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n. 6-2008 - © copyright |
CORTE DEI CONTI - SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA PUGLIA - Parere 27 febbraio 2008 n. 3
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Società partecipate dagli enti locali – Società per la gestione delle farmacie comunali – Divieto di assunzione di nuove partecipazioni in capo agli enti locali – Insussistenza
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Farmacie Comunali - Gestione di servizi pubblici – Riconducibilità all’esercizio di pubblico servizio
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Art. 3, commi 27-32, legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria per il 2008)
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Il Consiglio comunale ha competenza sul concreto inquadramento della farmacia comunale tra le società che perseguono finalità istituzionali dell’ente ovvero tra le società di produzione di servizi di interesse generale. In capo agli enti locali, giusta la previsione contenuta nella legge finanziaria per il 2008, rileva il divieto di detenere partecipazioni in società non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali. Tuttavia, la particolare connotazione delle farmacie comunali deve considerarsi quale deroga al divieto normativo richiamato.
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ALCESTE SANTUARI
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Le farmacie comunali tra pubblico servizio e principio di libera concorrenza. Brevi considerazioni sopra un recente parere della Corte dei Conti – Sezione Regionale di Controllo per la Puglia
Sommario: 1. Introduzione – 2. I servizi sanitari: la posizione dell’Unione Europea – 3. Il servizio farmaceutico – 4. Riflessioni conclusive
1. Introduzione
Una ulteriore conferma della componente sanitaria, rectius di tutela della salut2, riconosciuta al servizio farmaceutico si riscontra nella recente deliberazione della Corte dei conti – Sezione di controllo regionale per la Puglia,[1] oggetto delle note che seguono. Nel caso di specie, i magistrati contabili pugliesi sono intervenuti, su richiesta del Sindaco di Bitonto (Bari), a chiarire l’interpretazione ed applicazione dell’art. 3, commi 27-32, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante “Legge finanziaria per l’esercizio 2008”, nella parte concernente il rapporto tra enti locali e le società partecipate dagli stessi.
Come è noto la legge in argomento, allo scopo di tutelare la concorrenza e il mercato, ha sancito il divieto in capo alle pubbliche amministrazioni di costituire società aventi per oggetto la produzione di beni e servizi che non siano strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali. Il divieto in parola riguarda anche l’assunzione o il mantenimento diretto ovvero indiretto di partecipazioni, ancorché minoritarie, in dette società. Sulla scorta della norma citata, il Comune di Bitonto ha chiesto un parere alla Corte dei conti in merito alla possibilità per l’ente di assumere la gestione di farmacie a mezzo di apposita società di capitali.
Di seguito, muovendo da un breve commento alla decisione assunta dalla Corte dei conti, si intende offrire qualche spunto di riflessione circa la configurazione del servizio farmaceutico e le modalità gestionale dello stesso, anche in un’ottica europea.
2. I servizi sanitari: la posizione dell’Unione Europea
L’organizzazione dei servizi e degli interventi sanitari e, conseguentemente, la gamma di prestazioni che i sistemi sanitari debbono garantire ai propri cittadini costituiscono, in linea con il principio di sussidiarietà e in virtù del Trattato di Amsterdam, materia e responsabilità dei singoli governi statali, non potendosi dunque registrare una legislazione ad hoc a livello comunitario. Tuttavia, l’intervento dell’Unione Europea in campo sanitario ha registrato, in questi ultimi anni alcuni significativi sviluppi.
Invero, sebbene la UE, in termini di competenza, non si occupi direttamente di sanità, nel corso dell’ultimo decennio,[2] e a partire dall’approvazione del Trattato di Maastricht (1992) “è andata crescendo l’attenzione del livello comunitario nei confronti della salute pubblica e della sanità, con un salto di qualità proprio in occasione dell’approvazione del Trattato di Amsterdam (1997)”.[3] E’ proprio con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht e l’inserimento di un titolo denominato “sanità pubblica” che ha iniziato a svilupparsi una strategia comunitaria in materia di sanità ed è stato possibile istituzionalizzare la cooperazione tra gli stati membri in questo settore. L’art. 3 del Trattato in parola ha elevato la protezione della salute al rango di obiettivo delle politiche comunitarie[4] e l’art. 129 ha definito un quadro per le attività comunitarie in materia di sanità pubblica. Da allora, gli sforzi comunitari si sono concentrati su azioni volte ad assicurare informazione, istruzione, sorveglianza e formazione nel settore sanitario.[5] Nel 1993, poi, sono stati approvati alcuni programmi pluriennali di azione in settori prioritari per la salute dei cittadini europei, riguardanti le misure di prevenzione e di promozione della salute.
Se con il Trattato di Maastricht si è posta la “prima pietra” del riconoscimento a livello europeo dell’importanza strategica della sanità pubblica, è con il Trattato di Amsterdam (art. 152)[6] che si riconosce alla sanità pubblica pieno diritto di cittadinanza comunitaria. con questa disposizione si “consente a Bruxelles di sostenere gli Stati membri nel campo della difesa della salute ma anche, e questa è una novità importante, di intervenire direttamente in quei settori che, di volta in volta, vengono considerati prioritari per garantire la tutela della salute. L’Unione Europea può quindi adottare tutte le misure volte ad assicurare un livello elevato di protezione della salute umana ed incoraggiare la cooperazione tra i paesi membri appoggiando, dove necessario, la loro azione”.[7] L’azione comunitaria è volta, dunque, a completare le politiche nazionali in materia sanitaria ed è finalizzata “al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni, e all’eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana (art. 152, 1, ce).[8]
Allo scopo di comprendere il particolare favor nei confronti della “materia” sanità, quale componente sì fondante il processo di coesione sociale europea, ma contestualmente “materia” da preservare dai moderni assetti concorrenziali, occorre tra l’altro, fare riferimento alla Direttiva relativa ai servizi nel mercato interno. Preme evidenziare che la Direttiva in parola – peraltro, in linea con precedenti prese di posizione del Parlamento europeo,[9] esclude i servizi sanitari e farmaceutici dall'ambito di applicazione della medesima.[10]
3. Il servizio farmaceutico
Nell’ambito dell’inquadramento sopra descritto, come deve essere individuato il servizio farmaceutico nell’ordinamento italiano, in specie quello gestito a mezzo di società “strumentali” agli enti locali? Riteniamo di fare nostra la posizione di quanti sostengono che, in primis, l’erogazione dell’assistenza farmaceutica, in quanto componente dell’assistenza sanitaria in genere,[11] deve ricondursi alla responsabilità delle Unità Sanitarie Locali.[12] In questo senso, le farmacie – siano esse gestite da privati farmacisti ovvero rientranti nella titolarità comunale, integrano un’organizzazione strumentale di cui il Servizio Sanitario (nazionale e, a fortiori, giusta la L.C. n. 3/2001, quello regionale) si avvale per l’esercizio del compito di servizio pubblico loro assegnato dal legislatore.[13] Giova al riguardo ricordare che la distribuzione dei farmaci è una finalità espressa del Ssn (art. 2, comma 1, n. 7, legge n. 833 del 1978) e costituisce senz’altro parametro per i livelli essenziali di assistenza (art. 2, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, così come novellato dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229).[14] Pertanto, l’esercizio dell’attività di assistenza farmaceutica rappresenta un cardine della “materia” diritto alla salute, garantito e assicurato, nel nostro ordinamento, dallo Stato e dalle Regioni, le quali la esercitano a mezzo delle proprie strutture sanitarie locali (ASL ovvero ULSS).[15] Per quanto attiene ai Comuni, quando questi ultimi intendono esercitare il diritto di prelazione, ossia la facoltà loro riconosciuta di gestire le farmacie comunali, a mezzo dello strumento giuridico-organizzativo ritenuto più idoneo allo scopo, si può affermare che “essi concorrono alla “attuazione del servizio sanitario nazionale”.[16] Tuttavia, occorre evidenziare che per poter realizzare tale obiettivo, l’ente locale necessita di apposito provvedimento regionale conformativo (l’autorizzazione-concessione), che legittima lo svolgimento del servizio farmaceutico comunale nelle forme stabilite dalla normativa di settore.
Da ciò consegue, quale elemento caratterizzante il sistema complessivo, che il servizio farmaceutico, ancorché gestito tramite un’organizzazione di cui è titolare il comune, debba essere annoverato alla stregua di un “servizio pubblico in titolarità generale, anziché un servizio pubblico locale”.[17] Invero, anche a voler ricomprendere la gestione delle farmacie comunali nel novero dei servizi pubblici locali a rilevanza economica,[18] le farmacie, innanzitutto, costituiscono parte integrante dell’organizzazione del Ssn. E ciò sia in ragione della loro diffusione e articolazione sul territorio, sia in virtù dell’obbligo stabilito in capo alle stesse di erogare farmaci agli assistiti e a chiunque ne faccia richiesta.
4. Riflessioni conclusive
Coerentemente con il quadro di riferimento sopra descritto, la Corte dei Conti, nella deliberazione in considerazione, ha ribadito che la gestione delle farmacie comunali, da parte degli enti locali, a mezzo di forme giuridico-organizzative dagli stessi enti locali partecipati e, nel caso delle aziende speciali da esse controllate “al 100%”, deve collocarsi in una modalità gestoria “in nome e per conto” del servizio sanitario nazionale, con il quale le farmacie – siano esse pubbliche ovvero private- sono convenzionate. Invero, la convenzione intercorrente con il Ssn (e nelle sue declinazioni regionali), istituto giuridico-amministrativo attraverso cui l’assistenza farmaceutica è erogata sul territorio nazionale,[19] così come recentemente ribadito dall’art. 8 del Dpcm sui Lea,[20] induce a non ricondurre il servizio farmaceutico naturaliter nell’alveo della nozione di servizio pubblico locale. In questo senso, è da condividere la posizione di autorevole dottrina, la quale sottolinea che “il servizio farmaceutico si trova[…] ad essere momento di incontro fra più livelli e competenze legislative. da un lato rileva, infatti, la competenza legislativa regionale, quanto alla organizzazione, programmazione e razionalizzazione del servizio nel contesto della competenza residuale regionale sull’organizzazione sanitaria e di quella concorrente sui profili dell’assistenza farmaceutica che riguardano la tutela della salute. Dall’altro, esso è sottoposto alle norme di principio di pertinenza statale nel settore di competenza concorrente, ma alla diretta vincolatività delle disposizioni statali preordinate alla determinazione dei livelli minimi essenziali, quanto alla distribuzione e alla politica del farmaco e agli altri aspetti di tutela sanitaria e farmaceutica in cui consistono le prestazioni fondamentali del servizio di assistenza direttamente connaturate alla tutela della salute”.[21]
In ultima analisi, dalla decisione in argomento sembrano emergere due profili meritevoli di attenzione. Il primo profilo attiene alla qualificazione della gestione delle farmacie comunali nell’ambito dei servizi di interesse generale. L’assistenza farmaceutica, in quanto “articolazione” della “materia” “ tutela della salute” non può essere ricondotta né alla disciplina dei servizi di interesse generale (SIG, nella definizione comunitaria), né a quella sui servizi pubblici locali (secondo l’ordinamento italiano).
Il secondo profilo, conseguente e collegato al primo, concerne il legame tra enti locali (rectius: comuni) e le modalità giuridico-organizzative di conduzione/gestione del servizio farmaceutico. in questo senso, mentre la “Legge finanziaria per il 2008” ha introdotto il divieto per gli enti pubblici locali di possedere partecipazioni in società “accessorie”, la decisione in argomento evidenzia a contrariis che tra comuni e servizio farmaceutico deve sussistere un vincolo strumentale. E’, infatti, detto rapporto che giustifica e supporta la necessaria partecipazione / presenza degli enti territoriali nel capitale delle società che gestiscono le farmacie pubbliche. Tale raccordo è rafforzato dall’affermazione che i risultati di gestione delle società partecipate/aziende speciali che gestiscono i servizi di interesse pubblico incidono sui bilancio degli enti locali “proprietari”. Ne discende che occorre – anche per la definizione di una disciplina organica di riordino dell’assistenza farmaceutica – tenere distinto il piano relativo alla qualificazione giuridica e funzionale del servizio farmaceutico da quello riguardante le forme giuridico-organizzative impiegate dagli enti locali per “gestire” la loro titolarità.[22] In altri termini, preme segnalare che la forma organizzativa impiegata (reciuts: societaria) non può rappresentare elemento qualificante e sufficiente per ascrivere la gestione delle farmacie comunali nel comparto dei servizi pubblici locali. La modalità giuridico-organizzativa scelta per la gestione costituisce lo strumento operativo di un servizio, certo erogato a livello territoriale (rectius: locale), ma appartenente – a tacer d’altro, almeno per il contenuto del servizio medesimo - al settore sanitario e non a quello amministrativo degli enti pubblici locali. In questo senso, i giudici contabili pugliesi ritengono “che l’attività di gestione delle farmacie comunali costituisca esercizio di un servizio pubblico trattandosi, in particolare, di un’attività rivolta a fini sociali, secondo il disposto dell’art. 112 del D. Lgs. 18/08/2000 n. 267 che consente agli Enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, di provvedere alla gestione dei servizi pubblici che abbiano ad oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.[23] Dette considerazioni sembrano risultare coerenti anche per il servizio farmaceutico, poiché – come la stessa Corte dei Conti, nella deliberazione in commento sottolinea – benché “il concreto inquadramento della farmacia comunale tra le società che perseguono finalità istituzionali dell’Ente o tra le società rivolte alla produzione di servizi di interesse generale è rimessa all’esclusiva valutazione dell’Organo Consiliare”, non può farsi divieto ai comuni di partecipare alle società che gestiscono le farmacie comunali, in quanto queste ultime sono “destinate a fornire un pubblico servizio in favore della collettività generale”.
Le conclusioni della Corte dei Conti – sezione controllo per la Puglia costituiscono importanti spunti di riflessione e di valutazione da considerare attentamente laddove si intenda realizzare una revisione organica della disciplina normativa concernente il servizio farmaceutico in Italia. |
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[1] Corte dei Conti - Sezione Regionale di Controllo per la Puglia – Parere n. 3/2008, 26 febbraio 2008.
[2] Va tuttavia ricordato che, nonostante il Trattato di Roma (1957) non contenesse una base giuridica specifica per la sanità pubblica, a partire dal 1977, un Consiglio formato dai ministri della Sanità aveva cominciato a riunirsi a intervalli regolari per adottare atti e risoluzioni non vincolanti.
[3] F. MAINO, La politica sanitaria nell’Unione Europea: verso un coordinamento “leggero”?, in N. FALCITELLI – M. TRABUCCHI – F. VANARA (a cura di), Rapporto Sanità 2003, Fondazione Smith Kline, Il Mulino, 2003, p. 33.
[4] La lettera p) dell’art. 3 individua tra i compiti della Comunità quello di fornire “un contributo al conseguimento di un elevato livello di protezione della salute”.
[5] La mobilità dei pazienti e dei professionisti, la presenza di comuni aspettative nei diversi Paesi Membri, la circolazione e la diffusione delle nuove tecnologie mediche, nonché l’allargamento costituiscono tutti fattori che indicano la sopranazionalità della tutela della salute e la progressiva interconnessione tra i diversi sistemi. Da ciò consegue la necessità di incrementare la collaborazione interistituzionale tra i centri decisori delle politiche sanitarie dei singoli ordinamenti nazionali.
[6] L’articolo in parola prevede che “Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità è garantito un livello elevato di protezione della salute umana”.
[7] D. DONATI, L’Unione Europea: armonizzazione e raccordi nella legislazione di settore, in M. GOLA (a cura di), Evoluzione e prospettive della legislazione sul turismo, Rimini, 2002, p. 34.
[8] Si veda L. ANTONIOLLI – G. BENACCHIO – F. LAJOLO DI COSSANO, Lineamenti di diritto dell’Unione Europea, Padova, 2005, pp. 243-244.
[9] Si veda, al riguardo, la Risoluzione del Parlamento europeo sul Libro Bianco della Commissione sui servizi di interesse generale (2006/2101(INI), nella quale la Commissione europea é invitata “a fornire una maggiore certezza giuridica per il settore dei SIG sanitari e sociali e a presentare una proposta di direttiva settoriale del Consiglio e del Parlamento in quei settori dove é opportuno”. Punto 17.
[10] Direttiva 2006/123/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno, 12 dicembre 2006: “L'esclusione dei servizi sanitari dall'ambito della presente direttiva dovrebbe comprendere i servizi sanitari e farmaceutici forniti da professionisti del settore sanitario ai propri pazienti per valutare, mantenere o ripristinare le loro condizioni di salute, laddove tali attività sono riservate a professioni del settore sanitario regolamentate nello Stato membro in cui i servizi vengono forniti”. Punto 22 dei Considerando.
[11] Cfr. L. IANNOTTA, L’assistenza farmaceutica come servizio pubblico, in Servizi pubblici e appalti, 2003, pp. 49 ss.
[12] F. MASTRAGOSTINO, La disciplina delle farmacie comunali tra normativa generale sui servizi pubblici e normativa di settore, in D. DE PRETIS (a cura di), La gestione delle farmacie comunali: modelli e problemi giuridici, Quaderni del Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Trento, n. 53, 2006, p. 26.
[13] Ibidem e riferimenti ivi richiamati.
[14] Così, D. DE GRAZIA – E. MENICHETTI, Il “servizio farmaceutico” e le forme di gestione delle farmacie comunali tra riforma dei servizi pubblici locali e nuovo titolo V della Costituzione, in Sanità Pubblica e Privata 7-8/03, p. 796.
[15] In argomento, la Corte Costituzione (sentenza n. 430 del 14 dicembre 2007, in http://cortecostituzionale.it/ita/attivitacorte/pronunceemassime), ha ribadito che “la “materia” dell’organizzazione del servizio farmaceutico va ricondotta al titolo di competenza concorrente della “tutela della salute”, come peraltro già avveniva sotto il regime anteriore alla modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione. La complessa regolamentazione pubblicistica dell’attività economica di rivendita dei farmaci mira, infatti, ad assicurare e controllare l’accesso dei cittadini ai prodotti medicinali ed in tal senso a garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute, restando solo marginale, sotto questo profilo, sia il carattere professionale, sia l’indubbia natura commerciale dell’attività del farmacista[…] L’interferenza [tra aspetti commerciali e sanitari, nda] va, quindi, composta facendo ricorso al criterio della prevalenza, applicabile appunto quando risulti evidente, come nella specie, l’appartenenza del nucleo essenziale della disciplina alla materia della “tutela della salute” (sentenze n. 422 e n. 181 del 2006; n. 135 e n. 50 del 2005).
[16] S. COLOMBARI, Nuova disciplina dei servizi pubblici locali e farmacie comunali: inderogabilità, integrazione o specialità?, in DE PRETIS, op. cit., p. 28.
[17] Ibidem. La natura di pubblico servizio delle farmacie comunali è ribadita in Cons. St., sez. V, 27 marzo 2007, n. 5498, con la quale i giudici amministrativi hanno respinto il ricorso in appello presentato da Federfarma et alia, contro la decisione del Comune di Padova di costituire una società per azioni per la gestione delle farmacie comunali.
[18] In argomento, per tutti, si veda, COLOMBARI, op. cit., pp. 25-62.
[19] “La convenzione definisce i contenuti dell’assistenza farmaceutica da erogarsi tramite le farmacie pubbliche e private pianificate sul territorio, consistente nella dispensazione dei farmaci, ma anche in altre attività, quali quelle di informazione al cittadino finalizzata alla prevenzione e all’educazione sanitaria, di prenotazione delle visite specialistiche per via informatica, di monitoraggio, dei consumi di farmaci a fini di farmacovigilanza, di assistenza domiciliare”. DE GRAZIA – MENICHETTI, op. cit., p. 799.
[20] La revisione straordinaria dei Livelli essenziali di assistenza varata il 23 aprile 2008 dal Governo con DPCM ridefinisce il “paniere” dei servizi e delle prestazioni offerte dal Ssn a tutti i cittadini, per un totale di oltre 5.700 tipologie di prestazioni e servizi per la prevenzione, la cura e la riabilitazione. I nuovi Lea sono stati realizzati in attuazione di quanto previsto dall’Intesa Stato-Regioni del 5 ottobre 2006 “Patto sulla salute”, e dall’articolo unico, comma 796, lett. q), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e sono integralmente sostitutivi del DPCM 29 novembre 2001 “Definizione dei Livelli essenziali di assistenza”. Contengono numerose novità rispetto al precedente elenco di prestazioni e servizi erogati dal Ssn, per esempio il nuovo elenco dei presidi, delle protesi e degli ausili e i nuovi elenchi delle malattie croniche e delle malattie rare esentate dal pagamento del ticket.Il DPCM del 2008 e gli allegati che ne costituiscono parte integrante individuano tre livelli essenziali di assistenza articolati in attività, servizi e prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale: a. Prevenzione collettiva e sanità pubblica; b. Assistenza distrettuale; c. Assistenza ospedaliera. Dati tratti da www.ministerosalute.it.
[21] MASTRAGOSTINO, in DE PRETIS, op. cit., p. 22.
[22] In modo molto chiaro, in dottrina, si è sottolineato quanto segue: “L’evoluzione dei moduli di gestione delle farmacie comunali, attuata con il passaggio degli organismi comunali a quello degli enti economici strumentali e degli enti autonomi partecipati – che instaurano rispettivamente con il Comune dei rapporti organici, interorganici ed intersoggettivi – non incidono, come s’è detto, sulla titolarità del diritto d’esercizio delle farmacie comunali che è e rimane in tutti i casi ascritta a ciascun Comune che ne è il concessionario, e non la conferisce nell’ente economico strumentale o nell’ente autonomo partecipato. Questi rappresentano dei semplici moduli di gestione la cui opzione è rimessa al Comune, nei limiti del generale onere di motivazione della scelta effettuata[…]”. B. R. NICOLOSO – L. GIORDANI, I moduli di gestione delle farmacie comunali, Mercurio, 2008, p. 17. [23] Sulla nozione di servizio pubblico locale comprendente qualsiasi attività che si concreta nella produzione di beni e servizi in funzione di un’utilità per la comunità locale non solo in termini economici ma anche ai fini di promozione sociale, si veda Consiglio di Stato, sezione V, decisione del 9 maggio 2001, n. 2605 e 17 aprile 2003, n. 2024. Avuto riguardo a questa specifica funzione attribuita agli enti locali, in dottrina, è ormai pacifico ribadire “che “provvedere” non può significare “gestire”, vale a dire svolgere direttamente il servizio pubblico. Cfr. MARTELLI V., I servizi e gli interventi pubblici locali, in DE MARZO G. - TOMEI R. (a cura di), Commentario al nuovo Testo Unico degli Enti Locali, CEDAM, Padova, 2002, Cap. XXIX, pp. 593 ss. Avuto riguardo a questa specifica funzione attribuita agli enti locali, in dottrina, è ormai pacifico ribadire “che “provvedere” non può significare “gestire”, vale a dire svolgere direttamente il servizio pubblico”. Provvedere significa, in primo luogo, “assumere” un’attività quale pubblico servizio. Esiste, tuttavia, una difficoltà nel definire la nozione di servizio pubblico, che nasce dal fatto che essa è utilizzata in diversi campi, acquistando così diversi significati. Due sono, ad ogni modo, le fondamentali valenze del concetto: una di origine economica e una giuridica, la quale, però nemmeno si può dire unitaria. Cercando di esemplificare, per servizio pubblico in senso economico si intende un’attività offerta al pubblico, una prestazione idonea a soddisfare una pluralità di domande. Si tratta di un’accezione ampia del concetto perché sottolinea un unico principale elemento, quello di un’attività destinata al pubblico. Aspetto questo che è rinvenibile anche nell’accezione giuridica del termine, dove però il tratto caratterizzante è rappresentato dall’essere l’attività di pubblico servizio, un’attività sottoposta ad un particolare regime, in seguito ad un atto di assunzione di un ente pubblico, che sia legittimato a svolgere la sintesi degli interessi di una comunità e a qualificare pertanto un’attività “servizio pubblico”. All’atto di assunzione fa seguito dunque la titolarità dell’atto di pubblico servizio in capo al soggetto pubblico. |
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(pubblicato il 13.6.2008) |
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