1. I precedenti
L’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, nel disciplinare i c.d. requisiti di ordine generale, omogeneizza,a livello di fonte primaria, la disciplina precedentemente racchiusa nell’art. 75 DPR n. 554/1999 per gli appalti di lavori, nell’art. 12 d. lgv. n. 157/1995 per gli appalti di servizi e nell’art. 11 d. lgv. n. 158/1995 per gli appalti di forniture. In virtù del richiamo contenuto nell’art. 206 del Codice, esso è applicabile anche ai settori speciali.
La norma configura recepimento dell’art. 45 della direttiva 2004/18/CE e, per taluna opinione, avrebbe superato, in termini restrittivi per il meccanismo concorrenziale, la stessa fonte comunitaria.
L’art. 38 è applicabile anche ai contratti sotto soglia, se trattasi di appalti di lavori (art. 121), e sarà applicabile anche agli appalti di servizi e forniture, in quanto richiamato dallo schema di regolamento esecutivo ed attuativo (cui rinvia l’art. 124, comma 7, del Codice).
I requisiti di ordine generale si distinguono dai requisiti di capacità economico–finanziaria e tecnico-organizzativa, disciplinati dagli artt. 40, 41 e 42 del Codice, in quanto essi configurano requisiti soggettivi dell’impresa idonei a precluderne la partecipazione alla gara e, ove sopravvenuti, a giustificare il rifiuto di conclusione del contratto.
Per espressa previsione legislativa, i requisiti di ordine generale, precludendo non solo la partecipazione alla gara ma anche la stipula del contratto di appalto, devono essere posseduti al momento della presentazione della domanda di partecipazione e persistere sino alla conclusione del contratto.
2. La generalizzazione dell’autocertificazione
In un’ottica di semplificazione e di celerità dello svolgimento delle procedure, l’art. 38, comma 2, enuncia il principio generale che i requisiti si ordine generale sono attestati mediante dichiarazione sostitutiva in conformità al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
Il successivo comma 3, aggiunge che le modalità di verifica in ordine al carattere veritiero delle dichiarazioni sostitutive sono quelle stabilite dall’art. 43 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
Per il tramite della predetta disciplina, si è creato un necessario coordinamento tra la materia delle gare di appalto e la disciplina dedicata alla documentazione amministrativa.
In ogni caso, è certo che i controlli a campione non possono sostituire l’obbligo per la stazione appaltante di accertare l’effettivo possesso dei requisiti prima dell’aggiudicazione definitiva (Autorità vigilanza, Determinazione 2 marzo 2005, n. 1).
L’eventuale falsità della dichiarazione sostitutiva determina, per indirizzo giurisprudenziale univoco, l’esclusione dalla gara del concorrente, e ciò in ossequio all’art. 75 DPR. n. 445/2000, secondo cui “il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera”. Tale conclusione, per un filone giurisprudenziale, si impone anche qualora la falsa dichiarazione investa non i requisiti di partecipazione, ma elementi dell’offerta tecnica.
3. Le condanne penali richiamate dall’art. 38, comma 1, lett. c) del d. lgv. n. 163/2006
La disciplina concernente le cause di esclusione correlate alla pronuncia di condanne penali è contenuta nell’art. 38, comma 1, lett. c) del Codice dei contratti pubblici.
Essa non ha carattere esclusivo, in quanto è complementare rispetto alla disciplina derivante dall’art. 32 ter c.p. (concernente la pena accessoria dell’incapacità di contrarre con la p.a.) e dall’art. 9 del d. lgv. 8 giugno 2001, n. 231 (concernente analoga misura correlata alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche).
Anche sul punto, l’art. 38 ha omogeneizzato la disciplina previgente contenuta in fonti diverse per gli appalti di lavori, servizi e forniture. In passato, le diverse formule normative, avevano indotto indirizzi giurisprudenziali non uniformi in materia di appalti di lavori, forniture e servizi (basti pensare alla formula "reati che incidono sull’affidabilità morale e professionale" contenuta nell’art. 75 DPR n. 554/1999, ed a quella diversa, prevista in materia di forniture e servizi, che richiamava la sola "moralità professionale").
La disciplina codicistica distingue due categorie distinte di condanne penali:
1) quelle che determinano la preclusione alla partecipazione alle gare per il tramite di una valutazione discrezionale della stazione appaltante;
2) quelle che impongono l’esclusione automatica.
Come di seguito verrà precisato, anche per le cause di esclusone sub b) possono residuare margini di apprezzamento in capo alle stazioni appaltanti, tenuto conto della modalità di individuazione dei reati richiamati dalla disposizione normativa.
4. Esclusione non automatica: condizioni ed onere di motivazione
La causa di esclusione non automatica ricorre in presenza dei seguenti elementi:
a) condanna passata in giudicato o decreto penale divenuto irrevocabile o applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (c.d. patteggiamento);
b) per reati gravi;
c) commessi in danno dello Stato o della Comunità;
d) che incidono sulla moralità professionale.
L’equivalenza tra sentenza passata in giudicato, decreto penale irrevocabile ed applicazione della pena su richiesta, oltre ad apparire conforme alla fonte comunitaria (art. 45, par. 2, lett. c della direttiva 2004/18/CE, che rinvia alle leggi dello Stato per la formazione del giudicato), recepisce un indirizzo giurisprudenziale formatosi sotto la disciplina previgente, alla luce degli artt. 445 c.p.p. (effetti extrapenali della sentenza di patteggiamento) e 460 c.p.p. (esecutività del decreto penale).
La nozione di "gravità" del reato non trova ulteriori indicazioni nella lettera del Codice: il suo apprezzamento passa per la valutazione della pena e per la natura del bene giuridico leso dalla condotta delittuosa. Il riferimento alla pena, per taluni è limitato alla pena edittale, per altri a quella concretamente irrogata.
Il riferimento ai soli reati commessi in danno dello Stato o della Comunità europea, pone l’interrogativo se questi ultimi devono assurgere formalmente a persone offese ovvero se è possibile estendere l’ambito applicativo della disposizione anche ai reati che hanno soggetti privati come formali persone offese, incidendo, però, mediatamente sulle collettività.
La nozione di "moralità professionale" ha portata innovativa rispetto a quella diversa di "affidabilità morale e professionale" già contenuta nell’art. 75 DPR n. 554/1999. Essa segna la chiara scelta del codificatore di attribuire rilievo esclusivamente ai reati suscettibili di ricadute negative sull’attività professionale del concorrente, facendo perdere attualità agli indirizzi pretori precedenti che davano rilievo ad un concetto più ampio di moralità, anche non professionale.
E’ certo che se la stazione appaltante ritenga l’incidenza della condanna sulla moralità professionale, sia obbligata ad escludere il concorrente dalla gara (c.d. discrezionalità monofasica).
La casistica giurisprudenziale è ricca e significativa.
Sono state ritenute ostative della partecipazione alle gare le condanne per bancarotta fraudolenta, turbata libertà degli incanti, falsità materiale ed ideologica in atto pubblico, reati contro la P.A. e finanche per omicidio colposo con violazione della normativa antinfortunistica. E’ stata, altresì, ritenuta ostativa la condanna per reati di natura contravvenzionale, integranti violazioni della disciplina antinfortunistica sui luoghi di lavoro.
In capo alla pubblica amministrazione grava l’obbligo di motivare in ordine alle ricadute della condanna penale sulla moralità professionale dell’imprenditore.
L’Autorità di vigilanza, chiamata a fornire indicazioni applicative alle stazioni appaltanti, ha chiarito che dette ricadute vanno valutate tenuto conto della natura del reato, delle circostanze dello stesso, della pena irrogata, del tempo trascorso dalla sua commissione.
In virtù della lettera e della ratio della previsione codicistica, si ritiene pienamente legittima la clausola del bando che imponga la dichiarazione sostitutiva per tutte le condanne penali riportate, così da lasciare alla stazione appaltante di apprezzarne le ricadute sulla”moralità professionale”.
5. Esclusione automatica: l’elencazione delle tipologie di reato
L’art. 38, comma 1, lett. c), secondo periodo, con disposizione che costituisce trasposizione dell’art. 45, par. 1, della direttiva 2004/18/CE, individua talune ipotesi di reato che, ove accertate con condanna passata in giudicato, comportano l’esclusione automatica dalla gara.
La previsione può apparire eccessivamente generica, ma trattasi di diretta conseguenza della trasposizione della norma della direttiva comunitaria: i gravi reati menzionati non corrispondono integralmente a figure del codice penale e, per espressa volontà legislativa, l’interprete deve riempire le nozioni mediante le definizioni contenute nell’art. 45, par. 1, della direttiva (che, a sua volta, richiama precedenti atti comunitari).
Di qui la seguente indicazione ermeneutica: per isolare i reati di “partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio” occorre rifarsi alle relative fonti comunitarie, a nulla rilevando la diversa disciplina contenuta nel diritto nazionale.
Così, se per il reato di partecipazione a un’organizzazione criminale, può farsi riferimento ai delitti di cui agli artt. 416 c.p. e 416 bis c.p., per quello di corruzione, dovendosi richiamare la nozione scolpita nell’art. 3 dell’atto del Consiglio 26.05.1997 e 3, par. 1, dell’azione comune 98/742/GAI, si perviene alla conclusione che l’esclusione è obbligata soltanto se trattasi di condanna per corruzione c.d. propria (per atti contrari ai doveri d’ufficio) ed attiva, compiuta dal privato corruttore nei confronti del pubblico ufficiale, mentre fuori dall’ambito applicativo della disposizione si collocano gli altri casi di corruzione e quelli di concussione (317 c.p.).
Per i reati di frode occorre richiamare l’art. 1 della Convenzione relativa agli interessi finanziari delle Comunità europee (stipulata ai sensi del K.3 del Trattato): il reato deve essere commesso in danno della Comunità e può essere integrato anche da condotte maliziose successive alla erogazione delle prestazioni patrimoniali. Di qui la non applicabilità della disposizione in caso di truffa semplice o aggravata in danno dello Stato o di un ente pubblico; rientra nel campo applicativo della norma la fattispecie di cui all’art. 640 bis c.p., ma anche quella della malversazione di cui all’art. 316 bis c.p.
Per la figura del riciclaggio occorre fare riferimento all’art. 1 della direttiva 91/308/CEE, concernente la prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite. Pertanto, possono essere ricondotte alla figura sia le ipotesi di cui all’art. 648 bis c.p., sia quelle di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648 ter c.p.).
Sebbene la disposizione codicistica richiami soltanto le sentenze passate in giudicato, deve ritenersi che possa trovare applicazione anche a fronte di eventuali patteggiamenti, ove in concreto ricorressero i presupposti per l’ammissione del rito.
Tenuto conto della formulazione letterale della norma, è certa la rilevanza delle condanne penali pronunciate in altri Stati comunitari.
6. Soggetti nei cui confronti opera la causa di esclusione
L’art. 38, comma 1, lett. c) riproduce l’elencazione contenuta nella precedente lett. b) con riferimento alle misure di prevenzione.
Rilevano le condanne penale pronunciate nei confronti di:
- se impresa individuale: titolare o direttore tecnico;
- se società in nome collettivo: socio o direttore tecnico;
- se società in accomandita semplice: socio accomandatario o direttore tecnico;
- se altra società o consorzio: amministratori muniti di potere rappresentativo o direttore tecnico.
E’ pacifico in giurisprudenza che la causa di esclusione è integrata anche da condanne penali per condotte tenute dall’amministratore o dal direttore tecnico prima dell’assunzione delle cariche societarie.
Riproducendo la norma regolamentare contenuta nell’art. 75 del DPR n. 554/1999, l’art. 38, comma 1, lett. c) estende la causa di esclusione anche ai soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando.
Per la giurisprudenza trattasi di una presunzione semplice di non affidabilità del concorrente, la quale – in ossequio alla previsione codicistica - può essere vinta attraverso la prova, a carico dell’impresa, di aver adottato “atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata”.
L’impresa deve, pertanto, fornire alla stazione appaltante una ricostruzione storica delle cariche sociali nel triennio.
Si discute in ordine alle condotte significative della dissociazione dell’impresa dalla condotta penalmente sanzionata. Se è certo che non è sufficiente una manifestazione formale di intenti e che, al contrario, la proposizione dell’azione di responsabilità sociale integra la previsione normativa, più dibattuta è l’ipotesi dell’accettazione delle dimissioni presentate dall’amministratore. Per l’Autorità di vigilanza (Deliberazione n. 52 del 31 marzo 2004) l’accettazione delle dimissioni non sarebbe sufficiente a vincere la presunzione codicistica di inaffidabilità; per la giurisprudenza prevalente, occorre distinguere tra condanne per condotte connesse alla carica societaria o meno: per queste ultime, la riprovazione non potrebbe che tradursi in accettazione delle dimissioni, giacché non vi sarebbero margini per azioni di responsabilità.
In ogni caso, è pacifico che l’allontanamento dell’amministratore che abbia sottoscritto la domanda di partecipazione alla gara non permette di superare la presunzione di inaffidabilità.
Ai fini della causa di esclusione rilevano anche le condanne per le quali sia stato concesso il beneficio sospensione condizionale e della non menzione ex art. 175 c.p. La conclusione si impone alla luce della chiara previsione dell’art. 38, comma 2, ove si precisa che la dichiarazione sostitutiva deve contenere l’indicazione delle condanne per le quali sia stato concesso il beneficio, ed è in linea con la natura del beneficio, il quale non incide sul reato né sulla pena, ma permette l’omissione della condanna dal solo certificato del casellario a richiesta di privati.
7. Effetti della riabilitazione e dell’estinzione del reato
Con previsione applicabile sia agli appalti di lavori, servizi e forniture, e pertanto sul punto innovativa, l’art. 38, comma 1, lett. c) del Codice stabilisce che resta salva in ogni caso la applicazione della disciplina della riabilitazione e dell’estinzione del reato di cui all’art. 445, comma 2, c.p.p.
In tali casi, è preclusa alla stazione appaltante ogni valutazione in ordine alla non affidabilità del concorrente in virtù della condanna penale, la quale rimane mero fatto storico, a cui non è possibile ricondurre effetti negativi per il condannato.
8. Le informative interdittive: fonti e classificazione
La tematica delle c.d. informative interditte, pur non trovando diretti addentellati nell’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, attiene alle cause di esclusione dei concorrenti dalle procedure di evidenza pubblica.
La ricostruzione del quadro normativo passa per le seguenti disposizioni: art. 4, commi 5 e 6, del d. lgv. 8 agosto 1994, n. 490; art. 11 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252; art. 1 septies D.L. 6 settembre 1982, n. 629, convertito dalla L. 12 ottobre 1982, n. 726.
La giurisprudenza (cfr. CDS, sez. VI, 16 aprile 2003, n. 1979) sulla base delle norme predette, ha individuato tre tipologie distinte di informative interdittive:
1) informativa prefettizia che segnala la sussistenza a carico dei soggetti responsabili dell’impresa ovvero dei familiari, anche di fatto, conviventi nel territorio dello Stato, specifiche cause di divieto, sospensione o decadenza previste dall’art. 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575;
2) informativa prefettizia da cui risultino eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte o gli indirizzi delle imprese;
3) informativa supplementare atipica, fondata su accertamenti di elementi i quali – pur denotando il pericolo di collegamenti tra l’impresa e la criminalità organizzata, non raggiungono la soglia di gravità prevista dall’art. 4 del d. lgv. n. 490/1994, vuoi perché carenti di alcuni requisiti soggettivi od oggettivi pertinenti alle cause di divieto o sospensione, vuoi perché non integranti il tentativo di infiltrazione mafiosa. Tale informativa atipica trova fonte nel principio generale di collaborazione tra pubbliche amministrazioni ed è priva di efficacia interdittiva automatica (CDS, sez. V, 24 ottobre 2000, n. 5710; CDS, sez. VI, 14 gennaio 2002, n. 149).
L’acquisizione delle informative sub 1) e 2), è obbligatoria per i contratti sopra soglia comunitaria; l’acquisizione dell’informativa supplementare atipica prescinde dal valore del contratto ed è funzionale alla valutazione da parte della stazione appaltante – nell’ambito della discrezionalità ammessa dalla legge - dei requisiti soggettivi per l’affidamento del contratto medesimo (art. 1 septies D.L. n. 629/1982).
Sul piano degli effetti, è pacifico in giurisprudenza che le informative interdittive ex art. 4 d. lgv. n. 490/1994 impongano l’esclusione del concorrente dalla gara, impendendo qualsiasi diversa valutazione in capo alla stazione appaltante (CDS, sez. V, 28 febbraio 2006, n. 851).
Con riferimento alle informative interdittive da cui emergono tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte dell’impresa o società, dall’ampio margine di apprezzamento lasciato al prefetto si desume, quale corollario, che la valutazione prefettizia è sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di manifesti vizi di eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti. Di qui la conclusione che non si può, in sede di giurisdizione generale di legittimità, discutere se sussiste o meno, in fatto, il tentativo di infiltrazione mafiosa, ma solo valutare se l’apprezzamento del prefetto sia o meno viziato da eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, travisamento (CDS, sez. VI, 16 aprile 2003, n. 1979).
A diverse conclusioni si perviene con riguardo alle informative supplementari atipiche, le quali chiamano le stazioni appaltanti a valutare la rilevanza degli elementi che da esse emergono ai fini dell’esclusione: l’innegabile margine di apprezzamento delle stazioni appaltanti si traduce nell’obbligo di motivazione del provvedimento espulsivo, soggetto a sindacato giurisdizionale sul piano della logicità e della completezza dell’accertamento dei fatti ritenuti rilevanti (CDS, sez. VI, 22 giugno 2007, n. 3484; CDS, sez. V, 31 maggio 2007, n. 2828).
In ogni caso, è considerata illegittima la clausola del bando che imponga l’esclusione del partecipante alla gara a fronte di un’informativa supplementare atipica, espropriando la stazione appaltante del relativo potere di accertamento ed apprezzamento (CDS, sez. VI, 3 maggio 2007, n. 1948).
Nella giurisprudenza più recente si è consolidato l’indirizzo secondo cui l’informativa atipica può anche avere ad oggetto fatti non aventi rilevanza penale o misure di prevenzione a carico del soggetto interessato, potendo richiamare "un quadro fattuale di elementi che, pur non dovendo assurgere necessariamente, a livello di prova (anche indiretta), siano tali da far ritenere ragionevolmente, secondo l’id quod plerumque accidit, l’esistenza di elementi che sconsigliano l’instaurazione di un rapporto con la p.a." (CDS, sez. VI, 3 maggio 2007, n. 1951).
Ove l’informatica atipica richiami fatti di reato, compiutamente accertati, con esito positivo per i soggetti sottoposti ad indagine, nell’ambito del procedimento penale, detti fatti non possono giustificare misure espulsive dalle gare o lo scioglimento del contratto eventualmente stipulato con l’aggiudicatario (CDS, sez. 12 febbraio 2008, n. 491).
In altre più recenti pronunce, si è aggiunto che a fronte del proscioglimento in sede penale, possono astrattamente residuare margini per una informativa atipica negativa, ma ciò presuppone "una valutazione complessiva, che tenga conto e motivi il giudizio sfavorevole sull’impresa interessata, pur a fronte del proscioglimento da parte del giudice penale" (CDS, sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2014).
Con specifico riferimento alla durata delle informative negative, la giurisprudenza ha chiarito che il fattore di pericolo emergente dall’informativa non viene automaticamente meno con il passare del tempo, ove non emergano nuovi elementi di fatto, ma soltanto laddove "per il sopraggiungere di fatti positivi, idonei a dar conto di un nuovo, e consolidato operare dei soggetti cui è stato ricollegato il pericolo", sussista un novo quadro fattuale che deponga per la cessazione della situazione rilevata in precedenza (CDS, sez. V, 12 giugno 2007, n. 3126). |