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T.A.R. LAZIO - ROMA - SEZIONE I - Sentenza 6 giugno 2008 n. 5578
Pres. De Lise, Est. Caponigro
Bristol-Myers Squibb S.r.l. (Avv.ti R. Caiazzo e G. Pesce); Hollister S.p.a. (Avv.ti G. Rosauer, S. La Via e F. Diana); Coloplast S.p.a. (Avv.ti U. Ruffolo, C. Berti e B. Banorri); B.Braun Milano S.p.a. (Avv.ti S. D’Alberti e L. D’Amario); c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato) e Azienda Unità Sanitaria Locale di Ferrara, in proprio e quale capofila dell’unione di acquisto con l’Azienda Città di Bologna, l’Azienda USL Bologna Nord, l’Azienda USL Bologna Sud, l’Azienda Ospedaliera di Bologna Policlinico S.Orsola – Malpighi, l’Azienda USL di Imola, gli Istituti Ortopedici Rizzoli e l’Azienda Ospedaliera di Ferrara (Avv. G. Pazzaglia; con intervento ad adiuvandum di F.A.I.S. – Federazione Associazioni Incontinenti e Stomizzati ONLUS, nonché Gesuina Della Giovanna, Giuseppe De Salvo e Giuseppe Sciacca (Avv.ti M. L. Gazzi e L. Salomoni)


1. Concorrenza e mercato – Impegni antitrust – Rigetto – Ragioni – Gravità delle restrizioni concorrenziali – Deterrenza della sanzione – Legittimità.

 

2. Concorrenza e mercato – Impegni antitrust – Rigetto – Prognosi sulla sussistenza e sulla gravità dell’intesa – Legittimità – Ragioni.

 

3. Concorrenza e mercato – Impegni antitrust – Rigetto – Riferimento alla violazione hard core – Sufficienza.

 

4. Concorrenza e mercato – Impegni antitrust (art. 14 ter) e programmi di clemenza (art. 15 L. 287/90) – Necessità di un coordinamento – Sussiste.

 

5. Concorrenza e mercato – Decisioni con impegni – Programmi di clemenza – Diversità.

 

6. Concorrenza e mercato – Fattispecie antitrust – Identità – Non sussiste.

 

7. Concorrenza e mercato – Decisioni con impegni – Tertium comparationis – Inidoneità.

 

8. Processo amministrativo – Intervento ad adiuvandum – Proponibilità – Connessione della situazione giuridica soggettiva.

 

9. Concorrenza e mercato – Procedimento antitrust – Termine di inizio – Non sussiste – Ragioni.

 

10. Concorrenza e mercato – Procedimento antitrust – Fase preistruttoria – Protrazione del tempo – Lesività di per sé del diritto di difesa – Non sussiste.

 

11. Concorrenza e mercato – Procedimento antitrust – Corrispondenza delle valutazioni contenute nel provvedimento finale con quelle della CRI – Sintomaticità della omessa valutazione di memorie – Non sussiste – Prerogative difensive – Contenuto.

 

12. Concorrenza e mercato – Rilevanza della parte di mercato nazionale – Qualificazione – Limitazione territoriale del mercato rilevante – Consistenza della restrizione – Contemporaneità – Sussiste.

 

13. Concorrenza e mercato – Illecito antitrust – Reiterazione dei comportamenti – Rilievo.

 

14. Giurisdizione e competenza – Sindacato tecnico del G.A. – Provvedimenti dell’Agcm – Contenuto e limiti.

 

15. Giurisdizione e competenza – Sindacato del G.A. – Provvedimenti dell’Agcm – Contenuto e limiti.

 

16. Concorrenza e mercato – Intese restrittive – Presupposti.

 

17. Concorrenza e mercato – Intese restrittive – Divieto di concordamento – Contenuto.

 

18. Concorrenza e mercato – Intese restrittive – Condotte vietate – Accordi – Pratiche concordate – Definizioni.

 

19. Concorrenza e mercato – Intese restrittive – Pratica concordata – Contenuto.

 

20. Concorrenza e mercato – Intese restrittive – Pratica concordata – Prova indiziaria – Sussiste – Contenuto.

 

21. Concorrenza e mercato – Intese restrittive – Concertazione – Elemento soggettivo – Desunzione in via indiziaria – Elementi oggettivi.

 

22. Concorrenza e mercato – Intese restrittive – Parallelismo dei comportamenti – Elemento soggettivo – Assenza di elementi indiziari di riscontro – Prova – Presupposti – Inconfigurabilità di una spiegazione alternativa.

 

23. Concorrenza e mercato – Intese restrittive – Parallelismo di comportamenti – Prova logica – Elementi indiziari endogeni – Elementi indiziari esogeni.

 

24. Concorrenza e mercato – Intese restrittive – Parallelismo di comportamenti – Onere della prova.

 

25. Concorrenza e mercato – Intese restrittive – Valutazione degli effetti – Rilevanza.

 

26. Concorrenza e mercato – Sanzioni antitrust – Applicabilità alle sole infrazioni ancora in corso – Non sussiste – Ragioni.

 

27. Concorrenza e mercato – Sanzioni antitrust – Circostanza attenuante – Impegni manifestamente inidonei – Non sussiste.

 

28. Giurisdizione e competenza – Sindacato del G.A. – Sanzioni antitrust – Sindacato di merito – Modificabilità della sanzione – Legittimità.

1.  Nell’esercizio del proprio potere discrezionale, rilevato che l’Autorità nazionale è tenuta a procedere anche alla stregua dei parametri previsti in ambito comunitario, l’AGCM, ritenendo di dovere irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria in ragione della natura e dell’entità dell’intesa, può legittimamente valutare, in linea con l’orientamento comunitario, che i profili anticoncorrenziali non possano essere adeguatamente rimossi mediante impegni, poiché l’intesa sottoposta a suo esame riguarda restrizioni gravi della concorrenza derivanti da un’intesa orizzontale segreta tale che l’accettazione degli impegni priverebbe la sanzione della propria efficacia deterrente.

2. La percezione della gravità dell’intesa costituisce un corretto parametro sulla cui base effettuare, rebus sic stantibus, la valutazione relativa all’accettazione o meno degli impegni proposti, né, in caso di reiezione degli impegni, la prognosi sulla sussistenza e sulla gravità dell’intesa può costituire vizio dell’atto di diniego in quanto, se il procedimento per l’accertamento della violazione antitrust si conclude senza che sia accertata alcuna violazione o comunque senza l’irrogazione di alcuna sanzione, nulla quaestio, mentre, se il procedimento si conclude con l’accertamento di un’infrazione grave o di estrema gravità, cui segue l’irrogazione di una sanzione, le eventuali censure relative alla sussistenza dell’illecito ed al giudizio di gravità possono essere utilmente proposte avverso tale provvedimento ma non refluiscono in un vizio di legittimità dell’atto di rigetto degli impegni che, al momento della sua adozione, è stato logicamente adottato e congruamente motivato.

3. Il riferimento alle restrizioni gravi della concorrenza derivanti da un’intesa orizzontale segreta (c.d. violazioni hard core) costituisce di per sé una motivazione sufficiente per giungere, in linea con l’orientamento comunitario, al rigetto degli impegni.

4. La norma di cui all’art. 14 ter L. 287/1990 va coordinata con quella di cui all’art. 15, co. 2 bis, L. 287/1990, anch’essa introdotta dall’art. 14 D.L. 223/2006, come modificato dalla relativa legge di conversione, secondo cui l’Autorità, in conformità all’ordinamento comunitario, definisce con proprio provvedimento generale i casi in cui, in virtù della qualificata collaborazione prestata dalle imprese nell’accertamento di infrazioni alle regole di concorrenza, la sanzione amministrativa pecuniaria può essere non applicata ovvero ridotta nelle fattispecie previste dal diritto comunitario.

5. Le decisioni di accettazione degli impegni hanno una ratio diversa da quella dei programmi di clemenza ex art. 15, co. 2 bis, L. 287/1990 non trattandosi né di un meccanismo di mero sconto della sanzione né di un meccanismo premiale della collaborazione all’accertamento di un’infrazione in quanto, ove gli impegni siano accettati, l’accertamento manca del tutto, sicché l’estensione dell’accettazione degli impegni anche alle intese hard core potrebbe ostacolare l’efficacia dei programmi di clemenza essendo preferibile per l’impresa interessata che il procedimento si concluda senza l’accertamento dell’infrazione.

6. Le fattispecie in materia antitrust sono fisiologicamente complesse, e  pertanto, sebbene possano presentare elementi di analogia, non sono mai tra loro identiche.

7. L’eventuale provvedimento di accettazione degli impegni intervenuta in una determinata ipotesi non è idonea di per sé sola a tradursi, come tertium comparationis, in un vizio di legittimità della valutazione negativa intervenuta in una diversa ipotesi (1).

8. L’intervento ad adiuvandum può essere proposto dal terzo che, avendo un proprio interesse, interviene per sostenere le ragioni fatte valere con il ricorso in quanto titolare di una posizione giuridica che, sia pure non legittimante la proposizione del ricorso in via principale, è collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale. L’interventore, pertanto, deve essere titolare di un rapporto giuridico connesso con quello dedotto in giudizio o da esso dipendente, nel senso che la sentenza potrà riflettere un effetto favorevole o sfavorevole sulla sua posizione giuridica.

9. L’art. 14 L. 287/1990 non contempla alcun termine di inizio del procedimento, né può trovare applicazione l’art. 14 L. 689/1981 in quanto - anche a prescindere dalla considerazione che lo stesso si riferisce alla contestazione della violazione a seguito dello svolgimento delle relative indagini e non all’avvio della fase istruttoria del procedimento, che è invece tesa ad accertare la possibile sussistenza di un illecito - l’art. 31 L. 287/1990 richiama, se applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della L. 689/1981 ai soli fini delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla violazione della legge, mentre non vi è alcun richiamo alle stesse disposizioni per la disciplina della fase istruttoria del procedimento. D’altra parte - rilevato che l’Autorità, ai sensi dell’art. 14 L. 287/1990, notifica l’apertura dell’istruttoria nei casi di presunta infrazione - la stessa valutazione sulla esigenza o meno di avviare l’istruttoria si presenta complessa e richiede un intervallo di tempo che può divenire rilevante in quanto il potere di indagine precedente l’istruttoria può essere protratto sino a quando non emergano elementi tali da rendere ragionevole l’avvio dell’istruttoria che, altrimenti, si rivelerebbe inutile ed antieconomica.

10. La protrazione nel tempo della fase preistruttoria, in assenza di specifiche allegazioni, di parte non può ritenersi di per sé lesiva del diritto di difesa dei soggetti coinvolti nel procedimento. 

11. La circostanza che le valutazioni contenute nel provvedimento finale siano corrispondenti a quelle contenute nella comunicazione delle risultanze istruttorie non è di per sé sintomatica della omessa valutazione di memorie e documenti. D’altra parte, nell’ambito di un procedimento antitrust, le prerogative della difesa non richiedono che l’Autorità ribatta analiticamente a tutte le argomentazioni delle imprese interessate, essendo sufficiente che, sotto il profilo sostanziale, sia adeguatamente motivata la tesi accolta in contrapposizione a quanto dedotto dalle parti.

12. La rilevanza della parte del mercato nazionale idonea ad integrare la sussistenza della fattispecie illecita deve essere considerata non solo sotto il profilo quantitativo ma anche sotto quello qualitativo, vale a dire per la sua potenziale capacità di comportare una consistente restrizione della concorrenza.   La circostanza che il mercato rilevante sia stato individuato in un ambito territoriale limitato non determina l’insussistenza della fattispecie atteso che l’intesa è intrinsecamente suscettibile di avere un’incidenza negativa sul libero esplicarsi delle regole di concorrenza nel mercato in un ambito territoriale più vasto. In altri termini, è il segmento geografico in relazione al quale l’intesa è potenzialmente in grado di produrre i propri effetti che deve essere tenuto in considerazione al fine di qualificare la fattispecie come illecita, anche nel caso in cui la presunta intesa si è tradotta nella mancata partecipazione a singole gare bandita da stazioni appaltanti che operano in una ben circoscritta area geografica. Di talché, è ben possibile che il mercato rilevante sia territorialmente limitato e tuttavia l’intesa possa comportare una consistente restrizione della concorrenza tale da integrare la fattispecie di cui all’art. 2 L. 287/1990.

13. La reiterazione dei comportamenti nel tempo costituisce un elemento indiziario dell’intesa, ma non assurge ad elemento costitutivo della stessa. In altre parole, la ripetitività dei comportamenti delle imprese, se normalmente acquisisce rilievo perché attribuisce significatività a condotte che, diversamente, non potrebbero essere considerate finalizzate ad un obiettivo anticoncorrenziale, si presenta sostanzialmente irrilevante al fine di accertare la sussistenza dell’intesa quando la specificità della condotta delle parti, sebbene riferita ad un singolo o a pochi episodi, già di per sé può essere idonea a dimostrare la presenza della fattispecie antitrust.

14. Il giudice amministrativo può sindacare con piena cognizione i fatti oggetto dell’indagine e il processo valutativo mediante il quale l’Autorità applica al caso concreto la regola individuata, fermo restando che, ove sia accertata la legittimità dell’azione sulla base della corretta utilizzazione delle regole tecniche sottostanti, il sindacato giurisdizionale non può spingersi oltre, perché vi sarebbe un’indebita sostituzione del giudice all’amministrazione, la quale soltanto è titolare del potere esercitato (2).

15. Il giudice amministrativo, in relazione ai provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, esercita un sindacato di legittimità, che non si estende al merito, salvo per quanto attiene al profilo sanzionatorio ai sensi dell’art. 23 L. 689/1981 applicabile in virtù del richiamo contenuto nell’art. 31 L. 287/1990, per cui deve valutare i fatti onde acclarare se la ricostruzione di essi operata dall’Autorità sia immune da travisamenti e vizi logici e accertare che le norme giuridiche siano state correttamente individuate, interpretate ed applicate, mentre, ove residuino margini di opinabilità circa concetti indeterminati non può sostituirsi all’amministrazione nella definizione degli stessi se la relativa definizione fornita sia immune da vizi di travisamento dei fatti, da vizi logici, da vizi di violazione di legge (3).

16. Per quanto attiene alle intese restrittive della concorrenza, l’unico presupposto perché l’intesa possa essere considerata anticoncorrenziale e debba essere vietata, è costituito dall’avere per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente l’andamento della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante. Per la sussistenza dell’illecito, quindi, è sufficiente la presenza dell’oggetto anticoncorrenziale e non anche necessariamente dell’effetto ed anche le pratiche concordate sono possibili pur in assenza di effetti anticoncorrenziali in quanto la pratica presuppone un comportamento dipendente dalla concertazione, ma non implica necessariamente che il comportamento stesso abbia l’effetto di impedire o falsare la concorrenza (4).

17. Il divieto, da intendersi alla luce della concezione comunitaria in materia di concorrenza, secondo cui ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta che intende seguire sul mercato, si specifica nel precetto che - pur dovendosi tenere ferma la libertà di scelta da parte delle imprese, incluso il diritto a reagire in maniera intelligente al comportamento, constatato o atteso dei concorrenti – è sempre vietato ogni contatto, diretto o indiretto, tra gli operatori che abbia per oggetto o per effetto di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente o di informare tale concorrente sulla condotta che l’impresa stessa ha deciso di porre in atto. La legge, quindi, inibisce ogni tipo di iniziativa consistente nel “concordamento” delle linee di azione delle singole imprese, anche in funzione dell’eliminazione di incertezze sul reciproco comportamento, posto che tali iniziative finiscono con il sostituire all’alea della concorrenza il vantaggio della concertazione, così erodendo i benefici che in favore dei consumatori derivano dal normale uso della leva concorrenziale, ossia dalla fisiologica tensione di ogni impresa concorrente a ritagliarsi fette di mercato proponendo condizioni, sotto il profilo economico o sul versante dei caratteri dei prodotti e dei servizi, più appetibili per il fruitore (5).

18. Le condotte vietate possono essere costituite da accordi espressi, da pratiche concordate o da decisioni di associazioni di imprese o organismi similari. La fattispecie dell’accordo ricorre quando le imprese hanno espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo, mentre la pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento fra le imprese che, senza essere spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una pratica collaborazione fra le stesse ai rischi della concorrenza (6).

19. L’intesa restrittiva della concorrenza mediante pratica concordata richiede comportamenti di più imprese uniformi e paralleli, che appaiano frutto di concertazione e non di iniziative unilaterali, per cui manca o è difficilmente rintracciabile un accordo espresso, il che è agevolmente comprensibile atteso che gli operatori del mercato, ove intendano porre in essere una pratica anticoncorrenziale, consapevoli della loro illiceità, è verosimile che tentino in ogni modo di celarla, evitando non solo accordi scritti ma anche accordi verbali espressi e ricorrendo, invece, a reciproci segnali volti ad addivenire ad una concertazione di fatto (7).

20. La prova della pratica concordata, oltre che documentale, può essere indiziaria, purché gli indizi siano seri, precisi e concordanti, e gli elementi indiziari, sebbene singolarmente considerati possano generare perplessità in ordine alla loro significatività, vanno inquadrati nel contesto complessivo del sistema per apprezzarne l’eventuale rilevanza. 

21. L’esistenza dell’elemento soggettivo della concertazione deve desumersi in via indiziaria da elementi oggettivi, quali:la durata, l’uniformità ed il parallelismo dei comportamenti;gli incontri tra le imprese;gli impegni, ancorché generici e apparentemente non univoci, di strategie e politiche comuni;i segnali e le informative reciproche;il successo pratico dei comportamenti, che non potrebbe derivare da iniziative unilaterali, ma solo da condotte concertate.In altri termini, in considerazione della rarità dell’acquisizione di una prova piena (c.d. smoking gun: testo dell’intesa; documentazione inequivoca della stessa; confessione dei protagonisti) e della conseguente vanificazione pratica delle finalità perseguite dalla normativa antitrust che scaturirebbe da un atteggiamento troppo rigoroso, è sufficiente, e necessaria, la delineazione di indizi, purché gravi, precisi e concordanti, circa l’intervento di illecite forme di concertazione e coordinamento (8).

22. In assenza di elementi di riscontro, quali indizi gravi, precisi e concordanti, il parallelismo può essere considerato di per sé sintomatico di una condotta illecita sul versante soggettivo solo ove non sia configurabile una spiegazione alternativa capace di inquadrare le condotte parallele come razionali ed autonome scelte imprenditoriali, fisiologicamente condizionate dalla previsione dell’altrui possibile risposta ad un’iniziativa differenziatrice.

23. In presenza di un parallelismo dei comportamenti ma non di ulteriori elementi di riscontro, la dimostrazione della pratica concordata si concreta nella prova logica, il cui onere incombe all’Autorità, rappresentata dall’impossibilità di dare una diversa spiegazione capace di collegare la situazione di mercato alle normali scelte imprenditoriali. La giurisprudenza comunitaria ha individuato, in primo luogo, elementi indiziari endogeni, ossia collegati alla stranezza intrinseca della condotta, ovvero alla mancanza di spiegazioni alternative nel senso che, in una logica di confronto concorrenziale, il comportamento delle imprese sarebbe stato sicuramente o almeno plausibilmente diverso da quello in pratica riscontrato (9). La seconda tipologia degli elementi indiziari, cc.dd. esogeni, concerne invece i riscontri esterni circa l’intervento di un’intesa illecita ed attiene, in particolare, ai contatti tra le imprese e, soprattutto, agli scambi di informazioni se non addirittura a veri e propri concordamenti non altrimenti spiegabili in un contesto di sano confronto concorrenziale e, quindi, sintomatici di un’intesa illecita; detti scambi di informazioni assumono una particolare gravità in caso di mercato oligopolistico in quanto risultano idonei ad eliminare l’unico fattore che può spingere le imprese soddisfatte della quota di mercato raggiunta ad un ribasso dei prezzi, ossia il timore di una manovra competitiva sui prezzi da parte dei concorrenti e la conseguente necessità di prevenirla o contrastarla efficacemente (10).

24. Un parallelismo consapevole delle condotte tenute da imprese, anche operanti in un mercato oligopolistico, di per sé lecito, può essere considerato come frutto di un’intesa anticoncorrenziale, vale a dire di un vietato coordinamento delle condotte, ove sia impossibile spiegare alternativamente la condotta parallela come frutto plausibile delle iniziative imprenditoriali e, in tal caso, l’onere dell’impossibilità di spiegazioni alternative grava sull’Autorità procedente, ovvero anche per la presenza di elementi indiziari esogeni, quali contatti e scambi di informazioni, rivelatori di una concertazione e di una collaborazione anomala e, in tal caso, l’onere probatorio di spiegare la razionalità della condotta grava sulle imprese.

25. Nel caso di intesa avente un oggetto anticoncorrenziale non è necessario, al fine della sua qualificazione in termini di illiceità, effettuare ulteriori valutazioni sugli effetti concreti che la stessa ha avuto sul mercato atteso che la qualificazione come illecita della condotta discende dall’oggettiva idoneità della stessa ad alterare la concorrenza, mentre l’analisi degli effetti prodotti dall’intesa sul mercato può incidere in termini di gravità della stessa e, di conseguenza, sulla quantificazione della sanzione pecuniaria. La valutazione degli effetti conseguenti alla realizzazione dell’intesa, quindi, rileva ai fini della qualificazione della gravità della stessa, atteso che quanto maggiori sono gli effetti prodotti tanto più l’intesa può essere ritenuta offensiva del principio della libera concorrenza, e della determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria da irrogare.

26. L’art. 15 L. 287/1990 stabilisce che, se a seguito dell’istruttoria di cui all’art. 14 l’Autorità ravvisa infrazioni agli artt. 2 o 3, fissa alle imprese e agli enti interessati il termine per l’eliminazione delle infrazioni stesse; nei casi di infrazioni gravi, tenuto conto della gravità e della durata dell’infrazione, dispone inoltre l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10% del fatturato realizzato in ciascuna impresa o ente nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida. La norma non è destinata alle infrazioni ancora in corso, ma prevede l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie, fissandone il limite massimo, per tutte le ipotesi, siano o meno ancora in corso, in cui sia stata accertata un’intesa restrittiva della concorrenza o un abuso di posizione dominante e l’infrazione sia qualificata grave. D’altra parte, ove la norma si ritenesse applicabile solo alle infrazioni ancora in corso, si giungerebbe alla non accettabile conclusione che le infrazioni gravi, sebbene accertate, ove non più in essere non potrebbero essere sanzionate, in evidente contrasto con la funzione di deterrenza della misura. Diversamente, anche se l’infrazione è cessata, l’Autorità, ove ravvisi la gravità della stessa, è tenuta diffidare le imprese responsabili dal porre in essere in futuro comportamenti analoghi a quelli accertati e deve procedere alla quantificazione ed alla irrogazione della sanzione sulla base, tra l’altro, di quanto indicato dall’art. 11 della L. 689/1981, applicabile per espresso richiamo dell’art. 31 della L. 287/1990.

27. La manifesta inidoneità degli impegni proposti ad escludere preoccupazioni di carattere concorrenziale determina che, consequenzialmente, la loro presentazione non può integrare una circostanza attenuante.

28. La giurisdizione del giudice amministrativo sul profilo sanzionatorio si estende al merito ai sensi dell’art. 23 L. 689/1981 applicabile in virtù del richiamo contenuto nell’art. 31 L. 287/1990, sicché il Tribunale, oltre ad annullare in tutto o in parte l’atto, può anche modificare lo stesso limitatamente all’entità della sanzione dovuta (11).

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(1) T.A.R. Lazio, Roma, I, 29 dicembre 2007, n. 14157.

(2) Ex multis: Cons. Stato, VI, 12 febbraio 2007, n. 550; T.A.R. Lazio, Roma, I, 29 dicembre 2007, n. 14157; T.A.R. Lazio, Roma, I, 30 marzo 2007, n. 2798; T.A.R. Lazio, Roma, I, 13 marzo 2006, n. 1898.

(3) Ex multis: Cons. Stato, VI, 10 marzo 2006, n. 1271; Cons. Stato, VI, 2 marzo 2004, n. 926; T.A.R. Lazio, Roma, I, 15 gennaio 2007, n. 204.

(4) Cfr. Cons. Stato, VI, 22 marzo 2001, n. 1699 richiamato da T.A.R. Lazio, Roma, I, 14 settembre 2007, n. 8951.

(5) Ex multis: T.A.R. Lazio, Roma, I, 15 gennaio 2007, n. 204; T.A.R. Lazio, Roma, I, 3 ottobre 2006, n. 9878; T.A.R. Lazio, Roma, I, 2 dicembre 2005, n. 12835.

(6) Ex multis: Cons. Stato, VI, 10 febbraio 2006, n. 548; Cons. Stato, VI, 2 marzo 2004, n. 926; Corte Giustizia CE 8 luglio 1999, Commissione - Anic.

(7) Cons. Stato, VI, 10 febbraio 2006, n. 548.

(8) Ex multis: T.A.R. Lazio, Roma, I, 13 marzo 2008, n. 2312; T.A.R. Lazio, Roma, I, 14 settembre 2007, n. 8951; T.A.R. Lazio, Roma, I, 15 gennaio 2007, n. 204; Cons. Stato, VI, 22 marzo 2001, n. 1699.

(9) Corte Giustizia CE, 31 marzo 1993 Woodpulp – Pasta di legno.

(10) Cons. Stato, VI, 16 marzo 2006, n. 1397.

(11) T.A.R. Lazio, Roma, I, 13 marzo 2008, n. 2312; T.A.R. Lazio, Roma, I, 29 dicembre 2007, n. 14157.


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