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n. 1-2011 - © copyright |
SERENA OGGIANU
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La composizione stragiudiziale e deflattiva del contenzioso in materia di appalti pubblici: l’informativa in ordine all’intento di proporre ricorso ex art. 243 bis D. Lgs. n. 163/2006 e il parere dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici per la soluzione extragiudiziale delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del D.Lgs. n. 163/2006*
1. Gli istituti dell’informativa e del parere di precontenzioso nel quadro delle altre ADR previste nel Codice dei contratti pubblici.
La disciplina contenuta nel codice dei contratti pubblici (D. Lgs. n. 163/2006), come noto, risulta da una stratificazione di interventi normativi, di correzione ed integrazione del testo originariamente adottato, che hanno interessato anche la parte dedicata ai mezzi alternativi alla risoluzione giurisdizionale delle controversie (c.d. ADR, alternative dispute resolution)[1].
Poiché, più in generale, si tratta di istituti che nel diritto globale sono sempre più applicati e sviluppati, la dottrina di diritto internazionale, comunitaria e nazionale ha negli ultimi tempi dedicato di conseguenza molta attenzione a tale problematica, che si è imposta sia per l’impellente necessità di deflazionare il contenzioso, soprattutto civile, non più sostenibile da parte degli organi giurisdizionali competenti, specialmente in Italia; sia come applicazione di quella tendenza al “diritto mite”[2] e per l’importanza assunta dal concetto di mediazione sulla base di presupposti anche dogmatici, che tendono ad una collaborazione delle parti allo scopo di prevenire, contenere e comunque risolvere senza esasperazioni controversie di notevole rilievo economico e sociale e di impatto anche politico sulle collettività locali.
In questo contesto un particolare interesse rivestono l’informativa in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale ex art. 243 bis e il parere di precontenzioso rimesso all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici ex art. 6, co. 7 lett. n), non solo poiché si tratta di strumenti di recente istituzione, ma ancor di più perché svolgono una funzione non solo deflattiva, ma addirittura preventiva del contenzioso in una specifica materia[3], quella degli appalti pubblici.
Infatti nonostante non si tratti degli unici mezzi di risoluzione alternativa delle controversie previsti dal Codice dei contratti pubblici, dal momento che proprio i primi articoli della parte IV, dedicata al contenzioso, disciplinano la transazione (art. 239), l’accordo bonario (art. 240) e l’arbitrato (artt. 241-243), è proprio l’ambito di applicazione dell’informativa e del parere di precontenzioso a risultare per un verso più esteso, per altro verso più ristretto rispetto a quello delle altre forme di ADR richiamate.
In particolare, gli istituti in esame diversamente dagli altri strumenti extragiudiziali di tutela configurati dal codice non sono limitati alla risoluzione di controversie vertenti su diritti soggettivi, come nel caso della transazione e dell’arbitrato, né sono esperibili in ipotesi determinate e circoscritte, come accade per le riserve in materia di lavori pubblici nel caso di accordo bonario.
Per altro verso, l’ambito oggettivo di applicazione dell’informativa e del parere di precontenzioso appare più ristretto, dal momento che agli stessi può ricorrersi solo in materia di appalti pubblici; si noti infatti come la transazione abbia un ambito di applicazione generalizzato, dal momento che da tempo risalente se ne consente l’esperibilità non circoscritta a determinate materie, sia pure nei limiti delle controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi, e più recentemente se ne è prevista l’applicazione in materia ambientale[4]. Anche l’accordo bonario, del resto, conosce un’ampia utilizzazione nella materia dell’espropriazione per pubblica utilità disciplinata dal D. Lgs. n. 327 del 2001. Quanto all’arbitrato, infine, è noto come l’art. 6, co. 2, della legge n. 205/2000 abbia introdotto nel processo amministrativo una disposizione, la quale apre al giudizio arbitrale (rituale di diritto) per le controversie su diritti soggettivi che rientrino nella giurisdizione del giudice amministrativo; disposizione ora peraltro abrogata dall’art. 4 dell’all. 4 del d. lgs. n. 104 del 4 luglio 2010, con il quale è stato adottato il Codice del processo amministrativo, in quanto sostituita dall’art. 12 c.p.a., ai sensi del quale “le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto”.
La circostanza che l’informativa in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale (art. 243 bis Cod. contr.) e il parere di precontenzioso (art. 6, co. 7, lett. n Cod. Contr.) siano applicabili solamente nel settore degli appalti pubblici di cui al D. lgs. n. 163/2006 consente di comprendere le peculiarità della relativa disciplina, che appare più di altre modellata sulle peculiarità della materia.
L’ambito di applicazione dei due istituti, peraltro, non coincide: infatti, la prima è prevista per le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di contratti pubblici (art. 244, co. 1 Cod. contr. e art. 133 co. 1, lett. e), n. 1, c.p.a.); il secondo, invece, può intervenire su questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara (art. 6, co. 7, lett. n Cod. Contr.) e, quindi, nell’ambito della fase pubblicistica antecedente alla stipulazione del contratto, non anche su quelle relative alla sorte del contratto dopo l’annullamento dell’aggiudicazione (art. 244 Cod. contr., ora art. 133, co. 1, lett. e), n. 1, c.p.a.), né più in generale a quelle successive concernenti l’esecuzione degli obblighi negoziali.
2. L’informativa in ordine all’intento di proporre ricorso ex art. 243 bis D. Lgs. n. 163/2006
L’art. 243 bis Cod. contr., introdotto dall’art. 6 del D.lgs. n. 53/2010 (decreto di recepimento della Direttiva ricorsi 2007/66/CE), disciplina un istituto destinato a ridurre il carico di controversie spettanti al giudice amministrativo, in quanto finalizzato ad instaurare un contraddittorio pregiurisdizionale, quindi deflattivo del contenzioso, tra la stazione appaltante e i soggetti che intendono proporre un ricorso giurisdizionale nei confronti delle stesse.
Che si tratti di un vero e proprio mezzo alternativo di risoluzione delle controversie, quantomeno nelle intenzioni dello stesso legislatore, non può ragionevolmente dubitarsi, anche in considerazione della circostanza che l’art. 243 bis topograficamente chiudeva proprio il Titolo I della parte IV rubricato “strumenti di risoluzione delle liti diversi dal processo giurisdizionale”, titolo previsto unitamente al successivo titolo II (Giurisdizione e norme processuali) nello schema di decreto di recepimento della direttiva ricorsi, ripartizione venuta meno nella versione definitiva dello schema suddetto.
L’articolo citato dispone che i soggetti che intendono proporre un ricorso giurisdizionale informano le stazioni appaltanti della presunta violazione e della intenzione di proporre un ricorso giurisdizionale. L’utilizzo del verbo all’indicativo presente appalesa, secondo i normali canoni ermeneutici, la doverosità dell’azione descritta dal legislatore.
Diversamente, dunque, da altre forme alternative di risoluzione delle controversie in materia di appalti pubblici, ed in particolare del parere di precontenzioso affidato all’Autorità di vigilanza di settore, l’istituto in esame deve essere obbligatoriamente attivato da chi intenda procedere in via giurisdizionale. Per altro verso l’obbligatorietà risulta più apparente che reale: difatti, da un lato, l’art. 243 bis co. 2 dispone che “la comunicazione può essere presentata fino a quando l'interessato non abbia notificato un ricorso giurisdizionale”; dall’altro, al co. 5 dell’articolo citato si prevede che l’inosservanza di tale obbligo costituisca comportamento valutabile “ai fini della decisione sulle spese di giudizio, nonché ai sensi dell'articolo 1227 del codice civile” (concorso del fatto colposo del creditore). In altre parole, non preclude l’accesso alla via giurisdizionale, ma incide in sede di determinazione dell’an e del quantum del risarcimento del danno.
Tuttavia il contenuto dell’informativa, puntualmente previsto all’art. 243 bis, co. 2, evidenzia come si tratti di una mera formalità procedurale, destinata a non adempiere in concreto alla funzione deflattiva e a non condizionare nella sostanza la difesa degli interessi, che la parte ponga in essere successivamente dinnanzi al giudice amministrativo. Difatti, accanto alla forma scritta della comunicazione[5], che deve essere sottoscritta dall’interessato o da un suo rappresentante, si dispone che la stessa rechi “una sintetica e sommaria indicazione dei presunti vizi di illegittimità e dei motivi di ricorso che si intendono articolare in giudizio, salva in ogni caso la facoltà di proporre in giudizio motivi diversi o ulteriori”. La parte, che può anche avvalersi dell’assistenza di un difensore, non è vincolata alle doglianze avanzate in tale sede, né è tenuta a prospettarle in modo organico ed esauriente. Del resto, una diversa soluzione avrebbe esposto la disciplina in esame a dubbi di legittimità costituzionale, per violazione del diritto di azione e di difesa costituzionalmente riconosciuto e tutelato all’art. 24 Cost. In altre parole, già questo profilo evidenzia una genetica (e per certi versi ineludibile) incapacità deflattiva dell’istituto.
Destinatario dell’informativa è il responsabile del procedimento, cioè l’organo per mezzo del quale ai sensi del successivo co. 4 la stazione appaltante, entro quindici giorni dalla comunicazione dell’informativa, comunica le proprie determinazioni in ordine ai motivi indicati dall'interessato, stabilendo se intervenire o meno in autotutela. Sembrerebbe, dunque, che la legge preveda un’ipotesi particolare di ricorso amministrativo, qualificabile in opposizione, in quanto diretto alla stessa autorità agente, ma non avente necessariamente ad oggetto il provvedimento amministrativo conclusivo del procedimento (nel caso di specie l’aggiudicazione), dal momento che deve essere esperito quante volte si intenda lamentare l’illegittimità di qualunque altro atto della procedura avente autonomia funzionale, vale a dire autonomamente lesivo della sfera giuridica dell’interessato (si pensi all’ipotesi classica dell’atto di esclusione dalla gara).
La norma non prevede in modo esplicito le conseguenze dell’esercizio di questa facoltà, ma deve ritenersi che, ove positivamente esercitata e satisfattiva degli interessi del ricorrente, produca un preclusione processuale totale o parziale.
L’art. 243 bis disciplina, l’ipotesi in cui il procedimento instaurato con l’informativa abbia esito negativo: nel caso di inerzia, il silenzio della stazione appaltante ha il significato di provvedimento negativo (diniego di autotutela, co. 4); più in generale, il diniego totale o parziale di autotutela, espresso o tacito, è impugnabile solo unitamente all'atto cui si riferisce, ovvero, se quest'ultimo è già stato impugnato, con motivi aggiunti (co. 6).
Quanto alle ulteriori conseguenze dell’inerzia, occorre osservare come la posizione della stazione appaltante sia parificata a quella di colui che non adempie all’obbligo di informativa; infatti, si tratta, sempre ai sensi del co. 5, di comportamento valutabile, ai fini della decisione sulle spese di giudizio, nonché ai sensi dell'articolo 1227 del codice civile.
Quanto all’impugnazione del diniego con motivi aggiunti, occorre tenere presente come la disciplina di quest’ultimo istituto sia stata rielaborato dall’art. 43 c.p.a.[6] e che in questi casi non è dovuto il pagamento del contributo unificato.
Infine, la legge prevede una sorta di “indifferenza” giuridica tra l’informativa e il procedimento di gara, da una parte, ed il ricorso giurisdizionale, dall’altra. Infatti, il comma 4 stabilisce che non ne risultano impediti né il decorso del termine dilatorio per la stipulazione del contratto, nè il decorso del termine previsto per agire in sede giurisdizionale. Anche questo profilo stempera notevolmente il carattere obbligatorio dell’istituto.
3. Il parere dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici per la soluzione extragiudiziale delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del D.Lgs. n. 163/2006.
Ai sensi dell'art. 6, comma 7, lett. n), del codice, l'Autorità di vigilanza, oltre a svolgere i compiti espressamente previsti da altre norme, “su iniziativa della stazione appaltante e di una o più delle altre parti, esprime parere non vincolante relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara eventualmente formulando una ipotesi di soluzione”. La disciplina di dettaglio di tale procedura è stata adottata nel regolamento dell'Autorità[7].
La normativa dettata dall'art. 6, comma 7, lett. n), pur nella sua sinteticità, offre indicazioni essenziali quanto agli elementi costitutivi di questa forma alternativa di risoluzione delle controversie[8].
Sotto il profilo soggettivo, la legittimazione ad adire l'Autorità di vigilanza spetta – parrebbe con il necessario consenso dell'ente aggiudicatore - a tutte le parti coinvolte dalla procedura ad evidenza pubblica, poiché l'iniziativa può essere presa dalla “stazione appaltante e da una o più delle altre parti”. Il regolamento dell'Autorità che disciplina tale procedura, però, sembra andare di contrario avviso, dal momento che all'art. 2 prevede che la stazione appaltante, una parte interessata ovvero più parti interessate possono, singolarmente o congiuntamente, rivolgere all'Autorità istanza di parere, non richiedendo il consenso della stazione appaltante.
Quali siano queste “altre parti”, invero, si può dedurre dall'ambito oggettivo di applicazione dell'istituto, che si identifica con le “questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara”. L'art. 2 del regolamento prevede altresì che possano presentare istanza di parere i soggetti portatori di interessi pubblici o privati, nonché portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, in persona del soggetto legittimato ad esprimere all'esterno la volontà del richiedente, in tal modo esplicitando in termini estensivi l'ambito della legittimazione soggettiva previsto dal codice.
Per altro verso, il rimedio in esame risulta temporalmente circoscritto alla fase (pubblicistica) antecedente alla stipulazione del contratto e, a fortiori, risulta esclusa la sua operatività in sede di esecuzione degli obblighi negoziali. Tale conclusione è confortata dalla previsione dell'art. 3 del regolamento, ai sensi del quale sono inammissibili le istanze presentate su una questione riguardante la fase successiva al provvedimento di aggiudicazione definitiva.
L'Autorità si esprime adottando un “parere non vincolante” ed, eventualmente, “formulando un'ipotesi di soluzione”, anch'essa - così pare doversi ritenere nella logica dell'istituto - non vincolante per le parti.
Quanto alla natura giuridica dell'atto adottato al termine di questo procedimento precontenzioso, lascia nondimeno perplessi la disposizione dell'art. 7, comma 5, a mente del quale “la decisione sulla questione oggetto della controversia è denominata parere ai sensi dell'art. 6, comma 7, lettera n), del Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”, poiché sembra risolvere in termini meramente nominalistici la questione.
Quanto al carattere non vincolante di tale atto, sembra costituire un bilanciamento dell'ambito di applicazione dell'istituto, che risulta più esteso, nei limiti sopra evidenziati, rispetto agli altri strumenti extragiudiziali di tutela configurati dal codice, in special modo la transazione (art. 239), l'accordo bonario (art. 240) e l'arbitrato (art. 241).
Quanto ai tempi, poiché tale rimedio si deve accordare con i termini previsti per i riti acceleratori operanti nel settore degli appalti pubblici, il regolamento scandisce la procedura nel volgere di pochi giorni.
Quando ai modi, poiché le formalità sono ridotte al minimo, occorre che l'istanza, contenente una succinta descrizione della questione, sia presentata a mezzo di apposito formulario. Nella stessa prospettiva si privilegia l'utilizzo di procedure telematiche soprattutto nella fase di iniziativa (trasmissione dell'istanza a mezzo di posta elettronica certificata, oltre che fax, raccomandata per servizio postale, ai sensi dell’art. 4 del regolamento).
Non è prevista una vera e propria tutela cautelare, tuttavia, la medesima funzione è svolta dalle previsioni contenute nell'art. 4, comma 5, del regolamento: “quando l'istanza è formulata dalla stazione appaltante, la stessa deve contenere l'impegno della medesima a non porre in essere atti pregiudizievoli ai fini della risoluzione della questione, fino alla definizione della stessa da parte dell'Autorità. Quando, invece, l'istanza è presentata da una parte diversa dalla stazione appaltante, con la comunicazione di avvio del procedimento l'Autorità formula alla stazione appaltante l'invito a non porre in essere atti pregiudizievoli ai fini della risoluzione della questione, fino alla risoluzione della stessa da parte dell'Autorità”.
Del resto, il procedimento in oggetto si caratterizza, come già rilevato, per i termini alquanto ridotti: i) entro cinque giorni dal ricevimento dell'istanza l'ufficio del precontenzioso apre l'istruttoria e rende noto l'avvio del procedimento (art. 5, comma 1); ii) entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione le parti, ove loro richiesto, presentano ulteriori informazioni e deduzioni sulla questione (art. 5, comma 3); iii) entro dieci giorni dalla data di avvio del procedimento istruttorio è effettuata l'audizione (eventuale) delle parti (art. 6, comma 4); iv) nel termine di dieci giorni dalla data di ultimazione dell'istruttoria il responsabile dell'ufficio del precontenzioso trasmette alla commissione la relazione istruttoria finale e lo schema di parere (art. 6, comma 8); v) l'ufficio del precontenzioso trasmette tempestivamente alle parti interessate la decisione della Commissione (art. 7, comma 6).
La partecipazione degli interessati al procedimento è soltanto eventuale, dal momento che spetta all'ufficio del precontenzioso valutare, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite, la necessità di procedere alla audizione delle parti (art. 6, comma 1). La mancata partecipazione al contraddittorio orale e/o documentale comporta che l'Autorità valuterà la questione sulla base degli elementi di fatto in suo possesso (art. 6, comma 6).
Il potere decisorio spetta al Consiglio dell'Autorità; infatti, la commissione, alla prima udienza utile, presenta a quest'ultimo lo schema di parere, che le è stato trasmesso dall'ufficio del precontenzioso, ai fini della relativa approvazione (art. 7, comma 3). Tuttavia, qualora non concordi con la soluzione individuata dalla commissione, il Consiglio adotta il proprio parere per la soluzione della controversia (art. 7, comma 4).
Da ultimo e in via generale, si deve rilevare come si tratti di un rimedio in rapporto di preclusione con quello giurisdizionale: infatti, l'art. 3 del regolamento prevede che non sono ammissibili le istanze presentate nel caso in cui per la fattispecie che ne è oggetto sia già stato presentato ricorso innanzi all'autorità giudiziaria; mentre ai sensi dell'art. 6, comma 7, se nel corso dell'istruttoria viene presentato ricorso innanzi all'autorità giudiziaria, il procedimento viene dichiarato non procedibile.
Si tratta di uno strumento deflattivo del contenzioso che, in ragione della sua natura facoltativa, quanto all'attivazione, e non vincolante, quanto alla decisione, nonché del carattere particolarmente autorevole del soggetto investito della questione, fonda la propria effettività nella volontaria adesione delle parti. In altre parole, la funzione che l'art. 6, comma 7, lett. n) affida all'Autorità di vigilanza non assurge ad un ruolo paragiurisdizionale[9], bensì pregiurisdizionale ed evidenzia come la funzione consultiva si presti, al pari di quella giurisdizionale, talora a dirimere, come nel caso del parere reso dal Consiglio di Stato in sede di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, talaltra, come nel caso in esame, a prevenire l'insorgere di controversie giudiziali.
Con riferimento a quest'ultimo profilo, occorre nondimeno precisare che non possono essere portate all'attenzione dell'Autorità solo questioni teoriche o ipotetiche, poiché l'art. 3 del regolamento prevede quale causa di inammissibilità dell'istanza l'assenza di una controversia insorta tra le parti interessate.
Per le parti, l'intervento dell'Autorità ha il vantaggio di offrire, con sensibile riduzione di costi e tempi, elementi utili al fine di un'adeguata ponderazione dell'opportunità di adire un organo giurisdizionale a tutela delle situazioni giuridiche che si assumono lese alla stregua della ricostruzione giuridica della questione ad opera di un soggetto dotato di particolare autorevolezza in materia di appalti pubblici. Per altro verso, l'Autorità viene sollecitata ad un confronto costante con le problematiche nascenti dall'interpretazione e dall'applicazione della disciplina dettata dal codice.
4. La prospettiva dell’analisi economica del diritto: brevi riflessioni
Nella prospettiva dell'analisi economica del diritto[10] non vi è dubbio che, in generale, la corretta applicazione degli istituti analizzati possa consentire una notevole riduzione di costi e il conseguimento di benefici speculari non altrimenti realizzabili in sede giurisdizionale.
Quanto ai costi, la riduzione non riguarda solamente quelli economici, naturalmente collegati all'instaurazione, allo svolgimento e alla conclusione di un giudizio, ma anche quelli temporali, in considerazione della durata dei processi, specialmente di quelli pendenti dinnanzi al giudice ordinario. Difatti, l'alea che, sia pure in misura variabile, è connaturata a qualsiasi giudizio, porta con sé effetti negativi anche e soprattutto per il tempo che decorre dal momento in cui il giudice viene adito a quello conclusivo del procedimento giurisdizionale, con la pronuncia della sentenza. A ciò si aggiunga l'ulteriore estensione temporale, conseguente ad eventuali impugnazioni della pronuncia.
Il ricorso ai mezzi alternativi di risoluzione delle controversie analizzati riflette, allora, in pieno, l'imperativo dell'economicità dell'azione.
Di conseguenza, le parti conseguono il beneficio di raggiungere una definizione di liti potenziali in modo celere e consensuale, quindi in linea generale maggiormente satisfattivo delle ragioni vantate , rispetto a quanto potrebbero realizzare con l'intervento di un soggetto terzo ed imparziale, cui viene affidato il compito di offrire un assetto di interessi fondato su una soluzione imperniata alla logica bipolare del torto e della ragione.
Questa considerazione appare tanto più rispondente alla realtà con riferimento alla materia degli appalti pubblici, fortemente caratterizzata dall’elemento economico: infatti, non vengono in considerazione- quantomeno non in via principale o esclusiva- beni immateriali quali l’ambiente[11], la salute[12] ovvero la cultura[13], che in quanto public goods[14] comportano un’intrinseca limitazione al ricorso delle ADR, specialmente nei casi in cui la soluzione del conflitto si realizzi attraverso la monetarizzazione della cura e della protezione dell’interesse sotteso al bene.
Tuttavia se si passa dal piano dell’astratta previsione a quello della concreta praticabilità, le considerazioni che precedono trovano uno scarso riscontro specialmente per quanto riguarda l’istituto dell’informativa in ordine all’intento di proporre ricorso ex art. 243 bis D. Lgs. n. 163/2006, il quale per le ragioni sopra evidenziate presenta, nonostante l’obbligatorietà dell’iniziativa, una limitata attitudine a proporsi come una valida alternativa allo strumento giurisdizionale e agli altri mezzi di risoluzione stragiudiziale delle controversie.
Diverso il discorso per il parere di precontenzioso affidato all’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici, il quale, proprio perché incentrato sulla libertà di iniziativa, sul consenso e sulla spontanea adesione del destinatario, si inserisce un quadro generale in cui il rapporto tra autorità (in senso lato) e consociati va evolvendosi verso forme condivise di regolazione di interessi[15] improntate alla persuasività delle soluzioni prospettate[16].
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* Serena Oggianu, Prof. Aggr., Facoltà di giurisprudenza, Università di Brescia; ricercatrice di diritto amministrativo, Facoltà di giurisprudenza, Università di Roma Tor Vergata.
[1] In argomento, AA.VV., Arbitrato, ADR, conciliazione, Rubino-Sammartano (diretto da), Torino, 2009; AA.VV., Transazione, arbitrato e risoluzione alternativa delle controversie, Torino, 2006; Buonfrate- Giovannucci Orlandi (a cura di), Codice degli arbitrati, delle conciliazioni e di altre adr, Torino, 2006; in particolare quanto alle transazioni con la p.a., Greco, Transazioni e pubblica amministrazione (problemi teorici e pratici), in Chiti-Mastragostino (a cura di), Forme alternative di risoluzione delle controversie con la pubblica amministrazione ed effettività della tutela, Bologna, 2009, 93 ss.; S. Sticchi Damiani, Sistemi alternativi alla giurisdizione (Adr) nel diritto dell'Unione europea. L'incidenza del network europeo di Adr sull'organizzazione amministrativa degli Stati membri ed il recente sviluppo delle “Adr amministrative”, Milano, 2004; Caringella-De Nictolis-Poli, Le Adr (alternative dispute resolutions). Accordo bonario, arbitrato, conciliazione, transazione, Roma, 2008.
[2] Zagrebelsky, Il diritto mite: leggi, diritti, giustizia, Torino, 1992.
[3] Sulla distinzione tra controversia in senso preventivo (quando la lite è potenziale, quindi extragiudiziale) ed in senso successivo (quando la lite è attuale, quindi giudiziale), Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006, 1265-1266.
[4] Il riferimento è alla fattispecie delle transazioni globali disciplinata dall’art. 2 del D.L. n. 208/2008, sulle quali sia consentito rinviare a Oggianu, ADR in materia ambientale: le transazioni globali (art. 2 d.l. n. 208/2008), in http://www.unisi.it/ianus/ .
[5] Ai sensi del citato art. 243 bis, co. 2 la forma scritta può essere soddisfatta anche qualora la comunicazione prevista dal presente comma effettuata oralmente nel corso di una seduta pubblica della commissione di gara sia inserita nel verbale della seduta e comunicata immediatamente al responsabile del procedimento a cura della commissione di gara.
[6] Art. 43, co. 1 c.p.a.: “1. I ricorrenti, principale e incidentale, possono introdurre con motivi aggiunti nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte, ovvero domande nuove purché connesse a quelle già proposte. Ai motivi aggiunti si applica la disciplina prevista per il ricorso, ivi compresa quella relativa ai termini”.
[7] Si tratta del regolamento del 10 ottobre 2006, per un breve commento del quale De Nictolis (a cura di), La riforma del Codice appalti, in Urb. e app., 2007, 3, 270 ss., da ultimo modificato e pubblicato nella G.U. 28 gennaio 2008, n. 23, 48-49; può essere consultato sul sito dell'Autorità di vigilanza dei contratti pubblici www.avep.it, dove sono anche pubblicati i parere resi dal Consiglio dell'Autorità in materia di precontenzioso.
[8] Si interroga sulla possibilità di annoverare i compiti di precontenzioso affidati all'Autorità di vigilanza tra le c.d. Alternative Dispute Resolution Giampaolino, Il ruolo dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, in Dir. proc. amm., 2009, 1, 101 ss. e spec. 105 ss., offrendo una risposta articolata (109): “sotto alcuni profili, la risposta può essere positiva: la finalità della norma è certamente quella di evitare il ricorso al giudice. La parte interessata o addirittura entrambe le parti coinvolte possono rivolgersi all'Autorità per chiedere una “pronuncia” sulla controversia (sorta o potenziale). (...) Per quanto riguarda, però, la natura della pronuncia dell'Autorità, non v'è dubbio che essa non possa assumere alcuna connotazione di decisione – vincolante o non – per le parti. (...) Quindi, lo strumento in esame non sembra potersi configurare come procedura alternativa in senso tecnico rispetto alla lite giudiziaria (o arbitrale), ma come un'opportunità ulteriore alle parti coinvolte nella controversia”.
[9] Si noti che il riconoscimento di una funzione paragiurisdizionale è stato escluso dallo stesso Consiglio di Stato, in sede di parere n. 355/06 sullo schema del codice dei contratti: “pur comprendendo la ratio che giustifica una tale disposizione, tendente ad introdurre un meccanismo precontenzioso, si osserva che si tratta dell'attribuzione all'Autorità di una funzione precontenziosa, non prevista nei criteri fissati dalla legge delega”.
[10] Sulle origini, il metodo e i più recenti sviluppi dell'analisi economica del diritto, Napolitano-Abrescia, Analisi economica del diritto pubblico, Bologna, 2009; Franzoni, Introduzione all'economia del diritto, Bologna, 2003; Denozza, Norme efficienti. L'analisi economica delle regole giuridiche, Milano, 2002; Napolitano, Analisi economica del diritto, in Cassese (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, , vol. I, Milano, 2006, 299 ss.; Arcuri-Pardolesi, Analisi economica del diritto, in Aggiorn., vol. VI, Milano, 2002, 7 ss.; Parisi, Scuole e metodologie dell'analisi economica del diritto, in Riv. cr. dir. priv., 2005, 377 ss.; Merusi, Analisi economica del diritto e diritto amministrativo, in Dir. amm., 2007, 427 ss.; A. Romano Tassone, Analisi economica del diritto e “amministrazione di risultato”, in Dir. amm., 2007, 63 ss.; AA.VV., Annuario AIPDA, Analisi economica e diritto amministrativo, Atti del convegno annuale, Venezia, Fondazione Cini, 28-29 settembre 2006, Milano, 2007. Per un approfondimento della dottrina anglo-americana, in cui le riflessioni sull'analisi economica del diritto hanno avuto origine, Shavell, Economic Analysis of Accident Law, Harvard University Press, 1987; Id., Foundations of Economic Analysis of Law, Harvard University Press, 2004, trad.ital a cura di Porrini, Fondamenti dell'analisi economica del diritto, Torino, 2005; Friedman, L'ordine del diritto. Perchè l'analisi economica può servire al diritto, trad. ital. di Abrescia, Bologna, 2004; Polinsky, An Introduction to Law and Economics, Little, Boston, 1989; Posner, Economic Analisys of Law, NewYor, 2003; Cooter-Ulen, Law and Ecomics, III ed., Reading, 2000.
[11] Per un'applicazione della teoria dell'analisi economica del diritto ad alcuni profili del diritto ambientale, Gambaro-Pozzo, La responsabilità civile per i danni all'ambiente nella recente legislazione italiana: alcune note di comparazione giuridica e analisi economica, in Mattei-Pulitini (a cura di), Consumatore ambiente concorrenza. Analisi economica del diritto, Milano, 1994, 47 ss.
[12] Spunti di riflessione sulla teoria dell’analisi economica del diritto al diritto alla salute, con particolare riguardo alla disciplina privatistica delle immissioni in Alpa, Bessone, Fusaro, Poteri dei privati e statuto della proprietà, Roma, 2001, vol. I, 149 ss.
[13] In argomento, Cella, Valotti, L’“istituzione” per la gestione dei musei. Un profilo di analisi economico-aziendale, in www.aedon. mulino.it, 1998, n. 2; Picozza, La formazione e l’educazione per lo spettacolo dal vivo, ivi, 2007, n. 3
[14] Napolitano, Analisi economica del diritto pubblico, op. cit., 86 ss., il quale rileva quali caratteristiche essenziali dei beni pubblici (public goods) in senso economico, che li differenziano dai beni privati (private goods) in senso economico: a) la non rivalità, nel senso che l'uso da parte di un soggetto del bene pubblico non impedisce il contemporaneo uso da parte di altro soggetto; b) la non escludibilità, nel senso che nessun soggetto può essere escluso dal godimento del bene. Sono definiti beni pubblici puri, quelli nei quali le due caratteristiche relative al consumo ricorrono in forma perfetta.
[15] Si pensi all’importanza che ha assunto nel corso del tempo l’istituto degli accordi non solo tra pubbliche amministrazioni, ma anche tra amministrazioni e privati, soprattutto dopo le modifiche apportate all’art. 11 della l. n. 241/1990 dalla l. n. 15/2005. In argomento, Pensabene Lionti, Gli accordi con la pubblica amministrazione nell’esperienza del diritto vivente, Torino, 2007; Grauso, Gli accordi della pubblica amministrazione con i privati, Milano, 2007 ed ivi bibliografia di riferimento.Sull'istituto dell'accordo, anche a seguito delle modifiche apportate dalla l. n. 15/2005, appaiono tuttora in larga misura valide le riflessioni di Greco, Accordi amministrativi tra provvedimento e contratto, Torino, 2003 e di Maviglia, Accordi con l'amministrazione pubblica e disciplina del rapporto, Milano, 2002.Per un approfondimento del tema della partecipazione della società civile alle decisioni adottate dai pubblici poteri, Cassese, La partecipazione dei privati alle decisioni pubbliche. Saggio di diritto comparato, in Riv. Trim. dir. Pubbl., 2007, n. 1, 3 ss.
[16] Si tratta di un fenomeno che trova piena conferma anche nell’ordinamento europeo, anche per ciò che attiene alle fonti normative, la cui adozione non si fonda sul principio di legittimazione politica, ma piuttosto sulla condivisione di valori, La distinzione tra fonti “culturali” e fonti “politiche”, come noto, è di Pizzorusso, Fonti 'politiche' e 'fonti culturali' del diritto, in Studi in onore di E.T. Liebman, Milano, 1979, vol. I, 327 ss. Per un approfondimento nella prospettiva del diritto comunitario, Picozza, Diritto amministrativo e diritto comunitario, Torino, 2004, 41-42: “senza negare la 'politicità' delle fonti del diritto comunitario, sembra indubitabile affermare l'importanza della loro classificazione come 'fonti culturali'. (...)in effetti, il precedente, l'analisi razionale e lo scambio dell'esperienza legislativa tra i vari Paesi membri, sono alla base della formazione delle fonti di diritto comunitario. Inoltre il processo culturale-giuridico è circolare in quanto si svolge sia in fase ascendente, nella formazione degli atti comunitari generali, sia nella fase discendente, dato il particolare potere applicativo e interpretativo di cui dispone la Corte di giustizia. Quanto alla categoria delle fonti 'politiche', essa è indubbiamente applicabile anche al diritto comunitario, ma presenta tratti interessanti di specificità. Se, in particolare, è applicabile il principio che si deve prestare obbedienza all'autorità politica, è peraltro anche vero che il corrispondente criterio di legittimazione delle fonti non è del tutto corrispondente al grado di investitura democratica di cui le autorità comunitarie sono dotate”.
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(pubblicato il 5.1.2011)
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