente illustrata sotto un profilo storico, sotto il profilo dell’oggetto specifico della tutela rispettivamente esercitata e conseguentemente dell’azione, ed infine sotto il profilo dei loro specifici poteri. Da ultimo, si passerà ad illustrare come la pratica attività e le scelte processuali del pubblico ministero ordinario possano ripercuotersi nel procedimento contabile.

 

1) Cenno storico
Si è detto sopra dell’utilità di una comparazione storica fra i due uffici ma, in questa sede, ci si limiterà a brevi cenni, sebbene la materia meriti ben altro approfondimento che condurrebbe a scoprire notevoli aspetti simmetrici nell’evoluzione dei due istituti.
Il pubblico ministero nasce nella Francia del XIV secolo ai tempi di Filippo il Bello, come magistratura del re preposta essenzialmente alla tutela degli interessi civili e fiscali della Corona presso le corti di giustizia.
Solo a partire dal XVII secolo l’ufficio conquista la prerogativa dell’esercizio dell’azione penale che, però, non può dirsi certo esclusiva, tenuto conto che gli ordinamenti giuridici continentali celebrano in quell’epoca il trionfo del processo inquisitorio, con relativi, enormi, poteri del giudice istruttore.
La Rivoluzione Francese comporta, poi, un tale rivolgimento istituzionale da configurare la fine dello Stato assoluto e l’avvio dello Stato di diritto ancora attuale ed è così che, in epoca napoleonica, a partire dalla legge 20 aprile 1810, nasce il pubblico ministero “monopolista dell’azione penale che opera gerarchicamente” (Cordero, Procedura penale, Milano 1993, p. 178).
Deve qui notarsi la prima coincidenza significativa in quanto è proprio nella Francia del Primo Impero, con la legge 16 settembre 1807, che viene Istituita la Cour de Comptes.
Dopo l’indipendenza italiana la Corte deI Conti è la più antica magistratura unitaria del nostro Stato, in quanto la sua istituzione risale alla legge 14 agosto 1862 n. 800.
Alla Corte, sin dall’origine, come organo di vertice, spettavano funzioni differenziate di controllo della pubblica amministrazione e giurisdizionale in materia di contabilità pubblica.
Quasi contemporaneamente, con il R.D. 6 dicembre 1865 n. 2626, il Regno d’Italia mutuava la disciplina che l’istituto del pubblico ministero aveva ricevuto in Francia all’epoca del Consolato, stabilendo nell’art. 129 che “il p.m. è il rappresentante del potere esecutivo presso l’autorità giudiziaria, ed è sottoposto sotto la direzione del Ministro della Giustizia”.
Per la Corte dei Conti, di particolare importanza - per l’organizzazione e le competenze dell’ufficio requirente, all’epoca strutturato nella Procura Generale centrale - è il R.D. n. 1038 del 1933 che configura l’ufficio del Procuratore Generale come “organo di natura pubblica la cui azione è diretta alla ricerca della verità e all’attuazione della legge, nonché alla tutela del patrimonio e del bilancio dello Stato” (F. Chiesa, voce Corte dei Conti in Enc. Dir., vol. X, p. 860).
Nello stesso torno di tempo, ed in regime di Stato autoritario, il sistema penale conosce i codici Rocco del 1931 e l’ordinamento giudiziario del 1942.
Tanto la Corte dei Conti quanto il pubblico ministero con 1’avvento della Repubblica godono, poi, di una stagione di progressivo allargamento delle garanzie costituzionali di indipendenza e autonomia.
Da ultimo, il pubblico ministero ordinario con il codice Vassalli acquista la figura di unico motore di un processo penale completamente accusatorio.
Cosi, la Procura presso la Corte dei Conti conosce le fondamentali riforme delle leggi n. 19 e 20 del 14 gennaio 1994, che hanno attuato il decentramento giurisdizionale regionale, modificato il regime della responsabilità amministrativa e quello delle funzioni di controllo e della legge 20 dicembre 1996 n. 639 che ha completato il processo riformatore relativo alle funzioni giurisdizionali. Da ultimo, la legge 5 giugno 2003 n. 131 che lo ha fatto per quelle di controllo istituendo apposite sezioni regionali.
Questo rapido cenno vale ad illustrare come, se all’ufficio requirente presso la Corte dei Conti è stata progressivamente riconosciuta la funzione di garanzia imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico e della corretta gestione delle risorse collettive - sotto il profilo dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità, al servizio dello Stato-comunità - ed al pubblico ministero ordinario la veste di principale attore del processo penale con funzioni anch’egli di primaria tutela dell’interesse dello Stato al rispetto della legge, dei diritti fondamentali costituzionali e della ricerca della verità, si vede come l’ufficio requirente della Corte dei Conti e quello ordinario abbiano progressivamente marciato in una complementare sincronicità verso l’attuazione dei principi dello Stato di diritto.

 

2) Danno erariale e oggetto specifico del reato.
L’azione contabile del p.m. presso la Corte dei Conti è obbligatoria ed esclusiva alla stessa stregua dell’azione penale del p.m. ordinario. Tuttavia, i fondamenti dell’una e dell’altra pur potendo coincidere nel concreto, sotto il profilo logico presentano una notevole differenza.
Il diritto penale sostanziale è notoriamente costruito sul principio di tassatività, di talché intanto è possibile configurare un reato in quanto il bene giuridico tutelato dalla fattispecie penale è espressamente indicato dalla legge. Oggetto giuridico specifico del reato - secondo la nota dizione di Alfredo Rocco - significa oggetto espressamente previsto dalla legge. Per contro, il fulcro dell’azione contabile è dato dal concetto di danno erariale che non è costituito da un numero chiuso di previsioni normative.
Il danno erariale viene definito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite come “l’esborso indebitamente sostenuto dallo Stato o dagli enti pubblici” (sent. n. 10733 del 28 ottobre 1998, Pres. Bile, est. Garofalo).
La definizione della Corte di legittimità - che evidentemente si riferisce solo all’oggettività del fenomeno, fatti salvi i criteri di imputazione riferibili a condotte soggettive - è, invero, così ampia da sfociare nell’atipicità. D’altro canto, un esame tanto della giurisprudenza contabile quanto delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, illustra quanto ampia sia l’area di tutela del danno erariale che comprende, ovviamente, non solo le fattispecie criminose e si allarga ad ogni condotta anche colposa che comunque produca un detrimento per le risorse dello Stato e degli enti pubblici. Peraltro, è ovvio che anche un conclamato reato contro la p.a., con sentenza divenuta irrevocabile, se non ha causato un danno significativo all’erario non comporta responsabilità contabile. Insomma, non c’è corrispondenza biunivoca fra danno erariale e fattispecie penale.
Tornando alla tipicità, meritano di essere segnalate le seguenti sentenze delle Sezioni Unite:
- la n. 8229 del 6 giugno 2002, che rileva come il danno erariale possa derivare non soltanto dall’attività provvedimentale ma da tutti i comportamenti commissivi o omissivi, imputabili a dolo o colpa grave che abbiano determinato un danno per lo Stato o l’ente pubblico;
- la n. 14473 del 10 ottobre 2002, secondo cui la responsabilità per danno erariale non necessita dell’esistenza di un’investitura formale, avente ad oggetto l’utilizzazione di risorse pubbliche che integri gli estremi di un rapporto di servizio, essendo a tal fine sufficiente che taluno, pur senza averne i poteri, si sia comunque ingerito, anche in via di fatto, nella gestione di tali sostanze;
- la n. 715 del 22 dicembre 2002 secondo cui l’affidamento, da parte di una regione, ad un ente privato, della gestione di corsi di formazione professionale disciplinati e finanziati dalla p.a., instaura un rapporto di servizio con detto ente e ne implica 1’assoggettamento alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilità patrimoniale per danno erariale, non rilevando, in contrario, né la natura privatistica dell’ente stesso, né la natura privatistica dello strumento contrattuale (appalto di servizio) con il quale si sia costituito ed attuato il rapporto in questione;
- e, più interessante di tutte, la n. 5668 del 25 giugno 1997, secondo la quale spetta alla Corte dei Conti la cognizione non solo del danno erariale ma anche del danno conseguente alla perdita di prestigio ed al grave detrimento dell’immagine della personalità pubblica dello Stato che, pur se non comporta una diminuzione patrimoniale diretta, è tuttavia suscettibile di una valutazione patrimoniale sotto il profilo della spesa necessaria al ripristino del bene giuridico leso.
L’azione contabile, ancorché obbligatoria come quella penale, è per sua natura un’azione di rivalsa civilistica e, quindi, un utile confronto andrebbe fatto con il pubblico ministero agente necessario in sede civile, pure conosciuto dal nostro ordinamento in due casi:
- la necessaria richiesta di fallimento da parte dell’ufficio del pubblico ministero che abbia notizia dell’insolvenza di un imprenditore;
- la conoscenza di una causa di nullità del matrimonio.
Il codice civile conosceva anche l’azione di nullità da parte del p.m. per i contratti di lavoro di stampo corporativo, norma abrogata unitamente al sistema corporativo. E’ evidente, infatti, che il p.m. civile necessariamente agente si muove in ragione dell’interesse generale riassunto dalla norma, alla stessa stregua del p.m. contabile che agisce a tutela della corretta amministrazione del patrimonio dello Stato e degli altri enti pubblici.

 

3) Le diverse prerogative.
L’attività del p.m. contabile può essere avviata, come quella del p.m. penale, dalla conoscenza comunque acquisita di fatti che possano aver cagionato un danno all’erario. La notitia criminis è così sostituita dalla notitia damni. La conseguente attività istruttoria tende ad accertare la veridicità della notitia damni e ad individuarne i presunti responsabili. A tal fine, ai sensi dell’art. 2, co. IV, della legge n. 19 del 14 gennaio 1994, il p.m. contabile può delegare accertamenti a tutti i funzionari pubblici, e non soltanto alla Guardia di finanza come accadeva in precedenza.
Fra i poteri specifici, anche delegabili, vi sono: l’ordine di esibizione di documenti, le ispezioni ed accertamenti, le audizioni personali, il sequestro di documenti. Inoltre, il magistrato requirente contabile può disporre consulenza tecnica.
Dal confronto con le prerogative del p.m. penale, risulta che questi ha in più il potere di perquisire e sequestrare non solo documenti, di disporre intercettazioni ambientali e, d’urgenza, quelle telefoniche. Ben più ampia è quindi la possibilità di acquisire elementi a carico dell’indagato da parte del p.m. nel processo penale che non quella del p.m. contabile, fatta salva, poi, tutta la gamma di richieste che può essere avanzata al Giudice delle indagini preliminari, figura sconosciuta al processo contabile.
V’è, però, un potere esclusivo del p.m. contabile che non ha quello penale, l’archiviazione diretta. Tale potere può trovare tre diverse ragioni: la natura essenzialmente civilistica dell’azione contabile, anche il p.m. agente necessario in sede civile se trova infondata la notizia di insolvenza la archivia senza doverlo chiedere al Giudice; un antico retaggio inquisitorio del processo contabile (anche il p.m. del codice di procedura penale Rocco aveva il potere diretto di archiviazione, abrogato col decreto luogotenenziale del 1944); l’assenza di un Giudice preposto al controllo delle indagini.
I maggiori poteri del p.m. penale rispetto a quello contabile inducono alla riflessione finale appresso esposta.

 

4) Profili collaborativi.
E’ noto che da un unico atto o fatto possono conseguire diversi effetti giuridici: la responsabilità penale, la responsabilità civile di natura extracontrattuale, la responsabilità disciplinare e la responsabilità contabile.
Or non v’è dubbio che i magistrati preposti all’ufficio del pubblico ministero penale conseguano nel corso della loro esperienza professionale una certa attenzione al profilo del danno civile derivato dal reato. Insomma, il pubblico ministero affianca con sollecitudine, generalmente, le parti civili ed è attento, anche attraverso le possibilità offerte dalla disciplina dei sequestri, alla tutela delle aspettative e degli interessi di chi è stato danneggiato da un reato. Minor attenzione si deve, purtroppo, riscontrare rispetto ai profili disciplinari ed a quello contabile che qui specificamente interessa.
Come si è detto sopra, il p.m. penale può acquisire un materiale probatorio ben più cospicuo di quello contabile, basti pensare alle intercettazioni telefoniche. Questo materiale, trasfuso in una sentenza irrevocabile, fa ovviamente stato nel processo contabile, per quanto concerne la sussistenza del fatto. Ma prima di giungere ad una sentenza definitiva, sarebbe auspicabile una collaborazione fra p.m. penale e quello contabile che metta a disposizione del secondo le acquisizioni del primo.
La già ricordata norma di raccordo dell’art. 129 disp. att. c.p.p., dovrebbe essere seguita da condotte virtuose del p.m. penale che, anche se non previste espressamente dalla legge, sono direttamente conseguenti da essa. In un’indagine in cui si sia profilato il danno erariale, all’esito dell’attività investigativa con la disposizione del rinvio a giudizio dell’imputato, gli atti divengono pubblici e potrebbero essere messi a disposizione anche del p.m. contabile, che ne avrebbe senz’altro interesse.
La stessa attenzione si dovrebbe avere nel corso del procedimento penale definito con una sentenza di patteggiamento. Dovrebbe essere, allora, specifico compito del requirente penale invitare il Giudice ad esporre, se pure sinteticamente, tutti gli elementi rilevanti anche sotto il profilo del danno erariale.
Da ultimo, il p.m. penale, in presenza di un danno erariale, deve prestare attenzione anche all’eventuale formula assolutoria, ricordando a se stesso che la responsabilità contabile è ben più ampia di quella penale, dovrebbe mirare in caso di assoluzione alla formula “il fatto non costituisce reato” e non a quella dell’insussistenza del fatto.

 

(pubblicato il 21.4.2008)

 

 
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