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n. 3-2011 - © copyright |
IGNAZIO MARIA MARINO
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Aspetti propedeutici del principio
giuridico di precauzione*
SOMMARIO: 1. I presupposti del principio
di precauzione. 2. Il principio di precauzione principio generale del diritto europeo. 3. La precauzione a
confronto con altri principi. 4. I principi e la legge. 5. Il contesto normativo di riferimento del principio in
Europa. 6. Il contesto di riferimento italiano: la
Costituzione. 7. Segue: il contesto di riferimento nella
legislazione ordinaria: prevenzione, precauzione e gestione del
rischio. 8. L’applicazione del principio nell’UE: la
precauzione come regola cautelare aperta. 9. Il principio di
precauzione come parametro della legalità: il ruolo dei giudici
comunitari. 10. Le precondizioni e la
paura.
1. I presupposti del principio di
precauzione.
A fondamento del principio di precauzione vi
sono alcune convinzioni che sono ulteriormente maturate durante lo
scorso secolo.
Anzitutto la convinzione che la scienza si evolve
attraverso tentativi ed errori e, pertanto, la convinzione di dover
convivere inevitabilmente con l’incertezza scientifica[1]. Ciò nulla
toglie all’onestà intellettuale nella continua ricerca della verità
nelle scienze, ma questo non può eliminare i casi in cui “scientific evidence is insufficient”, come non elimina la
(spesso troppo) rapida traduzione applicativa delle scienze, la
traduzione in tecnologie non ancora sufficientemente
sperimentate.
Di conseguenza, l’incertezza scientifica o/e
tecnologica ha posto il problema, rispetto all’ambiente ed alla vita
(in particolare la salute dell’uomo), delle cautele di cui
circondare tale incertezza, a principiare dall’interrogativo sul da
farsi nel caso non possa escludersi[2] che taluni esiti della
scienza o/e della tecnologia presentino aspetti rischiosi per la
sicurezza (-salute) dell’uomo e dell’ambiente.
Rischio[3] non
significa tuttavia un pericolo accertato, come, ancora di recente,
hanno avuto modo di precisare i giudici dell’Unione Europea[4], si
tratta di “incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di
rischi…”[5] e “non si può esigere che una valutazione dei rischi
fornisca obbligatoriamente alle istituzioni comunitarie prove
scientifiche decisive sulla scelta del rischio e sulla gravità dei
potenziali effetti nocivi in caso di avveramento del
pericolo”.
Incertezza scientifica, quindi, e rischio, però anche
convinzione che la scienza offra all’umanità i mezzi per
migliorare, ma che tocca all’uomo valutare, conservando, anzitutto,
le condizioni della vita, le condizioni della stessa
sopravvivenza[6] dell’uomo e dell’ambiente. Ne, peraltro, l’uomo può
fare a meno di accettare le sfide dell’incertezza, così come la
presenza del rischio[7].
Se a questo punto introduciamo nel
discorso il diritto ci accorgiamo subito che il rapporto fra mezzi,
fini e valutazioni diventa più complesso.
Vero che, sia per la
scienza come per il diritto delle “forme di Stato” democratiche, la
libertà[8] è una precondizione; vero che si suole parlare di mezzi giuridici adoperati o adoperabili, ma nel diritto
l’intreccio dei mezzi con gli scopi che si vogliono raggiungere non
è scindibile: a cominciare dalla elementare circostanza che il
diritto si pone come sistema regolatore[9] della società, della
convivenza sociale e per ciò stesso, per sua natura, è costretto a
tracciare e conseguire i suoi scopi[10]. Ed è in questo che non può
non distinguersi dalla scienza, o almeno dalla concezione che vuole
la scienza imprescindibilmente avalutativa[11].
Con il diritto
si sceglie e si valuta[12]: quando si pone la norma, quando la si
rende in concreto e la si interpreta. Se per esempio ad una
determinata attività il diritto conferisce la qualifica di
“funzione”, vincolandola al conseguimento di interessi ulteriori
(pubblici) rispetto a quelli attinenti alla sfera giuridica
personale di chi pone in essere l’attività, il diritto compie una
scelta ed una valutazione (si pensi anzitutto alle funzioni previste
dalla nostra Costituzione). Ancora ad esempio, dare maggiore
rilevanza alla sperimentazione scientifica e tecnologica, alle sue
applicazioni, alle sue utilizzazioni, anche economiche, oppure
privilegiare il profilo della sicurezza, evitando che l’uomo e
l’ambiente possano correre rischi per gli sviluppi –“liberi e
avalutativi”- della ricerca scientifica e delle sue applicazioni
tecnologiche, fa parte delle scelte e delle valutazioni del
diritto.
E così, proprio il principio di precauzione contribuisce
a mettere a nudo la differenza: il diritto ci può rendere liberi, ma
proprio perché la libertà non è nella sua natura (ma ne può soltanto
costituire il presupposto); il diritto può consentire la (scienza)
ricerca scientifica libera e avalutativa[13], ma proprio per questo
la mancanza di valutazione non può essere nella natura del diritto.
Ragione e giustizia sono, invece, nella natura del diritto, come
una realtà condivisa di “fatti e valori”[14]. Sono proprio le valutazioni giuridiche a consentire che talune
libertà non minino alla radice le condizioni della nostra esistenza,
della nostra stessa sopravvivenza[15].
Sia che, pertanto, si
voglia ricondurre il principio di precauzione agli obblighi per
tutte le Amministrazioni pubbliche di prevenzione del rischio[16],
come avviene in Europa, sia che si voglia ricondurre il principio ad
una “complessa” “funzione interpretativa”, come si preferirebbe nel
diritto internazionale[17], è fondamentale che alla precauzione si
dia la consistenza del diritto, di un principio giuridico di
rilevanza fondamentale e crescente, di quanto è (accelerato e)
crescente lo sviluppo scientifico e tecnologico; è fondamentale che
si dia alla precauzione la consistenza di un principio che viva del
complesso rapporto fra fatto e diritto, delle
valutazioni-interpretazioni di cui vive questo rapporto, del
costante riferimento (all’ambiente e) all’uomo di cui vive questo
rapporto, di cui vive il diritto.
E peraltro, se non si
riuscisse a fissare una chiara consistenza giuridica del principio
di precauzione, l’inevitabile necessità di convivere con
l’incertezza scientifica si tradurrebbe, quasi per assurdo, nel
superamento o nell’inutilità di ogni principio di precauzione,
accettando passivamente i rischi di tale convivenza. Il principio,
pertanto, deve assumere consistenza giuridica, anche per il
contenuto da dare all’incertezza scientifica, che non può limitarsi
al “tipo e al livello” di incertezza, ma deve coinvolgere il
(livello del) rischio e gli interessi in gioco: la gravità o l’irreversibilità delle conseguenze rischiate[18].
2. Il principio di precauzione principio generale del diritto europeo.
L’apprezzamento giuridico
del principio di precauzione in Europa[19] richiede, anzitutto, di
ricostruire il quadro di riferimento normativo.
Com’è noto, il
principio di precauzione non costituisce soltanto, ai sensi
dell’art. 191[20] del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea
(ex art. 174 del Trattato CE) uno dei principi fondamentali sui
quali si fonda la politica ambientale comunitaria. La sua portata
precettiva è assai più ampia. Esso trova applicazione, così come
puntualizzato dalla Commissione europea, relativamente a tutte le
decisioni politiche esercitate “in condizioni in cui le informazioni
scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono
indicazioni che i possibili effetti sull’ambiente e sulla salute
degli esseri umani, degli animali e delle piante possono essere
potenzialmente pericolosi e incompatibili col livello di protezione
prescelto” (punto 1 della Comunicazione della Commissione sul
Principio di Precauzione, COM/2000/1).
Inoltre, bisogna prendere
atto che il principio va inquadrato in sistemi giuridici dove
continua a crescere la fortuna dei principi e che il principio di
precauzione non si sottrae a questa fortuna, considerato com’è un
principio generale dell’ordinamento europeo, come definito dalla
sentenza Artegodan (2002) del Tribunale di primo grado[21]; anche
fondando sulla Convenzione di Århus (1998)[22] e sulla Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione (2000-2007)[23].
Del resto, il
Trattato di Lisbona (il primo), quando all’art. 6 riconosce i
diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei Diritti
Fondamentali dell’Unione, aderisce anche alla Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali ed afferma che tali diritti fondamentali “fanno
parte del diritto dell’Unione, in quanto principi generali”[24]. Secondo l’espressione del Trattato, pertanto, i principi generali
fanno parte del diritto dell’Unione: segnatamente, il principio di
precauzione, in quanto principio generale dell’ordinamento europeo,
non può sottrarsi alla sua connotazione giuridica.
Il
principio[25] impegna, inoltre, le Autorità a considerarlo un
principio “autonomo”[26] che obbliga ad approntare ogni misura atta
a prevenire qualsiasi potenziale rischio per la salute pubblica, per
la sicurezza e per l’ambiente[27] e a considerarlo principio
preponderante rispetto agli interessi economici[28].
Ma il
principio, come tale, è oggi interessato pure da una molteplicità di
problemi ulteriori che lo riguardano, compresa la sua collocazione
nelle fonti del diritto. Del resto, anche in Italia si è
riconsiderato ancora di recente il problema dei principi,
soprattutto a confronto con la legge[29].
I principi giuridici,
si è detto, trovano applicazione laddove la norma positiva sia
inadeguata e, tuttavia, principi e norme sono i fondamenti dei
diritti. In particolare dei diritti umani che, coniugati con quella
“straordinaria categoria giuridica” (G. Rossi) che è la Rule of
Law, costituiscono “il più civile orizzonte dei diritti”.
Lo
stesso principio di legalità, peraltro, quale principio tipico dei
sistemi a diritto amministrativo, nel significato dell’attribuzione
per legge di ogni potere o potestà e degli scopi pubblici per i
quali il potere o la potestà vengono attribuiti, viene oggi
richiamato quale equivalente dello Stato di diritto[30] o se ne
traggono significati corrispondenti a quelli differenti attribuiti
al principio nell’Ordinamento anglosassone (Rule of Law,
Principle of Legality: pari dignità, medesime regole fra
Amministrazione e cittadino, pari sottoposizione alla Common
Law amministrata dai giudici).
Il principio di precauzione
prende così forma anzitutto attraverso uno sforzo di comprensione di
tipo sistematico, che inizia dall’interrogarsi sul perché
dell’accresciuta attenzione degli ordinamenti contemporanei per i
principi, a cominciare dall’ordinamento dell’Unione Europea[31]. Del
resto il principio di precauzione è un principio che può coniugarsi,
anzi spesso si coniuga, con altri principi.
3. La
precauzione a confronto con altri principi.
Alcuni di questi
principi sono notissimi ed hanno una loro storia anche con
riferimento al rapporto con la precauzione, come il principio di proporzionalità[32], con il corollario del principio di
ragionevolezza.
A tal proposito mi sembra riduttivo ricondurre
la precauzione al principio di proporzionalità quale valore più
generale[33]. Anzi, nel rapporto fra proporzionalità e precauzione è
quest’ultima ad avere un valore più generale ed a precedere
logicamente l’esigenza che l’intervento richiesto dal principio di
precauzione non sia sproporzionato rispetto alle conseguenze
potenzialmente negative per la salute o/e per l’ambiente[34].
Più in generale, tuttavia, il principio di proporzionalità
sembra essere il momento di conciliazione o di equilibrio fra il
diritto alla libertà e il diritto alla sicurezza dell’articolo 6
della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dal
momento che le eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e
delle libertà riconosciuti dalla Carta possono avvenire qualora
“siano necessarie e rispondano a finalità d’interesse
generale…[35]”, nel rispetto del principio di proporzionalità
(articolo 52, comma 2).
La proporzionalità consente, pertanto,
di tenere conto del rischio, quale probabilità di un danno reale (secondo la definizione della Giurisprudenza della
Corte di Giustizia) e, con la previa valutazione del rischio sulla
base delle migliori ricerche scientifiche, di tenere conto della non
arbitrarietà della precauzione: si potrebbero infatti dissimulare
anche forme di protezionismo[36].
Il principio di precauzione si
è anche confrontato con il principio di preminenza del diritto
comunitario[37]: ogni qualvolta vi sia una misura di
armonizzazione, vi sia cioè una regolamentazione armonizzata a
livello comunitario, lo stato membro deve sottostare, a meno che non
inizi il procedimento sulla base di nuove informazioni.
La
precauzione, peraltro, si confronta con forza anche con l’informazione: alla comunicazione delle informazioni in
materia ambientale utili alla precauzione non si può opporre da
parte dello Stato membro neppure la protezione dell’ordine pubblico
o di altri interessi, quand’anche tutelati dalla legge[38].
L’informazione, infatti, ha soprattutto l’effetto di rendere i
cittadini corresponsabili dei pregiudizi arrecati all’ambiente, alla
vita, secondo i portati della Convenzione di Århus: “Ogni persona
ha... il dovere di tutelare e migliorare l’ambiente, individualmente
e collettivamente, nell’interesse delle generazioni presenti e
future”.
Al valore dell’informazione bisogna aggiungere i valori procedimentali: la precauzione richiede, infatti,
accessibilità, termini ragionevoli, motivazione, agevole possibilità
d’impugnazione[39].
Neppure il principio di sussidiarietà può considerarsi estraneo alla precauzione non soltanto per il
coinvolgimento dei privati, per il rapporto fra esigenze o
preoccupazioni locali e ordinamento nazionale e comunitario o per le
esigenze di adeguatezza che il principio pure sottende, ma
soprattutto per il rapporto fra le fonti nei sistemi
pluralistici[40].
Anche da quest’ultimo punto di vista, la
necessità per i giuristi dell’Europa continentale di una visione
integrata del diritto è diventata ineludibile. Di questa visione
integrata i principi costituiscono ormai parte rilevante, fissando
il quadro di riferimento giuridico di sistemi in cui legge,
procedimenti amministrativi e processo-giurisdizione costituiscono
il diritto, sono rappresentativi di funzioni pubbliche
costituzionalmente assicurate, in necessario equilibrio e reciproco
rispetto[41].
4. I principi e la legge.
Certo si è
ormai compreso che i principi, di cui in passato il diritto naturale
si faceva portatore, non possono più avere la pretesa di essere
assoluti e tanto meno di essere sottratti al tempo: “Non esiste
alcun atemporale e immodificabile concetto della giustizia o della
proprietà o della libertà o dei diritti; questi valori mutano col
mutare della struttura sociale di cui sono parte...”[42]. Tuttavia,
possiamo dire sin d’ora, che i principi continuano a svolgere il
loro ruolo tradizionale di stimolare la giustizia e di sollecitare
il rinnovamento giuridico del diritto positivo in modo che sia
permanentemente aderente “alla situazione degli uomini viventi in
società”[43].
Considerare la precauzione un principio giuridico,
pertanto, nulla toglie all’esigenza della sua evoluzione, tanto più
marcata rispetto ad altri principi in quanto correlata
all’evoluzione delle scienze e delle tecnologie.
L’esaltazione
dei principi giuridici nel momento presente, provocata anche
dall’ansia di ricercare una migliore giustizia, non impedisce
affatto, pertanto, di costruire un diritto “positivo” sui principi
che non dia al diritto alcuna patente di assolutezza, vivendo esso
nella storia, in tempi e luoghi e secondo il modo di atteggiarsi di
una società: che questo è l’insegnamento dello storicismo giuridico,
a partire dal suo manifesto nell’opera di F. K. von
SAVIGNY[44].
Il riferimento alla storia costituisce una buona
occasione per precisare che alcuni aspetti del diritto fanno parte
in realtà (della comprensione) del fenomeno giuridico e non possono
pertanto considerarsi principi: le norme giuridiche sono
intellegibili soltanto sul terreno storico, al pari di tutti i
motivi che concorrono allo sviluppo della storia: “economici,
ideali, di potere o di equilibrio”[45] che siano. Allo stesso modo,
il riferimento all’interpretazione-attuazione costituisce
semplicemente riferimento al diritto[46], perché il diritto è
interpretazione-attuazione, vive dell’interpretazione attuazione,
senza la quale il diritto non esiste: la “scienza giuridica” non può
scindersi dal percorso interpretativo e dalla giurisprudenza.
Del
resto, se, soggiacendo ai pregiudizi continentali ed alle (spesso
sconsiderate) richieste d’intervento legislativo, si volesse
intervenire con legge a regolare la precauzione al di là della sua
acquisizione come principio, si sarebbe già fuori della precauzione.
La legge rispetto alla scienza può disciplinare la prevenzione e può
disciplinare le conseguenze (risarcitorie) in termini di danno, ma
non può disciplinare l’incertezza scientifico-tecnologica. E,
peraltro, se vi è sufficiente certezza non vi è precauzione: se si
conosce come prevenire e si possono prevedere gli esiti si potranno
dettare misure di prevenzione e disciplinare gli eventuali
risarcimenti. Ma la precauzione scatta quando non si conosce come
prevenire ne quali potranno essere gli esiti di ricerche
scientifiche e delle loro applicazioni tecnologiche, ma si
percepisce il rischio, la probabilità di gravi o
irreversibili conseguenze per l’ambiente o/e la salute.
Bisogna
così prendere atto che spesso, come nel caso della precauzione, la
legge è inadatta a andare oltre il principio o gli scopi. Basterà
richiamare in proposito l’esempio dell’articolo 1 della legge sul
procedimento (n. 241 del 1990): se si vogliono conseguire risultati
nell’agire amministrativo la legge può fissare gli scopi ed anche
indicare i criteri o principi da seguire, ma non può andare oltre;
dovrà necessariamente lasciare alla pubblica amministrazione quella
“libertà” vincolata allo scopo da conseguire (la radice della
funzione e della discrezionalità amministrativa) che le consenta di
svolgere la funzione amministrativa, di costruire in concreto il
soddisfacimento dell’interesse pubblico, di raggiungere in concreto
quel risultato corrispondente agli scopi voluti dalla legge.
5. Il contesto normativo di riferimento del
principio in Europa.
La rilevanza del principio di
precauzione è, tuttavia, legata, al di la delle previsioni normative
e degli interventi giurisprudenziali che puntualmente lo riguardano,
al contesto di riferimento del principio, sia a livello
comunitario che nelle Costituzioni degli Stati membri.
E così,
l’interpretazione del principio di precauzione inizia dall’esame del
tessuto sistematico di riferimento del principio di precauzione, a
partire dal trattato CE e dai trattati UE: l’ex art. 174 del
Trattato CE, infatti, laddove il principio viene riferito
all’ambiente, con la clausola di salvaguardia che autorizza gli
Stati membri a prendere per motivi ambientali di natura non
economica misure provvisorie soggette ad una procedura comunitaria
di controllo, non esauriva e non esaurisce di certo le norme che
implicitamente o espressamente costituiscono il fondamento del
principio di precauzione.
Infatti, nell’art. 3, comma 3, del
Trattato l’Unione Europea (ex art. 2 del Trattato CE), si prescrive
un “elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità
dell’ambiente” che, in combinato con l’art. 37 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione (ove si ribadisce il “livello
elevato…” ed il “miglioramento…”, aggiungendo che questi devono
essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti
conformemente allo sviluppo sostenibile), conferma quello che veniva
definito il principio di integrazione[47] (ex art. 6 del
Trattato CE). Secondo quest’ultimo principio, le esigenze connesse
con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella
definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni comunitarie,
in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo
sostenibile.
Proprio per questo il principio di integrazione,
quale corollario del principio di precauzione, non può qualificarsi
come uno strumento “indiretto” di protezione dell’ambiente, bensì
come un principio, un criterio[48] direttivo alla cui stregua ogni
intervento pubblico e privato viene valutato in permanenza: dalla
fase di progettazione e di piano[49], fino alla realizzazione degli
interventi. Ed è proprio questa permanente integrazione dei valori
ambientali e della sicurezza umana nelle politiche pubbliche,
nell’azione amministrativa, nelle intraprese private che chiarisce
la particolare rilevanza giuridica del principio di precauzione ed
suo apprezzamento anche da parte dei giudici.
In successive
norme del Trattato UE i presupposti della precauzione investono la
sanità e la sicurezza oltre che la protezione dei consumatori e
dell’ambiente. L’art. 114, comma 3, (ex art. 95 del Trattato CE),
dispone che la Commissione, nelle sue proposte in materia di sanità,
sicurezza, protezione dell’ambiente e protezione dei consumatori
deve basarsi su un livello di protezione elevato, “tenuto conto, in
particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri
scientifici”.
Allo stesso modo il titolo XIV del Trattato UE (ex
titolo XIII del Trattato CE) sulla sanità pubblica esordisce
all’art. 168 (ex art.152 del Trattato CE) con la garanzia di un
livello elevato di protezione della salute umana a cui deve mirare
l’azione della Comunità, anche attraverso misure di miglioramento,
di prevenzione, di eliminazione delle fonti di pericolo per la
salute umana, di incentivazione. Lo stesso livello adeguato di
protezione è previsto al successivo articolo per i consumatori, per
i quali l’Unione contribuisce a tutelare la salute e la sicurezza,
oltre agli interessi economici.
È, pertanto, in tale contesto di
riferimento che l’art. 191 fonda la politica dell’Unione in materia
ambientale: oltre che sull’elevato livello di tutela, sul principio
di precauzione; con l’aggiunta di una clausola di salvaguardia che
autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di
natura non economica, misure provvisorie (soggette ad una procedura
comunitaria di controllo); con la libertà per gli Stati membri di
mantenere e di prendere provvedimenti per una protezione ancora
maggiore (art. 193, ex art. 176).
Ma può anche vedersi l’esempio
della direttiva 98/44 CE-Parlamento sui brevetti d’invenzione che
non possono inibire limitazioni, divieti o controlli sulla ricerca e
sull’utilizzazione o sulla commercializzazione dei suoi risultati,
“con particolare riguardo alle esigenze di sanità pubblica,
sicurezza, tutela dell’ambiente, protezione degli animali,
conservazione della diversità genetica e relativamente
all’osservanza di alcune norme etiche” (considerando 14).
Come si
vede il principio di precauzione meglio s’intende se ricondotto agli
obblighi assunti in sede comunitaria di assicurare un alto livello
di protezione dell’ambiente, della salute e dei consumatori e il
principio di integrazione prima richiamato fa acquistare alla
precauzione un più spesso significato, prescrivendo che la tutela
dell’ambiente deve considerarsi integrata nella definizione delle
politiche ed azioni comunitarie; comprendendovi l’elevato livello da
accordare alla protezione della salute e il rafforzamento della
protezione dei consumatori. Come dire che, lungi dall’impedire
l’innovazione scientifica e tecnologica, nell’innovazione va
assicurata in permanenza la protezione, anche (o meglio: anzitutto)
nei termini di ridurre i rischi per la salute e l’ambiente.
Questo è anche il portato dell’articolo 37 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione, dal momento che, come si è detto,
“il livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della
sua qualità devono essere integrati nelle politiche
dell’Unione e garantiti conformemente allo sviluppo sostenibile”.
Questa integrazione, che ricomprende pure l’interazione fra pubblico
e privato, è proprio alla base del sistema ambientale, anche dal
punto di vista della gestione del rischio, della
precauzione[50].
6. Il contesto di riferimento italiano:
la Costituzione.
In Italia non si è avuta sul principio di
precauzione un’attenzione tempestiva e di pari livello rispetto ad
altri Paesi europei. Il principio, ad esempio, è studiato da molto
tempo in Francia, anche perché trova una puntuale previsione
costituzionale[51].
La nostra Costituzione non è priva,
tuttavia, di riferimenti riconducibili al principio di precauzione.
L’art. 41 della Costituzione lo presuppone nella previsione secondo
cui la libertà d’iniziativa economica viene integrata con il
principio del “non contrasto” e del “non recar danno” alla
sicurezza, oltreché alla libertà ed alla dignità umana.
L’art.
32, che tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e
interesse della collettività ed è ormai pacificamente comprensivo
dell’ambiente salubre, vincola in maniera chiara la legge: essa non
può in nessun caso violare il limiti imposti dal rispetto della
persona umana[52]. Ed è proprio in questa direzione, come si è
detto, che matura la rilevanza del principio di precauzione: perché
è un principio giuridico in grade di limitare anche la legge, quando
è in discussione la persona umana: la qualità della sua vita, la sua
sicurezza, la sua stessa esistenza.
Alla luce delle Costituzioni
degli Stati europei, non sorprende, pertanto, che il principio venga
considerato principio generale dell’ordinamento comunitario, con la
conseguenza giuridica di funzionare anche come momento di controllo
della legalità interna, sia di livello comunitario come per gli
Stati membri[53]. Del resto la Corte di Giustizia ha già sindacato
una direttiva comunitaria nella decisione Standley (aff. C-293/97)
fondando sul principio di precauzione ed ha effettuato altresì il
controllo di legalità su provvedimenti del Governo degli Stati
membri[54], alla luce dello stesso principio.
Al contesto di
riferimento del principio non può mancare l’art. 2 della nostra
Costituzione sul riconoscimento della garanzia dei diritti
inviolabili dell’uomo e sui doveri di solidarietà… sociale.
Ricondurre ai diritti inviolabili dell’uomo il principio di
precauzione appare quasi naturale, lo è di meno riportarlo alla
solidarietà. Ma la solidarietà umana è alla radice dei diritti
fondamentali e le salvaguardie insite nel principio di precauzione
possono ben riportarsi al principio di solidarietà[55]. Del resto la
solidarietà non può non rientrare anch’essa nell’evoluzione: si è
passati, in forza delle necessità presentatesi storicamente, dalla
preminente attenzione dedicata dal Welfare State[56], nel
periodo immediatamente successivo allo Stato liberale o borghese,
alla solidarietà economica (che contribuì decisamente a giungere
allo Stato pluriclasse), alla preminente attenzione ora
dedicata alla solidarietà umana[57], con il corollario della
solidarietà sull’ambiente quale momento imprescindibile
dell’umanità[58].
7. Segue: il contesto di riferimento
nella legislazione ordinaria: prevenzione, precauzione e gestione
del rischio.
Principio di precauzione e gestione del rischio
sono ormai entrati nel diritto italiano, anche per i numerosi
interventi dei giudici; emergono tuttavia difficoltà concrete nel
distinguere la precauzione dalla prevenzione[59], così come il
rischio dal pericolo.
La legislazione italiana, infatti, come
può vedersi, ad esempio, nell’art. 308 del Codice dell’ambiente[60]
(decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), quando parla
dell’attività di prevenzione e ripristino (ambientale) vi accorpa la
precauzione. Tanto più che il comma 4 dello stesso art. 308, quando
elenca i casi in cui non si fa carico all’operatore per danno
ambientale o minaccia imminente di tale danno (danno causato da un
terzo, danno conseguente all’osservanza di un ordine o istruzioni
obbligatorie impartite da un’autorità pubblica), accomuna i costi
delle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino, ma in realtà
in nulla queste azioni possono riferirsi alla precauzione secondo
quanto può trarsene dal diritto dell’Unione europea: dove il
principio di precauzione si pone, infatti, a monte della
prevenzione.
Lo stesso avviene per quanto si riferisce alla
“gestione del rischio” confusa spesso con la “gestione della
prevenzione”. Le misure di gestione ambientale, ad esempio, previste
dal codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 12 aprile
2006, n. 163), si riferiscono al sistema comunitario di ecogestione
e audit (EMAS) o a norme di gestione ambientale basate sulle
pertinenti norme europee o internazionali certificate da organismi
conformi alla legislazione comunitaria o alle norme europee o
internazionali relative alla certificazione (art. 44). È, tuttavia,
indicativo che fra i criteri dell’offerta economicamente più
vantaggiosa vengano inseriti, sia pure a titolo esemplificativo, “le
caratteristiche ambientali e il contenimento dei consumi energetici
e delle risorse ambientali dell’opera e del prodotto” (art. 83);
come pure nel contenuto della valutazione di impatto ambientale[61],
la valutazione di un progetto deve individuare le sue principali
alternative, “compresa l’alternativa zero, sull’uomo, sulla
fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e
sotterranee, sull’aria, sul clima, sul paesaggio e sull’interazione
fra detti fattori[62].
Il caso più evidente rimane, tuttavia,
quello del codice dell’ambiente in cui, anche all’art. 309, ancora
una volta le misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino
riguardano “qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia
imminente di danno ambientale”, non distinguendosi
rischio-precauzione da pericolo-danno[63]. Peraltro, lo stesso
sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), di cui al recente
regolamento n. 1221 del 25 novembre 2009 del Parlamento Europeo e
del Consiglio, resta difficilmente definibile in termini di netta
separazione fra precauzione e prevenzione.
Come si vede, appalti
e ambiente si muovono oggi in un tessuto tecnico-normativo del quale
non è sempre facile trovare il bandolo sistematico.
Se è
indispensabile, pertanto, il riferimento alla cornice normativa è
altresì indispensabile che si riesca a ricondurla, per quanto
possibile, ad un ordine ragionevole e sistematico, che si riesca ad
imbrigliare le tecniche all’interno delle valutazioni giuridiche
suggerite dalle norme, che si riesca a costruire un impianto
concettuale che tenga conto del fondamentale riferimento del diritto
all’uomo, secondo i principi dell’ordinamento giuridico dell’Unione;
questo richiede un aggiornamento dell’interpretazione sistematica,
apprezzando ed ampliando il ruolo dell’amministrazione e della
giurisdizione[64].
8. L’applicazione del principio
nell’UE: la precauzione come regola cautelare aperta.
Com’è
noto, l’indicazione normativa nella direzione della distinzione fra
precauzione e prevenzione ci viene data, invece, dall’art. 191 del
Trattato di Lisbona sul funzionamento dell’UE (già art. 174 del
Trattato CE), secondo cui la politica dell’Unione in materia
ambientale, pur tenendo conto della diversità delle situazioni nelle
varie regioni, mira ad un elevato livello di tutela e fonda su
principi distinti: la precauzione, l’azione preventiva, il principio
della correzione in via prioritaria alla fonte, dei danni causati
all’ambiente, ed infine il principio “chi inquina paga”.
Il primo
passo è quello, pertanto, di distinguere la precauzione dall’azione
preventiva, anche se è possibile e plausibile che entrambe possano
convivere, pur nelle rispettive identità giuridiche[65] a tutela
dello stesso bene. La precauzione, tuttavia, trova il suo fondamento
negli scopi che le sono propri: “governare” in via precauzionale (e
con misure proporzionate) attività considerate rischiose per i dati
scientifici ancora incerti e per le altrettanto incerte applicazioni
tecnologiche, mentre la prevenzione mira a scongiurare un pericolo
noto e spesso comunemente acquisito attraverso, appunto, l’azione preventiva.
Nondimeno,
l’impostazione-interpretazione sistematica dovrà occuparsi, non
soltanto di distinguere un principio dall’altro, quanto di
configurare un ordine o un equilibrio fra i principi. Si vuol dire
che, mentre può in qualche caso essere semplice capire la preminenza
di un principio su altri, anche aiutati dalla casistica
giurisprudenziale, il mondo di un diritto per principi è ancora
inesplorato dall’interpretazione sistematica.
Ma vi è di
più, non soltanto i principi tratti dall’Ordinamento giuridico sono
diritto, ma tendono a diventare una sorta di diritto preminente
rispetto ai puntuali dati normativi e, comunque, una necessaria
chiave interpretativa di questi dati. La stessa giurisprudenza sente
il bisogno, sempre più spesso, di ancorare le sue decisioni alla
“forza” dei principi[66].
Ecco così che, ad esempio, i
“considerando”[67] (ben 32) che precedono il regolamento EMAS del
2009 (regolamento CE n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del
Consiglio) sono fondamentali per la comprensione del regolamento e
per le indicazioni sistematiche sui principi della promozione della
crescita sostenibile nell’UE: con riguardo al rapporto fra
prestazioni ambientali e sviluppo sostenibile[68]. Pur ritenendo
necessario, infatti, incoraggiare una più ampia partecipazione ad
EMAS, il principio “preminente” è quello della volontarietà degli
impegni assunti dalle imprese; e così l’adesione volontaria diventa un dato sistematico fondamentale[69], con il corollario
dell’incentivazione dell’adesione ad EMAS[70] e
dell’effettiva attuazione del diritto dell’Unione. Principi
che sono, peraltro, ricompresi nell’obiettivo del sistema
comunitario di ecogestione e audit fissato dall’art. 1 del
Regolamento.
Di ordine sistematico è poi l’invito nel quinto
considerando, agli Stati membri di tener conto della registrazione
EMAS nell’elaborazione della legislazione o, ancora più importante,
per utilizzare questo riferimento come strumento a fini di verifica
dell’applicazione della legislazione, tenendo in particolare
conto EMAS nelle politiche sugli appalti e così nella definizione
delle condizioni contrattuali. L’attenzione dedicata all’effettiva
applicazione delle norme, non vuole disconoscere la rilevanza della
corretta elaborazione, ma vuole indicare l’assoluta necessità di
tenere in conto primario l’attuazione effettiva del diritto, in
particolare del diritto dell’Unione, riconsolidando il principio
di effettività[71].
Il principio di apertura del sistema, che è volto a promuovere il miglioramento continuo
delle prestazioni ambientali: “la valutazione sistematica, obiettiva
e periodica delle prestazioni di tali sistemi, l’offerta di
informazioni sulle prestazioni ambientali”[72], collima con l’aver
ricondotto il principio di precauzione ad una “regola cautelare
aperta”. Ciò comporta, anche per questi versi, lo spostamento
d’attenzione dalla normazione all’amministrazione e ai giudici.
Precauzione e gestione del rischio non possono che richiedere una
gestione concreta che dal disegno normativo passi
all’amministrazione in rapporto con il privato e che
dall’amministrazione sia suscettibile di giungere al giudizio per
l’ulteriore “definitiva” concretizzazione[73].
Non pare così
conducente riportare all’applicazione del principio di precauzione
le medesime precedenti “metodiche” dell’azione amministrativa e
delle valutazioni giurisdizionali o i medesimi parametri concettuali
sulla certezza del diritto e sul risarcimento del danno[74].
La
costruzione del concreto interesse pubblico non può avvenire in
presenza di rischio per i valori ambientali e di sicurezza umana:
l’interesse pubblico consisterà nel caso nella cautela
dell’intervento, spesso nel non intervento.
La valutazione del
giudice è più adusa agli impatti cautelari, ma questi impatti si
sono trasformati nel momento in cui sono stati messi in relazione al
rischio e all’incertezza e non al pericolo o al pregiudizio grave e irreparabile.
I profili risarcitori,
infine, sono estranei alla gestione del rischio sulla base del
principio di precauzione[75]. Il risarcimento impatta, invece, con i
due principi ulteriori in materia ambientale: “correzione, in via
prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente”, in cui
siamo nell’ambito della riduzione in pristino stato; principio “chi
inquina paga”, in cui, con ancor più evidenza, si colgono i profili
risarcitori.
Se vi è un evento dannoso in conseguenza di
un’attività ci si confronterà con l’ampia disciplina e
l’applicazione casistica che se ne è fatta in materia risarcitoria,
ma questo ha poco o nulla a che vedere con il principio di
precauzione: la “carenza” di precauzione potrà scattare soltanto in
caso di evento dannoso e sarà questo ad individuare i profili
giuridici del risarcimento; “l’eccesso” di precauzione potrà fare
scattare piuttosto profili di rivedibilità in presenza di ulteriori
informazioni, mentre sono improbabili profili risarcitori.
Un
principio, infine, che si pone come regola cautelare aperta pone,
secondo i consueti pregiudizi, problemi in merito alla certezza del
diritto. Ma, per dirla in breve, per offrire ai cittadini un grado
di certezza maggiore occorre consolidare i parametri interpretativi
ed applicativi, con l’aggiunta della necessità di garanzie, non
offerte dalla legge, ma talora anche costruite nei suoi confronti.
Del resto, a livello comunitario, il “principio di legalità” viene
anche presentato come principio della regola predeterminata a
cui conformare le azioni giuridicamente rilevanti: ciò che è
giuridicamente rilevante deve essere giuridicamente predeterminato
Ma la predeterminazione è assicurata anzitutto dall’uniformità
dell’interpretazione e dell’applicazione da parte dei Giudici (in
particolare dai giudici comunitari: articolo 19 Trattato UE, ex art.
220 del Trattato CE, ex art. 164)[76]
9. Il principio di
precauzione come parametro della legalità: il ruolo dei giudici
comunitari.
Considerato, pertanto, il contesto di riferimento
e lo spessore che il principio ha acquistato come principio generale
dell’ordinamento europeo è naturale farvi derivare la conseguenza di
un principio-parametro della legalità[77] riferita sia alle norme
comunitarie che a quelle degli stati membri, sia ai comportamenti
privati che pubblici.
A questo punto è naturale chiedersi quale
rilevanza acquistano i giudici ed in particolare i giudici
comunitari in forza di una tale costruzione del principio di
precauzione.
Si è già detto dell’integrazione fra norme e
principi. Ciò ha come conseguenza anche l’integrazione nella
produzione-interpretazione di queste norme e principi. La più volte
segnalata (soprattutto dai processualcivilisti e dai filosofi del
diritto) vocazione del tempo presente per la giurisprudenza non è
dovuta soltanto, come più comunemente si sostiene, al modo di
legiferare, bensì soprattutto alle sfide del nostro tempo, anche
alle sfide scientifiche e tecnologiche. Un’evoluzione quest’ultima
che non può trovare risposte adeguate soltanto nella legge; anzi,
che nella legge non può e non deve trovare sempre la necessaria
corrispondenza, come non può esaurirsi nel procedimento
autorizzatorio, quand’anche permanentemente rivedibile[78], ma può
richiedere, proprio come regola cautelare aperta, di essere
assicurata (anzitutto cautelarmente) dal giudice[79].
Non da
adesso la legge è entrata in crisi, non da adesso è difficile
estirpare le incrostazioni che si creano attorno ad essa. Basti
considerare come di questo vi sia consapevolezza nell’Unione
europea, con le cautele introdotte nei procedimenti legislativi col
trattato di Lisbona[80], o come, al contrario, la Corte
Costituzionale italiana, ad esempio con la sentenza 17 marzo 2006,
n. 116, proprio intervenendo sul principio di precauzione per
accreditare l’intervento delle regione in materia di colture
transgeniche, tenda a potenziare il diritto per legge (penalizzando
i percorsi amministrativi come se fossero un minus)[81].
Ma le garanzie offerte dalla legge non sono più quelle che
mettevano al riparo dal potere esecutivo nell’Ottocento: oggi
riceviamo maggiori garanzie dalla funzione amministrativa e da
quella giurisdizionale, mentre bisogna coltivare la pari dignità
delle funzioni pubbliche (almeno di quelle parimenti previste dalla
Costituzione).
E così la tutela offerta dall’amministrazione e
dal giudice si rivela più adeguata e più vicina all’uomo: il
rapporto umano, peraltro, è il riferimento naturale nel procedimento
amministrativo e nel giudizio. Lo stesso diritto che inevitabilmente
si forma e si evolve in entrambe le funzioni: amministrativa e
giurisdizionale è naturalmente correlato alle esigenze umane ed alla
loro evoluzione[82].
10. Le precondizioni e la
paura.
I principi, inoltre, dovrebbero essere più adatti
rispetto ad un diritto naturale-universale[83], perché si presentano
anche come una sorta di precondizioni per avere un ordinamento
autenticamente giuridico: laddove i principi avallano l’essenza
umana del diritto. La precauzione, l’informazione, la
proporzionalità, la sussidiarietà, e via dicendo, costituiscono,
anzitutto, condizioni fondamentali di “metodo” a cui ciascun
ordinamento in Europa deve sottostare, ma che possono essere
riempite di contenuti, anche variabili, rispettando l’essenza dei
principi.
Per il principio di precauzione, se l’esigenza di
sicurezza si traducesse in un principio di possibile aggressione ai
diritti, il principio di precauzione avrebbe falsato il suo compito.
La sopraffazione dei diritti (specie dei diritti umani) ingenerata
dalla paura e dall’eccesso di sicurezza che ne consegue, non si
collocherebbe più nell’ambito del principio di precauzione.
Il
principio, infatti, deve anche servire a contenere la paura[84] e
non può trasformarsi in un principio di prevaricazione del diritto:
anzi esso è un principio del diritto di enorme interesse e portata
proprio perché può intervenire attraverso i giudici, anche quando
una regolamentazione sia divenuta inadeguata, consentendo, con la
necessaria tempestività, all’evoluzione, alle incertezze
dell’evoluzione. Ma, dal momento che l’esigenza di sicurezza deve
essere comunque valutata ed effettiva, la precauzione non consente
alla paura, anzi allontana attraverso la sua affermazione la paura
stessa.
Anche in conseguenza di ciò, la gran parte della nostra
protezione dai rischi da incertezza scientifica e tecnologica si
sposta a livello di procedimenti amministrativi e giudiziari: per la
possibilità insita in entrambi di far intervenire il cittadino e di
assicurare rapidi interventi cautelari. Tutto ciò deve sollecitare
una forte volontà, individuale e collettiva, di non disattivare la
coscienza e la responsabilità di ciascuno di noi, sia nei confronti
del rischio, come pure nei confronti della libertà di ricerca e
dell’uso che se ne vuole fare. Questa interazione fra pubblico e
privato è proprio alla base del sistema ambientale, anche dal punto
di vista della gestione di rischio e precauzione (si veda l’art. 2
del Regolamento EMAS, al comma 13).
In molti hanno inculcato
l’idea sbagliata che diritto ed etica si muovessero su piani
differenti[85], con la stessa differenza che corre fra regola etica
e regola giuridica. Ma proprio il principio di precauzione è
fondamentale per l’apprezzamento giuridico dei principi etici: essi
sono previsti, ad esempio, in alcuni (9, 57) considerando della
direttiva 2001 sugli OGM[86]. Nel caso del rischio da incertezza
scientifica e/o tecnologica i principi etici dovranno quasi per
necessità crescere sempre più d’intensità come principi giuridici,
per quanto il diritto è costretto ad assumere concetti solo
eticamente fondati o, quanto meno, eticamente “contaminati”, per
così dire: nel rischio da incertezza scientifica e
tecnologica, le informazioni e le consultazioni, la buona
fede, l’effettività, l’amministrazione
procedimentalizzata e democratica, il giusto processo, traducono
l’etica in diritto[87].
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* Questo scritto, dedicato ad Alberto Romano,
deriva dalla relazione al Seminario sul tema La precauzione nella
Pubblica Amministrazione tenuta il 14 dicembre 2009 presso il
Centro Interdipartimentale di Ricerca e Servizi per le decisioni
giuridico-ambientali e la certificazione etica d’impresa
dell’Università degli Studi di Padova.
[1] Quasi a mo’ di
esempio, autorevolissimo esempio, può ricordarsi il volumetto di K.
R. POPPER e K. LORENZ, Il futuro è aperto, Milano, 1989
(titolo originale, Die Zukunft ist offen, Das Altenberger
Gespräch, München, 1985).
[2] La Corte di giustizia CE, sez.
II, 13 dicembre 2007, n. 418, fa applicazione del principio di
precauzione alla conservazione degli habitat naturali e
seminaturali, della flora e della fauna selvatiche con riferimento
ad una probabilità o ad un rischio che il piano o progetto
pregiudichi significativamente il sito interessato. La Direttiva
comunitaria (la n. 92/43) impone che ogni piano o progetto sia
assoggettato ad una adeguata valutazione dei suoi effetti qualora non possa escludersi, in base ad elementi oggettivi che tale
piano o progetto incida in modo significativo sul sito in esame. La
nostra giurisprudenza più recente (si veda ad esempio TAR Lombardia
Brescia, sez. I, 9 ottobre 2009, n. 1736, ma anche Corte d’Appello
Milano, sez. I, 9 luglio 2008) tende a costruire l’obbligo per le autorità amministrative di adottare i provvedimenti
appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la salute
pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, sulla base
dell’orientamento comunitario che tende a far coincidere il
principio di precauzione con quello di non esclusione: non può
essere escluso, sia pure sulla base di elementi obiettivi, il
pregiudizio per l’uomo e l’ambiente (Sulla semplice possibilità di un’alterazione negativa del grado
d’inquinamento della falda acquifera che giustifica l’intervento
precauzionale dell’Amministrazione, con una scelta discrezionale che
sfugge al sindacato giurisdizionale, ha giudicato il Consiglio di
Stato, sez. VI, 4 aprile 2005, n. 1462).
[3] La progressiva
emersione di un “diritto del rischio”, sulla scia delle intuizioni
provenienti dalla letteratura sociologica (per tutti, U. BECK , Risikogesellshaft. Auf dem Wegin eine andere Moderne,
Franfkfurt, 1986, trad. it. W. Privitera (a cura di), 2000, La
società del rischio. Verso una seconda modernità, Roma,
Carocci e N. LUHMANN, Soziologie des Risikos, Berlin, 1991,
de Gruyter, trad. it. G. Corsi (a cura di), Sociologia del
rischio, Milano, 1996) è ormai avvertita dalla dottrina
giuridica nazionale ed europea; sul punto si rinvia a A. BARONE, Il diritto del rischio, II ed., Milano, 2006, ivi ulteriori
indicazioni bibliografiche. Sul principio di precauzione,
nell’ambito della dottrina italiana, v. altresì F. DE LEONARDIS, Il principio di precauzione nell’amministrazione del rischio, Milano, 2005.
[4] Tribunale di I grado CE, sez. II, 19
novembre 2009, n. 334 (sentenza basata sul principio che “non possa
escludersi”). Del resto la Corte di Giustizia ha sempre
correttamente considerato il principio di precauzione ammettendo
l’intervento degli Stati membri con misure protettive “senza dovere
attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la
gravità dei rischi per la salute (Corte Giustizia CE, sez. VI, 5
febbraio 2004, n. 24). Ed il Tribunale di I grado CE ha rimesso
all’Amministrazione ed alla sua discrezionalità di scegliere il
livello di protezione da accordare al valore-principio preminente
della tutela della salute.
[5] “Nel contesto d’incertezza
scientifica che caratterizza l’applicazione del principio di
precauzione”. Lo stesso può dirsi nel nostro diritto interno, si
veda, ad esempio, la Corte di cassazione Penale, sez. IV, 22
novembre 2007, n. 5117, in materia di prevedibilità dell’evento
dannoso per inquinamento da polveri nei luoghi di lavoro, che
ritiene non ci si possa limitare ai casi di certezza scientifica
bensì occorre richiamarsi alla precauzione per introdurre cautele
idonee ad evitare il verificarsi di eventi dannosi, anche se
scientificamente non certi ed anche se non preventivamente e
specificamente individuati.
[6] “Noi dobbiamo procedere verso
l’ignoto, l’incertezza e l’insicurezza, usando quel po’ di ragione
che abbiamo per realizzare nella migliore maniera possibile entrambi
questi fini: la sicurezza e la libertà”, è la via della “società
aperta” indicata da Karl Popper, come ci ricorda D. ANTISERI, Karl Popper, Soveria Mannelli, 232. Del resto, chi ama la
vita non può non preoccuparsi dell’incertezza
scientifico-tecnologica. Può ricordarsi Giovanni Paolo I, Papa
Luciani (“La morale non si occupa delle conquiste della scienza; si
occupa delle azioni umane, mediante le quali le persone possono
usare sia in bene sia in male delle conquiste scientifiche. Quanto
alla coscienza individuale, siamo d’accordo: essa va sempre seguita,
sia che comandi, sia che proibisca; l’individuo deve però
preoccuparsi di avere una coscienza ben formata…In altre parole: la
coscienza deve comandare all’uomo, non ubbidire all’uomo”) o
l’enciclica Spe Salvi di BENEDETTO XVI: “La scienza può
contribuire molto all’umanizzazione del mondo e dell’umanità: Essa
però può anche distruggere l’uomo e il mondo, se non viene orientata
da forze che si trovano al di fuori di essa” (Città del Vaticano,
2007, 51).
[7] Basterà ricordare ancora Karl R. POPPER ed
altresì K. LORENZ (“la vita cerca problemi e l’offerta di problemi è
significativa per il successo”), v. Il futuro è aperto, cit.
[8] “…io credo che il progresso della scienza dipenda dalla
libera competizione del pensiero, e perciò dalla libertà, e che tale
progresso raggiungerebbe il suo termine il giorno in cui la libertà
fosse distrutta (anche se può darsi che continui, per qualche tempo,
limitatamente a certi campi, specialmente a quello della
tecnologia)”, così K. R. POPPER, Logica della scoperta
scientifica, Milano, 1995 (la prima edizione in italiano è del
1970), 309, nt. 2 (titolo originale The Logic of Scientific
Discovery).
[9] Del diritto come “sistema regolatore” della
vita di relazione, che è costitutivo di tutte le società umane,
parla W. CESARINI SFORZA, Diritto (principio e concetto), in Enc. del diritto, XII, Milano, 1964, 632.
[10] Si può qui
appena richiamare le teorie istituzionali (soprattutto di Maurice
Hauriou e di Santi Romano), ricordando, tuttavia, anche i loro
limiti, su cui N. BOBBIO, Teoria e ideologia nella dottrina di
Santi Romano, in Le dottrine giuridiche di oggi e
l’insegnamento di Santi Romano, a cura di Paolo Biscaretti di
Ruffìa, Milano, 1977, 25 ss.
[11] Ci si riferisce alla scienza
in senso proprio e vorrei risparmiarmi e risparmiare
all’intelligenza del lettore le distinzioni in seno alle scienze:
scienze fisiche, sociali, umani e umanistiche, morali e via dicendo,
come pure i tentavi di ricondurre il diritto alla scienza anche
applicandovi metodi tipici delle scienze fisiche (ad esempio la
logica simbolica, v. P. GASPARRI, Saggi di analisi simbolica di
alcuni concetti fondamentali della scienza giuridica, in Studi in memoria di Giudo Zanobini, V, Milano, 1965, 245).
Per la tesi che ritiene presente nella ricerca scientifica il
momento valutativo, anche se si tratta di accertamenti di valore che
rimangono rigorosamente verificabili (oggettivi), e quindi
scientifici, si veda S. COTTA, Prospettive di filosofia del
diritto, Torino, 1979, 62 ss. L’A. ritiene che lo stesso avvenga
per il diritto attraverso l’interpretazione sistematica (il giurista
“valuta oggettivamente la funzionalità [delle norme] rispetto
all’intero ordinamento”). Si deve, tuttavia, a G. MIELE
(Umanesimo giuridico, ora in Scritti giuridici, II,
Milano, 1987) l’insegnamento più fecondo: “Da molti il metodo
giuridico è stato scambiato per questa indifferenza [“indifferenza
nel trattare dei vari oggetti e nel porli tutti su uno stesso piano,
benché ispirati a premesse diverse o addirittura contrastanti”] non
solo ad ogni valutazione morale, ma anche politica, economica,
sociologica, e via dicendo.” Travisando il metodo giuridico, “si
pretese di isolare il giurista dalla realtà circostante: di questa
doveva occuparsi il legislatore, mentre al giurista incombeva di
illustrare le formule legislative di quella realtà.” E però, “la
scienza giuridica è una scienza di valori universali, perché deve
prendere a guida le più salde certezze dell’uomo, l’esigenza della
sua personalità, la garanzia dei rapporti coi suoi simili, l’equo
contemperamento degli interessi in conflitto, la coordinazione degli
innumerevoli individui in cellule ed aggregati sociali sempre più
vasti, la consapevolezza del suo libero sviluppo in una sfera non
manomettibile da forze arbitrarie, l’ordinamento dell’edificio
sociale a fini che rispondono all’elevazione morale e al benessere
materiale dell’umanità. Per accertare tali valori e tradurli in
adeguate istituzioni giuridiche la scienza del diritto non può
appartarsi dal moto multiforme e complesso dello spirito umano, ché
da sola esse sarebbe impotente a condurre a termine il suo compito”.
(452-53).
[12] La riconduzione del diritto alla scienza, sol
perché si suole parlare di “scienza giuridica”, ha creato già troppi
guasti, a principiare dal positivismo giuridico e dal suo “metodo”:
la scienza (a cui il diritto apparterrebbe) o è avalutativa o non è
scienza (N. BOBBIO, Il positivismo giuridico, Torino, 1977).
La scienza può (concettualmente) essere avalutativa, il diritto no.
Questo esito può anche prescindere dal continuare a parlare di
“scienza giuridica” o della giurisprudenza come “scienza pratica”
(secondo il noto scritto di S. PUGLIATTI, La giurisprudenza come
scienza pratica, in Riv. it. scienze giuridiche, 1950),
purché si tenga ben presente che una delle ragioni per cui il
diritto non può essere avalutativo risiede proprio nella circostanza
che la scienza può essere considerata avalutativa.
[13] Non è
possibile occuparsi in questa sede dell’autenticità delle
caratteristiche positivistiche della scienza: libertà e
avalutatività, anche se queste meriterebbero una riflessione
approfondita, come pure è stata fatta, a sostegno dei vincoli della
coscienza (“non v’è scienza senza coscienza”) e del solidale senso
di responsabilità dell’uomo.
[14] Mi è sembrato di poter
trasferire al diritto categorie più generali come presentate da
Salvatore VECA nella Prefazione a Immanuel Kant. Per la pace perpetua, Milano, 1991.
[15] “Abbiamo bisogno
di libertà, per evitare gli abusi del potere dello Stato; e abbiamo
bisogno dello Stato, per evitare l’abuso della libertà” (K. R.
POPPER, Tutta la vita è risolvere problemi, Milano, 1996,
207; titolo originale, Alles Leben ist Problemlösen), si
potrebbe parafrasare: abbiamo bisogno di libertà per la ricerca
scientifica e abbiamo bisogno del diritto per far si che la libertà
di ricerca non faccia correre rischi all’umanità.
[16] “Anche se
unicamente potenziali per la salute, per la sicurezza e per
l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione
di tali valori sugli interessi economici dei singoli…”; in tal senso
TAR Trento, Trentino Alto Adige, sez. I, 08 luglio 2010, n. 171.
[17] Si veda S. DI BENEDETTO, La funzione interpretativa del
principio di precauzione nel diritto internazionale, in Dir.
Comm. Internaz., 2006, 02, 321, ivi ampie indicazioni
bibliografiche. F. BRUNO (Il principio di precauzione tra diritto
dell’unione Europea e WTO, in Dir. e giur. agr., 2000,
569) sottolinea le profonde differenze nell’applicazione ricevuta
dal principio in esame in ambito comunitario, ove ha natura di
principio generale, ed in seno all’Organizzazione Mondiale del
Commercio, ove risulta privo di tale valenza ed in grado di fondare
unicamente deroghe temporalmente circoscritte alla libertà degli
scambi fra gli Stati membri, scadute le quali gli scambi sono
legittimati a ricominciare, seppur in assenza di prove scientifiche
sufficienti circa l’apprezzamento dei rischi.
[18] Secondo il
Principio 15 della Dichiarazione di Rio del 1992, l’obbligo
giuridico della precauzione scatta di fronte ad una minaccia
all’ambiente grave o irreversibile (“serious or
irreversibile”), cfr. sul punto S. DI BENEDETTO, La funzione
interpretativa del principio di precauzione nel diritto
internazionale, cit., ivi ulteriori indicazioni bibliografiche.
[19] Il principio di precauzione, nell’efficace definizione del
Tribunale di primo grado (sentenza Artegodan del 26/11/2002,
cause riunite T-74/00, T-76/00, T-83/00, T-84/00, T-85/00, T-132/00,
T-137/00, T-141/00) rappresenta il “principio generale del diritto
comunitario che fa obbligo alle autorità competenti di adottare
provvedimenti appropriati al fine di prevenire alcuni rischi
potenziali per la sanità pubblica per la sicurezza e per l’ambiente,
facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali
interessi sugli interessi economici.” (punto 184).
Sul principio
di precauzione relativamente alla materia ambientale v. A. CROSETTI,
R. FERRARA, F. FRACCHIA, N. OLIVETTI RASON, Diritto
dell’ambiente, Roma-Bari, 2002, 33 e ss.; ivi ulteriori
indicazioni bibliografiche.
Sullo stretto intreccio fra tecnica
e interessi sotteso alla determinazione di tipo precauzionale,
nonché sull’esame delle possibili formulazioni del principio di
precauzione, da quella maggiormente rigorosa, mirante a giustificare
la assoluta inibizione delle attività potenzialmente nocive, a
quella più attenuata, polarizzata sul risultato di una previa
analisi costi-benefici, si veda SALVIA, Considerazioni su tecnica
e interessi, in Diritto Pubblico, 2002, 615 e ss.
S.
BARTOLOMMEI (Sul principio di precauzione: norma assoluta o
regola procedurale?, in Bioetica, 2001, 322) ammonisce
dal considerare il principio di precauzione in termini di principio
morale ordinante un divieto di azione, configurandolo, al contrario,
come regola tecnico-procedurale “cui fare ricorso nell’ambito
compreso fra il tutto (qualsiasi intervento) e il niente
(l’inazione) volto ad eliminare o perlomeno a ridurre i rischi per
la società a livelli accettabili in presenza di situazioni
potenzialmente pericolose e quando le basi scientifiche siano
inadeguate o insufficienti”.
Con riguardo allo specifico settore
degli OGM può vedersi R. FERRARA e I. M. MARINO (a cura di), Gli
organismi geneticamente modificati, Sicurezza alimentare e tutela
dell’ambiente, Padova, 2003; ivi ulteriori riferimenti
bibliografici. Sempre in tema di OGM si ricorda la nota sentenza Greenpeace, del 21 marzo 2000, (causa C-6/99,
pronunciata sotto la vigenza della direttiva 90/220/CEE del
23/4/1990, successivamente abrogata dalla direttiva 2001/18/CE del
12/3/2001) con la quale la Corte, facendo applicazione del principio
di precauzione, ha affermato la facoltà di ciascun Stato membro di
negare il consenso all’autorizzazione di un prodotto contenente OGM
giudicato commerciabile a seguito dell’espletamento della fase
comunitaria di autorizzazione, qualora, nelle more della procedura
autorizzatoria, esso sia pervenuto a conoscenza di nuove
informazioni scientifiche in grado di far ipotizzare un possibile
aumento dei rischi connessi all’immissione in commercio dell’OGM
stesso; ciò purché lo Stato informi immediatamente la Commissione e
gli altri Stati membri in modo tale che essa possa tempestivamente
adottare una nuova decisione in materia.
[20] La numerazione
degli articoli si riferisce alla versione consolidata del Trattato
dell’Unione Europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione
Europea, pubblicata nella GUUE C115 del 9 maggio 2008, con le
modifiche introdotte dal Trattato firmato a Lisbona il 13 dicembre
2007.
[21] V. la nt. 19.
[22] “Ogni persona ha il diritto di
vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo
benessere e il dovere di tutelare e migliorare l’ambiente,
individualmente e collettivamente, nell’interesse delle generazioni
presenti e future”. La convenzione di Århus, sull’accesso alle
informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali
e l’accesso alla giustizia in materi ambientale, adottata in
Danimarca il 25 giugno 1998, richiama una serie di principi di
precedenti dichiarazioni e risoluzioni, compresa la Carta europea
sull’ambiente e la salute adottata a Francoforte sul Meno, l’8
dicembre 1989.
[23] La Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea è stata proclamata per la prima volta a Nizza il
7 dicembre del 2000 ed è stata poi sostituita con il testo adottato
a Strasburgo il 12 dicembre 2007, entrando in vigore col Trattato di
Lisbona. In essa si ribadisce che la persona è al centro dell’azione
dell’Unione che vuole creare uno spazio di libertà, sicurezza e
giustizia, fondando su valori universali fra cui la dignità umana e
la solidarietà.
[24] Di importanza dei principi generali del
diritto comunitario, anche per la loro posizione di supremazia nei
confronti delle altre norme, scrivono G. DELLA CANANEA – C.
FRANCHINI, I principi dell’amministrazione europea, Torino,
2010, 54.
[25] Sul principio di precauzione come principio
generale del diritto comunitario v. F. TRIMARCHI, Principio di
precauzione e “qualità” dell’azione amministrativa, in Riv.
it. dir. pubbl. comunit., 2005 (n. 6); ivi ulteriori riferimenti
bibliografici ed ampi riferimenti giurisprudenziali.
[26]
È sempre il portato della richiamata (nt. 19) sentenza del Tribunale
di primo grado, Artegodan.
La caratteristica di principio
autonomo ben si sposa con la tesi che vuole i provvedimenti
dell’amministrazione “come esplicazioni della sua autonomia”, per i
larghi ambiti delle sue scelte, ampiezza che giustifica la
qualificazione dei provvedimenti come espressione della sua capacità
di autodeterminazione: A. ROMANO, A proposito dei recenti artt.
19 e 20 della L. 241 del 1990: divagazioni sull’autonomia
dell’amministrazione, in Dir. amm., 2006, n. 2.
[27]
In dottrina cfr. N. de SADELEER, The Precautionary Principle in
EC Health and Environmental Law, in European Law Journal, 2006, 142 s. e passim, ivi uteriori riferimenti
bibliografici.
[28] V. ad esempio Tribunale I grado C.e.e., sez.
II, 28 giugno 2005, n. 158; idem, 26 novembre 2002, n. 74; nella
giurisprudenza italiana, da ultimo TAR Trentino Alto Adige, Trento,
sez. I, 08 luglio 2010, n. 171; idem, 25 marzo 2010, n. 93 (la
preminenza del principio di precauzione sugli interessi economici
deve trovare un bilanciamento nel principio di proporzionalità); TAR
Lombardia, Brescia, sez. I, 09 ottobre 2009, n. 1738.
[29] Sul
punto si è costretti al rinvio: può vedersi il mio Brevi
riflessione sui principi del diritto, « Prolusione » al Master su Diritto, economia e management delle aziende
sanitarie, LUM Jean Monnet, Bari-Casamassima, 23
gennaio 2009, in corso di pubblicazione.
[30] N. LIPARI, Per
una revisione della disciplina sull’interpretazione e
sull’integrazione del contratto?, in Rivista trimestrale di
diritto e procedura civile, 2006.
[31] L’elenco dei principi dell’ordinamento comunitario, anche applicabili al
diritto amministrativo interno, è decisamente vasto. Basterà
richiamare E. PICOZZA, Diritto amministrativo e diritto
comunitario, II ed., Torino, 2004; M.P.CHITI, Diritto
Amministrativo Europeo, II ed., Milano, 2004; più di recente, G.
DELLA CANANEA – C. FRANCHINI, I principi dell’amministrazione
europea, cit.
Può vedersi ancora, ad esempio recente, Corte
Giustizia CEE, 13 settembre 2007 (C-260/04), sul principio di
diritto comunitario di trasparenza/concorrenza, che collega il
principio generale di trasparenza all’obbligo di garantire un
adeguato livello di pubblicità, in Giurisprudenza italiana, 2008,
470, con, a pag. 474, la nota di R. CARANTA, Il principio di
diritto comunitario della trasparenza/concorrenza e l’affidamento o
rinnovo di concessioni di servizi pubblici (ancora in margine al
caso Enalotto). La stessa legislazione nazionale predilige per
molti versi la qualificazione in termini di principi. Basti
l’esempio della legge sul procedimento amministrativo 7 agosto 1990,
n. 241 (e successive integrazioni) che esordisce al capo I con
l’intitolazione “principi”, fra i quali ricomprende non soltanto la
conclusione del procedimento (art. 2) e l’uso della telematica (art.
3 bis), ma anche la motivazione (art. 3). E questi non sono i soli
ad essere qualificati principi, ad esempio, al comma 2 dell’art. 22,
la legge aggiunge che “l’accesso ai documenti amministrativi...
costituisce principio generale dell’attività amministrativa”.
[32] La strategia precauzionale, in senso ampio, consta di tre
momenti essenziali: l’analisi del rischio, la sua gestione e la sua
comunicazione. Le misure ispirate al principio di precauzione si
collocano, più in particolare, nell’ambito della fase di gestione
del rischio. Per consolidata giurisprudenza comunitaria, i cui
postulati essenziali sono ribaditi nella richiamata Comunicazione
COM/2000/1, tali misure devono risultare proporzionate rispetto al
livello di protezione prescelto dall’ordinamento per gli interessi
in pericolo e alla gravità del rischio che si intende scongiurare;
le misure non devono essere discriminatorie, devono essere basate su
un esame dei vantaggi e degli oneri derivanti dall’azione o
dall’inazione, devono essere sottoposte a revisione sulla base
dell’evoluzione del sapere scientifico ed in grado di prevedere
eventuali meccanismi di inversione dell’onere della prova, circa la
consistenza del rischio, in capo al singolo produttore piuttosto che
al potere pubblico. La procedura che conduce all’adozione della
misura precauzionale, infine, dovrà essere improntata al principio
di trasparenza e dovrà coinvolgere tutte le parti interessate.
Sul principio di proporzionalità vi è ormai una ricca
letteratura anche in Italia, è sufficiente, pertanto, richiamare da
ultimo l’importante volume di S. COGNETTI, Principio di
proporzionalità – Profili di teoria generale e di analisi
sistematica, ivi le ulteriori indicazioni bibliografiche.
In
giurisprudenza si ricorda, fra le numerosissime pronunce,
l’ordinanza della Corte di Giustizia del 12/7/1996, adottata nel
procedimento Regno Unito contro Commissione, causa C-180/96
R, che ha risolto in senso precauzionale il caso relativo
all’epidemia di encefalopatia spongiforme bovina, affermando, tra
l’altro, che nei casi in cui siano in pericolo beni di importanza
cruciale come la salute umana, si debbano adottare tutte le misure
necessarie al contenimento dei rischi senza peraltro dover attendere
la dimostrazione scientifica del nesso eziologico tra le probabili
cause e gli effetti dannosi (per una dettagliata panoramica sulla
vastissima giurisprudenza della Corte di Giustizia sul principio
precauzionale si rinvia a P. PALLARO, Il principio di precauzione
tra mercato interno e commercio internazionale: un’analisi del suo
ruolo e del suo contenuto nell’ordinamento comunitario, in Diritto del commercio internazionale, 2002, 15). Più di
recente si richiamano, Corte di Giustizia CE, sez. III, 19.6.2008
(Belgio) e, nella giurisprudenza italiana, TAR Veneto, sez. III,
28.3.2003, n. 2116.
[33] In tal senso in Italia v. R. FERRARA, Introduzione al diritto amministrativo. Le pubbliche
amministrazioni nell’era della globalizzazione, Roma-Bari, 2002.
L’A. concepisce il principio precauzionale come “un fondamentale
principio di interpretazione degli eventi materiali e della realtà
tecnico-scientifica rilevanti per il diritto” (p.259),
riconducendolo, dal punto di vista sistematico, al valore più
generale della proporzionalità, che insieme alla ragionevolezza
costituisce il canale attraverso il quale trova la propria
affermazione “la mitezza di un ordinamento positivo”(p. 265, 266).
[34] La recente sentenza della Corte di giustizia CE, sez. IV,
08 luglio 2010, n. 343, meglio consente oggi di ricostruire il
corretto rapporto fra precauzione e proporzionalità. Per applicare
correttamente il principio di precauzione occorre anzitutto
accertare che l’uso di un determinato prodotto sia potenzialmente
nocivo per la salute e/o l’ambiente, valutando la portata del
rischio sulla base dei dati scientifici più affidabili ed
aggiornati. “Qualora risulti impossibile determinare con certezza
l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura
insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi
condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute
nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse, il principio di
precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive, purché esse
siano non discriminatorie e oggettive”. Soltanto accertata la
necessità dell’intervento precauzionale si passa alla valutazione
dell’intervento in termini di proporzionalità, anzi, secondo la
sentenza richiamata l’intervento non deve risultare “manifestamente
sproporzionato rispetto agli interessi economici… al fine di
assicurare un elevato livello di protezione della salute e
dell’ambiente”. Per la giurisprudenza italiana di recente il TAR
Campania, Napoli, sez. V, 2 novembre 2009, n. 6758, ha ben distinto
il principio di proporzionalità da quello di precauzione, precisando
che quest’ultimo consente all’amministrazione pubblica di adottare i
provvedimenti necessari “laddove essa paventi il rischio di una
lesione ad un interesse tutelato anche in mancanza di un rischio
concreto”. Lo stesso TAR sottolinea, peraltro, come il principio di
precauzione debba armonizzarsi per la sua concreta applicazione con
il principio di proporzionalità, dovendosi ricercare un equilibrato
bilanciamento di entrambi i principi in relazione agli interessi
pubblici e privati in gioco (sul piano più strettamente
amministrativo ciò comporta la corretta assunzione degli interessi
in gioco e un’attività istruttoria, nonché una correlata
motivazione, particolarmente rigorosi).
[35] “Riconosciute
dall’Unione o dall’esigenza di proteggere i diritti e le libertà
altrui.”
[36] Non voglio l’importazione di un prodotto non
perché probabilmente dannoso, ma per proteggere il prodotto
nazionale (v. ad esempio, Corte CE, II, 16 luglio 2009, n. 427).
[37] Da ultimo, Corte Giustizia CE, sez. III, 15 aprile 2010, n.
433, ma anche, ad esempio, Corte Giustizia CE, sez. VIII, 30 aprile
2009, n. 132: i casi hanno riguardato macchinari o apparecchiature
con marcatura CE (con la dichiarazione di conformità per il
prodotto) che venivano messe in discussione da uno Stato membro. Sul
confronto fra i principi riferiti all’ambiente e le libertà
economiche nell’ordinamento comunitario v. M. MAZZAMUTO, Diritto
dell’ambiente e sistema comunitario delle libertà economiche, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2009, 1576 ss.
[38] V., ad
esempio, Corte Giustizia CE, sez. IV, 17 febbraio 2009, n. 552. Nel
rapporto fra principio di precauzione ed informazione la Corte di
Giustizia fa prevalere la sicurezza umana anche sull’ordine pubblico
e su altri interessi pur tutelati dalla legge.
[39] Si veda
ancora, Corte Giustizia CE, sez. VIII, 30 aprile 2009, n. 132.
[40] Questo ha già avuto vasti riscontri giurisdizionali con
riferimento alle biotecnologie ed alla possibilità o meno di avere
regimi differenziati anche a livello locale (esemplificativamente si
può rinviare al mio Prime considerazioni sulla disciplina
“interna” di ogm e mogm, in R. FERRARA e I. M. MARINO (a cura
di), Gli organismi geneticamente modificati, cit., 254 ss.),
problema che si pone anche per il principio di precauzione.
[41]
Sul punto v. I. M. MARINO, Principio di legalità e procedimenti
ablativi, in Foro amministrativo TAR, 2010, 729 ss.
[42] I. BERLIN, Controcorrente, Milano, 2000, 152.
[43] S. COTTA, Diritto naturale, in Enciclopedia del
diritto, XII, Milano, 1964, 652.
[44] La vocazione del
nostro secolo per la legislazione e la giurisprudenza (1814). Il
saggio è considerato “giustamente” il “manifesto” dello storicismo
giuridico; sul punto v., V. FROSINI, Diritto positivo, in Enciclopedia del diritto, XII, cit., 654.
[45] T.
ASCARELLI, Certezza del diritto e autonomia privata nella realtà
giuridica, in “Il diritto dell’economia”, 1956, 1242.
[46]
Semmai si possono aggiungere corollari all’interpretazione quale, ad
esempio,la razionalità (che, secondo F. SAINZ MORENO, El
legislador racional y la predecibilidad de la conducta humana, in La proliferacion legislativa: un desafio para el Estado de
Derecho, Civitas, 2004, 141 (dattiloscritto), costituisce parte
fondamentale della interpretazione giuridica).
[47] Sul
principio v. M. C. CAVALLARO, Il principio di integrazione come
strumento di tutela dell’ambiente, in Riv. it. dir. pubbl.
comunit., 2007 (n. 2); ivi ulteriori spunti e riferimenti
bibliografici e giurisprudenziali.
[48] Di strumento indiretto
di protezione dell’ambiente, ma anche di criterio alla cui stregua
l’amministrazione deve esercitare il proprio potere discrezionale
scrive M. C. CAVALLARO, Il principio di integrazione…, cit.
[49] V. la nt. 2.
[50] Si veda il Regolamento EMAS n. 1221
del 25 novembre 2009 all’art. 2, comma 13.
Nel percorso del
diritto dell’integrazione (l’espressione è tratta da I. M. MARINO –
G. F. LICATA, The Law of Integration: an Introduction, in Transylvanian Review of Administrative Sciences, 2009, 235
ss. (disponibile anche al sito
http://www.rtsa.ro/en/261,no.-28-e-2009-special-issue-law-and-public-administration.html)
viene, tra l’altro, messa in discussione la distinzione fra diritto
pubblico e diritto privato per molti dei profili che
tradizionalmente vi si riferiscono, anzitutto per la realizzazione
degli interessi, anche pubblici, e per la necessità di integrare
pubblico e privato in un percorso che vede gli interessi sottostanti
non necessariamente in opposizione.
[51] Altrettanta rilevanza
viene data al principio in Germania ed in Belgio.
La dottrina
francese, peraltro, afferma che vi è oggi in Europa un “florilegio
di principi”, pur non interrogandosi approfonditamente sul perché
dello sviluppo di principi giuridici, o meglio di un diritto per
principi.
[52] Il diritto fondamentale alla salute (proprio come
“interesse generale pubblico all’ambiente salubre”), con i suoi
contenuti, le sue limitazioni e le possibilità d’intervento del
giudice ha dato di recente, com’è noto, occasione alle sezioni unite
della Corte di cassazione (28 dicembre 2007, n. 27187) di
accreditare anche il giudice amministrativo, in sede di
giurisdizione esclusiva, a tutela dei diritti fondamentali qualora
la loro lesione derivi dall’agire autoritativo dell’amministrazione
pubblica. Più di recente la Cassazione, 5 marzo 2010, n. 5290, nel
ribadire per le materie rimesse alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, anche la tutela dell’ambiente salubre quale
“interesse generale pubblico”, ha precisato i poteri del giudice
amministrativo, sia per i risarcimenti, sia in sede cautelare, con
possibilità inibitorie e demolitorie.
[53] Può essere
interessante, tuttavia, ricordare il lavoro di N. DE SADELEER, Le
statut juridique du principe de précaution en droit communautaire:
du slogan à la règle, in Cahiers de droit européen, 2001,
91, il quale dopo aver analizzato la portata normativa del principio
di precauzione nell’ordinamento comunitario, procede all’esame delle
ricadute del principio sugli ordinamenti degli Stati membri,
pervenendo, da un lato, ad affermarne l’applicabilità ogni qualvolta
esso sia esplicitamente previsto in un testo di diritto comunitario
derivato ovvero nei casi in cui gli Stati membri siano chiamati alla
trasposizione di direttive che, sebbene non richiamino espressamente
il principio, dettino normazione in ambiti caratterizzati da
incertezza scientifica (e ciò in forza dell’art. 10 del Trattato CE
che sancisce in capo agli Stati membri un obbligo di cooperazione
finalizzato alla realizzazione degli scopi previsti dal Trattato), e
dall’altro lato a negare al principio effetto diretto immediato,
sulla base dell’interpretazione secondo cui l’art. 174 del Trattato
sembra vincolare unicamente le Istituzioni comunitarie e non anche i
singoli Stati membri. Del medesimo A. si segnala altresì Les
avatars du principe de précaution en droit public, effet de mode ou
révolution silencieuse?, in RFDA, 2001, 547, ove
l’analisi del principio precauzionale viene condotta alla luce dei
paradigmi del diritto della post-modernità al fine di dimostrare
come esso costituisca un vero e proprio emblema del diritto
post-moderno. Ad analoghe conclusioni perviene F. MODERNE, Les
principes: permanence et nouveauté, in RFDA, 1999,
partic. p.740.
[54] Si trattava del Governo francese. Vedi
Safety High-Tech, aff. C-284/95 e Bettati, aff. C-341/95.
[55]
Nella convenzione di Århus la promozione dell’educazione e della
sensibilizzazione ambientale, il riconoscimento ed il sostegno delle
associazioni, delle organizzazioni... che promuovono la protezione
dell’ambiente richiamano la solidarietà. I rivoluzionari francesi,
del resto, aggiunsero la fraternité alla libertà ed
all’uguaglianza nella consapevolezza che le prime due si sarebbero
conseguite soltanto con il riconoscimento della comune appartenenza
alla condizione umana, che ci affratella e ci “costringe” ad essere
solidali, ci costringe ad andare verso un futuro dove con “l’oblio
di stirpi e nazioni” si giunga alla solidarietà del genere umano
cantata da J. L. BORGES, Il pudore della storia, in Tutte
le opere, Milano, 1984, 1069.
[56] Il fenomeno dello “Stato
sociale” inizia in Italia a cavallo fra la fine dell’Ottocento e gli
inizi del Novecento. Ma il riferimento necessitato è anche al nuovo
rapporto Stato-economia inaugurato dal New Deal rooseveltiano, che, peraltro, ha trovato in Europa terreno fertile ben oltre il
periodo della grande depressione; sul punto può vedersi R. VILLARI, Mille anni di storia, Roma-Bari, 2000, 680.
[57]
Del resto, la stessa giurisprudenza italiana coniuga la libertà
d’iniziativa economica con il dovere di solidarietà sociale e con il
rispetto della dignità umana: di recente, in tema di rapporti di
lavoro, si veda Tribunale Trapani, sez. lavoro, 12 luglio 2010;
Cassazione civile, sez. lav., 27 ottobre 2010, n. 21967.
[58]
D’altra parte, è abbastanza evidente che, con lo Stato pluriclasse,
cambino anche i riferimenti prevalenti della solidarietà, mentre non
è possibile in questa sede aggiungere ulteriori considerazioni. La
solidarietà, peraltro, è implicita nel principio dello sviluppo sostenibile integrato con la tutela dell’ambiente
nell’articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea.
[59] Ad un unico principio di prevenzione e precauzione
fa riferimento, ad esempio, il TAR Veneto, sezione III, 28 marzo
2003, n. 2116.
[60] Sul principio di precauzione nel codice
dell’ambiente v. L. BUTTI, Principio di precauzione, codice
dell’ambiente e giurisprudenza delle Corti comunitarie e della Corte
costituzionale, in Riv. Giur. Ambiente, 2006, 06, 809.
[61] Sulla procedura di valutazione preventiva del rischio
ambientale (primo dei tre momenti nei quali si articola la strategia
precauzionale) in termini di species rispetto al genus della valutazione di impatto ambientale, R. FERRARA, Valutazione di impatto ambientale e organismi geneticamente
modificati: alle origini del problema, in Foro Amm. Tar,
2002, 3456.
[62] “Nonché sui beni materiali e sul patrimonio
culturale, sociale ed ambientale, sulla cui base valutare la
condizioni per la realizzazione e l’esercizio delle opere e degli
impianti” (art. 184 del decreto legislativo n. 163 del 2006). Nei
contratti relativi a lavori pubblici riferiti a infrastrutture
strategiche e insediamenti produttivi, nelle procedure per la
valutazione di impatto ambientale delle grandi opere, precauzione e
prevenzione si combinano nella normazione. Oltre al contenuto della
valutazione, che fa riferimento anche all’opzione precauzionale
(alternativa zero), infatti, vi è la qualificazione dei contraenti
generali che devono essere in possesso, tra l’altro, “di un sistema
di qualità aziendale UNI EN ISO 9001”.
[63] In realtà, anche
nella stessa normazione comunitaria riferita agli appalti di lavori
e di servizi, l’art. 52 della direttiva dell’Unione Europea 31 marzo
2004, n. 17, per accertare la capacità tecnica dell’operatore
economico che voglia aggiudicarsi appalti di lavori e di servizi,
gli enti aggiudicatori possono chiedere che l’operatore indichi i
provvedimenti di gestione ambientale che sarà in grado di applicare.
Nei casi in cui gli enti aggiudicatori chiedono l’esibizione di
certificati rilasciati da organismi indipendenti, attestanti che
l’operatore economico si conforma a talune norme di gestione
ambientale, queste norme sono quelle riferite a EMAS o alle
ulteriori norme di gestione ambientale certificate a livello europeo
o internazionale.
[64] Il preambolo della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione, nel riaffermare i diritti derivanti in
particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi
internazionali comuni agli Stati membri, dalla CEDU e dalle Carte
sociali adottate dall’Unione e dal Consiglio d’Europa, fa espresso
riferimento ai diritti derivanti dalla giurisprudenza della
Corte di giustizia e della Corte europea dei diritti dell’uomo.
[65] Ad esempio nella valutazione d’impatto ambientale, v. di
recente TAR Toscana, Firenze, sez. II, 3 marzo 2010, n. 592.
[66] Per limitarci a qualche esempio più recente, si veda in
Italia Cassazione civ., sez. un., 8 maggio 2007, n. 10367, con
riferimento al principio del giusto procedimento, idem, 10 febbraio
2010, n. 2906, sui principi comunitari di concentrazione,
effettività e ragionevole durata del processo; Consiglio di Stato
(sez. V, 1 ottobre 2010, n. 7256), per correttezza, imparzialità e
par condicio; Corte costituzionale (20 maggio 2010, n. 180), per il
principio comunitario di concorrenza; Corte di giustizia CE (sez.
II, 24 giugno 2010, n. 375), per i “principi generali” del diritto
comunitario ed in particolare per il principio di proporzionalità.
[67] Sul particolare valore da accordare ai “considerando” nella
normazione comunitaria vedi, ad esempio recente, Corte giustizia CE,
sez. 02 aprile 2009, n. 134; ma anche, Corte giustizia CE, 9 ottobre
2001, n. 377; idem 23 novembre 1999, n. 149; idem, 13 febbraio 1996,
n. 143; idem, sezione VI, 15 febbraio 1996, n. 63; idem, 9 novembre
1995, n. 91; idem, 28 giugno 1994, n. 187. Nel diritto interno
possono vedersi più di recente TAR Lazio Roma, sez. I, 06 giugno
2008, n. 5578; Cassazione civile, sez. tributaria, 16 giugno 2006,
n. 14049; Cassazione civile, sez. I, 01 febbraio 2005, n. 1995; ma
anche, C. Conti, Reg. Friuli Venezia Giulia, sez. contr., 7 maggio
1999, n. 5; C. Conti, sez. contr., 11 maggio 1998, n. 46/A; TAR
Lombardia, Milano, sez. I, 11 gennaio 1995, n. 54.
[68] EMAS è
“strumento importante del piano d’azione «Produzione e consumo
sostenibili» e «Politica industriale sostenibile» (articolo 1 del
regolamento CE n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio).
[69] Si sottende la diffidenza verso lo “sviluppo” forzato:
mentre si crede nel convincimento, nella “persuasione” degli
incentivi. Anche se vi è la necessità, come si precisa nel terzo
considerando di migliorare il funzionamento degli strumenti
volontari concepiti per l’industria, anche sulla base di un riesame
degli strumenti per incentivare la partecipazione e ridurre gli
oneri amministrativi connessi alla loro gestione.
[70] Nel caso
venga dimostrato un miglioramento nelle prestazioni ambientali
saranno previsti vantaggi ed incentivi per l’adesione ad EMAS su
base volontaria (ottavo considerando) nella direzione di una
effettiva attuazione del diritto dell’Unione.
[71] Uno degli
esempi più rilevanti è dato dall’art. 197 del Trattato sul
funzionamento dell’Unione. L’intitolazione dell’articolo alla
“cooperazione amministrativa” non deve trarre in inganno, in realtà
le norme sono tutte volte a dare effettività al diritto dell’Unione,
a sottolineare l’obbligo degli Stati membri di attuarlo, mentre la
cooperazione è rivolta a migliorare la capacità amministrativa degli
Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione (facilitazione
agli scambi di informazione, agli scambi di funzionari pubblici,
sostegno per i programmi di formazione).
L’Unione Europea prende
così atto e ne fa prendere atto agli Stati membri di come il diritto
non consista nella mera previsione normativa, bensì nella sua
attuazione effettiva, inverandosi in procedimenti amministrativi ed
in processi giurisdizionali.
[72] EMAS è inteso anche a
promuovere, prosegue l’articolo 1 del regolamento, “un dialogo
aperto con il pubblico e le altre parti interessate e infine con il
coinvolgimento e un’adeguata formazione del personale da parte delle
organizzazioni interessate.”
[73] Vedi ad esempio Corte
Giustizia CE, sez. II, 10 gennaio 2006, n. 98.
[74] In tal senso
v. F. TRIMARCHI, op. cit.
[75] Si veda, ad esempio, in maniera
chiara Tribunale Roma, 1 novembre 2002, Ugolini c. Telecom, secondo
cui le emissioni elettromagnetiche vanno valutate non soltanto per
essere certamente dannose, ma anche per essere probabilmente o anche
solo eventualmente dannose; dal momento che il diritto alla salute
merita di essere tutelato, non soltanto in via successiva con il
risarcimento del danno, ma in via preventiva, con i divieti
conseguenti al principio di precauzione per attività potenzialmente
dannose alla salute. In maniera chiara il Tribunale distingue,
pertanto, la tutela risarcitoria, in via successiva, dalla
tutela in via preventiva che opera sull’eliminazione dei
fattori potenzialmente dannosi per la salute.
Sul
principio di precauzione, in relazione all’inquinamento
elettromagnetico v. di recente G. FIGUERA, Il potere
regolamentare dei comuni in materia d’impianti di comunicazione
mobile, in Riv. giur. edilizia, 2007, 3, 1134; ivi
ulteriori indicazioni bibliografiche.
[76] Su precedente
giudiziale e certezza del diritto v. F. SAITTA, Valore del
precedente giudiziale e certezza del diritto nel processo
amministrativo del terzo millennio, in Dir. proc. amm.,
2005, 3, 652. L’Autore precisa che «il riferimento ai precedenti
risulta indispensabile per assicurare quella minima prevedibilità
delle decisioni giudiziarie senza la quale verrebbe messa in
discussione la loro stessa razionalità». Sui problemi veri e falsi
della certezza del diritto mi si consenta di rinviare a I. M.
MARINO, Prime considerazioni su diritto e democrazia, in Scritti in ricordo di Francesco Pugliese, Napoli, 2010.
[77] In questo il principio di precauzione può assimilarsi a
quello di proporzionalità. Per la ricostruzione del principio di
proporzionalità come “un canone di legittimità della normazione e
dell’amministrazione”, che “va ben oltre la legalità, intesa come
fondamento normativo dell’attività amministrativa”, v. G. DELLA
CANANEA – C. FRANCHINI, I principi dell’amministrazione europea, cit., 98 ss.
[78] Cassazione civile, sez. II, 23 gennaio
2007, n. 1391; Tribunale Roma, 1 novembre 2002 (Ugolini c. Telecom),
cit. dove si distingue la tutela risarcitoria, in via
successiva, dalla tutela in via preventiva che opera
sull’eliminazione dei fattori potenzialmente dannosi
per la salute.
[79] Il giudice potrà anche tenere conto del
cosiddetto rischio interattivo di cui si parla quando si impatta con
un sistema a complessità interattiva. Sul punto sia consentito
rinviare al mio, Prime considerazioni sulla disciplina “interna”
di ogm e mogm, in R. FERRARA e I. M. MARINO (a cura di), Gli
organismi geneticamente modificati, cit., 250 s.; ivi ulteriori
indicazioni.
[80] In particolare con il protocollo n. 2
sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità
che introduce notevoli limitazioni alla legislazione dell’Unione.
[81] Esaltando la legge la Corte finisce con l’esaltare il suo
stesso ruolo, così come in altri casi tende a comportarsi da
legislatore. Peraltro, nei casi di sentenze “additive”, dove la
Corte costituzionale, come spesso la dottrina ha ritenuto, crea una
nuova norma, non si vede perché il trattamento riservato alle
sentenze della Corte debba essere diverso da quello riservato alla
legge, anzitutto con riferimento all’ordinamento comunitario.
È
recente la sottolineatura del potere “molto forte” che le Corti
hanno acquisito attraverso la revisione costituzionale, “dal momento
che esse sono incaricate di proteggere, ma anche di definire e
ridefinire, i diritti del cittadino, senza dover rispondere
all’elettorato. Questa, tuttavia, è solo una piccola parte dello
scenario.” Così Y. MÉNY, Il malessere democratico. Paradossi ed
equivoci dalle democrazie nazionali all’Unione Europea, in La
politica e le radici, a cura di C. Baccetti, S. Bolgherini, R.
D’amico, G. Riccamboni, Novara, 2010, 337.
[82] “…il senso di
legalità non ha un senso –si passi il bisticcio- se ad esso non si
accompagni il senso di umanità” (G. MIELE, Umanesimo
giuridico, cit., 454).
[83] Il passato dell’aspro contrasto
fra diritto positivo e diritto naturale si è ormai da tempo
trasformato, diventando un “rapporto dinamico di richieste e
risposte che costituisce la vita stessa del diritto, anzi il diritto
nella sua effettiva realtà” S. COTTA, Diritto naturale, cit.,
652.
[84] Piuttosto che tradurre in precetto giuridico la
“disponibilità alla giusta paura”, come precetto etico che svolgerà
un suo ruolo nell’ambito della nuova etica della modernità; v. sul
punto F. STELLA, Il rischio da ignoto tecnologico e il mito delle
discipline, in AA. VV., Il rischio da ignoto tecnologico, Milano, 2002, 17.
[85] Vedi, invece, G. MIELE, Umanesimo
giuridico, cit., 452-53, richiamato alla nota 11.
[86]
Direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12
marzo 2001.
[87] Può vedersi ora la decisione della II sezione
della Corte di giustizia del 16 luglio 2009, anche se le
argomentazioni della Polonia di ordine etico e religioso sugli OGM
non sono state condivise perché “perseguono finalità etiche estranee
agli obiettivi di tutela dell’ambiente e della salute pubblica”; ma
l’etica è presente e giuridicamente valutata.
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(pubblicato il
15.3.2011)
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