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n. 9-2009 - © copyright |
CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE VI - Sentenza 18 settembre 2009 n. 5626
Pres. Buonvino, Est. Taormina
Sublacense Garden s.r.l. (Avv.ti V. Biagetti, F. Cappella, F. Lilli), Gruppo Stazi Mariano srl (Avv.ti C. De Portu, P. Piselli) c/ Ministero per i beni e le attività culturali (Avv. dello Stato), 3° Progetti s.p.a. (Avv. P. Borioni) |
1. Contratti della p.a. - Gara - Associazione per cooptazione - Offerta tecnica - Attribuzione punteggio - Impresa cooptata - Rilevanza - Sussiste - Ragioni.
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2. Giustizia amministrativa - Gara - Lex specialis - Preventiva accettazione - Acquiescenza - Non sussiste - Ricorso - Ammissibilità - Ragione.
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3. Contratti della p.a. - Gara - Bando - Offerta - Criteri di valutazione - Elementi soggettivi - Legittimità - Sussiste - Condizioni.
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4. Giustizia amministrativa - Trattativa privata - Bando - Omessa pubblicazione - Interesse a ricorrere - Impresa invitata - Sussiste.
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5. Contratti della p.a. - Affidamento manutenzione parchi - Appalto di lavori - Configurabilità - Sussiste - Ragioni.
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1. In caso di ricorso all’associazione in cooptazione, di cui all’art. 95, co. 4, d.p.r. 554/99, è consentito all’impresa cooptata di concorrere a formare il punteggio tecnico. Difatti, opinando diversamente, verrebbe da chiedersi perché mai un’impresa dovrebbe cooptarne un’altra, minor, se poi la cooptazione dovesse risultare neutra ai fini dell’attribuzione del punteggio sull’offerta tecnica. Nè in senso contrario può affermarsi che l’istituto in parola non abbia forma di associazione di imprese, posto che tale tesi contraddice il tenore letterale dell’art. 95, co. 4, d.p.r. 554/99, che viceversa riconosce a tale figura, pur se distinta dalle ordinarie forme di a.t.i., forma associativa.
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2. Non costituisce un’ipotesi di acquiescenza nei confronti dell’impugnazione degli atti della procedura di gara, la dichiarazione, presentata dall’impresa concorrente prima del suo svolgimento, di accettare senza condizione o riserva alcuna le clausole della lex specialis, con conseguente ammissibilità del relativo ricorso. Difatti la sussistenza di un’ipotesi di acquiescenza ad una determinazione amministrativa, può ricorrere solo allorchè la lesione si sia attualizzata e sia divenuta certa.
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3. La stazione appaltante può legittimamente, nel bando di gara, prendere in considerazione, in sede di valutazione del merito dell’offerta, anche elementi di tipo soggettivo, attinenti alle imprese concorrenti, nella misura in cui non si tratti di elementi distonici rispetto all’oggetto dell’appalto, ma di elementi che viceversa si riverberano sulla qualità del servizio oggetto della procedura, senza che sia loro attribuito un peso, in termini di punteggio, preponderante.
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4. La ditta invitata a partecipare ad una gara per l’aggiudicazione di un contratto a trattativa privata, ha interesse ad impugnare la procedura per il fatto che quest’ultima non sia stata preceduta dalla pubblicazione di un bando, stante la configurabilità di un interesse strumentale alla ripetizione della gara.
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5. Ai sensi degli artt. 198 e 199 d.lgs. 163/06, l’affidamento dell’attività di manutenzione e restauro di giardini storici ricade nella disciplina dell’appalto di lavori, considerato altresì che la disposizione di cui al citato art. 199, co. 2, nel prevedere l’applicabilità della disciplina dei servizi, solo in presenza di ben determinati requisiti, ha natura derogatoria.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sui ricorsi riuniti in appello nn. 1967/2009 e n. 4481/2009 proposti:
1) ricorso numero di registro generale 1967 del 2009, proposto da:
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Sublacense Garden S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Biagetti, Federico Cappella, Francesco Lilli, con domicilio eletto presso Vittorio Biagetti in Roma, via Antonio Bertoloni, 35; Giardini e Paesaggi S.a.s. di Marco Cascella & C., Angeloni Angelo S.r.l.;
contro
Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, Min. Beni e Attivita' Culturali-Soprint.Spec.Beni Arch.Roma, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;
nei confronti di
3a Progetti S.p.A. in P. e in Q. di Capog. Mandataria Ati, Ati - Flaminia Garden S.r.l. e in P., Ati - Lucci Salvatore Impresa di Costruzioni S.r.l. e in P., rappresentati e difesi dall'avv. Paolo Borioni, con domicilio eletto presso Paolo Borioni in Roma, via Caposile, 10;
2)ricorso numero di registro generale 4481 del 2009, proposto da:
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Gruppo Stazi Mariano Srl in Pr. e Q. M.Ria Ati, rappresentato e difeso dagli avv. Claudio De Portu, Pierluigi Piselli, con domicilio eletto presso Pierluigi Piselli in Roma, via G. Mercalli 13; Ati - Avr S.p.A. e in Pr.;
contro
Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12; Soprintendenza Speciale Beni Archeologici di Roma, Giardini e Paesaggi Sas di Marco Cascella & C., Angeloni Angelo; 3a Progetti Spa, Flaminia Garden Srl, Lucci Salvatore Impresa di Costruzioni Srl, rappresentati e difesi dall'avv. Paolo Borioni, con domicilio eletto presso Paolo Borioni in Roma, via Caposile, 10; Sublacense Garden Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Biagetti, Federico Cappella, Francesco Lilli, con domicilio eletto presso Vittorio Biagetti in Roma, via A.Bertoloni N.35;
per la riforma
quanto al ricorso n. 1967 del 2009:
della sentenza del Tar Lazio – Roma - n. 12491/2008, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO LAVORI DI VALORIZZAZIONE E MANUTENZIONE PARCHI.
quanto al ricorso n. 4481 del 2009:
della sentenza del Tar Lazio – Roma - n. 02890/2009, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO SERVIZIO DI MANUTENZIONE PARCHI, GIARDINI ED AREE A VERDE-RISARCIMENTO DANNI.
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive ed i ricorsi incidentali in appello;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2009 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1)Ricorso n. 1967/2009:
con il ricorso di primo grado e con ricorsi per motivi aggiunti era stato chiesto dall’ odierna appellante l'annullamento, oltre che degli atti prodromici, del provvedimento datato 12.9.2008 (specificamente indicato nell’atto di motivi aggiunti), con il quale la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma ha disposto l’aggiudicazione definitiva, per il triennio 2008-2009-2010, a favore della costituenda A.T.I. tra le imprese 3A Progetti s.p.a. (capogruppo), Flaminia Garden s.r.l. (mandante) e Lucci Salvatore-Impresa di costruzioni s.r.l. (mandante “cooptata”), prima classificata, dei lavori di “Valorizzazione e manutenzione dei parchi, giardini ed aree a verde della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma”, per un importo a base d’asta di € 4.567.537,85, I.V.A 10% esclusa, di cui € 470.906,24 per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso.
L’odierna appellante impresa Sublacense s.r.l dal verbale della Commissione di gara del 28.7.2008, risultava classificata al secondo posto con punti totali 93,68, dietro la odierna appellata prima classificata ed aggiudicataria con punti totali 94,23 e prima della terza, l’A.T.I. Gruppo Stazi Mariano s.r.l. con punti totali 93,00 (appellante principale nel riunito ricorso in appello n. 4481/2009).
Aveva dedotto, in primo luogo la violazione della lex specialis di gara, sull’assunto che la commissione avrebbe illegittimamente assegnato all’A.T.I. aggiudicataria gli 8 punti per il possesso della “categoria OS25, classifica VI”, previsti nel disciplinare di gara alla sezione VI/1, n. 3 nell’ambito dei criteri per la valutazione della “Offerta tecnica - Servizio migliorativo”, non tenendo conto che il predetto titolo era posseduto dall’impresa Lucci Salvatore, facente parte del predetto raggruppamento come “cooptata”, la quale non aveva contribuito alla qualificazione dello stesso raggruppamento, trattandosi appunto di soggetto “cooptato”.
Con ulteriore censura, in via gradata, aveva sostenuto che il punteggio de quo doveva essere calcolato nella percentuale del 20% (pari a 1,6 punti), corrispondente all’ammontare massimo dei lavori eseguibili dall’impresa cooptata ai sensi dell’art. 95 del DPR n. 554/1999.
Infine, aveva dedotto il vizio di eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà rispetto alle precisazioni fornite dalla Commissione di gara nel verbale del 18.7.2008 e dal Presidente del Seggio di gara, in relazione all’istituto dell’avvalimento di cui agli artt. 49 e 50 del D.Lgs. n. 163/2006.
Il Tar ha esaminato partitamente tutti i motivi di censura proposti, respingendoli e conseguentemente dichiarando improcedibile il ricorso incidentale proposto dalle imprese odierne appellate volto ad ottenere l’annullamento dei verbali di gara nella parte in cui avevano ammesso alla gara l’A.T.I. odierna appellante ed originaria ricorrente principale( postulandosi la doverosa esclusione di quest’ultima).
I primi Giudici hanno respinto il primo (e fondamentale) motivo di ricorso alla stregua del seguente iter motivazionale.
Hanno ritenuto l’art. 95 del D.P.R. 21.12.1999 n. 554 ( nel fissare i requisiti di partecipazione alla gara delle imprese singole o riunite, dopo avere disciplinato al primo comma le imprese singole ed al secondo e terzo comma le associazioni ordinarie di tipo, rispettivamente, “orizzontale” e “verticale”), consentisse espressamente alla singola impresa o all’associazione temporanea da costituire, in possesso dei requisiti prescritti per partecipare alla gara, di “associare altre imprese” qualificate per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superassero il 20% dell’importo complessivo dei lavori e che l’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna fosse almeno pari all’importo dei lavori che sarebbero stati alla stessa affidati.
Tale ultimo istituto, comunemente denominato “associazione per cooptazione”, già previsto dall’art. 23, comma 6, del D.Lgs, 19.12.1991, n. 406, ha lo scopo di fare entrare nel sistema degli appalti pubblici quelle imprese che, per le loro modeste dimensioni, non potrebbero altrimenti parteciparvi per mancanza dei requisiti prescritti per costituire una associazione ordinaria (di tipo verticale o orizzontale).
Una volta entrata legittimamente nella compagine associativa, l’impresa cooptata costituisce parte integrante dell’Associazione di imprese dalla quale è stata cooptata, come emerge dalla stessa espressione utilizzata dal Legislatore (“associare altre imprese”).
Né il bando o il disciplinare (paragrafo VI.1, punto 3, dopo avere previsto i punteggi in relazione alle singole 8 classifiche ivi richiamate ed in particolare il punteggio di 8 punti per il possesso della classifica VI nell’ambito della richiamata categoria 0S25, precisava che “In caso di R.T.I., la qualificazione nella categoria 0S25 potrà essere posseduta da una o più ditte facenti parte del raggruppamento” con l’avvertenza che “qualora più ditte facenti parte del raggruppamento posseggano la predetta qualificazione, il punteggio verrà attribuito facendo riferimento soltanto alla classifica più elevata”) prevedevano in alcun modo l’inidoneità di tale tipologia di raggruppamento ai fini dell’attribuzione del punteggio per il possesso della categoria 0S25: il disciplinare di gara si riferiva genericamente ai raggruppamenti temporanei di imprese disciplinati dal menzionato art. 95 del D.P.R. n. 554/1999, nell’ambito dei quali era ricompreso anche quello per “cooptazione”, senza alcuna espressa o implicita esclusione di quest’ultimo; non vi era alcuna ragione per non valutare i titoli posseduti dall’impresa cooptata.
Né era contestato che l’associazione per cooptazione fosse stata costituita nel rispetto dei requisiti richiesti dall’art. 95, comma 4, del D.P.R. n. 554/1994, nonché la vigenza di tale disposizione alla luce del sopravvenuto D.Lgs. 12.4.2006, n. 163 (che peraltro sembrerebbe confermarla nell’art. 253, comma 3, fino all’entrata in vigore del regolamento previsto nel precedente art. 5).
Quanto alla tesi che l’A.T.I. aggiudicataria avrebbe utilizzato l’istituto della cooptazione come “mero artificio legale”, in luogo dell’avvalimento, inducendo in errore la Commissione di gara, essa era infondata atteso che l’istituto dell’avvalimento non era consentito all’A.T.I cooptante, essendo la medesima, (come peraltro riconosciuto dalla odierna appellante) già in possesso dei requisiti per l’accesso alla gara, mentre l’istituto dell’avvalimento, presupponeva che l’impresa avvalente non sia in possesso di tali requisiti.
Né la circostanza che l’impresa cooptata non avesse contribuito alla qualificazione del raggruppamento di cui fa parte, era idonea a sorreggere la dedotta illegittima attribuzione del punteggio in questione: tale circostanza costituiva proprio un presupposto essenziale per la costituenda associazione per cooptazione, in quanto l’art. 95 del D.P.R. n. 554/1999 consente tale tipologia di associazione soltanto nell’ipotesi in cui l’impresa singola o le imprese che intendano associarsi posseggano già i requisiti per partecipare alla gara.
Essa appariva conforme alla disciplina di gara, (punto c:“…la predetta categoria non costituisce requisito di partecipazione, ma rientra tra gli elementi di valutazione per l’attribuzione del punteggio da attribuire all’offerta tecnica-servizio migliorativo (max punti 15,00”).
In punto di fatto, il titolo posseduto dall’impresa cooptata non veniva utilizzato come requisito di partecipazione, ma come elemento valutativo dell’offerta tecnica.
Dalla reiezione del primo motivo di gravame discendeva altresì, secondo il Tar, anche la infondatezza della seconda censura, (secondo la quale il punteggio per la categoria OS 25 doveva essere calcolato nella percentuale del 20% -pari a 1,6 punti-, corrispondente all’ammontare massimo dei lavori eseguibili dall’impresa cooptata), posto che la tesi supportante la doglianza avrebbe integrato una palese violazione delle disposizioni di gara, le quali non prevedevano in alcun modo il richiamato criterio di attribuzione del punteggio in questione.
Anche il terzo motivo di ricorso, infine, non appariva fondato:nelle richiamate precisazioni della Commissione (verbale di 18.7.2008, della Commissione di gara,) e del Presidente del seggio (il 24.6.2008) era stato unicamente ribadito che il presupposto essenziale per ricorrere all’istituto dell’avvalimento fissato dall’art. 49, primo comma del D.Lgs. n. 163/2006, era quello di potere “soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA”.
La valutazione del titolo in questione, posseduto dall’impresa avvalsa, non era consentita allorché l’impresa avvalente avesse già i requisiti (tecnico-economici) per partecipare alla gara.
Una volta che non sussiste detto presupposto non è consentito l’avvalimento e, conseguentemente, non può procedersi alla valutazione del titolo posseduto dall’impresa avvalsa; nelle ipotesi prese in considerazione dalla Commissione e dal Presidente di Seggio, non è l’istituto dell’avvalimento che esclude la valutazione del titolo, ma l’avvalimento contra legem in assenza del presupposto di cui sopra.
Nessuna disparità di trattamento era pertanto rinvenibile rispetto all’operato della commissione in relazione all’istituto della cooptazione.
L’odierna parte appellante ha censurato la predetta sentenza chiedendone l’annullamento in quanto viziata da errore ed illegittima ribadendo le prospettazioni contenute nel ricorso introduttivo del giudizio e riproponendo le censure di violazione di legge ed eccesso di potere ivi già rappresentate.
In particolare si è rilevato che la qualificazione OS25 ( classifica VI) era posseduta dalla cooptata Lucci Salvatore SRL: ciò impediva di attribuire alla ATI 3AProgetti gli otto punti in contestazione.
Ciò perché la cooptazione incideva sulla fase esecutiva e non già su quella dell’affidamento.
In ogni caso, potendo la cooptata (per espressa previsione di legge) realizzare lavori soltanto per una quota non superiore al 20% dell’appalto, il punteggio complessivo (8) doveva essere ridotto ad un quinto (era quindi pari a punti 1,6: insufficienti per aggiudicare l’appalto all’appellata).
Anche le precisazioni rese dal seggio di gara si ponevano in controtendenza rispetto al successivo divisamento dell’amministrazione (ed al decisum del Tar) e anche sotto tale profilo ne discendeva la illegittimità dell’azione amministrativa. Ha all’uopo rammentato che il seggio di gara aveva escluso, che l’ ATI Stazi Mariano (parte appellante nel connesso ricorso in appello n. 4481/2009) potesse ricorrere all’ avvalimento per acquisire la qualificazione nella categoria OS25.
Era quindi stato consentito all’odierna appellata ed appellante incidentale, sol perché era ricorsa al sistema della cooptazione, di acquisire il punteggio della cooptata nella categoria OS 25, e si era del pari negato il raggiungimento del medesimo risultato ad altra concorrente che era ricorsa all’avvalimento.
Ciò concretava una evidente illegittima disparità.
Ha infine proposto domanda risarcitoria, provvedendo a quantificare il relativo danno.
L’appellata si è costituita chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato ed ha al contempo proposto ricorso in appello incidentale affidando a tale mezzo tre doglianze, già proposte in primo grado ed assorbite dai primi Giudici.
Ha affermato la illegittimità delle operazioni del seggio di gara, laddove non avevano disposto la esclusione del raggruppamento odierno appellate, in primo luogo ipotizzando la violazione e/o falsa applicazione della lex specialis, e dell’art. 37 D.Lgs. 12.4.2006, n. 163 e degli artt. 93 e 95 D.P.R. 21.12.1999, n. 554.
Nell’ambito del RTI appellante la posizione di capogruppo mandataria (50% dei lavori) era stata assunta dalla Subplacense Garden SRL, qualificata in OS 24 cl. IV.
Ma la mandante Giardini e Paesaggi SAS, (30% dei lavori) era maggiormente qualificata della capogruppo in OS 24 ( VII) ed era qualificata anche in OS 25.
Del pari la terza impresa facente parte del RTI predetto (la Angeloni Angelo SRL, 20% dei lavori) era qualificata in entrambe le categorie suindicate.
Anche con riguardo al volume dei lavori del decennio gli importi indicati dalla capogruppo mandataria erano inferiori rispetto a quelli della Giardini e Paesaggi SAS.
Non poteva essere contestata la circostanza che il disciplinare richiamava sia l’art. 37 D.Lgs. 12.4.2006, n. 163 che l’art. 95 D.P.R. 21.12.1999, n. 554, doveva trovare applicazione il comma II , ultimo inciso,di tale ultima disposizione (l'impresa mandataria in ogni caso possiede i requisiti in misura maggioritaria).
Ne discendeva la violazione della predetta disposizione da ultimo richiamata perché la composizione del RTI appellante non rispecchiava gli effettivi rapporti tra le imprese, laddove era indubbio che qual mandataria e capogruppo dovesse essere indicata la Giardini e Paesaggi SAS in luogo della Subplacense Garden SRL.
Né appariva corretto affermare – come poteva evincersi dalle determinazioni del seggio di gara- che la composizione del RTI dovesse rispecchiare (unicamente) le quote effettive di partecipazione ai lavori.
Ciò perché il principio di corrispondenza tra quota e partecipazione, a propria volta, doveva essere inteso, per evitare effetti distorsivi, nel senso che la impresa maggioritaria per qualificazione dovesse assumere una quota maggioritaria dei lavori (il che, certamente, non era avvenuto).
Con la seconda e con la terza doglianza proposte in via incidentale si è ulteriormente sviluppato tale argomentare, e muovendo dalla constatazione che ciascuna delle tre imprese componenti il RTI appellante avrebbe potuto partecipare in altro autonomo RTI si è lamentato uno snaturamento dello strumento della associazione temporanea.
Detto snaturamento, volto a realizzare una intesa restrittiva della concorrenza era vieppiù dimostrato dalla circostanza che una precedente gara, avente il medesimo oggetto di quella per cui è causa, era stata in passato affidata alle medesime società componenti il RTI appellante, unitamente alla terza classificata (ed appellante nell’ambito del connesso ricorso n. 4481/2009).
Alla camera di consiglio del 24/03/2009 fissata per l’esame dell’istanza cautelare di sospensione della esecutività della sentenza appellata la Sezione ha respinto l’istanza di sospensione della esecutività della sentenza, in considerazione della circostanza che il contratto era già stato stipulato, ed era in corso di esecuzione, ed il lamentato pregiudizio era sfornito del carattere della irreparabilità.
La difesa erariale dell’appellata amministrazione ha depositato una articolata memoria chiedendo di respingere il ricorso in appello: la specificità dell’appalto (che riguardava aree archeologiche ove si rinvenivano reperti di indubbio valore) e la specializzazione della impresa Lucci cooptata, comprovavano, sia ex ante, che ex post, la correttezza dell’azione amministrativa spiegata dall’amministrazione.
Sia la ricorrente in appello, che l’appellante incidentale hanno depositato, in vista della odierna pubblica udienza, memorie volte a ribadire e puntualizzare le rispettive tesi.
2)Ricorso n. 4481/2009:
l’odierna appellante aveva in primo grado impugnato il medesimo bando di gara suindicato, nella parte in cui l’appalto è stato qualificato “di lavori”, anziché “di servizi”, nonché, (unitamente alla nota del 10.6.2008) nella parte in cui si determinava una commistione tra i requisiti soggettivi di partecipazione e gli elementi oggettivi di valutazione dell’offerta.
Con due atti di motivi aggiunti, contenenti le stesse censure dedotte con il ricorso principale, l’impugnativa era stata estesa ai provvedimenti di aggiudicazione provvisoria (il primo) e definitiva (il secondo) a favore delle imprese 3A Progetti s.p.a., Flaminia Garden s.r.l. e Lucci Salvatore-Impresa di costruzioni s.r.l., in costituenda A.T.I. con capogruppo la prima.
Queste ultime, con ricorso incidentale avevano impugnato i verbali di gara, nella parte in cui non era stata disposta l’esclusione delle imprese odierne appellanti già ricorrenti principali, sull’assunto che l’offerta di queste ultime sarebbe stata presentata oltre il termine fissato per “la consegna a mano” dal bando (sezione IV.3:3) e dal disciplinare di gara (sezione IV).
L’odierna appellante aveva controdedotto sul punto depositando una “memoria difensiva a valere anche come atto di motivi aggiunti in dipendenza del ricorso incidentale”, chiedendo, in via subordinata, l’annullamento del disciplinare di gara, in parte qua, ove interpretato nel senso del predetto ricorso incidentale.
Era stato dall’appellante sostenuto che la illegittima qualificazione della gara de qua come appalto “di lavori”, anziché “di servizi”, avrebbe determinato la violazione di tutta una serie di prescrizioni imposte dalla disciplina degli appalti di servizi, (tra le quali veniva evidenziata, a titolo esemplificativo, la sola mancata pubblicazione sulla gazzetta ufficiale delle Comunità Europee in quanto, come appalto di servizi, sarebbe “sopra soglia comunitaria”).
Inoltre, l’illegittimità del bando e del disciplinare di gara, nonché della nota del 10.6.2008 discendeva dalla illegittima commistione tra i requisiti di partecipazione ed i criteri di valutazione dell’offerta (in particolare lamentandosi la illegittima previsione, tra gli elementi per la valutazione dell’offerta del possesso della qualificazione nella categoria OS25, sull’assunto che tale qualificazione sarebbe estranea al merito tecnico dell’offerta).
Infine,si erano contestate le determinazioni del seggio di gara, laddove questo aveva escluso che l’ ATI Stazi Mariano odierna appellante potesse ricorrere all’ avvalimento per acquisire la qualificazione nella categoria OS25
Il Tar ha esaminato partitamente i motivi di censura proposti, in parte respingendoli ed in parte dichiarandoli inammissibili, respingendo altresì la domanda risarcitoria avanzata dall’appellante, e conseguentemente dichiarando improcedibile il ricorso incidentale proposto dalle imprese odierne appellate.
In particolare, i primi Giudici, quanto alla prima doglianza (pretesa violazione delle citate serie di prescrizioni legislative italiane e comunitarie) ne hanno dichiarato la inammissibilità per genericità, non essendo state le disposizioni asseritamente violate in alcun modo individuate.
Con riferimento a quella relativa alla (omessa) pubblicazione sulla gazzetta ufficiale delle Comunità Europee, la censura doveva dichiararsi inammissibile sotto il profilo della carenza di interesse delle appellanti: queste ultime, infatti, ha affermato il Tar, “a seguito della pubblicazione nella G.U.R.I., hanno avuto conoscenza dell’appalto, hanno potuto presentare la loro offerta, sono state ammesse alla gara ( non dimostrando, di avere subito un effettivo pregiudizio dalla qualificazione dell’appalto come di lavori e dalla conseguente mancata pubblicazione nella gazzetta ufficiale delle Comunità europee). Tale pubblicazione avrebbe semmai favorito una più ampia partecipazione di altri concorrenti e, quindi, avrebbe determinato una maggiore difficoltà per le deducenti di poter vincere la selezione.
Il preteso interesse strumentale al rifacimento della gara, in carenza di dimostrata lesione non costituiva posizione legittimante la proposizione del ricorso autonomamente tutelabile.”
Quanto al secondo profilo di doglianza, respinte le contrarie eccezioni di inammissibilità per acquiescenza alla prescrizione del bando e di carenza di interesse, il Tar ne ha dichiarato l’infondatezza nel merito.
Ha rilevato che era rimasto incontestato che la valorizzazione e manutenzione di aree a verde rientrano nella categoria “OS24:Verde e arredo urbano” indicata nell’allegato A del D.P.R. 25.1.2000, n. 34, e che legittimamente l’amministrazione aveva richiesto, come requisito di ammissione alla gara, l’iscrizione nella predetta categoria OS24, classifica V (stante l’importo dell’appalto).
Ha dichiarato la legittimità della contestata disposizione del bando e del disciplinare di gara, nella parte in cui aveva previsto, come elemento valutativo dell’offerta, l’iscrizione nella categoria “OS25: Scavi archeologici”, indicata nel richiamato allegato A con la precisazione che “Riguarda gli scavi archeologici e le attività strettamente connesse”, non apparendo illogico che tra gli elementi qualitativi dell’offerta l’amministrazione avesse indicato l’iscrizione nella categoria OS 25 relativa agli scavi archeologici, quale elemento qualitativo al fine di graduare le offerte sotto il profilo del merito tecnico in relazione allo specificità dell’oggetto dell’appalto.
Ciò perché l’ oggetto dell’appalto non era la valorizzazione e manutenzione di generiche aree verdi urbane, ma concerneva aree verdi relative, per la quasi totalità, ai parchi archeologici di Roma (Palatino Foro Romano, Terme di Diocleziano, Parco delle Tombe Latine, Terme di Caracalla, ecc. elencati al paragrafo I.6 del disciplinare di gara).
L’ indicazione risultava ( non soltanto logica, ma anche) conforme all’art. 83, comma 1, della legge 12.4.2006, n. 163 che, nell’indicare “a titolo semplificativo”i diversi criteri di valutazione dell’offerta, ricomprende alla lett. i) “l’assistenza tecnica”, (nella specie, secondo il Tar, dimostrata attraverso l’iscrizione nella categoria OS25).
Nessuna commistione era pertanto rinvenibile tra i requisiti di ammissione e gli elementi di valutazione dell’offerta, in quanto con la previsione di un punteggio per l’iscrizione nella predetta categoria OS25 (fino a 10 punti in relazione alla classifica posseduta), l’amministrazione aveva inteso premiare quelle offerte che, sotto il profilo qualitativo, garantivano una assistenza tecnica specifica in relazione ai luoghi in cui doveva essere eseguito l’appalto; luoghi si ribadisce caratterizzati dalla presenza di reperti archeologici.
Quanto al terzo profilo di censura (ove si lamentava che la Commissione illegittimamente non avrebbe ammesso il ricorso dal parte della stessa A.T.I all’istituto dell’avvalimento con l’Impresa Mannelli Costruzioni –ausiliante-,ai fini del punteggio -5 punti- per il possesso di quest’ultima dell’iscrizione nella categoria OS25, classifica III, sostenendosi in particolare la violazione del punto V.1).9 del disciplinare di gara), il Tar ne ha dichiarato la infondatezza richiamando in parte qua gli approdi cui era giunto con la sentenza n. 12491 del 30.12.2008 (e su cui ci si è dianzi soffermati).
L’odierna parte appellante ha censurato la predetta sentenza, riformulando l’ordine dei motivi di impugnazione e chiedendo l’annullamento della stessa in quanto viziata da errore ed illegittima ribadendo le prospettazioni contenute nel ricorso introduttivo del giudizio.
Ha in primo luogo riproposto la doglianza relativa alla illegittima commistione tra i requisiti partecipativi ed i criteri valutativi dell’offerta: era da considerare senz’altro illegittimo che una caratteristica propria del concorrente (possesso della attestazione SOA nella categoria OS25) costituisse elemento valutativo dell’offerta e non, semplicemente, requisito soggettivo di ammissione.
Il disposto di cui all’art. 40 del d.lvo n. 163/2006 e quello di cui all’art. 1 co. IV del DPR n. 34/2000 enunciavano una regola del tutto difforme da quella affermata dai primi Giudici.
Neppure poteva giovare alla tesi fatta propria dal Tar la prescrizione di cui all’art. 83 del d.lvo n. 163/2006.
Ha poi nuovamente sostenuto la tesi già contenuta nel III motivo di censura censurando l’operato dell’amministrazione che non aveva ammesso il ricorso della mandante all’avvalimento nella categoria OS 25.
Infine ha criticato la statuizione di inammissibilità parzialmente attingente il primo motivo del ricorso di primo grado.
Ricorreva nel caso di specie, all’evidenza, un appalto di servizi: erroneamente la gara era stata celebrata secondo le regole dell’appalto di lavori (il che aveva consentito che concorressero imprese diverse da quelle titolate a partecipare).
Ha infine richiesto l’accoglimento della propria domanda risarcitoria, quantificando l’importo dei relativi danni e chiedendo che comunque, gli stessi, venissero eventualmente liquidati in via equitativa.
L’appellata Sublacense Garden Srl si è costituita depositando un controricorso con il quale ha chiesto respingersi l’appello principale, ed un ricorso incidentale nell’ambito del quale ha riproposto la censura di inammissibilità per acquiescenza della doglianza originariamente proposta quale II motivo del ricorso di primo grado e ripresentata in appello (primo motivo).
Appariva all’uopo dirimente la circostanza che l’appellante principale aveva (non soltanto espressamente accettato le clausole del bando e del disciplinare ma, altresì) tentato di acquisire il punteggio premiale mediante accordo di avvalimento con la Mannelli Costruzioni SRL.
I primi Giudici avrebbero dovuto prendere atto della univoca acquiescenza prestata dall’appellante alle prescrizioni del bando e del disciplinare, laddove si era ritenuto che il possesso della qualificazione OS 25 non costituisse requisito di ammissione ma elemento valutativo dell’offerta.
Del pari l’appellata aggiudicataria 3A Progetti SPA si è costituita depositando un controricorso con il quale ha chiesto respingersi l’appello principale, ed un ricorso incidentale.
Ha richiamato – per dimostrare l’infondatezza del primo motivo del ricorso in appello- il disposto di cui all’art. 26 comma III del DPR n. 34/2000. Del tutto legittimamente il bando aveva previsto che il possesso della qualificazione OS 25 non costituisse requisito di ammissione ma elemento valutativo dell’offerta; i precedenti giurisprudenziali richiamati dall’appellante erano del tutto inconferenti avendo questi ultimi stigmatizzato l’inserimento, qual criterio valutativo dell’offerta, di elementi del tutto avulsi dall’oggetto dell’appalto (circostanza, quest’ultima, non ricorrente nel caso di specie).
Ha ribadito l’esattezza della statuizione del Tar anche con riguardo alla censura di cui al secondo motivo di gravame (originariamente proposta quale terzo motivo del ricorso di primo grado) posto che l’appellante non avrebbe potuto ricorrere all’avvalimento, possedendo già i requisiti di ammissione alla gara, ai sensi dell’art. 49 del D.lvo n. 163/2006.
Ha infine richiamato la circostanza che l’appellante principale aveva espressamente accettato le clausole del bando e del disciplinare, dal che discendeva (oltre che la carenza di interesse) la manifesta acquiescenza a dette prescrizioni: le doglianze rivolte avverso il bando ed il disciplinare erano palesemente inammissibili.
Esse erano rivolte a censurare una condotta del seggio di gara (omessa pubblicazione del bando nella GUCE) che comunque nessun danno aveva arrecato all’appellante, che aveva regolarmente presentato la domanda di partecipazione. Era palese la carenza di interesse a ricorrere.
Queste ultime, nella parte in cui ipotizzavano che ricorressa un appalto di servizi, anziché di lavori, erano altresì infondate nel merito, ai sensi dell’art. 198 e dell’art.199 del d.lvo n. 163/2006.
Ha incidentalmente riproposto la (pregiudiziale) eccezione di tardività della presentazione dell’offerta erroneamente assorbito dai primi Giudici (richiamando gli orientamenti giurisprudenziali che postulano il doveroso preventivo esame del ricorso incidentale, ove condizionante, come nel caso di specie, l’ammissibilità del ricorso principale).
L’appellante aveva infatti consegnato a mano la propria offerta in un giorno (ultimo giorno di scadenza del termine di presentazione delle offerte: il 3.7.2008) non deputato alla ricezione delle offerte consegnate a mano: detta consegna era irregolare, posto che l’ultimo giorno in cui si sarebbe potuta effettuare la consegna del plico a mano era stato fissato dal bando nel 2.7.2008).
Ha altresì ha riproposto la censura di inammissibilità per acquiescenza della doglianza originariamente proposta quale II motivo del ricorso di primo grado e ripresentata in appello (primo motivo): appariva all’uopo dirimente la circostanza che l’appellante principale aveva tentato di acquisire il punteggio premiale mediante accordo di avvalimento con la Mannelli Costruzioni SRL.
Sia la ricorrente in appello, che le appellanti incidentali hanno depositato, in vista della odierna pubblica udienza, memorie volte a ribadire e puntualizzare le rispettive tesi.
DIRITTO
La palese connessione oggettiva tra le questioni fattuali e giuridiche in ordine alle quali sono state rese le sentenze in epigrafe (entrambe concernenti la medesima procedura evidenziale) e la parziale connessione soggettiva, impone la riunione e la trattazione congiunta dei relativi appelli (si veda, sul punto, ex multis, Consiglio Stato, sez. IV, 17 giugno 2003, n. 3415, laddove si è condivisibilmente affermato che “possono essere riuniti e definiti con un'unica decisione anche gli appelli rivolti avverso sentenze diverse, ove comportanti la soluzione di identiche questioni sollevate nei riguardi dei medesimi provvedimenti impugnati in primo grado.”).
Ciò premesso, il primo incombente che pertiene alla Sezione riposa nella necessità di perimetrare il materiale cognitivo e le domande sottoposte alla delibazione della Sezione, tenendo conto che le critiche esposte dalle due appellanti principali sia pur per larga parte attingenti i medesimi capi dell’appellata decisione si pongono in termini reciprocamente speculari ed antitetici.
All’uopo, per una migliore intelligenza dell’iter motivazionale, si ritiene opportuno procedere dapprima all’esame del ricorso rubricato al n. 1967/2009; successivamente, in sede di esame del ricorso in appello n. 4481/2009, verranno richiamati ed eventualmente integrati gli approdi raggiunti, quanto alle non poche censure tra esse connesse presenti in entrambi i ricorsi in appello.
E ciò sebbene, lo si anticipa, talune delle censure contenute nel ricorso in appello n. 4481/2009 investano più radicalmente l’intero operato dell’amministrazione appellata e siano idonee, ove accolte, ad invalidare l’intera gara.
Procedendo quindi nell’esame del ricorso n. 1967/2009, si rammenta che con il primo motivo di censura l’Ati ricorrente in appello si duole, sostanzialmente, della attribuzione da parte del seggio di gara del punteggio (8 punti) per la categoria OS 25, ottenuto attraverso il riconoscimento della qualificazione posseduta in suddetta categoria dalla associata in cooptazione Lucci Salvatore.
Secondo tale tesi, il “negozio associativo” denominato associazione in cooptazione opererebbe unicamente nella fase esecutiva dell’appalto e, pertanto, non si potrebbe attribuire alcun punteggio “qualificativo” ove ascrivibile alla impresa cooptata.
Del resto, la clausola del disciplinare faceva riferimento alla qualificazione per la categoria OS 25 al possesso della medesima da parte di “una o più ditte facenti parte del raggruppamento”.
Non essendosi realizzata tale condizione, perché la associata per cooptazione non doveva ritenersi facesse parte del raggruppamento, l’attribuzione del punteggio in questione non sarebbe stata possibile.
La censura non coglie nel segno.
Invero la disposizione di riferimento, di cui a comma IV dell’art.95 del DPR n. 554/1999 così recita:
“Se l'impresa singola o le imprese che intendano riunirsi in associazione temporanea hanno i requisiti di cui al presente articolo, possono associare altre imprese qualificate anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il 20 per cento dell'importo complessivo dei lavori e che l'ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all'importo dei lavori che saranno ad essa affidati”.
La tesi dell’appellante, è bene evidenziarlo, muove da autorevoli affermazioni della giurisprudenza amministrativa di primo grado, sia in punto di ratio e finalità dello strumento associativo predetto (“lo strumento della cooptazione mira a consentire la partecipazione alle gare anche alle imprese minori per finalità di maturazione della loro capacità tecnica e di agevolazione dell'attività realizzativa del soggetto cooptante che, pertanto, resta integralmente responsabile dell'esecuzione dei lavori e soggetto al quale è richiesto il possesso di tutti i requisiti prescritti per l'intero importo complessivo per accedere all'appalto”-T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 07 luglio 2006, n. 954-), che in punto di requisiti di qualificazione (“in una gara d'appalto, a differenza della riunione d'imprese che partecipa nella forma dell'Ati di tipo orizzontale o verticale, alla riunione d'imprese per c.d. cooptazione, i requisiti di particolare qualificazione tecnica sono richiesti totalmente all'impresa singola che si presenta alla procedura concorsuale come cooptante e non anche alla cooptata e ciò in quanto l'art. 95 comma 4 d.P.R. n. 554 del 1999 dispone che l'impresa singola avente i requisiti per la partecipazione alla gara può associare altre imprese a condizione che i lavori da queste ultime eseguiti non superino il 20% dell'importo complessivo dei lavori appaltati e che le qualificazioni possedute dal soggetto singolo associante copra per l'intero il detto importo complessivo.” -T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 07 luglio 2006, n. 954-).
Anche il Consiglio di Stato ha marcato la differenza sussistente tra Ati (orizzontale o verticale) e l’associazione in cooptazione di cui al comma IV dell’art. 95 del DPR n. 554/1999 (si veda Consiglio Stato , sez. V, 25 luglio 2006, n. 4655).
La intrinseca debolezza della doglianza non si rinviene quindi nella formulazione delle affermazioni di principio o teoriche.
Essa riposa nel pretendere di applicare detti principi ad una fattispecie concreta del tutto differente da quella astrattamente ipotizzata.
Ciò perché, laddove si prenda in esame la prescrizione del bando, risulta con chiarezza che il possesso della qualificazione nella categoria OS 25 non veniva affatto tenuto presente a fini dimostrativi del possesso dei requisiti partecipativi, ma atteneva alla valutazione del merito tecnico dell’offerta (sulla legittimità concreta della previsione del bando in questione, peraltro, come si è esposto in fatto, vengono sollevate doglianze nell’ambito del ricorso n. 4481/2009, fondate sull’asserito malgoverno delle regole distintive tra requisiti soggettivi dell’impresa e valutazione dell’offerta).
La censura dell’appellante viene articolata in prima battuta (e salvo un breve e generico richiamo al motivo I.b del ricorso in appello, pagg. 10 ed 11) come se la categoria OS 25 costituisse requisito di partecipazione, non posseduto dalla cooptante, ed acquisito in via di “supplenza” dalla cooptata.
Ma così non è. Esso, come esattamente rilevato dal Tar, è stato tenuto in considerazione dalla amministrazione appaltante quale elemento di valutazione dell’offerta tecnica.
Tale difformità non è negata dall’appellante che, pur senza censurare la relativa previsione del bando, contesta ugualmente l’attribuzione del punteggio suddetto all’aggiudicataria appellata ed appellante incidentale, (si veda appunto il richiamato motivo I.b del ricorso in appello) sulla scorta della circostanza che il possesso di esso in capo all’associata (la qualificazione in categoria OS 25 era posseduta anche dall’associante, in misura minore, quanto alla classifica) sarebbe stata comunque indispensabile per fare aggiudicare a quest’ultima l’appalto.
Orbene: tale ultima deduzione, è senz’altro veritiera, ma non sembra al Collegio dimostrativa di alcuna illegittimità.
Il problema, semmai, si sposta sul seguente quesito cui l’appellante non ha fornito alcuna risposta, e che potrebbe essere così riassunto: posto che non è contestato il possibile ricorso alla associazione per cooptazione, e posto che neppure l’appellante censura la prescrizione del bando secondo cui il possesso della categoria OS25 atteneva alla valutazione della offerta tecnica (tema, quest’ultimo, invece, sul quale è incentrato il ricorso n. 4481/2009), in base a quale dato normativo è possibile pervenire all’affermazione che l’impresa associata non concorre a “formare” il punteggio tecnico?
La non persuasività della doglianza si rinviene proprio nella carente dimostrazione di una risposta negativa al superiore quesito.
Ciò perché, a seguire la prospettazione dell’appellante, verrebbe fatto di chiedersi perché mai una impresa dovrebbe cooptarne un’altra, “minor”, se poi la cooptazione dovesse risultare neutra ai fini dell’attribuzione del punteggio sull’offerta tecnica.
La cooptazione quindi: non avrebbe utilità quanto ai requisiti qualificativi (punto di partenza dal quale, confortato dalle indicazioni giurisprudenziali, muove l’appellante stesso), e non ne avrebbe neppure sotto il profilo del merito tecnico (anche se non se ne chiarisce il motivo); “servirebbe” alla cooptata (anche questa affermazione è confortata, lo si è visto dianzi, da indicazioni giurisprudenziali), ma non si vede perché la cooptante, che non ne ricaverebbe alcuna utilità, dovrebbe ricorrervi.
La censura – non supportata sul quest’ultimo aspetto da indicazione normativa alcuna -non è persuasiva e merita la reiezione.
Essa merita di essere respinta anche, avuto riguardo alla lettera del citato comma IV dell’art. 95 del DPR n. 554/1999 (“possono associare”): a ben guardare, infatti, la tesi dell’appellante si spinge a sostenere che “l’associazione per cooptazione”, non sia una forma di associazione di imprese, sia pure distinta dalle più frequenti e note figure di ATI, con ciò contraddicendo apertamente la lettera della previsione normativa che la contempla.
La soprarichiamata decisione del Consiglio di Stato , sez. V, 25 luglio 2006, n. 4655 (in tema di prestazione di garanzia fideiussoria) non smentisce tale tesi: marca la differenza tra le ordinarie forme di ATI, e quest’ultima “per cooptazione”, discendente dalla previsione normativa di cui al VI comma dell’art. 23 del D.lvo n. 406/2001, ma non afferma che non ci si trovi in presenza di una forma associativa (non a caso il principio di diritto ivi esposto è stato richiamato anche dal Tar).
La tesi dell’appellante poi, nel suo (indimostrato) presupposto teorico, è contraddetta dalla doglianza avanzata, non a caso in via subordinata, nel secondo motivo di censura.
Tale mezzo, infatti, il cui contenuto ci si accinge ad esaminare, muove dalla disposizione del citato quarto comma dell’art. 95 del DPR n. 554/1999 che limita al 20% dell’importo complessivo dei lavori la quota di cui potrebbe rendersi affidataria la cooptata.
Secondo tale angolo prospettico, anche a volere ammettere che la cooptata possa “entrare in gioco” ai fini della valutazione dell’offerta tecnica, il punteggio alla stessa attribuibile dovrebbe essere limitato, nella migliore delle ipotesi, ad un quinto del monte teorico attribuibile, a cagione del fatto che essa potrebbe svolgere una percentuale di lavori non superiore a tale percentuale.
Nel caso di specie, il punteggio premiale conseguito doveva essere ridotto di quattro quinti :a tutto concedere, sarebbe spettata all’appellante l’attribuzione di un punteggio premiale pari ad 1,6 (un quinto di otto punti).
Anche tale tesi, però, sia pure sapientemente formulata ( ricorrendo ad un esempio altamente suggestivo) non può essere accolta.
Intanto, essa incontra la stessa obiezione della precedente censura, posto che renderebbe il ricorso all’associazione per cooptazione nella totalità dei casi del tutto inutile per l’associante (tale sarebbe stato, senz’altro, nel caso di specie, posto che, lo si ripete, la 3 A Progetti aggiudicataria possedeva del pari qualificazione nella categoria OS 25).
In secondo luogo -e tale argomentazione, di natura troncante, è stata a più riprese valorizzata dai primi giudici- di un simile barrage non v’è traccia in alcuna disposizione normativa primaria né nel disciplinare di gara.
In ultimo, qualche indizio contrario alla praticabilità di siffatta opzione ermeneutica può trarsi dal tenore del citato quarto comma dell’art. 95 del DPR n. 554/1999: quest’ultimo, infatti, fa riferimento alla percentuale del 20% rapportandola all’importo complessivo dei lavori.
In una fattispecie quale quella per cui è causa, i lavori in relazione ai quali entra in gioco il possesso della qualificazione di cui alla categoria OS 25 potrebbe ben essere individuata in una percentuale addirittura minore del 20 % delle opere complessive.
E tali lavori, quindi, potrebbero essere affidati nella loro integralità alla impresa cooptata: non si vede perché il punteggio premiale relativo al merito tecnico, in simile evenienza, dovrebbe essere percentualmente decurtato sino a ridurlo ad un quinto.
Anche la terza doglianza del ricorso in appello (sulla quale, comunque, ci si soffermerà anche allorchè si prenderà in esame il connesso ricorso n. 4481/2009 - secondo motivo di censura ivi contenuto-) non merita positiva considerazione.
Invero l’appellante ravvisa contraddittorietà nelle valutazioni del seggio di gara laddove quest’ultimo, che, come dianzi a più riprese evidenziato, ha riconosciuto il punteggio premiale all’odierna appellata lo ha negato alla ATI Stazi Mariano (appellante nell’ambito del ricorso n. 4481/2009) che era ricorsa all’avvalimento.
Per il vero mancherebbe radicalmente in capo all’odierna appellante l’interesse a formulare la censura in esame. Ciò perché, ove fosse esatta la tesi patrocinante la correttezza della posizione dell’ ATI Stazi Mariano (che infatti ha formulato simile doglianza nell’ambito del ricorso n. 4481/2009) dall’attribuzione del punteggio premiale a quest’ultima, terza classificata, discenderebbe che la medesima scavalcherebbe (oltre che l’aggiudicataria anche) l’appellante in graduatoria aggiudicandosi l’appalto.
Parte appellante ha aggirato tale deduzione, formulando la censura in modo non già da attingere il merito delle determinazioni adottate, ma criticando i chiarimenti forniti in proposito dal seggio di gara, di guisa da sollecitare un giudizio di contraddittorietà dell’operato della commissione per contrasto tra i chiarimenti resi e le determinazioni finali adottate.
Anche sotto tale angolo prospettico, tuttavia, la censura non merita accoglimento.
Invero appare esatta la valutazione dei primi Giudici che hanno posto l’accento sulla circostanza che, da un canto, i chiarimenti forniti dalla commissione avevano ad oggetto l’istituto giuridico dell’avvalimento.
Sotto altro profilo, che nei medesimi chiarimenti era stato rettamente interpretato il presupposto giuridico del ricorso a tale figura, nella considerazione che sia l'art. 49 d.lg. n. 163 del 2006 che gli artt. 47 e 48, parr. 2 e 3, della direttiva n. 2004/18/Ce, ammettono l'istituto dell'avvalimento per soddisfare i requisiti di capacità economica e finanziaria al fine primario di consentire a soggetti che ne siano privi di concorrere alla gara ricorrendo ai requisiti di altri soggetti.
Posto che, nel caso di specie, non v’è dubbio che l’impresa avvalente (ATI Stazi Mariano) possedeva già i requisiti partecipativi alla gara, non v’è dubbio che non potesse (anche) essere valutato il titolo OS25 posseduto dall’impresa avvalsa.
Questo – e non altro- era il senso del chiarimento reso dal seggio di gara, e non ritiene il Collegio che il medesimo si sia discostato dalle puntuali indicazioni giurisprudenziali in tema di avvalimento (come peraltro sembra riconoscere la stessa appellante nell’ultimo capoverso della pag 14 del ricorso in appello, salvo poi riproporre la problematica della disparità di trattamento a seconda che si sia fatto ricorso all’avvalimento od alla associazione in cooptazione, sulla quale ci si è dianzi soffermati).
Conclusivamente, il ricorso in appello principale deve essere respinto: alla reiezione del merito delle doglianze proposte consegue la reiezione della domanda risarcitoria, e la declaratoria di improcedibilità del ricorso in appello incidentale proposto dall’aggiudicataria.
Può ora procedersi all’esame del ricorso in appello n. 4481/2009.
Si è dato atto nella premessa in fatto che parte appellante ha riformulato l’ordine delle doglianze veicolate in primo grado, posponendo (terzo motivo del ricorso in appello) quella in origine proposta al primo motivo del ricorso di primo grado, e diretta a censurare radicalmente il bando di gara.
Per mera comodità espositiva si ritiene di esaminare le doglianze prospettate dall’appellante secondo l’ordine dalla stessa seguito nel ricorso in appello.
La prima di esse è connessa a quella esaminata per prima nell’ambito del ricorso n. 1967/2009.
Secondo l’appellante (che ripropone in tale sede la censura di cui al II motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado) vi sarebbe stata una illegittima commistione tra requisiti partecipativi e criteri valutativi dell’offerta.
Il possesso della qualificazione in categoria OS 25 e (l’attribuzione di punteggio crescente in relazione alla classifica posseduta nella predetta categoria) illegittimamente era stato considerato dal bando di gara tra i criteri valutativi dell’offerta: esso costituiva invece qualità dell’impresa, e doveva rilevare quale requisito di ammissione.
Con riguardo a tale motivo di censura sia l’appellante incidentale Subplacense Garden SRL (unico motivo dell’appello incidentale), che l’appellante incidentale 3° Progetti SPA (si veda il II motivo del ricorso in appello incidentale da quest’ultima proposto) ne sollecitano una statuizione di inammissibilità, ed hanno altresì criticato la sentenza di primo grado laddove non ha colto che, l’espressa accettazione delle clausole del bando e del disciplinare di gara da parte dell’appellante, precludeva l’ammissibilità della doglianza.
Del pari, si afferma nelle predette impugnazioni incidentali, la circostanza che l’odierna appellante incidentale avesse tentato di acquisire il punteggio premiale di cui alla categoria OS 25 ricorrendo all’avvalimento (la circostanza, in fatto, è stata oggetto di esame allorchè si è presa in esame la terza censura dedotta nell’ambito del ricorso n. 1967/2009), esclude che essa – che alla prescrizione de quo avrebbe prestato acquiescenza- possa oggi dolersene.
Come già ritenuto dal Tar in primo grado, ritiene il Collegio che le dedotte censure di inammissibilità del citato primo motivo dell’ appello principale non meritino positivo riscontro.
Il tema è stato più volte affrontato dalla giurisprudenza.
Il Collegio condivide l’approdo ermeneutico secondo il quale la circostanza che un'impresa abbia partecipato alla procedura comparativa per l'affidamento di un appalto di servizi non comporta acquiescenza nei confronti dell'impugnazione degli atti della procedura, anche ove l'impugnativa sia volta a contestare l'obbligo della stazione appaltante di indire la procedura mediante pubblicazione di un pubblico bando, poiché l'impresa del settore può senz'altro impugnare gli atti in base ai quali l'amministrazione conclude un contratto in assenza del procedimento specificamente prescritto dalla legge, non rilevando la qualità formale di offerente, nè la proposizione della domanda di partecipazione alla gara concreta un comportamento incompatibile con la volontà di impugnare il bando. (Consiglio Stato , sez. VI, 18 aprile 2005, n. 1770)
Ciò perché “la presentazione della domanda di partecipazione alla procedura concorsuale indetta per l'aggiudicazione di un contratto con la p.a. non comporta acquiescenza al bando di gara, trattandosi di atto necessario per radicare l'interesse al ricorso”.(Consiglio Stato , sez. V, 23 gennaio 2006, n. 206)
Sotto altro profilo, è stato esattamente rilevato, in passato, che “le clausole illegittime del bando di gara vanno impugnate unitamente al provvedimento di aggiudicazione, salva l'ipotesi in cui impediscano la partecipazione del ricorrente, provocando una lesione immediata per la sua posizione di interesse; pertanto, la partecipazione alla procedura di gara non è incompatibile con la volontà di impugnare il bando, in quanto la detta partecipazione non costituisce acquiescenza al bando stesso, ma un atto necessario per radicare l'interesse al ricorso”. (Consiglio Stato , sez. V, 18 marzo 2004, n. 1408)
Più specificamente (la decisione di seguito citata si attaglia perfettamente al caso devoluto all’esame del Collegio) si è affermato che “il bando di gara d'appalto contenente clausole direttamente lesive dell'interesse dei partecipanti deve essere autonomamente ed immediatamente impugnato. L'immediata impugnazione del bando di gara è subordinata ad un'accurata analisi della singola fattispecie che metta in luce, fra l'altro, i seguenti aspetti: a) il contenuto della clausola del bando sospetta di illegittimità; b) Il tipo di vizio dedotto dalla parte ricorrente; c) l'interesse manifestato dall'impresa; d) l'attitudine della partecipazione alla procedura selettiva a manifestare univocamente l'acquiescenza alle regole della gara; e) l'influenza della regola fissata dal bando sui comportamenti dei concorrenti e sulla condotta della stazione appaltante; f) l'incidenza della clausola sullo svolgimento concreto della gara e sui suoi esiti. Non è direttamente lesiva dell'interesse dei partecipanti, e non deve dunque essere impugnata autonomamente ed immediatamente, la clausola del bando di gara che opera una commistione tra requisiti di ammissione alla gara ed elementi valutabili in sede di esame dell'offerta economicamente più vantaggiosa, prevedendo l'attribuzione di punteggi nelle due fasi, che concorrono alla determinazione del punteggio finale complessivo. L'interesse all'impugnazione del bando, in relazione ad una clausola siffatta, è strettamente connesso alla non irragionevole possibilità - valutabile solo "ex post", all'esito della gara - che il ricorrente, secondo una procedura legittima, avrebbe ottenuto l'affidamento dell'incarico nell'ambito di una selezione incentrata sulla valutazione dell'offerta, senza rilievo determinante dei requisiti di idoneità soggettiva. Ne consegue, quindi, l'ammissibilità e la tempestività del ricorso proposto contestualmente contro il bando e contro l'atto di affidamento dell'incarico.” (Consiglio Stato , sez. V, 15 giugno 2001, n. 3187).
Di rilevanza dell’acquiescenza, peraltro, può discorrersi allorchè essa abbia caratteri assolutamente univoci.
Sostengono le appellanti incidentali che tale univocità discenderebbe dalla espressa dichiarazione, resa dall’appellante, di accettare senza condizione o riserva alcuna le clausole del bando, del disciplinare di gara, del capitolato speciale di appalto, e dello schema di contratto.
Tale tesi non può essere in alcun modo condivisa.
Invero la sussistenza di una ipotesi di acquiescenza ad una determinazione amministrativa, può ricorrere soltanto allorchè (il che all’evidenza, non è nel caso di specie, essendo stata la relativa dichiarazione presentata antecedentemente allo svolgimento della gara) la lesione si sia attualizzata e sia certa. Del pari, neppure è predicabile, nel sistema, la produttività di effetti di una anticipata rinuncia (per giunta a contenuto generico ed indeterminato) all’impugnazione di atti amministrativi.
Chè altrimenti argomentando, una simile dichiarazione diverrebbe clausola di stile di ogni procedimento amministrativo, precludendo ai destinatari del medesimo il corretto dispiegarsi del diritto, costituzionalmente garantito, di cui all’art. 24 della Carta Fondamentale (per una simile affermazione, in passato, si veda T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 02 dicembre 1997, n. 833).
Devono quindi essere respinte le impugnazioni incidentali suindicate e può prendersi in esame la doglianza proposta dall’appellante principale.
Essa non appare nel merito fondata al Collegio.
Non si ignora, è utile sottolinearlo, la assai diffusa produzione giurisprudenziale e dottrinale sul punto: l’approdo cui essa è giunta, è stato compendiato in una recente pronuncia del Consiglio di Stato, con la quale si è affermato che “i requisiti di partecipazione ad una gara sono diversi dai criteri di valutazione dell'offerta anche perché questi entrano in gioco solo dopo che l'offerta ha superato positivamente il vaglio di ammissibilità. La normativa nazionale e comunitaria riconosce una netta distinzione tra criteri soggettivi di pre-qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla aggiudicazione, netta e inderogabile distinzione che oltre a trovare un preciso ed espresso riferimento nella normativa richiamata ha una sua sostanziale ed evidente logica: quella di separare i requisiti soggettivi di idoneità e partecipazione alla gara da quelli soggettivi attinenti alla offerta e alla aggiudicazione -nel caso di specie l'esperienza fatta come tesoriere di enti locali può solo contribuire ad ottenere un maggiore punteggio, senza poter diventare un elemento di discrimine della ammissione alla gara-“.(Consiglio Stato , sez. V, 08 marzo 2006, n. 1194).
In generale può affermarsi che sul tema si sono confrontati due orientamenti: un primo filone di giurisprudenza che, passando attraverso una rigida interpretazione letterale dei principi enunciati in sede comunitaria, ritiene illegittima ogni commistione tra elementi propri dell'offerta e requisiti di capacità dell'offerente; questi ultimi dovrebbero rilevare solo in sede di prequalificazione, superata la quale la vantaggiosità dell'offerta dovrebbe essere commisurata solo a parametri che riguardano in modo diretto ed immediato le caratteristiche proprie del servizio prestato ed il profilo economico.
Secondo altro meno restrittivo indirizzo, invece, legittimamente l'Amministrazione appaltante può, nel bando di gara, privilegiare le imprese che abbiano svolto attività identiche a quella oggetto dell'appalto, attribuendo loro uno specifico punteggio utile ai fini dell'aggiudicazione e che, quindi, lo svolgimento di servizi analoghi a quelli oggetto della gara possa costituire un adeguato indice rilevatore dell'affidabilità e quindi della "qualità".
L'inserimento della clausola che attribuisce un ulteriore punteggio ai soggetti che hanno espletato (nel caso in questione forniture) analoghe, si legge in tale pronuncia, "non appare illogico ed arbitrario, ma del tutto legittimo, afferendo, in realtà, alla valutazione di elementi che hanno diretto ed immediato riferimento con la prestazione richiesta con l'oggetto della gara, in termini di logica presumibilità di una migliore esecuzione della fornitura richiesta" (C.G.A., n. 296 del 22 giugno 2006).
Anche secondo un arresto giurisprudenziale citato da parte appellante, peraltro (ci si riferisce alla decisione del Consiglio di Stato n. 3187 del 15 giugno 2001) non si esclude totalmente la possibilità di valutare, in sede di individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, le pregresse esperienze professionali, ma ci si limita a stabilire che l'apprezzamento del "merito tecnico" - deducibile dalla valutazione del curriculum - non può rappresentare che uno degli elementi valutabili ed in quanto tale non può assumere rilievo eccessivo (oltre il 50 %).
Le decisioni del Consiglio di Stato del 2009 (la n. 2147, e la n. 837) citate dall’appellante principale non smentiscono tale prospettazione né appaiono aderenti al caso oggetto della odierna cognizione.
Nel corpo motivazionale della decisione n. 837/2009, invero, è dato rinvenire l’affermazione (che di seguito si riporta) secondo cui “d'altro canto, anche a voler leggere tale principio in maniera più elastica, resta sempre fermo l'altro principio fondamentale che caratterizza la scelta dei criteri di aggiudicazione: secondo il quale "i criteri devono, comunque, essere collegati all'oggetto dell'appalto, devono essere tali da non conferire all'amministrazione aggiudicatrice una libertà incondizionata di scelta, devono essere adeguatamente pubblicizzati e devono rispettare il principio di non discriminazione. " (Corte giustizia CE, 17 settembre 2002 , n. 513). In tal senso, anche la giurisprudenza che ammette la facoltà della stazione appaltante di prevedere nel bando di gara anche elementi di valutazione dell'offerta tecnica di tipo soggettivo concernenti, cioè, la specifica attitudine del concorrente - anche sulla base di analoghe esperienze pregresse -a realizzare lo specifico progetto oggetto di gara, è ferma nel ritenere "ciò legittimo, nella misura in cui aspetti dell'attività dell'impresa possano illuminare la qualità dell'offerta. " (Consiglio Stato , sez. VI, 09 giugno 2008 , n. 2770).
E, di certo, non è questo il caso di specie, sia perché qui il fatturato degli ultimi tre esercizi, anche se accompagnato da certificati di buona esecuzione, ha un peso predominante nell'attribuzione del punteggio all'offerta tecnica (20 punti, su 50 complessivi) sia perché la prestazione ( somministrazione di lavoro temporaneo) non evidenzia un servizio connotato da particolari conoscenze tecniche od organizzative nelle quali possa aver giocato un ruolo determinante la pregressa esperienza professionale.
Di contro, va detto il criterio di privilegiare nell'attribuzione del punteggio relativo all'offerta tecnica la quantità del fatturato pregresso rischia di operare come fattore limitativo della concorrenza sfavorendo, oltre il ragionevole, l'entrata nel mercato di nuovi imprenditori.”.
Il collegamento all’oggetto dell’appalto, quindi – innegabile nel caso oggetto dell’odierno vaglio giudiziale- può legittimare il ricorso a criteri valutativi del merito tecnico di tipo “soggettivo”.
L’indirizzo assolutamente restrittivo, peraltro, non appare al Collegio rispondente alle possibili specificità che le procedure evidenziali possono presentare (e di cui quella esaminata dal Collegio costituisce palmare esempio).
La ratio delle disposizioni che regolamentano la fattispecie è invece quella di evitare, da un canto, possibili discriminazioni all’accesso alle gare e, per altro verso, esiti viziati delle stesse.
A fronte di tale ratio, appare predicabile l’opzione ermeneutica secondo la quale, purché non vengano menzionati elementi distonici rispetto all’oggetto dell’appalto, ben possono essere presi in considerazione – in sede valutativa del merito dell’offerta – elementi attinenti alle imprese concorrenti che si riverberano, senza incertezze (e purchè ad essi non sia attribuito un peso, in termini di punteggio, preponderante) sulla qualità del servizio oggetto della procedura evidenziale.
Nel caso in questione appare al Collegio equilibrata e priva di illogicità la valutazione del Tar.
E ciò sia in relazione alla previsione normativa di cui al richiamato art. 83 del D.lvo n. 163/2006 richiamata dai primi Giudici (con riguardo al concetto di “assistenza tecnica” ivi menzionato alla lett. I), sia con riferimento, in concreto al servizio da svolgere.
Su tale ultimo profilo è bene brevemente soffermarsi.
Che la valorizzazione e manutenzione di aree a verde debbano rientrare nella categoria “OS24:Verde e arredo urbano” indicata nell’allegato A del D.P.R. 25.1.2000, n. 34, e che l’amministrazione abbia richiesto, come requisito di ammissione alla gara, l’iscrizione nella predetta categoria OS24, classifica V (stante l’importo dell’appalto) costituisce circostanza incontestabile (e per il vero non contestata).
Che con riferimento alla res (“verde e arredo urbano”) contemplata nella citata disposizione la procedura evidenziale presentasse una specificità (si trattava non di ordinari giardini, ma di parchi archeologici) è altrettanto incontestabile.
Ciò è stato posto adeguatamente in luce dal Tar, laddove ha rammentato che non ricorre la (semplice ed ordinaria) valorizzazione e manutenzione di generiche aree verdi urbane, ma di aree verdi relative, per la quasi totalità, ai parchi archeologici di Roma (Palatino Foro Romano, Terme di Diocleziano, Parco delle Tombe Latine, Terme di Caracalla, ecc. indicati al paragrafo I.6) del disciplinare di gara).
La disposizione del bando e del disciplinare di gara, nella parte in cui ha previsto, come elemento valutativo dell’offerta, l’iscrizione nella categoria “OS25: Scavi archeologici”, indicata nel richiamato allegato A con la precisazione che “Riguarda gli scavi archeologici e le attività strettamente connesse” non appare pertanto, né distonica rispetto all’oggetto dell’appalto, né scentrata rispetto all’obiettivo qualitativo perseguito dall’amministrazione.
In disparte la circostanza della puntuale ed anticipata previsione contenuta nel disciplinare di gara, del punteggio premiale attribuito alla iscrizione nella suddetta categoria (il che esclude possa neanche per ipotesi farsi riferimenti a concetti quali “valutazione a sorpresa”, ovvero “inserimento di elementi concretanti disparità di trattamento”) sembra potersi affermare che tale aggiuntiva previsione attenga assai strettamente al merito valutativo, e non appaia lesiva di alcuna prescrizione.
E d’altro canto, rovesciando la prospettiva di esame, laddove l’amministrazione avesse operato nei termini auspicati dall’appellante (richiedendo pertanto il possesso della categoria OS25 quale requisito qualificativo) detta deliberazione sarebbe stata sottoposta a prevedibili censure, sotto il profilo di una ingiustificabile moltiplicazione dei requisiti qualificativi idonea a restringere la platea dei possibili concorrenti.
Né può dirsi che vi sia duplicazione di previsioni concernenti i requisiti di ammissione ed il merito tecnico, posto che il fatturato costituisce non l’unico parametro relativo alla attribuzione della qualificazione.
Per concludere sul tema, è doveroso rilevare che parte appellante (pag. 20, punto I.5 del ricorso in appello) ha censurato la prescrizione anche sotto il profilo della illegittima previsione della “progressività crescente” del punteggio. Tale censura – come esattamente rilevato dall’appellante incidentale Subplacense- costituisce autonomo profilo di doglianza; non articolato in primo grado, e come tale inammissibile, ai sensi dell’art. 345 cpc (disposizione quest’ultima pacificamente applicabile al processo amministrativo: si veda, Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 3144/2008).
Parte appellante ha sostenuto trattarsi di “sviluppo di censura già articolata in primo grado”, e non di motivo nuovo: la lettura del ricorso di primo grado smentisce tale prospettazione.
Peraltro è evidente e chiara la distinzione concettuale intercorrente tra un approccio volto a censurare la denunciata “non ammissibilità in astratto” quale voce del merito tecnico di un elemento che doveva invece valere quale requisito qualificativo e la (per la prima volta prospettata in appello) “illegittimità della progressività quantitativa del punteggio” del medesimo elemento, tenuto presente a fini determinativi della qualità dell’offerta.
Tale censura è pertanto inammissibile.
La prima doglianza del ricorso in appello non può, conclusivamente, trovare accoglimento.
Con la seconda doglianza, prevista in via speculare ed alternativa rispetto alla prima, parte appellante – che ha tentato invano, ricorrendo all’avvalimento di acquisire la qualificazione OS 25 - si duole della determinazione del seggio di gara che ha escluso che questi potesse (appunto a tale fine) fare ricorso all’istituto in questione previsto dall’art. 49 del D.lvo n. 163/2006.
Il profilo di doglianza è quello della disparità di trattamento rispetto alle determinazioni della Commissione in materia di associazione per cooptazione, che ha consentito alla 3 A Progetti di acquisire il punteggio premiale ed aggiudicarsi quindi la selezione.
La tesi di fondo è quella per cui, allorchè si trasferisca sugli elementi di valutazione del merito tecnico dell’offerta un requisito soggettivo di ammissione (quale la qualificazione OS 25), deve essere consentito alle imprese partecipanti alla gara fare ricorso all’istituto dell’avvalimento per acquisire il possesso di tale elemento.
La censura, come è agevole riscontrare, è sostanzialmente identica a quella (III motivo di doglianza nell’ambito del ricorso n. 1967/2009) su cui si è già avuto modo di soffermarsi dianzi.
Alle considerazioni ivi svolte può unicamente aggiungersi che ad avviso del Collegio parte appellante è ben consapevole che la tesi da essa sostenuta urta contro il disposto di cui all’art. 49 del D.lvo n. 163/2006 che disciplina l’avvalimento.
Ciò perché, tale ultima disposizione si riferisce unicamente ai requisiti di partecipazione, che vengono in rilievo nella fase di qualificazione, e non già alla fase valutativa del merito tecnico.
La ratio dell’istituto è stata efficacemente illustrata nel corpo motivo della decisione del Consiglio di Stato , sez. V, 28 settembre 2005, n. 5194, laddove si è affermato che “un operatore che non soddisfi da solo i requisiti minimi prescritti per partecipare alla procedura di aggiudicazione, ben può far valere, a tali fini, le capacità di terzi cui conti di ricorrere in caso di aggiudicazione” dopo avere illustrato le ragioni per cui “la potestà di avvalimento costituisce un principio di fonte comunitaria non limitato al solo settore degli appalti di servizi, ma di portata generale”.
Orbene, in tale cornice, se si concorda sul piano teorico ( ed anche l’appellante principale pare accedere a tale tesi) con la recente affermazione giurisprudenziale secondo cui “l'istituto dell'avvalimento, quale disciplinato dall'art. 49, d.l.g. n. 163 del 2006, non può consentire la surroga "in toto" nei requisiti attinenti allo "status" dell'imprenditore che partecipa alla gara, ma opera, sul piano dell'esecuzione dei lavori o del servizio, agli effetti dell'integrazione dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico ed organizzativo.”(Consiglio Stato , sez. V, 09 ottobre 2007, n. 5271)non si può di conseguenza non aderire alla tesi postulante la correttezza dell’operato del seggio di gara, laddove questo, constatato che l’avvalente possedeva ex se tutti i requisiti partecipativi, ha escluso (in quanto contrario alla ratio dell’istituto in oggetto) che si potesse ricorrere all’avvalimento per giovarsene sotto il profilo dell’incremento del punteggio concernente il merito tecnico.
Il motivo di censura appare formulato in via alternativa: esso sfiora invero la perplessità.
Appare infatti ben legittimo affermare (come avvenuto con il primo motivo di censura) che OS 25 dovesse costituire requisito di qualificazione e non voce del merito tecnico.
Meno lineare appare invece sostenere che, siccome il seggio aveva “errato” nel prevedere che OS 25 potesse costituire voce del merito tecnico, si dovesse di conseguenza (quasi a fini “compensativi” del precedente errore, vien fatto di affermare) distorcere l’istituto dell’avvalimento, in contrasto con la previsione di cui all’art. 49 del D.lvo n. 163/2006, consentendo di farvi ricorso ad imprese che pure possedevano tutti i requisiti partecipativi.
E ciò anche a non volere considerare che il punteggio premiale per OS25, secondo la voce del disciplinare (Sez. VI. 1) faceva riferimento al contemporaneo possesso della qualificazione da parte di più ditte “facenti parte del raggruppamento”.
La circostanza – a più riprese sottolineata dall’appellante principale- che il ricorso all’avvalimento fosse stato previsto in via generale e senza limitazioni dal disciplinare di gara ( ad abundantiam, posto che si è visto trattarsi di istituto di generale applicazione) non prova alcunché.
Nell’ammettere il ricorso all’avvalimento tout court, infatti, l’amministrazione non poteva che riferirsi all’istituto nei termini in cui esso è previsto ex art. 49 del d.lvo n. 163/2006, e non certo ipotizzarne (peraltro implicitamente) la predicabilità oltre il perimetro fissato dal Legislatore.
Anche tale censura non merita quindi positivo riscontro.
In ultimo, l’appellante ha riproposto (terzo motivo di doglianza contenuto nel ricorso in appello) l’originario primo motivo del ricorso di primo grado, già dichiarato (in parte per genericità, ed in parte per difetto di interesse) inammissibile dal Tar.
Questa la ratio della doglianza: avuto riguardo alle prestazioni dedotte nel futuro contratto ed oggetto dell’appalto, trattavasi di appalto di lavori e non di servizi.
L’opzione dell’amministrazione verso la (errata) qualificazione quale appalto di servizi ha determinato l’inosservanza delle disposizioni in materia.
Quanto alle disposizioni violate, per il vero, né in primo grado, né mercè l’odierna impugnazione, parte appellante ne ha individuato alcuna (ad esclusione della prescrizione relativa alla pubblicazione del bando nella GUCE della quale si dirà di qui a poco).
Va pertanto confermato il capo della sentenza di primo grado che ha parzialmente dichiarato inammissibile detta doglianza in quanto generica.
Quanto alla questione della omessa pubblicazione del bando sulla GUCE, invece, ritiene il Collegio che gli approdi cui sono giunti i primi Giudici (che ne hanno affermato la inammissibilità per difetto di interesse) non siano condivisibili.
La statuizione del Tar ha fatto riferimento ad un orientamento giurisprudenziale che, nel tentativo di perimetrare in senso restrittivo il concetto di “interesse a ricorrere” ha ridotto all’estremo, quando non addirittura disconosciuto, il concetto di interesse strumentale alla ripetizione della gara.
A tale proposito, infatti, si è affermato (la massima che di seguito si riporta è identica al capo della decisione appellata) che la ditta invitata a partecipare ad una gara per l'aggiudicazione di un contratto a trattativa privata non ha interesse ad impugnare la procedura per il fatto che quest'ultima non sia stata preceduta dalla pubblicazione di un bando, tenendo presente anche che ciò avrebbe favorito semmai una più larga partecipazione di altri concorrenti, e quindi una maggior difficoltà di vincere la selezione. (Consiglio Stato , sez. III, 14 ottobre 2003, n. 276).
Ritiene invece il Collegio, in armonia con i più recenti approdi giurisprudenziali che la censura in oggetto non potesse essere dichiarata inammissibile per difetto di interesse (si veda, sul punto, la massima soprarichiamata tratta dalla decisione del Consiglio Stato , sez. VI, 18 aprile 2005, n. 1770,) valendo le considerazioni già svolte dianzi allorchè si è dichiarata la infondatezza dei ricorsi in appello incidentali volti a sostenere l’inammissibilità della prima doglianza del ricorso in appello proposto dalla Stazi Mariano.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio Stato, con la decisione del 10 novembre 2008, n. 11, ha ancora di recente fornito autorevole avallo alla predicabilità nel sistema processuale amministrativo della nozione di “interesse strumentale”
Il relativo capo della decisione deve pertanto essere corretto, e detta censura può essere esaminata dalla Sezione (sulle conseguenze della errata dichiarazione di inammissibilità di una impugnazione contenuta nella decisione di primo grado, si veda, tra le tante, Consiglio Stato , sez. IV, 19 febbraio 2008, n. 546).
Il mezzo, sebbene ammissibile, non è tuttavia persuasivo.
Sostiene in proposito l’appellante che il bando non dovesse avere ad oggetto l’affidamento di lavori, ma di servizi.
Senonchè, da un canto parte appellante ha trascurato la portata del disposto di cui al comma 1 dell’ art. 199 del d.vo n. 163/2006 (Qualora, per gli appalti aventi ad oggetto gli allestimenti dei musei, degli archivi e delle biblioteche o di altri luoghi di interesse culturale o la manutenzione e il restauro dei giardini storici, i servizi di installazione e montaggio di attrezzature e impianti e le forniture di materiali ed elementi, nonché le forniture degli arredi da collocare nei locali e nelle aree, assumano rilevanza prevalente ai fini dell'oggetto dell'appalto e della qualità dell'intervento, la stazione appaltante, previo provvedimento motivato del responsabile del procedimento, applica la disciplina, rispettivamente, dei servizi o delle forniture, anche se il valore economico dei lavori di installazione e di adeguamento dell'immobile risulti superiore).
Da tale disposizione derogatoria, risulta che soltanto in presenza di ben determinati requisiti di prevalenza, (che parte appellante non ha né chiarito, né documentato), la manutenzione ed il restauro di giardini storici potrebbe ricadere nella disciplina dei servizi.
E ciò, previo motivato provvedimento del responsabile del procedimento, carente nel caso di specie.
In secondo luogo, ed in concreto, (si veda la parte D del CSA) fa largo richiamo ad attività rientranti nel concetto di manutenzione e ripristino (in particolare, ma non soltanto, artt. 22-26) e riconduce l’oggetto dell’appalto alla categoria dei lavori, in armonia con la qualificazione fornita dalla giurisprudenza, richiamata anche dall’appellata aggiudicataria, secondo cui il concetto di manutenzione va fatto rientrare nei lavori pubblici qualora l'attività dell'appaltatore comporti un'attività prevalente ed essenziale di modificazione della realtà fisica, con l'utilizzazione, la manipolazione e l'installazione di materiali aggiuntivi e sostitutivi, non inconsistenti sul piano strutturale e funzionale (Consiglio di Stato, Sezione V, 31 gennaio 2006 n. 348, ma si veda anche, Consiglio Stato , sez. V, 04 maggio 2001 , n. 2518).
La circostanza, infine, che il comma II del citato art. 199 stabilisca che “i soggetti esecutori dei lavori di cui al comma 1 devono in ogni caso essere in possesso dei requisiti di qualificazione stabiliti dal presente capo” vale ad individuare una disposizione di natura derogatoria, e rende inconferente i richiami alle presunte violazioni degli artt. 40 e segg. del medesimo D.lvo n. 163/2006 genericamente postulate dall’appellante.
In ultimo, come esattamente osservato dall’aggiudicataria appellante incidentale, il comma ottavo dell’art. 3 del d.lvo n. 163/2006 (I «lavori» di cui all'allegato I comprendono le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione, di opere. Per «opera» si intende il risultato di un insieme di lavori, che di per sè esplichi una funzione economica o tecnica. Le opere comprendono sia quelle che sono il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile sia quelle di presidio e difesa ambientale e di ingegneria naturalistica) annovera espressamente l’attività manutentiva nell’ambito dei “lavori”, il che vieppiù esclude la fondatezza della censura.
Conclusivamente, anche il ricorso in appello n. 4481/2009, nei termini di cui alla motivazione, deve essere respinto, con conseguente reiezione della domanda risarcitoria, e parziale declaratoria di improcedibilità dei restanti motivi dell’appello incidentale proposto dall’aggiudicataria 3A Progetti (appello incidentale, quest’ultimo, che merita in parte reiezione, mentre reiezione integrale merita l’appello incidentale proposto dalla società Subplacense).
La complessità delle questioni affrontate rende doverosa la integrale compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, riuniti i ricorsi n. 1967/2009 e n. 4481/2009:
quanto al ricorso in appello n. 1967/2009 lo respinge,con conseguente conferma dell’appellata decisione e declaratoria di improcedibilità dell’appello incidentale proposto;
quanto al ricorso in appello n. 4481/2009,lo respinge nei termini di cui alla motivazione, respinge il ricorso in appello incidentale proposto dalla Subplacense, ed in parte respinge ed in parte dichiara improcedibile il ricorso in appello incidentale proposto dalla 3° Progetti SPA.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2009 con l'intervento dei Magistrati:
Giovanni Ruoppolo, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
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