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n. 6 -2010 - © copyright

 

NAZARENO SAITTA

L'araba fenice del contenzioso elettorale
(a proposito del c.d. codice del processo amministrativo)


1. Per la prima volta nella storia del processo amministrativo ed in particolare del contenzioso elettorale, il giudice amministrativo era stato chiamato ad occuparsi anche delle controversie relative alle elezioni politiche di Camera e Senato.
Lo aveva deciso il legislatore ordinario, che, nella generale delegazione di cui all'art. 44 della legge n. 69 del 2009 in materia di riordino della giustizia amministrativa mediante un sistema organico di norme di settore destinato a tradursi in un testo armonico e completo - insomma, in un «codice», appunto nel nuovo, anzi nel primo codice del processo amministrativo - aveva inserito un'apposita specifica materia normativa, con precise indicazioni direttive, così come vuole l'art. 76 Cost., costituita dal contenzioso elettorale; in particolare per quanto qui ci interessa, il Governo era delegato ad «introdurre» "la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni".
A tanto aveva provveduto l'apposita commissione mista, alla quale era stata per legge delegata non una funzione meramente consultiva, ma un vero e proprio compito redigente, salvo l'ovvio potere determinativo finale riservato all'organo propriamente delegato, ossia al Governo (previ i previsti pareri delle competenti commissioni parlamentari delle due Camere).
La procedura avviata per la realizzazione di questo disegno normativo è a tutti nota, sicchè non è il caso di ripercorrerne le complesse fasi, quanto meno sino al termine dei lavori della commissione in parola, che, nel riferirne al Governo i risultati conclusivi, aveva sottolineato che "particolarmente critico si è rilevato il recepimento della delega quanto al nuovo contenzioso elettorale" a causa di diversi fattori concomitanti.

2.
Il pur diffuso fenomeno del contenzioso elettorale non prevedeva, sino alla delegazione legislativa in parola, una regolamentazione, che fosse dettata dal legislatore ordinario e quindi nelle forme di provvedimenti legislativi nel senso formale del termine, intesa a disciplinare i profili contenziosi che possono pur sempre presentare le operazioni elettorali relative alle consultazioni politiche.
La ferrea riserva alla propria autodichia di ogni e qualsiasi controversia che comunque le riguardi, che ha sempre costituito un punto fermo delle due Camere del Parlamento italiano, nell’intento di impedire qualsiasi indiscreta interferenza nella organizzazione, nel funzionamento e nella stessa composizione personale dei propri membri, ha sinora concorso nel dissuadere il legislatore ordinario da ogni velleità di intervento normativo nel settore del contenzioso elettorale politico.
La questione era connessa ad altra relativa all'intero sistema del contenzioso elettorale, non soltanto politico, sulla possibile dissociazione delle questioni concernenti le elezioni ed i relativi esiti da quelle che possono insorgere già nella fase preparatoria delle elezioni stesse, essendosi sempre ritenuto che bisognasse attenderne i risultati per potere avviare un giudizio concernente le operazioni elettorali generalmente intese e far valere anche i vizi nei quali si fosse incorsi nelle fasi endoprocedimentali, Discorso, ovviamente, non riferibile alle elezioni politiche, essendo inesorabilmente preclusa qualsiasi ingerenza di organi giurisdizionali «esterni» alle Camere, se non separando le due fasi e così potendosi sottoporre al sindacato del giudice amministrativo (soltanto) gli atti relativi al procedimento preparatorio, lasciando salvi Senato della Repubblica e Camera dei Deputati di operare, per il resto, con i propri organi e strumenti di autodichia.
Si era pure riconsiderata tutta questa problematica in chiave di costituzionalità, assumendo come parametri principali tanto l'art. 24, prospettandone la violazione come lesione del diritto di difesa, quanto l'art. 113, perché non risultava assicurata la pienezza della tutela in via giurisdizionale contro atti della pubblica amministrazione; ma non mancavano i riferimenti allo stesso art. 3 (anche l'uguaglianza di fronte alla legge era in discussione) o, addirittura, all'art. 117 (per i collegamenti con l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali stipulata a Roma nel 1950), nonché, infine, all'art. 51 (apparendo leso anche il diritto soggettivo di elettorato passivo).
Ma la stessa Corte costituzionale(1), pur affermando, in sostanziale contrasto con la migliore dottrina(2), che non si fosse «in presenza di un vuoto di tutela dipendente da una carenza normativa incolmabile con i normali strumenti ermeneutici e processuali, ma di una controversia interpretativa», aveva implicitamente mostrato di confidare in un intervento del legislatore, che la Corte stessa individuava come possibile, se non anche auspicabile, nella già intervenuta legge di delegazione n. 69 del 2009.
Il legislatore delegante del 2009 aveva, infatti, avvertito l’esigenza di un intervento normativo nel settore che fosse comunque rispettoso delle prerogative delle Camere e nel delegare al Governo la razionalizzazione e la raccolta della disciplina normativa in materia elettorale amministrativa nei settori regionale, provinciale e comunale, prendendo atto del fatto che già un trentennio addietro (legge 24 gennaio 1979, n. 18) era stata dettata una disciplina del contenzioso in materia di elezione dei rappresentanti dell’Italia presso il parlamento europeo, aveva ritenuto opportuno estendere detta delega anche alle operazioni elettorali - però solo limitatamente alla fase preparatoria – relative alle elezioni politiche, ancorché non si trattasse propriamente di una delega a solo «razionalizzare» ed «unificare» una normativa preesistente, bensì a «creare dal nulla» una vera e propria disciplina legislativa.
Non è sfuggita al Governo delegato la delicatezza del compito di dettare la disciplina, come sottolineato dalla stessa relazione allo schema di decreto delegato licenziato dalla speciale commissione.
Quando detto schema è stato concretamente sottoposto all'esame del Consiglio dei Ministri (seduta n. 89 del 16 aprile 2009), il testo risultava già gravemente mutilato in parti essenziali, suscitando (anche in questa Rivista) vivaci critiche (Romano Tassone, Merusi, lo scrivente, ecc.).
Non si sapeva nulla della sorte del piccolo corpus normativo dedicato al contenzioso elettorale: non ne parlava neppure il comunicato ufficiale emesso al termine della seduta del Consiglio dei Ministri (ancora leggibile nel sito ufficiale web), che pur si occupava di vari punti dell'emanando Codice.
Sulla scomparsa di queste norme soltanto un brevissimo resoconto all'indomani della seduta apparso su Sole-24 Ore (pag. 28) a firma di A. Cerchi, dal significativo titolo "Il nuovo Codice dei Tar perde i ricorsi elettorali". Non si diceva chi fosse stato lo "sforbiciatore", anche se si trattava di un segreto alquanto pulcinelliano.
Addirittura non risulta neppure se si sia espressamente parlato di contenzioso elettorale nel corso della seduta del Consiglio dei Ministri del 16 aprile scorso, peraltro durata (stando alle indicazioni del verbale ufficiale) appena 80 minuti ancorché dedicata non solo al progetto di Codice, ma anche alla adozione di una ventina di provvedimenti di varia natura (anche decreti legge e leggi regionali), nonchè al compleanno del Papa ed al gravissimo disastro aereo, da grandissima eco sia umana che di politica internazionale, accaduto in Polonia: davvero una dimostrazione encomiabilissima di celerità (altro che Ferrari in Formula 1!) operativa.
Non si sa, quindi, se di contenzioso elettorale si fosse parlato pure in quella sede, che è stata l'unica occasione ufficiale nella quale si sia sin qui discusso in seno al Governo di codice del processo amministrativo.
Ma dalle ceneri del rogo cui era stato condannato ecco, novella araba fenice, risorgere il contenzioso elettorale, anche qui attraverso un percorso invero formalmente eterodosso e comunque misterioso, non risultando che se ne sia ulteriormente occupato il Consiglio dei Ministri nelle sedute successive a quella, unica, del 16 aprile 2010 e prima della trasmissione ufficiale del testo “approvato in via preliminare” dal Consiglio stesso al Senato della Repubblica per il prescritto parere delle competenti commissioni parlamentari (trattandosi di decreto delegato, come prescritto dalla “Spadolini” dell’88). Trasmissione avvenuta a cura del Ministro dei rapporti col Parlamento con nota 30 aprile 2010 prot. DRP/I/XVI/D 124/10. Il testo, rinvenibile come “Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare n. 212 – Atti Senato XVI legislatura”, è impreziosito da una relazione (redatta da chi e quando non si sa, mancando ogni passaggio ufficiale), nella quale sono spiegate le ragioni per le quali, tra i pochi riti speciali codificati, ci sia solo “quello in atto vigente, relativamente sia alle operazioni elettorali per le elezioni di Regioni, Province e Comuni, che per l’elezione dei membri spettanti all’Italia nel Parlamento europeo”.
Tutto déjà vu, dunque. Si aggiunga, però, che è stato introdotto ex novo il “rito avverso gli atti del procedimento elettorale preparatorio, ma limitatamente all’esclusione delle liste e dei candidati” e per le sole elezioni amministrative locali, così deludendo quanti si erano compiaciuti della introduzione, ad opera della speciale commissione “redigente”, delle ulteriori materie dei contrassegni e dei collegamenti e con esclusione della deducibilità degli eventuali vizi ad essi inerenti in sede di contenzioso successivo alla proclamazione degli eletti. Adesso, codinamente rispetto all'indirizzo indicato dalla tanto criticata pronuncia della Plenaria n. 10 del 2005(3), si ribadisce che ogni altra impugnazione va posticipata rispetto alla predetta proclamazione.

3. La speciale commissione codicista, in tema di contenzioso elettorale aveva compiuto una scelta di fondo, prevedendo per la prima volta una competenza del giudice amministrativo nelle controversie relative al procedimento elettorale preparatorio e ponendo così termine ad una disputa annosa sulla ammissibilità di un sindacato giurisdizionale anche sulle operazioni elettorali preliminari che veniva rinviato ad un ricorso proponibile solamente dopo la proclamazione degli eletti e non prima.
Ma, mentre per le elezioni regionali, provinciali e comunali si ha adesso una duplice fase di contestazione giurisdizionale, articolata in due distinte procedure giudiziali, senza pregiudizio della successiva eventuale impugnazione delle operazioni elettorali vere e proprie dopo la proclamazione degli eletti, per le elezioni politiche, l’unica forma di tutela giurisdizionale affidabile ad un giudice amministrativo ordinario senza violare la riserva di autodichia delle camere parlamentari di cui si è detto era quella limitata al procedimento elettorale preparatorio. Nessun sindacato, quindi, sui risultati elettorali, se non la c.d. verifica dei poteri affidata in via esclusiva a Senato e Camera dei Deputati.
La norma di delegazione, di cui prima si diceva, non si era però limitata ad accordare al legislatore delegato un… limitato spazio sul quale normativamente operare, ma gli aveva, altresì, prescritto di dettare una disciplina del contenzioso elettorale in materia che realizzasse un giudizio il più possibile celere, in considerazione anche dei tempi tecnici strettissimi scansionati dalle leggi per le elezioni politiche.
La delegazione sul punto era stata ispirata dalla rilevazione di un «vuoto di tutela» (v. Relazione allo schema di codice). E «i tempi serrati» del procedimento elettorale preparatorio, caratterizzato da precise scadenze temporali tra una legislatura e l’altra (es.: espletamento delle elezioni entro 70 giorni dallo scioglimento delle Camere), avevano portato a prevedere un congegno di tutela giurisdizionale scansionato da termini particolarmente stretti, anche attraverso lo sfruttamento di ogni risorsa tecnologica per contrarre i tempi e semplificare le modalità di comunicazione degli atti processuali.
Sul piano contenutistico, il nuovo processo doveva, peraltro, essere non la sovrapposizione, ma la sostituzione della nuova tutela giurisdizionale affidata al giudice amministrativo ai poteri rimediali prima affidati all’Ufficio elettorale centrale presso la Corte di cassazione.
Il nuovo congegno, come illustrato nella Relazione della commissione deputata alla redazione del progetto di Codice, risultava così strutturato in modo da assicurare il rispetto dei tempi tecnici, costituzionalmente garantiti, di svolgimento delle elezioni, la partecipazione alla consultazione anche degli italiani residenti all’estero, in ogni caso la conclusione del processo in modo così rapido da consentire addirittura lo svolgimento della stessa campagna elettorale in condizioni di par condicio, sempre nel rispetto del doppio grado di giudizio.
I tempi di verifica della bontà del sistema escogitato dalla commissione non sarebbero stati tanto vicini da consentire di coglierne presto i risultati, dato che i momenti di intervento della magistratura amministrativa sarebbero stati giocoforza diradati, in linea teorica di quinquennio in quinquennio in corrispondenza della durata delle legislature.

4. Stante il carattere nazionale unitario delle consultazioni politiche era stato, intanto, necessario prevedere la competenza funzionale inderogabile del T.a.r. per il Lazio, sede di Roma. Il che serviva a rendere possibili, ove necessario, la concentrazione e la congiunta trattazione di tutte le eventuali contestazioni da qualunque parte e da qualunque luogo promosse.
L’oggetto del ricorso riguardava gli «atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica» e comprendeva tutte le operazioni elettorali preparatorie comunque riguardanti contrassegni, liste, candidati e collegamenti.
Nulla risultava disposto circa la legittimazione a ricorrere, ma sarebbero stati utilizzabili i principi generali in materia, secondo i quali è legittimato qualunque cittadino regolarmente iscritto nelle liste elettorali italiane (elettori residenti all’esteso inclusi).
Quanto al dubbio circa la legittimazione a ricorrere dei partiti, dei titolari di contrassegni, di presentatori di liste, di rappresentanti delle stesse, la soluzione sarebbe stata in senso affermativo.
Il ritmo accelerato impresso al giudizio prendeva l‘avvio dalla brevità, inusitata ma giustificata da quanto detto sopra, del termine per ricorrere: il ricorso andava proposto, ossia notificato e depositato, entro due giorni (rectius: “quarantotto ore”), dalla pubblicazione dell’atto impugnato; pubblicazione che può aver luogo anche mediante affissione o comunicazione (ove prevista).
Lo svolgimento dell’udienza seguiva le regole generali e, pertanto, avveniva sempre sotto la guida del presidente.
L’udienza di discussione veniva celebrata necessariamente e «senza possibilità di rinvio, anche in presenza di ricorso incidentale», «il giorno successivo al deposito del ricorso in caso di causa sui contrassegni, il secondo giorno successivo negli altri casi».
All’esito dell’udienza, cioè al termine della discussione, il giudizio veniva deciso con sentenza in forma semplificata.
Curiosamente – ma non tanto se si pensa alla prassi del processo penale – dell’appello veniva prescritto il deposito in copia presso lo stesso T.a.r. del Lazio autore della sentenza impugnata, mentre l’originale andava depositato presso la segreteria del giudice adito, ossia del Consiglio di Stato.

5. La natura di questo speciale processo non sarebbe risultata differente da quella propria di tutti i giudizi elettorali, anche in ordine al momento esecutivo.
Le pronunce del T.a.r. e del Consiglio di Stato in materia sarebbero state portate a conoscenza dell’ufficio elettorale che aveva emesso il provvedimento originariamente impugnato, con il dovere di questo di adeguarvisi, correggendo, integrando, sostituendo od eliminando gli atti relativi al procedimento elettorale preparatorio.
Nulla veniva, naturalmente, disposto per il caso di inottemperanza: verosimilmente l’alta velocità impressa a questo speciale processo non avrebbe lasciato spazio per un eventuale giudizio di esecuzione, dovendosi piuttosto immaginare un possibile intervento della camera parlamentare interessata nell’esercizio dei suoi vasti poteri di autodichia.

6. Il comportamento del Governo di fronte all'esercizio dei poteri che gli erano stati delegati lo scorso anno riguardo alla compilazione del codice del processo amministrativo sta riscuotendo i giudizi che oggettivamente merita la perdita di un'occasione storica, veramente di un appuntamento con la storia – sociale, politica e non solo giuridica – perché non si sarebbe trattato dell'ennesima modifica di un sistema normativo già codificato come accade, un giorno sì e l'altro… pure, per i processi civile e penale.
Per la prima volta si sarebbe avuto un "sistema" di disposizioni normative di origine legislativa, affrancato dalla dipendenza e dalla soggezione al diritto di derivazione pretoria, benemerito – determinante apparendo il contributo reso dalla giurisprudenza amministrativa – ma pur sempre legato, come ai tempi del praetor, proprio al vuoto legislativo da colmare.
Un'ulteriore "dipendenza" – di tipo … tabagico se non addirittura barbiturico – era ormai da considerare improponibile, anacronistica, sicuramente contraria ad una "costante" certezza del diritto, proprio perchè una siffatta metodologia genetica del diritto vivente appare disancorata da qualsiasi punto fermo di diritto oggettivo, foriera di ondivaga incertezza e quindi fornitrice di una tutela a volte aleatoria quanto all'esito.
Sul piano, diciamo così, istituzionale o, anzi, propriamente costituzionale, che dire della dichiarata volontà di non dar esecuzione ad una precisa delega legislativa? E' un comportamento probabilmente anticostituzionale anche se non si traduce nella illegittimità, sempre costituzionalmente parametrata, di atti, proprio (e soltanto) perché atti formali, stante il rifiuto di operare, non ne sono venuti in essere; ma una precisa responsabilità politica non è certamente da escludere.
Il ricorso alla legiferazione in forma delegata non va considerato soltanto come eccezionale conferimento ad un organo che legislatore non è (e non deve essere) dell'esercizio della funzione legislativa e, come tutte le eccezioni, quindi solo come un eccezionale allargamento dei poteri di detto organo, ma anche come un dovere che il Parlamento assegna al Governo, rinunziando a legiferare direttamente, e nel contempo affidandone il potere/dovere relativo a qualcun altro. E questo “qualcun altro” è tenuto a considerare questo eccezionale affidamento di compiti normativi come un dovere sia per rispettare le ragioni che l’hanno determinato sia per evitare il vero e proprio vacuum causato da una duplice contrapposta rinunzia a legiferare. A parte il fatto che l'esigenza di legiferare, finalmente in termini codicistici, in materia di processo amministrativo, dopo un'attesa di 121 anni, era ed è fuori discussione.
In verità, a ben guardare, ci sarebbe ancora il tempo, entro il 4 luglio prossimo, per un doveroso ravvedimento, cioè per… restituire il mal tolto.
A buon intenditor poche parole.

 

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(1) Sent. 19 ottobre 2009 n. 259, in www.giurcost.org, su rimessione da parte del C.G.A, ord. 29 maggio 2008, n. 282. A commento della pronuncia della Corte, P.M. SAVASTA, Il contenzioso elettorale (Relazione al Convegno su: «La codificazione del processo amministrativo: riflessioni e proposte» - Siracusa, 30-31 ottobre 2009), in www.lexitalia.it, n. 11/2009.
(2) F.G. SCOCA, Elezioni politiche e tutela giurisdizionale, in Giur. cost., 2009, 3613, a commento della pronuncia di cui alla nota precedente.
(3) N. SAITTA, Ancora sulla impugnabilità immediata delle operazioni elettorali preliminari, in www.lexitalia.it, n. 2/2007; Id., Il giudizio in materia di operazioni elettorali, in La differenziazione dei riti processuali tra certezza ed effettività della tutela (Atti del Convegno di Catanzaro del 18-19 ottobre 2007), a cura di F. Astone, P. Falzea, A. Morelli, F. Saitta e L. Ventura, Soveria Mannelli, 2009, 141 ss.

 

(pubblicato il 3.6.2010)

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