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n. 6-2008 - © copyright

 

ENRICO ZAMPETTI

Comportamenti amministrativi e “gestione dei rifiuti”. Prime osservazioni a margine dell’art. 4 del decreto legge n. 90/2008


1.- Il recente decreto legge 23 maggio 2008 n. 90 “Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile” presenta diversi profili di criticità, che il dibattito pubblico di questi giorni ed i primi contributi dottrinali hanno già in parte evidenziato[1].
Queste brevi note sono limitate ad alcune riflessioni in merito all’articolo 4 del decreto, la cui formulazione letterale disvela non pochi dubbi di “sistema” e di legittimità costituzionale.

2.-
La norma in oggetto stabilisce testualmente che “ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 3 del decreto legge 30 novembre 2005 n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21, con le risorse umane e strumentali previste a legislazione vigente, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati, precisando che “la giurisdizione di cui sopra si intende estesa anche alle controversie relative ai diritti costituzionalmente garantiti”.
Si prevede in sostanza che, ferma la competenza del TAR Lazio già sancita dal d.l. n. 245/2005[2], la materia “gestione dei rifiuti” sia per “blocco” attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: a tale giudice spetterebbero tutte le controversie afferenti alla materia considerata, ivi comprese quelle relative ai “comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti ad essa equiparati”, e comunque anche quelle che incidono sui diritti costituzionalmente garantiti.

3-
La formulazione della norma, nella parte in cui fa espresso riferimento ai “comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati”, ripropone dunque il problema dei limiti costituzionali (art. 103 Cost.) cui soggiace il legislatore all’atto d’individuare le ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Si ripetono cose già note se si segnala che il problema, già postosi in più di un’occasione, è stato risolto dalle pronunce della Corte costituzionale n. 204/2004 e n. 191/2006,[3] con l’affermazione del principio per cui la giurisdizione esclusiva, sebbene estesa alla cognizione dei diritti, debba comunque riguardare controversie in cui l’amministrazione agisce quale autorità nell’esercizio di poteri propriamente amministrativi. Di qui, l’espunzione dalla giurisdizione esclusiva di quei meri comportamenti materiali, non riconducibili all’esercizio di alcun potere pubblico, quali ad esempio le occupazioni c.d. usurpative; e l’inclusione nella stessa giurisdizione di quei comportamenti che, ancorché illeciti, trovano pur sempre il loro antecedente giuridico in una pregressa attività provvedimentale, quali ad esempio le occupazioni c.d. appropriative. Il criterio enunciato dalla Corte, ancorato all’anodina nozione di “collegamento con l’esercizio del potere”, non sempre ha contribuito a fare chiarezza nel sistema di riparto giurisdizionale: prova ne siano i contrasti giurisprudenziali che, con riferimento a specifiche fattispecie comportamentali, vedono il Consiglio di Stato e la Cassazione assumere posizioni diverse in ordine all’individuazione della relativa giurisdizione[4]. Per quanto non pienamente condivisibile, esso costituisce comunque il chiaro tentativo di ricondurre il sistema di riparto giurisdizionale nei binari della tradizione, al fine d’impedire che la devoluzione per blocchi di materie possa trasformare il giudice amministrativo in un giudice che, al pari di quello ordinario, sia chiamato a conoscere controversie completamente estranee alle dinamiche del potere amministrativo.

4.-
La norma in commento, nella parte in cui attribuisce senza alcuna precisazione i comportamenti in materia di gestione dei rifiuti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, si presta dunque a due letture: l’una, aderente ai principi affermati dalla Corte costituzionale; l’altra, di tali principi irriguardosa.
Nella prima lettura, la norma nulla aggiunge e nulla toglie all’attuale (e non sempre uniforme) acquis giurisprudenziale in materia di riparto giurisdizionale.
Solo per fare un esempio, i comportamenti posti in essere nell’ambito delle procedure d’acquisizione dei siti ove realizzare i nuovi impianti di smaltimento, se riconducibili all’esercizio del potere, dovrebbero rimanere devoluti alla giurisdizione esclusiva; se sganciati da un qualsiasi collegamento con l’esercizio del potere, dovrebbero spettare alla giurisdizione ordinaria. Sempre nella prima lettura, le controversie meramente risarcitorie, relative ad esempio al risarcimento dei danni subiti a causa della cattiva manutenzione o gestione delle discariche, dovrebbero rimanere devolute al giudice ordinario. In tali ipotesi non è infatti in discussione l’esercizio d’un potere amministrativo: eventuali danni non deriverebbero da uno scorretto esercizio della funzione amministrativa, bensì, appunto, da uno scorretto svolgimento di compiti di concreta manutenzione e gestione. Diversamente, laddove i danni derivassero da un’attività materiale connessa ad uno scorretto esercizio del potere amministrativo, la giurisdizione dovrebbe pur sempre spettare al giudice amministrativo.
La lettura della disposizione secondo i principi affermati dal Giudice costituzionale non sembrerebbe poi porre problemi in relazione all’ulteriore precisazione, contenuta nell’articolo 4 del decreto in commento, secondo la quale la giurisdizione esclusiva sarebbe estesa anche alle controversie che incidono su diritti costituzionalmente garantiti. Tali controversie, infatti, dovrebbero a rigore riguardare ipotesi in cui il diritto costituzionale viene leso da un provvedimento amministrativo, o meglio dall’esecuzione materiale d’un provvedimento amministrativo illegittimo, e dunque fattispecie comportamentali comunque riconducibili al potere propriamente detto. Né potrebbe ritenersi esclusa in tali ipotesi la giurisdizione amministrativa sulla base di quelle tradizionali acquisizioni che pretenderebbero il radicarsi della giurisdizione ordinaria ogni qualvolta l’attività amministrativa leda diritti costituzionalmente garantiti. Sotto questo profilo, sono a tutti note le recenti prese di posizione con cui la Corte costituzionale[5], sfatando un consolidato tabù, ha ritenuto sussistente la giurisdizione amministrativa anche al cospetto della lesione di diritti costituzionali, sempre che questi ultimi risultino nel caso concreto lesi da illegittime manifestazione di potere, e non già da meri comportamenti materiali avulsi dalle dinamiche della funzione amministrativa.

5.-
Una seconda lettura della norma che non tenga conto dei principi in materia di riparto enunciati dal Giudice delle Leggi implicherebbe, invece, conseguenze affatto diverse, tali da determinare la devoluzione al giudice amministrativo di ogni controversia in materia di gestione di rifiuti, ivi comprese quelle relative a meri comportamenti materiali, non riconducibili nemmeno mediatamente all’esercizio del potere. Dovrebbero così spettare al giudice amministrativo non soltanto le controversie afferenti diritti costituzionali lesi da illegittime manifestazioni di potere, o comunque da attività esecutiva di provvedimenti, ma anche le controversie che riguardano lesioni di diritti costituzionali causate da semplici comportamenti estranei alle dinamiche del potere.

6.- In conclusione, non pare ci siano dubbi che tale “seconda” lettura, aderente alla formulazione letterale della norma, difficilmente possa superare un eventuale scrutinio di legittimità costituzionale alla luce dei principi affermati dalle ricordate pronunce n. 204/2004 e n. 191/2006 della Corte costituzionale. Ad assicurare la compatibilità con i suddetti principi, sarebbe probabilmente bastato utilizzare un’espressione più circoscritta, tale da individuare nei soli comportamenti riconducibili all’esercizio del potere le fattispecie devolute alla giurisdizione esclusiva. Spetterà ora al dibattito parlamentare in corso correggere le “improprietà” del decreto, oppure lasciare tutto com’è, accettando le conseguenze che, in ipotesi, l’attuale formulazione della norma sarebbe capace di determinare sul sistema di riparto.
Fermo quanto detto, sul piano generale il decreto offre comunque l’occasione per riproporre l’interrogativo, già postosi, se non sia opportuno, ai fini della certezza e dell’effettività della tutela giurisdizionale, che il giudice amministrativo conosca anche di quei comportamenti estranei all’esercizio del potere, ma ciò non di meno riconducibili alle “materie” indicate dal legislatore. I contrasti giurisprudenziali che in parte segnano l’individuazione della giurisdizione sui comportamenti amministrativi costituiscono sul punto un ulteriore elemento di riflessione.

 

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[1] Cfr. G. Saporito, “Al Tar l’esclusiva della spazzatura (e lo smaltimento del cautelare pregresso)”, in questa Rivista, n. 5./2008.
[2] L’articolo 3 comma 2 bis del D.L. 30 novembre 2005 n. 245 “Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania ed ulteriori disposizioni in materia di protezione civile”, convertito in legge con modificazioni dall’articolo 1 l. 27 gennaio 2006 n. 21, stabilisce che “in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’articolo 5 comma 1 della legge 24 febbraio 1992 n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimità delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l’emanazione di misure cautelari, al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma”. La norma ha superato lo scrutinio di legittimità costituzionale: sul punto cfr. Corte cost., sent. 26.6.2007 n. 237.
[3] Cfr. Corte cost., sent. 6 luglio 2004 n. 204; Corte cost., sent. 11 maggio 2006 n. 191.
[4] Si considerino ad esempio i contrasti tra Cassazione e Consiglio di Stato in ordine all’individuazione della giurisdizione al cospetto di occupazioni precedute da dichiarazione di pubblica utilità divenuta inefficace senza che sia intervenuto il decreto d’esproprio; cfr. Cass., Sez. un., ord. 7 febbraio 2007 n. 2688; Cons. St., Ad. pl., 22 ottobre 2007 n. 12. Per una panoramica generale dei diversi approdi giurisprudenziali in punto di riparto giurisdizionale sia consentito rinviare a E. Zampetti “Espropriazione e Giurisdizione”, in “Corriere del merito”, n. 12/2007.
[5] Cfr. Corte cost., sent. 27.4.2007 n. 140; v. anche Cass., Sez. Un., 28 dicembre 2007 n. 27187.

 

(pubblicato l'11.6.2008)

 

 
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