T.A.R. CALABRIA - CATANZARO - SEZIONE I - Sentenza 26 maggio 2008 n. 553
Cesare Mastrocola - Presidente, Giovanni Ruiu - Estensore.
Minnitti (avv.ti R. Fiorino e M.G. Romeo) c.Ministero dell'Economia e delle Finanze (Avv. Stato),Comando Generale della Guardia di Finanza (Avv. Stato),Ministero dell'Economia e delle Finanze- Dipartimento delle Politiche Fiscali (Avv. Stato);Minnitti (avv.ti R. Fiorino e M.G. Romeo) c.Ministero dell'Economia e delle Finanze (Avv. Stato),Comando Generale della Guardia di Finanza (Avv. Stato). |
1. Militare e militarizzato – Giurisdizione e competenza – Mobbing – Danno biologico – Giurisdizione del giudice amministrativo – Sussiste.
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2. Militare e militarizzato – Giurisdizione e competenza – Mobbing – Regola della pregiudiziale amministrativa – Non si applica.
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3. Militare e militarizzato – Giurisdizione e competenza – Mobbing – Danno biologico – Individuazione nella giurisdizione del giudice amministrativo.
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1. Nel pubblico impiego militare, il giudice amministrativo ha giurisdizione per valutare l'eventuale danno biologico, derivante da mobbing, nella misura strettamente riconducibile ad un contesto di specifiche inadempienze agli obblighi del datore di lavoro.
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2. Nelle cause di mobbing nell’ambito del pubblico impiego militare, non è applicabile la regola della pregiudiziale amministrativa, in quanto il “mobbing” si identifica in tutto un insieme di atti e comportamenti in rapporto di necessaria occasionalità con l’attività lavorativa svolta dalla vittima.
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3. Ai fini dell'individuazione del danno biologico da mobbing, nei limiti in cui il medesimo rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, deve ricercarsi quella inosservanza delle regole di 'imparzialità, correttezza e buona amministrazione', che si traduce in violazione delle regole del giusto procedimento (come codificato, in particolare, dalla l. 7 agosto 1990 n.241); in particolare, detta violazione può ravvisarsi in comportamenti omissivi, contraddittori o dilatori della p.a., ovvero in violazione di norme, sulle quali non sussistano incertezze interpretative o la cui interpretazione sia ormai pacifica, o ancora nella reiterazione di atti affetti anche da illegittimità formali, ma che nel loro insieme denotino grave alterazione del rapporto sinallagmatico, tale da determinare un danno alla salute del dipendente.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
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N. 553 Reg. Dec.
N. 318/2006 e 415/2007 Reg. Ric.
ANNO 2008
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA
SEDE DI CATANZARO - Sezione Prima
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composto dai magistrati: Cesare Mastrocola, Presidente; Giovanni Iannini, Consigliere; Giovanni Ruiu, Referendario estensore;
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ha pronunziato
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SENTENZA
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Sui ricorsi 318/2006 e 415/2007 proposti da
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Minnitti Pasquale, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Roberto Fiorino e Mario G. Romeo, elettivamente domiciliato a Catanzaro in Via Turco n. presso lo studio dell’Avv.to Francesco Schifino
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C O N T R O
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Ricorso 318/2006
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Ministero dell’Economia e delle finanze, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello stato di Catanzaro, domiciliataria
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Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello stato di Catanzaro, domiciliataria
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Ministero dell’Economia e Finanze-Dipartimento delle Politiche Fiscali rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello stato di Catanzaro, domiciliataria
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PER L'ACCERTAMENTO
Del diritto del ricorrente al risarcimento dei danni patrimoniali, biologico, morale ed esistenziale per responsabilità contrattuale ed extracontrattuale dell’Amministrazione
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Ricorso 415/2007
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CONTRO
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Ministero dell’Economia e delle finanze, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello stato di Catanzaro, domiciliataria
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Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello stato di Catanzaro, domiciliataria
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PER L’ANNULLAMENTO
del silenzio rigetto relativo al ricorso gerarchico presentato il 9.11.2006, al fine dell’annullamento della determinazione dirigenziale negativa n. 305 del Comando Generarle delle Guardia di Finanza emessa in data 15.9.2006.
NONCHÉ AVVERSO
il decreto n. 13 del 16.1.2007 con cui è stato deciso il ricorso gerarchico avverso la determinazione dirigenziale n. 305 del 15.9.2006 ed ogni altro atto connesso, presupposto, collegato consequenziale.
PER OTTENERE
Il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di detta infermità con conseguente corresponsione in favore del ricorrente del relativo equo indennizzo.
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Visti gli atti di causa;
Uditi gli Avvocati come da verbale di udienza.
Designato relatore il referendario Giovanni Ruiu;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue
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FATTO
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Il ricorrente, Sig. Minniti Pasquale è Maresciallo Ordinario in congedo della Guardia di Finanza, nella quale si è arruolato in data 21.9.1992.
Lo stesso ricorrente è stato dichiarato permanentemente non idoneo al servizio in data 23.1.2004 dalla Commissione Medico Ospedaliera di Messina, con giudizio poi confermato in data 31.3.2004 dalla CMO di II istanza di Palermo in quanto sofferente di sindrome ansiosa-depressiva-persistente.
Con ricorso RG 318 depositato il 2.3.2006, il ricorrente richiede che questo Tribunale accerti il diritto del ricorrente al risarcimento dei danni patrimoniale, biologico, morale ed esistenziale per responsabilità contrattuale ed extracontrattuale dell’Amministrazione per comportamenti vessatori a danni dello stesso, rientranti nella fattispecie del cosiddetto mobbing.
In particolare il ricorso individua un contesto dove, a partire da alcune domande di trasferimento rifiutate nel 1999 si sarebbe giunto, attraverso un crescendo di atti illegittimi e vessazioni ad un grave infortunio sul lavoro in data 19.11.2001 e, passando attraverso altri screzi con la struttura militare, alla diagnosi della “Sindrome ansiosa depressiva reattiva”, che portava alla inidoneità al servizio militare del ricorrente, il quale, con decisione della CMO di II grado di Palermo del 21.3.2004, veniva giudicato idoneo al transito nei ruoli civili del Ministero delle finanze.
Con memoria depositata l’11.2.2008 il ricorrente ricostruiva ulteriori comportamenti vessatori a suo danno, relative al ritardo nel transito dei ruoli civili.
In relazione a quanto sopra, il ricorrente richiedeva il risarcimento del danno conseguente ad infortunio sul lavoro comprensivo di danno biologico, danno esistenziale, danno morale e danno patrimoniale, diviso in danno emergente e lucro cessante, perdita di chances di carriera
Si costituiva l’Avvocatura dello Stato per il Ministero dell’Economia e Finanze, resistendo al ricorso
Precedentemente alla dispensa dal servizio, il ricorrente richiedeva, in data 17.5.2002 e 22.1.2003 il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle seguenti patologie:
a) distorsione ginocchio sx con frattura del corno anteriore del menisco esterno, ipersegnale lineare grado II Corno posteriore del menisco mediale, l.c.a. marcatamente assottigliato e sfibrillato, l.c.a. angolato e disomogeneo, minima diastasi dei collat.
b) Sindrome ansiosa depressiva reattiva
c) Condrite di 2° e 3° grado femoro tibiale esterna.
La CMO distaccata di Messina, inizialmente con verbale modello AB 1424 del 16.6.2003 (per la prima patologia) e n. 232 del 23.1.2004 (per la seconda e la terza patologia) diagnosticavano al ricorrente le infermità:
a) Esiti di meniscectomia parziale esterna ginocchio sn, sindrome ansiosa depressiva persistente;
b) Condrite di 2° e 3' grado a sn - (nessuna categoria)
c) Sindrome ansiosa depressiva persistente (classificabile 6° categoria tabella A).
Il Comitato di verifica per le cause di servizio, interessato dall’Amministrazione in conformità al DPR 29.10.2001 n. 461, ha considerato come dipendenti da causa di servizio le patologie sub a e b, non riconoscendo la dipendenza da causa di servizio della patologia sub c.
Il parere del Comitato veniva recepito dall’amministrazione con Decreto del Dirigente del Servizio Amministrativo del Comando Generale della Guardia di Finanza n. 320 del 16.2.2005, che riconosceva la dipendenza da causa di servizio delle prime due patologie, mentre non riteneva dipendente da Causa di Servizio la “Sindrome ansiosa depressiva persistente”.
Il ricorrente presentava quindi ricorso gerarchico, in data 30.6.2005 contro questo provvedimento, per la parte in cui non riconosceva la dipendenza da causa di servizio dell’infermità.
Con decreto n. 24 del 17.9.2005 il Comandante Generale della guardia di Finanza accoglieva il ricorso, con la motivazione che il Comitato di Verifica, nel formulare il parere, non aveva potuto tenere conto di fatti di servizio segnalati dal ricorrente con raccomandata del 29.4.2004, non allegata alla relazione dell’Amministrazione,
Il Comitato di Verifica era quindi chiamato ad esprimere un nuovo parere, sulla base degli ulteriori elementi a sua disposizione, sulla dipendenza da causa di servizio della “Sindrome Ansiosa Depressiva Persistente”
Il Comitato, nell’adunanza del 17.5.2006, confermava la determinazione assunta in precedenza, ritenendo che gli ulteriori elementi non ne consentissero la modifica.
Con determinazione dirigenziale n. 305 del 15.9.2006 l’Amministrazione negava la dipendenza da causa di servizio della patologia.
Il ricorrente presentava nuovamente ricorso gerarchico contro tale decisione. Lo stesso veniva respinto con Decreto del Comandante Generale della Guardia di Finanza n. 13 del 16.1.2007.
Con ricorso depositato il 30.4.2007, il ricorrente impugnava il silenzio rigetto sul proprio ricorso gerarchico ed il decreto di rigetto del 16.1.2007, deducendo i seguenti motivi di ricorso:
a) Eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti ed omessa considerazione di circostanze di fatto.
L’infermità sarebbe stata causata da una serie di situazioni conflittuali subite dal ricorrente durante la propria permanenza in servizio, per cui vi sarebbe un rapporto diretto tra le vicende lavorative del ricorrente la sua infermità.
b) Eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà e della irragionevolezza manifesta.
Vi sarebbe contrasto tra la decisione dell’amministrazione di accogliere il primo ricorso gerarchico presentato dal ricorrente e la decisione successiva, oltre che tra il riconoscimento della patologia di sindrome ansiosa depressiva da parte della CMO di Messina ed il mancato riconoscimento da parte del comitato di Verifica per le cause di Servizio.
b) Eccesso di potere per illogicità manifesta e difetto di motivazione.
La sindrome avrebbe avuto origine dalle prevaricazioni e dagli abusi subiti dal ricorrente.
c) Violazione di legge (art. 64 c.3 DPR 1092/1973) e di principi generali in materia di con casualità efficiente e determinante delle infermità e lesioni del pubblico impiego.
Il Comitato di verifica per le cause di servizio non avrebbe minimamente preso in considerazioni i numerosi episodi che hanno concorso all’insorgere della patologia elencati dal ricorrente.
Si è costituita l’Avvocatura dello stato per l’amministrazione resistente, depositando memoria ove sostiene l’inammissibilità e comunque l’infondatezza nel merito del ricorso.
Alla pubblica udienza del 22.2.2008 entrambi i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.
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DIRITTO
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1 Preliminarmente i ricorsi devono essere riuniti per evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva.
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1.1 Va detto che il ricorso 318/2006 è stato depositato quando non era ancora conclusa la procedura per il riconoscimento, nei confronti del ricorrente, della dipendenza da causa di servizio della patologia “Sindrome ansiosa-depressiva persistente”, almeno per quanto riguarda la decisione dei ricorsi gerarchici presentati dal ricorrente. Considerato che tale sindrome, che ha portato alla inidoneità al servizio militare del ricorrente, è parte importante anche della richiesta risarcitoria dedotta con il medesimo ricorso 318/2006, appare opportuno al Collegio, per avere un quadro più completo della controversia risarcitoria, esaminare con precedenza il ricorso più recente, r.g. 415/2007, che riguarda appunto il diniego della dipendenza da causa di servizio della sindrome ansiosa depressiva-persistente, diagnosticata al ricorrente.
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2 Va primariamente richiamata l’attuale normativa riguardante il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle patologie contratte dai pubblici dipendenti, che ha profondamente innovato rispetto alla precedente.
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2.1 In particolare va ricordato che nel sistema di cui al Dpr 29.10.2001 n. 461, in sede di liquidazione dell'equo indennizzo l'amministrazione è tenuta a recepire e a far proprio il parere del Comitato per le pensioni privilegiate (ora Comitato di verifica per le cause di servizio), trattandosi dell'unico organo consultivo al quale, nel procedimento preordinato alla verifica dei presupposti per la liquidazione dell'equo indennizzo spetta il compito di esprimere il giudizio finale sull'eziologia, professionale o no, dell'infermità e/o della lesione sofferta dal pubblico dipendente rilasciando un parere che, ai sensi dell'art. 14 comma 1, del suddetto Dpr n. 461, è non solo obbligatorio ma anche vincolante per l'amministrazione, che è tenuta a farlo proprio e ad assumerlo come motivazione unica dell'adottanda determinazione. Conseguentemente, nel nuovo sistema, le Commissioni Medico Ospedaliere si limitano alla diagnosi di patologie e postumi invalidanti, spettando ai Comitati di verifica per le cause di servizio la decisione sulla dipendenza da causa di servizio. (Cds Sez IV 7.5.2007 n. 1966).
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2.2 Quest’ultimo organismo, insediato presso il Ministero dell’Economia è formato da membri di diverse provenienze che offrono una particolare competenza in materia. Nelle controversie aventi ad oggetto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità sofferte da pubblici dipendenti, specie quando si tratta di patologie dalla eziologia incerta o addirittura tuttora sconosciuta dalla scienza medica, il sindacato che il giudice della legittimità è autorizzato a compiere sulle determinazioni assunte dagli organi tecnici, ai quali la normativa vigente attribuisce una competenza esclusiva in tale materia deve, di conseguenza, necessariamente intendersi limitato ai soli casi di travisamento dei fatti e di macroscopica illogicità immediatamente rilevabili.
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2.3 Si tratta di limiti che perimetrano in termini chiari, puntuali e ineludibili l'ambito entro il quale il giudice amministrativo può svolgere il proprio compito che, avendo ad oggetto la verifica della regolarità del procedimento, non gli consentono in alcun caso di sovrapporre il proprio convincimento a quello espresso dall'organo tecnico nell'esercizio di una attività tipicamente discrezionale e giustificata dal possesso di un patrimonio di conoscenze specialistiche del tutto estranee al patrimonio culturale di detto giudice (sul tema Cds sez. IV, 10.7.2007 n. 3911).
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2.4 La presenza dei vizi sopra citati è necessariamente preliminare all’attività del giudice. Infatti, in assenza di un giudizio di grave illogicità o travisamento dei fatti da parte del Comitato, il giudizio dell’organo competente non può essere sostituito da una consulenza tecnica disposta dal giudice, considerato che la consulenza tecnica d'ufficio è ammessa nel giudizio amministrativo, ai sensi dell'art. 44 comma 1 t.u. n. 1054 del 1924, come novellato dall'art. 1 comma 2 l. n. 205 del 2000, solo se il giudice riconosce che l'istruzione dell'affare è incompleta o che i fatti affermati nell'atto sono in contraddizione con i documenti, onde non può disporsi quanto siano stati acquisiti tutti i pareri tecnici previsti dalla legge o quando l'atto finale non sia in contrasto con quelli endoprocedimentali e, in ogni caso, costituendo una espressione dell'attività istruttoria, cioè di acquisizione del materiale probatorio, non può trasmodare nella sostituzione del giudice, attraverso il consulente, all'organo dell'amministrazione preposto a valutazioni di merito tecnico o nel sindacato di dette valutazioni, al di fuori delle ipotesi di evidente contraddittorietà o illogicità (Tar Friuli Venezia Giulia 15.12.2005 n. 1028). Tanto è vero che si afferma, in giurisprudenza, che ai sensi dell'art. 3, c.4, L. 21.7.2000 n. 205, è inammissibile la richiesta di consulenza tecnica d'ufficio finalizzata all'accertamento del nesso di causalità fra l'infermità sofferta dal pubblico dipendente e il servizio svolto per conto e nell'interesse dell'Amministrazione di appartenenza, trattandosi di materia che il legislatore ha attribuito in via esclusiva al C.p.p.o. ed ora al Comitato di verifica (CdS, sez. IV, 11.5.2007 , n. 2323).
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3 Così chiariti i limiti del sindacato del giudice amministrativo nella controversia, si può passare all’esame dei motivi di ricorso. Va ricordato che, nel caso in esame, un primo provvedimento che aveva negato, conformemente al parere del Comitato di Verifica, la dipendenza da causa di servizio della patologia Sindrome-Ansiosa depressiva persistente (Decreto 320 del 16.2.2005), è stato annullato in seguito a ricorso gerarchico proposto dal ricorrente, per la parte in cui non riconosceva la dipendenza da causa di servizio dell’infermità. Infatti il Comandante Generale della guardia di Finanza, con decreto n. 24 del 17.9.2005 annullava detto provvedimento di diniego, con la motivazione che il Comitato di Verifica, nel formulare il parere, non aveva potuto tenere conto di fatti di servizio segnalati dal ricorrente con raccomandata del 29.4.2004, non allegata alla relazione dell’Amministrazione.
Il Comitato di Verifica esprimeva quindi nuovo parere, sulla base degli ulteriori elementi a sua disposizione, sulla dipendenza da causa di servizio della “Sindrome Ansiosa Depressiva Persistente” confermando, nell’adunanza del 17.5.2006, la determinazione assunta in precedenza, ritenenuto che gli ulteriori elementi non ne consentissero la modifica. Quindi con determinazione dirigenziale n. 305 del 15.9.2006 l’Amministrazione negava la dipendenza da causa di servizio della patologia e con decreto n. 13 del 16.1.2007, infine, il Comandante generale della guardia di finanza respingeva il ricorso gerarchico presentato dal ricorrente contro quest’ultimo provvedimento.
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3.1 L’originario parere del Comitato di verifica emesso il 12.11.2004 considerava la Sindrome ansiosa depressiva persistente non dipendente da Causa di servizio “in quanto trattasi di forma di nevrosi che si estrinseca con disturbi di somatizzazione attraverso canali i neurovegetativi, scatenata spesso da situazioni contingenti che si innescano, di frequente su personalità predisposta. Non rinvenendosi, nel caso di specie, documentate situazioni conflittuali relative al servizio idonee, per intensità e durata a favorirne lo sviluppo, l’infermità non può collegarsi agli invocati eventi, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante”.
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3.2 Il successivo parere n. 1618 del 17.5.2006, reso successivamente all’annullamento del Decreto di diniego n. 24 del 17.9.2005, afferma che gli ulteriori elementi a conoscenza della Commissione, (nella fattispecie la raccomandata del 29.4.2004 dove il ricorrente elencava una serie di circostanze che avrebbero provocato l’insorgere della patologia) non consentono la modifica del precedente giudizio.
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4 In ragione delle considerazioni sopra svolte riguardo i limiti del sindacato del giudice Amministrativo, né le argomentazioni contenute nel ricorso gerarchico del 9.11.2006 né quelle contenute nel ricorso in epigrafe sono in grado di superare la determinazione finale dell’Amministrazione, contenuta nel Decreto del Dirigente del Comando Guardia di Finanza-Ufficio trattamento economico personale in quiescenza del n.305 del 15.9.2006 ed i presupposti pareri del Comitato di Verifica.
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4.1 Infatti, come affermato in precedenza, il potere di sindacato del giudice amministrativo sull’operato del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio è limitato ai casi un cui vi sia travisamento dei fatti o un’illogicità immediatamente rilevabile. Nel sistema normativo attuale il Comitato di verifica per le cause di servizio assume infatti un ruolo preponderante, in quanto le Cmo si limitano a diagnosticare le patologie, senza pronunciarsi sulla dipendenza da causa di servizio di competenza esclusiva del Comitato. Successivamente l’Amministrazione, nell’adottare il provvedimento finale ha l’obbligo di conformarsi al parere del Comitato di Verifica.
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4.2 Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso, non è condivisibile l’affermazione che non siano state considerate le allegazioni di parte ricorrente. Non è riscontrabile illogicità o travisamento dei fatti rispetto alle allegazioni di parte ricorrente nella motivazione del Comitato che afferma l’assenza di “documentate situazioni conflittuali relative al servizio idonee per intensità e durata a favorirne lo sviluppo”.
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4.3 In particolare, il ricorrente cita come situazioni di disagio un mancato trasferimento all’interno della stessa Regione (Palermo-Messina) e lamenta altresì di essere stato pretermesso in un successivo trasferimento da Cosenza a Vibo Valentia. Allo stesso ricorrente sarebbe stata altresì negata la compilazione del modello mensile delle presenze e avrebbe subito l’assegnazione di indagini sgradite da parte dei superiori. Inoltre il ricorrente avrebbe sofferto di una carenza di spazi nell’ufficio dove lavorava, subendo per tale motivo una distorsione al ginocchio sinistro (per la quale, e per i successivi aggravamenti, è stata comunque riconosciuta la dipendenza da causa di servizio).
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4.4 Ancora, il ricorrente lamenta il trasferimento dalla I alla III sezione di Polizia Tributaria di Cosenza (senza quindi cambiamento di sede). Il ricorrente afferma altresì che, a causa di negligenze nella diagnosi e nella cura della propria distorsione al ginocchio, egli avrebbe dovuto ritardare l’intervento in artroscopia. Lamenta altresì il mancato inoltro degli organi competenti dei suoi rapporti relativi al comportamento dei sanitari della CMO di Catanzaro e la frapposizione di ostacoli e impedimenti burocratica relativi alle domande di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infortunio, fatti che gli avrebbero procurato ulteriore stress. Il ricorrente avrebbe anche subito una decurtazione, per quanto riguarda le schede di valutazione caratteristica, dallo status di “rendimento superiore alla media distinto” a quello di “rendimento superiore alla media pieno e sicuro”, incontrando ulteriori ostacoli nelle richieste di accesso alla propria documentazione caratteristica.
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4.5 A parere del Collegio nessuna delle vicende denunciate del ricorrente, sopra sinteticamente ricordate e dettagliatamente enunciate da pag. 2 a pag. 12 del ricorso 415/2007, può essere considerata causa scatenante della sindrome ansiosa depressiva, considerato in particolare che allo stesso ricorrente, per quanto riguarda l’infortunio al ginocchio, sono state riconosciute la dipendenza da causa di servizio sia dell’infortunio medesimo sia dei successivi aggravamenti.
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4.6 A parere del Collegio, infatti, nessuno degli episodi denunciati integra uno “scostamento” sufficientemente netto dai normali accadimenti dell’attività di servizio per costituire elemento decisivo per l’insorgere della patologia. Non è quindi ravvisabile un elemento scatenante, sia pure concausale, della sindrome che ha colpito il ricorrente. Del resto i Tribunali Amministrativi hanno individuato, sempre in caso di insorgenza di patologie simili a quella di cui si tratta, casi in cui il giudizio del Comitato di Verifica può essere sindacato, per avere trascurato degli accadimenti che si distaccavano prepotentemente dal normale svolgimento dell’attività di servizio (per esempio il Tar Bari con decisione n. 2406 del 27.9.2007 ha censurato la mancata considerazione da parte della CPPO del fatto che il ricorrente, arruolato nell’Arma dei Carabinieri, era stato utilizzato nella delicata operazione di repressione di una rivolta carceraria ed era stato coinvolto nell’esplosione di una bomba accecante lanciata dai commilitoni). Ma nel caso in esame non è individuabile nulla di tutto questo, dato che la vera “particolarità” del servizio del ricorrente, ovvero l’infortunio al ginocchio, è stato riconosciuto come dipendente da causa di servizio, così come i suoi postumi, fossero gli stessi in parte causati o no da eventuali diagnosi errate o superficiali dei medici della struttura militare, errori che comunque non hanno mai portato alla ripresa del servizio da parte del ricorrente, che è sempre rimasto in licenza di convalescenza. Il primo motivo di ricorso deve essere quindi respinto, considerando che anche la perizia di parte presentata dal ricorrente non contiene alcun elemento che possa provare la manifesta irragionevolezza della decisione del Comitato, visto anche il periodo relativamente breve in cui si sarebbero verificati gli avvenimenti scatenanti della patologia. Infatti, a quanto affermato dal ricorrente, i fatti scatenanti per l’insorgere della patologia sarebbero avvenuti in circa tre anni: dal 1999 alla prima diagnosi della sindrome ansiosa depressiva in data 3.8.2002.
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4.6 Né ulteriori elementi a sostegno delle tesi di parte ricorrente sono rinvenibili nella memoria dell’11.2.2008, ad integrazione di quanto già dedotto. In particolare il ricorrente, individuando numerose anomalie nel comportamento del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio e dell’Amministrazione, ribadisce il fatto che il Comitato e la stessa Amministrazione avrebbero avuto l’onere di prendere in esame ed analizzare in maniera specifica tutti i fatti allegati dal ricorrente, sia nella raccomandata del 29.4.2004, sia nel ricorso gerarchico. In realtà il Comitato ha espresso il suo giudizio affermando che, data l’assenza di “documentate situazioni conflittuali relative al servizio idonee, per intensità e durata a favorirne lo sviluppo, l’infermità non può collegarsi agli invocati eventi, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante”. Non è ipotizzabile che il Comitato di Verifica avesse un obbligo di motivare in maniera specifica su tutti gli episodi allegati dal ricorrente, considerando che il compito del Comitato stesso è semplicemente quello di stabilire se il servizio svolto dal ricorrente può essere considerato causa o concausa della patologia sofferta, per cui l’analisi, in mancanza di un singolo episodio scatenante, non può che essere indirizzata sul compresso delle vicende di servizio del richiedente.
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4.7 Il primo motivo di ricorso deve quindi essere respinto.
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5 Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso esso è palesemente infondato, considerato che l’accoglimento del ricorso gerarchico disposto con decreto n. 24 del 17.9.2005 è, in tutta evidenza, meramente causato dalla mancata allegazione dei fatti di servizio segnalati dal ricorrente con raccomandata del 29.4.2004 (in atti) che sono stati valutati nella successiva adunanza della Comitato di Verifica n. 1618/2006. Non sono ravvisabili, nella documentazione citata (in gran parte esaminate nell’analisi del primo motivo di ricorso) considerazioni tali da rendere manifestamente illogica o viziata da travisamento dei fatti la determinazione del Comitato, anche alla luce delle considerazioni appena formulate riguardo il primo motivo di ricorso.
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6 Le medesime considerazioni devono essere formulate per il terzo motivo di ricorso. Non vi è stata alcuna manifesta illogicità o difetto di motivazione, alla luce di quanto sopra riportato, considerato che non vi è alcun elemento, trascurato dal Comitato dia Verifica, che si presenti con assoluta evidenza come causa scatenante dalla patologia considerato anche che il ricorrente, a partire dall’infortunio al ginocchio del 19.11.2002, è sempre stato in licenza fino al riconoscimento della propria inidoneità al servizio militare.
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6.1 Ancora, per quanto riguarda le ulteriori allegazioni riportate nella memoria dell’11.6.2008, le stesse non riportano elementi particolarmente significativi. Non può essere condiviso il ragionamento di parte ricorrente per cui la prima parte del servizio del ricorrente, fino all’anno 1999, caratterizzata, asseritamente, da impegni particolarmente gravosi, proverebbe la mancanza nel ricorrente di qualsiasi predisposizione alla patologia successivamente manifestatasi. Infatti per il periodo successivo al 1999 non sono riscontrabili, a parere del Collegio, episodi di stress o contrasti all’interno della struttura militare tali da costituire elemento scatenante della patologia del ricorrente, trascurati dal Comitato di Verifica.
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7 Le stesse considerazioni si attagliano al quarto motivo. Il giudizio sulla causalità tra il servizio del ricorrente e l’insorgere della patologia, anche in termini di concausualità, è riservato al Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, il cui giudizio può essere sindacato solo in caso di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, vizi che, come più volte ricordato, non sono ravvisabili nel caso in esame.
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8 Il ricorso 415/2007 è quindi infondato e deve essere respinto.
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8.1 Per quanto riguarda il ricorso 318/2006 con stesso il ricorrente introduce azione di accertamento in ordine al diritto al risarcimento del danno per le vessazioni subite durante il servizio, vessazioni che gli avrebbero provocato un danno all’integrità psicofisica.
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8.2 In particolare i comportamenti a danno del ricorrente vengono ricondotti sotto il termine omnicomprensivo di mobbing, che è stato di recente definito dalla Corte di Cassazione come “una condotta sistematica e protratta nel tempo, che concreta, per le sue caratteristiche vessatorie, una lesione dell'integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro, garantite dall'articolo 2087 C.C.; tale illecito, che rappresenta una violazione dell'obbligo di sicurezza posto da questa norma generale a carico del datore di lavoro, si può realizzare con comportamenti materiali o provvedimenti del datore di lavoro indipendentemente dall'inadempimento di specifici obblighi contrattuali previsti dalla disciplina del rapporto di lavoro subordinato”.
Prosegue la sentenza della suprema Corte:
“La sussistenza della lesione del bene protetto e delle sue conseguenze dannose deve essere verificata considerando l'idoneità offensiva della condotta del datore di lavoro, che può essere dimostrata, per la sistematicità e durata dell'azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specialmente da una connotazione emulativa e pretestuosa, anche in assenza di una violazione di specifiche norme di tutela del lavoratore subordinato.”(Cass. Sez. Lavoro 6.3.2006 n. 4774).
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8.3 Nel caso in esame il mobbing si sarebbe svolto nell’ambito militare, essendo il ricorrente sottufficiale della Guardia di Finanza.
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8.4 Per quanto riguarda la giurisdizione questo Tribunale, con sentenza 29.6.2006 n. 755 si è espresso in un caso analogo, affermando che, nel pubblico impiego militare, dove la gestione del personale è rimasta ancorata a criteri pubblicistici e si svolge attraverso atti amministrativi, è impossibile disgiungere le eventuali lesioni provenienti da tali atti da quelle derivanti da meri comportamenti, proprio in ragione del carattere unitario del fenomeno, per cui nella fattispecie sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
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8.5 Nel caso in esame, dunque, il Tribunale ha giurisdizione per valutare l'eventuale danno biologico, derivante da mobbing, nella misura strettamente riconducibile ad un contesto di specifiche inadempienze agli obblighi del datore di lavoro, inadempienze che, nella situazione in esame, si affermano concretizzate in una serie di comportamenti e provvedimenti, provenienti da soggetti che globalmente considerati potrebbero configurare violazione del citato articolo 2087 del codice civile.
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8.6 Ancora, nelle cause di mobbing nell’ambito del pubblico impiego militare il Tribunale (sempre con sentenza 29.6.2006 n. 755) ha ritenuto non appicabile, nella fattispecie, la regola della pregiudiziale amministrativa. Infatti il “mobbing” si identifica in tutto un insieme di atti e comportamenti in rapporto di necessaria occasionalità con l’attività lavorativa svolta dalla vittima. È ovviamente presumibile che l’eventuale persecuzione nei confronti della vittima del mobbing si concretizzi anche in atti amministrativi impugnabili, ma la necessaria impugnazione di questi atti avrebbe carattere meramente formale, facendo essi parte di un “sistema” volto ad integrare una condotta vessatoria nei confronti della vittima.
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8.7 Ad avviso del Collegio il ricorso deve quindi essere ritenuto ammissibile, nonostante la mancata impugnazione di atti amministrativi lesivi da parte del ricorrente. Ciò non toglie che l’impugnazione di atti amministrativi lesivi possa incidere sull’eventuale risarcimento del danno causato da quest’ultimi.
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8.8 Se è infatti è vero che, che ai sensi dell'art. 2056 c.c., il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227 del medesimo codice, e che il primo comma di quest'ultimo articolo reca la rubrica "concorso del fatto colposo del creditore" disponendo che "se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate", l'omessa impugnazione, da parte del ricorrente che agisce in giudizio per il risarcimento danni da mobbing, di provvedimenti autoritativi non può che aggravare il danno, rendendolo irreversibile (sul tema Tar Veneto 18.7.2007 n. 2503).
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8.9 Le richieste risarcitorie avanzate dal ricorrente con il ricorso 318/2006 sono le seguenti:
a) Risarcimento per danno biologico, dovuto all’infortunio al ginocchio del 19.11.2001 e agli altri danni all’integrità fisica subiti dal ricorrente, tra le quali, a quanto è sostenuto nel ricorso, vi è anche la “Sindrome ansiosa depressiva reattiva”, diagnosticata in data 3.8.2002, diagnosi confermata parzialmente dalla CMO di II istanza di Palermo in data 31.1.2004, che individuava la patologia di “Sindrome ansiosa depressiva persistente”, compresa la successiva somatizzazione, documentata in atti, della sindrome stessa, qualificabile, in totale, come danno da inabilità permanente pari ad una percentuale non inferiore al 60% da liquidare nella misura € di 296.849.000. Il danno biologico da inabilità temporanea, per gli 862 gg. dell’infortunio, sarebbe da quantificare in € 44.522,30.
b) Danno esistenziale, causato dalle modifiche alla vita di relazione dovute sia all’infortunio al ginocchio, sia alla successiva sindrome ansiosa-depressiva, patologia quest’ultima che, comportando il trasferimento del ricorrente nei ruoli civili del Ministero dell’Economia e delle Finanze, avrebbe anche provocato l’ulteriore danno del trasferimento del ricorrente nella sede di Varese, per cui il danno esistenziale sarebbe pari alla metà del danno biologico, quindi ad € 170.685,65.
c) Danno morale, anche esso qualificabile nella metà del danno biologico, €170.685,65.
d) Danno patrimoniale, nella fattispecie di danno emergente, per mancata percezione dello stipendio e disinvestimenti nella misura di € 64.000.
e) Danno patrimoniale, nella fattispecie di lucro cessante per perdita di chances relativa alla progressione in carriera, nella misura di € 524.000.
La richiesta risarcitoria non può essere accolta.
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9 Innanzitutto non può essere concesso il risarcimento per l’infortunio patito dal ricorrente al ginocchio. È infatti principio acquisito che nell'attuale sistema normativo la tutela del pubblico dipendente, che a causa del servizio subisce una menomazione della sua integrità psico fisica, è affidata esclusivamente alla pensione privilegiata e all'equo indennizzo. La possibilità per il pubblico dipendente di cumulare, per lo stesso evento dannoso, l'equo indennizzo ed il risarcimento danni e, conseguentemente, l'impossibilità per l'Amministrazione di detrarre dalla somma da essa dovuta a titolo di equo indennizzo quanto già percepito dal dipendente a titolo di risarcimento sussiste solo per l'ipotesi che il danno psico fisico sofferto dal dipendente stesso sia conseguente al fatto del terzo e non quando l'Amministrazione ha già adempiuto alla finalità risarcitoria, o, quanto meno, reintegratoria, che l'ordinamento assegna all'equo indennizzo che è conclusione che trova fondamento e giustificazione nella sostanziale identità del bene giuridico (l'integrità psico fisica del pubblico dipendente) protetto sia dallo strumento indennitario che da quello risarcitorio e nella concreta idoneità di ciascuno dei due interventi riparatori di risarcire integralmente il danno sofferto per fatti attinenti alla natura e/o alle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, eliminandolo quindi dal mondo giuridico e facendo così venir meno, ad origine, lo stesso oggetto della tutela concorrente (Tar Roma 2.01.2006 n. 438).
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9.1 Del resto non è provata in atti, nonostante la copiosa documentazione depositata, una particolare responsabilità dell’Amministrazione per l’inadeguatezza del luogo di lavoro dove è avvenuto l’infortunio, considerando che la relazione prodotta dal ricorrente nell’immediatezza dell’accaduto, evidenzia come lo stesso si sia infortunato alzandosi per prendere un fascicolo, scivolando e battendo il ginocchio a terra senza alcun accenno allo stato dei luoghi e ad eventuali inadeguatezze dell’ambiente di lavoro, né niente di simile veniva notato dai commilitoni del ricorrente (relazioni di servizio del 19.11.2001).
Per il resto gli atti di “mobbing” subiti successivamente e denunciati nel ricorso essi sono così tipizzabili e coincidono in buona parte con quelli portati a sostegno della dipendenza da causa di servizio della sindrome ansiosa depressiva diagnosticata al ricorrente.
1) Il ricorrente lamenta il mancato trasferimento all’interno della stessa Regione (Palermo-Messina) e la successiva pretermissione, rispetto ad altri sottufficiali non aventi diritto, in un successivo trasferimento da Cosenza a Vibo Valentia. Allo stesso ricorrente sarebbe stato altresì negata la compilazione del modello mensile delle presenze (pag. 4 del ricorso).
2) Svolgimento di indagini sgradite a colleghi e superiori, in quanto lo stesso ricorrente sarebbe stato chiamato a svolgere delle indagini in scadenza di termini affidate ad altri colleghi, senza che gli venissero forniti i necessari chiarimenti.
Vi sarebbero state altresì anomalie nello svolgimento delle stesse, dato che il
proprio comandante di sezione non avrebbe voluto assumere il ruolo di
cooordinatore delle indagini.
3) Un trasferimento da una sezione all’altra del nucleo di polizia Tributaria di Cosenza.
4) La sottoposizione a visite non necessarie che avrebbero aggravato la distorsione al ginocchio subita dal ricorrente, tra il 7,8 e il 13.12.2001.
5) La mancata trasmissione di alcune relazioni di servizio critiche nei confronti dei sanitari militari che lo hanno visitato.
6) L’irregolare notificazione della valutazione caratteristica relativa al periodo di servizio 18 novembre-18 dicembre 2001.
7) Irregolarità nelle modalità presentazione della domanda di dipendenza da causa di servizio relativa all’infortunio al ginocchio del 19.12.2001. In particolare non sarebbe stata considerata, almeno inizialmente, valida la domanda di riconoscimento di causa di servizio presentata dal proprio legale e il ricorrente si sarebbe dovuto recare di persona al Comando per presentare la domanda, ancora in convalescenza (16.5.2002). Inoltre al ricorrente sarebbe stato riferito da un collega il “non gradimento” per le modalità di presentazione della domanda da parte del Comandante Provinciale, con relativa richiesta di presentarsi a rapporto dallo stesso, invito a cui il ricorrente non avrebbe ottemperato.
8) Ancora il ricorrente lamenta la notificazione, sempre con modalità non rispettose della “privacy” e delle norme vigenti, della valutazione caratteristica per gli anni 1999-2000, che peraltro individuava un giudizio di “rendimento superiore alla media pieno e sicuro” (relativo al servizio prestato presso in Nucleo Regionale PT Sicilia), tra l’altro trasmesso in ritardo impedendo al ricorrente di presentare ricorso. Il ricorrente lamenta altresì ostacoli posti alla sua richiesta di accesso alla documentazione attestante la sua valutazione caratteristica.
9) Infine al ricorrente veniva diagnosticata, in data 3.8.2002, una “sindrome ansiosa depressiva reattiva”, che portava, con decisione della Commissione Ospedaliera di Messina del 23.1.2004, confermata dalla CMO di Palermo in data 31.3.2004 all’inidoneità al servizio militare del ricorrente, che transitava presso i ruoli civili del Ministero. 10) 10 Per l'individuazione del danno biologico da mobbing, nei limiti in cui il medesimo rientra nella giurisdizione del Giudice Amministrativo, deve ricercarsi quella inosservanza delle regole di "imparzialità, correttezza e buona amministrazione", che si traduce in violazione delle regole del giusto procedimento (come codificato, in particolare, dalla legge n. 241/1990).
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10.1 Detta violazione può ravvisarsi in comportamenti omissivi, contraddittori o dilatori dell'Amministrazione, ovvero in violazione di norme, sulle quali non sussistano incertezze interpretative o la cui interpretazione sia ormai pacifica, o ancora nella reiterazione di atti affetti anche da illegittimità formali, ma che nel loro insieme denotino grave alterazione del rapporto sinallagmatico, tale da determinare un danno alla salute del dipendente (Tar Lazio Roma, 17.4.2007 , n. 3315).
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11 Nella fattispecie mancano totalmente i presupposti di cui sopra.
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11.1 Il ricorrente non è stato sottoposto a ad alcuna sanzione disciplinare né ha avuto valutazioni negative riguardanti il suo servizio, né ha subito trasferimenti d’Ufficio (se si esclude quello,durante la convalescenza, tra la II e la III Sezione di Polizia tributaria di Cosenza). Quasi tutti i fatti lamentati dallo stesso risultano di entità modesta e non succettibili in alcun modo di instaurare nel ricorrente la “sindrome ansiosa-depressiva reattiva” ad egli diagnosticata, che ha portato, nella forma di sindrome ansiosa depressiva persistente, alla sua dispensa dal servizio militare.
In particolare il ricorrente lamenta danni relativi a provvedimenti (dinieghi di trasferimento e schede di valutazione) non sono mai stati impugnati né in via amministrativa né con ricorso giurisdizionale ed assumono quindi, nella prospettazione di parte ricorrente, ruolo di “concausa” del danno solo a partire dalla domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della sindrome diagnosticata al ricorrente. Allo stesso tempo fatti potenzialmente più gravi, come quelli relativi alle stranezze relative alla assegnazioni delle indagini di PG (pag. 6 del ricorso) sono del tutto privi di riscontri oggettivi.
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11.2 Per il resto il ricorrente non fornisce alcun principio di prova relativo alla presenza di “mobbing”, nel significato presenza di una condotta sistematica e protratta nel tempo ai suoi danni, limitandosi ad elencare una serie di episodi, provenienti da soggetti diversi, che avrebbero avuto carattere vessatorio.
Anzi, buona parte delle condotte vessatorie nei confronti del ricorrente sarebbero avvenute quando egli non era in servizio, in quanto lo stesso, a quanto risulta in atti, non ha mai ripreso servizio dal 20.11.2001 (giorno successivo all’infortunio al ginocchio) alla data in cui la la CMO di Messina e, successivamente, quella di Palermo (31.3.2004) dichiaravano la sua inidoneità al servizio militare.
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11.3 Colpisce in particolar modo, nel ricorso in esame, che non risulti in atti alcun documento, ad esempio un ricorso amministrativo, o una denuncia a superiori o all’autorità giudiziaria, dove il ricorrente si lamenti di comportamenti illegittimi da parte dell’Amministrazione a partire dal 1999 (data a cui il ricorso fa risalire i comportamenti illegittimi dell’amministrazione), fino alla relazione di servizio del 14.12.2001, dove il ricorrente censura il comportamento degli addetti della CMO di Catanzaro. Prima di allora nessun tipo di disagio del ricorrente era stato portato a conoscenza, in maniera rituale, della struttura di comando.
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11.4 Come già accennato, l’insorgere della sindrome per cui si chiede il risarcimento del danno biologico si è verificato durante una lunga licenza di convalescenza, dove i contatti con l’Amministrazione sono stati limitatissimi, limitati ad alcune visite mediche, alla presentazione della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’intervento al ginocchio e, successivamente, dei postumi dell’infortunio stesso (dipendenza altro accordata dall’Amministrazione con relativo equo indennizzo). Manca, nella fattispecie qualsiasi durevole serie di reiterati comportamenti vessatori e persecutori rivolti nei confronti del dipendente all'interno dell'ambiente di lavoro in cui egli opera, capaci di provocare in suo danno una situazione di reale, serio ed effettivo disagio, tale da incidere sulla persona del lavoratore, ed in particolare sulla sua sfera mentale, relazionale e psicosomatica. (Tar Lazio 25.6.2004, n. 6254). Infatti, anche a volere prescindere dalle giustificazioni presentate dall’Amministrazione nella dettagliata relazione in atti, si vede come il danno lamentato dal ricorrente successivamente alla citata relazione di servizio del 14.12.2001 (e, questa volta, portato a conoscenza dell’Amministrazione con ripetuti rapporti e denunce), si ricolleghi principalmente alle modalità di notificazione al ricorrente (in congedo) di schede di valutazione positive (anche se non di gradimento del ricorrente) e mai impugnate in via amministrativa e giurisdizionale, lentezze e disguidi burocratici relativi alla pratica di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infortunio al ginocchio (pratica, tra l’altro, andata a buon fine) e ad alcune istanze di accesso agli atti.
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12 Siamo ben lontani, a parere del Collegio, da una un’ipotesi di “mobbing” che si deve esprimere, in singoli atti o comportamenti del datore di lavoro individuabili in concreto e nel nesso che li lega strettamente fra di loro. In particolare, tali atti non pervengono alla soglia del mobbing, pur restando se del caso atti illegittimi o comportamenti ingiusti, se non raggiungono la soglia della continuità e della loro particolare finalizzazione, requisiti che dimostrano la sussistenza di un disegno unitario volto a vessare il lavoratore ed a distruggerne la personalità e la figura professionale (Cassazione, Sez. lavoro 6.3.2006, n. 4774; Tar Milano, Sez. I, 21.7.2006, n. 1844).
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12.1 Per quanto riguarda i danni relativi al ritardo nel transito dei ruoli civili ed il disagio causato dalla destinazione presso la Commissione Tributaria Provinciale di Varese, con la memoria depositata in data 11.2.2008 il ricorrente né impugna atti né formula nuove istanze risarcitorie ma semplicemente imputa a tale ritardo un aggravamento delle infermità del soggetto. Infermità che, come già affermato in precedenza, non possono essere ritenute ascrivibili ai comportamenti “vessatori” subiti dal ricorrente, per cui rimane irrilevante anche il loro eventuale aggravamento.
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13 Conseguentemente, per le considerazioni di cui sopra, i danni denunciati dal ricorrente non possono essere imputati ad atti illegittimi dell’Amministrazione o di soggetti ad essa apparentemente riconducibili nell’ambito del cosiddetto “mobbing” né sotto il profilo della colpa né di quello del necessario nesso causale, per cui anche il ricorso 318/2006, deve essere respinto.
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13.1 In base alle considerazioni finora svolte i ricorsi r.g. 318/2006 e 415/2007 sono infondati e devono essere respinti.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese per entrambi i ricorsi
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PQM
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il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, Sede di Catanzaro, Sezione Prima, riuniti per la decisione i ricorsi rg. 318/2006 e 415/2007, li rigetta.
Compensa le spese per entrambi i ricorsi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
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Così deciso in Catanzaro, il 22 febbraio 2008, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria.
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Depositata in Segreteria il 26 maggio 2008
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