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n. 3-2011 - © copyright

 

IGNAZIO MARIA MARINO

Aspetti propedeutici del principio giuridico di precauzione*

 

 


 

 

SOMMARIO: 1. I presupposti del principio di precauzione. 2. Il principio di precauzione principio generale del diritto europeo. 3. La precauzione a confronto con altri principi. 4. I principi e la legge. 5. Il contesto normativo di riferimento del principio in Europa. 6. Il contesto di riferimento italiano: la Costituzione. 7. Segue: il contesto di riferimento nella legislazione ordinaria: prevenzione, precauzione e gestione del rischio. 8. L’applicazione del principio nell’UE: la precauzione come regola cautelare aperta. 9. Il principio di precauzione come parametro della legalità: il ruolo dei giudici comunitari. 10. Le precondizioni e la paura.


1. I presupposti del principio di precauzione.
A fondamento del principio di precauzione vi sono alcune convinzioni che sono ulteriormente maturate durante lo scorso secolo.
Anzitutto la convinzione che la scienza si evolve attraverso tentativi ed errori e, pertanto, la convinzione di dover convivere inevitabilmente con l’incertezza scientifica[1]. Ciò nulla toglie all’onestà intellettuale nella continua ricerca della verità nelle scienze, ma questo non può eliminare i casi in cui “scientific evidence is insufficient”, come non elimina la (spesso troppo) rapida traduzione applicativa delle scienze, la traduzione in tecnologie non ancora sufficientemente sperimentate.
Di conseguenza, l’incertezza scientifica o/e tecnologica ha posto il problema, rispetto all’ambiente ed alla vita (in particolare la salute dell’uomo), delle cautele di cui circondare tale incertezza, a principiare dall’interrogativo sul da farsi nel caso non possa escludersi[2] che taluni esiti della scienza o/e della tecnologia presentino aspetti rischiosi per la sicurezza (-salute) dell’uomo e dell’ambiente.
Rischio[3] non significa tuttavia un pericolo accertato, come, ancora di recente, hanno avuto modo di precisare i giudici dell’Unione Europea[4], si tratta di “incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi…”[5] e “non si può esigere che una valutazione dei rischi fornisca obbligatoriamente alle istituzioni comunitarie prove scientifiche decisive sulla scelta del rischio e sulla gravità dei potenziali effetti nocivi in caso di avveramento del pericolo”.
Incertezza scientifica, quindi, e rischio, però anche convinzione che la scienza offra all’umanità i mezzi per migliorare, ma che tocca all’uomo valutare, conservando, anzitutto, le condizioni della vita, le condizioni della stessa sopravvivenza[6] dell’uomo e dell’ambiente. Ne, peraltro, l’uomo può fare a meno di accettare le sfide dell’incertezza, così come la presenza del rischio[7].
Se a questo punto introduciamo nel discorso il diritto ci accorgiamo subito che il rapporto fra mezzi, fini e valutazioni diventa più complesso.
Vero che, sia per la scienza come per il diritto delle “forme di Stato” democratiche, la libertà[8] è una precondizione; vero che si suole parlare di mezzi giuridici adoperati o adoperabili, ma nel diritto l’intreccio dei mezzi con gli scopi che si vogliono raggiungere non è scindibile: a cominciare dalla elementare circostanza che il diritto si pone come sistema regolatore[9] della società, della convivenza sociale e per ciò stesso, per sua natura, è costretto a tracciare e conseguire i suoi scopi[10]. Ed è in questo che non può non distinguersi dalla scienza, o almeno dalla concezione che vuole la scienza imprescindibilmente avalutativa[11].
Con il diritto si sceglie e si valuta[12]: quando si pone la norma, quando la si rende in concreto e la si interpreta. Se per esempio ad una determinata attività il diritto conferisce la qualifica di “funzione”, vincolandola al conseguimento di interessi ulteriori (pubblici) rispetto a quelli attinenti alla sfera giuridica personale di chi pone in essere l’attività, il diritto compie una scelta ed una valutazione (si pensi anzitutto alle funzioni previste dalla nostra Costituzione). Ancora ad esempio, dare maggiore rilevanza alla sperimentazione scientifica e tecnologica, alle sue applicazioni, alle sue utilizzazioni, anche economiche, oppure privilegiare il profilo della sicurezza, evitando che l’uomo e l’ambiente possano correre rischi per gli sviluppi –“liberi e avalutativi”- della ricerca scientifica e delle sue applicazioni tecnologiche, fa parte delle scelte e delle valutazioni del diritto.
E così, proprio il principio di precauzione contribuisce a mettere a nudo la differenza: il diritto ci può rendere liberi, ma proprio perché la libertà non è nella sua natura (ma ne può soltanto costituire il presupposto); il diritto può consentire la (scienza) ricerca scientifica libera e avalutativa[13], ma proprio per questo la mancanza di valutazione non può essere nella natura del diritto.
Ragione e giustizia sono, invece, nella natura del diritto, come una realtà condivisa di “fatti e valori”[14]. Sono proprio le valutazioni giuridiche a consentire che talune libertà non minino alla radice le condizioni della nostra esistenza, della nostra stessa sopravvivenza[15].
Sia che, pertanto, si voglia ricondurre il principio di precauzione agli obblighi per tutte le Amministrazioni pubbliche di prevenzione del rischio[16], come avviene in Europa, sia che si voglia ricondurre il principio ad una “complessa” “funzione interpretativa”, come si preferirebbe nel diritto internazionale[17], è fondamentale che alla precauzione si dia la consistenza del diritto, di un principio giuridico di rilevanza fondamentale e crescente, di quanto è (accelerato e) crescente lo sviluppo scientifico e tecnologico; è fondamentale che si dia alla precauzione la consistenza di un principio che viva del complesso rapporto fra fatto e diritto, delle valutazioni-interpretazioni di cui vive questo rapporto, del costante riferimento (all’ambiente e) all’uomo di cui vive questo rapporto, di cui vive il diritto.
E peraltro, se non si riuscisse a fissare una chiara consistenza giuridica del principio di precauzione, l’inevitabile necessità di convivere con l’incertezza scientifica si tradurrebbe, quasi per assurdo, nel superamento o nell’inutilità di ogni principio di precauzione, accettando passivamente i rischi di tale convivenza. Il principio, pertanto, deve assumere consistenza giuridica, anche per il contenuto da dare all’incertezza scientifica, che non può limitarsi al “tipo e al livello” di incertezza, ma deve coinvolgere il (livello del) rischio e gli interessi in gioco: la gravità o l’irreversibilità delle conseguenze rischiate[18].

2. Il principio di precauzione principio generale del diritto europeo.
L’apprezzamento giuridico del principio di precauzione in Europa[19] richiede, anzitutto, di ricostruire il quadro di riferimento normativo.
Com’è noto, il principio di precauzione non costituisce soltanto, ai sensi dell’art. 191[20] del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (ex art. 174 del Trattato CE) uno dei principi fondamentali sui quali si fonda la politica ambientale comunitaria. La sua portata precettiva è assai più ampia. Esso trova applicazione, così come puntualizzato dalla Commissione europea, relativamente a tutte le decisioni politiche esercitate “in condizioni in cui le informazioni scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono indicazioni che i possibili effetti sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possono essere potenzialmente pericolosi e incompatibili col livello di protezione prescelto” (punto 1 della Comunicazione della Commissione sul Principio di Precauzione, COM/2000/1).
Inoltre, bisogna prendere atto che il principio va inquadrato in sistemi giuridici dove continua a crescere la fortuna dei principi e che il principio di precauzione non si sottrae a questa fortuna, considerato com’è un principio generale dell’ordinamento europeo, come definito dalla sentenza Artegodan (2002) del Tribunale di primo grado[21]; anche fondando sulla Convenzione di Århus (1998)[22] e sulla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione (2000-2007)[23].
Del resto, il Trattato di Lisbona (il primo), quando all’art. 6 riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione, aderisce anche alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ed afferma che tali diritti fondamentali “fanno parte del diritto dell’Unione, in quanto principi generali”[24]. Secondo l’espressione del Trattato, pertanto, i principi generali fanno parte del diritto dell’Unione: segnatamente, il principio di precauzione, in quanto principio generale dell’ordinamento europeo, non può sottrarsi alla sua connotazione giuridica.
Il principio[25] impegna, inoltre, le Autorità a considerarlo un principio “autonomo”[26] che obbliga ad approntare ogni misura atta a prevenire qualsiasi potenziale rischio per la salute pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente[27] e a considerarlo principio preponderante rispetto agli interessi economici[28].
Ma il principio, come tale, è oggi interessato pure da una molteplicità di problemi ulteriori che lo riguardano, compresa la sua collocazione nelle fonti del diritto. Del resto, anche in Italia si è riconsiderato ancora di recente il problema dei principi, soprattutto a confronto con la legge[29].
I principi giuridici, si è detto, trovano applicazione laddove la norma positiva sia inadeguata e, tuttavia, principi e norme sono i fondamenti dei diritti. In particolare dei diritti umani che, coniugati con quella “straordinaria categoria giuridica” (G. Rossi) che è la Rule of Law, costituiscono “il più civile orizzonte dei diritti”.
Lo stesso principio di legalità, peraltro, quale principio tipico dei sistemi a diritto amministrativo, nel significato dell’attribuzione per legge di ogni potere o potestà e degli scopi pubblici per i quali il potere o la potestà vengono attribuiti, viene oggi richiamato quale equivalente dello Stato di diritto[30] o se ne traggono significati corrispondenti a quelli differenti attribuiti al principio nell’Ordinamento anglosassone (Rule of Law, Principle of Legality: pari dignità, medesime regole fra Amministrazione e cittadino, pari sottoposizione alla Common Law amministrata dai giudici).
Il principio di precauzione prende così forma anzitutto attraverso uno sforzo di comprensione di tipo sistematico, che inizia dall’interrogarsi sul perché dell’accresciuta attenzione degli ordinamenti contemporanei per i principi, a cominciare dall’ordinamento dell’Unione Europea[31]. Del resto il principio di precauzione è un principio che può coniugarsi, anzi spesso si coniuga, con altri principi.

3. La precauzione a confronto con altri principi.
Alcuni di questi principi sono notissimi ed hanno una loro storia anche con riferimento al rapporto con la precauzione, come il principio di proporzionalità[32], con il corollario del principio di ragionevolezza.
A tal proposito mi sembra riduttivo ricondurre la precauzione al principio di proporzionalità quale valore più generale[33]. Anzi, nel rapporto fra proporzionalità e precauzione è quest’ultima ad avere un valore più generale ed a precedere logicamente l’esigenza che l’intervento richiesto dal principio di precauzione non sia sproporzionato rispetto alle conseguenze potenzialmente negative per la salute o/e per l’ambiente[34].
Più in generale, tuttavia, il principio di proporzionalità sembra essere il momento di conciliazione o di equilibrio fra il diritto alla libertà e il diritto alla sicurezza dell’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dal momento che le eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Carta possono avvenire qualora “siano necessarie e rispondano a finalità d’interesse generale…[35]”, nel rispetto del principio di proporzionalità (articolo 52, comma 2).
La proporzionalità consente, pertanto, di tenere conto del rischio, quale probabilità di un danno reale (secondo la definizione della Giurisprudenza della Corte di Giustizia) e, con la previa valutazione del rischio sulla base delle migliori ricerche scientifiche, di tenere conto della non arbitrarietà della precauzione: si potrebbero infatti dissimulare anche forme di protezionismo[36].
Il principio di precauzione si è anche confrontato con il principio di preminenza del diritto comunitario[37]: ogni qualvolta vi sia una misura di armonizzazione, vi sia cioè una regolamentazione armonizzata a livello comunitario, lo stato membro deve sottostare, a meno che non inizi il procedimento sulla base di nuove informazioni.
La precauzione, peraltro, si confronta con forza anche con l’informazione: alla comunicazione delle informazioni in materia ambientale utili alla precauzione non si può opporre da parte dello Stato membro neppure la protezione dell’ordine pubblico o di altri interessi, quand’anche tutelati dalla legge[38]. L’informazione, infatti, ha soprattutto l’effetto di rendere i cittadini corresponsabili dei pregiudizi arrecati all’ambiente, alla vita, secondo i portati della Convenzione di Århus: “Ogni persona ha... il dovere di tutelare e migliorare l’ambiente, individualmente e collettivamente, nell’interesse delle generazioni presenti e future”.
Al valore dell’informazione bisogna aggiungere i valori procedimentali: la precauzione richiede, infatti, accessibilità, termini ragionevoli, motivazione, agevole possibilità d’impugnazione[39].
Neppure il principio di sussidiarietà può considerarsi estraneo alla precauzione non soltanto per il coinvolgimento dei privati, per il rapporto fra esigenze o preoccupazioni locali e ordinamento nazionale e comunitario o per le esigenze di adeguatezza che il principio pure sottende, ma soprattutto per il rapporto fra le fonti nei sistemi pluralistici[40].
Anche da quest’ultimo punto di vista, la necessità per i giuristi dell’Europa continentale di una visione integrata del diritto è diventata ineludibile. Di questa visione integrata i principi costituiscono ormai parte rilevante, fissando il quadro di riferimento giuridico di sistemi in cui legge, procedimenti amministrativi e processo-giurisdizione costituiscono il diritto, sono rappresentativi di funzioni pubbliche costituzionalmente assicurate, in necessario equilibrio e reciproco rispetto[41].

4. I principi e la legge.
Certo si è ormai compreso che i principi, di cui in passato il diritto naturale si faceva portatore, non possono più avere la pretesa di essere assoluti e tanto meno di essere sottratti al tempo: “Non esiste alcun atemporale e immodificabile concetto della giustizia o della proprietà o della libertà o dei diritti; questi valori mutano col mutare della struttura sociale di cui sono parte...”[42]. Tuttavia, possiamo dire sin d’ora, che i principi continuano a svolgere il loro ruolo tradizionale di stimolare la giustizia e di sollecitare il rinnovamento giuridico del diritto positivo in modo che sia permanentemente aderente “alla situazione degli uomini viventi in società”[43].
Considerare la precauzione un principio giuridico, pertanto, nulla toglie all’esigenza della sua evoluzione, tanto più marcata rispetto ad altri principi in quanto correlata all’evoluzione delle scienze e delle tecnologie.
L’esaltazione dei principi giuridici nel momento presente, provocata anche dall’ansia di ricercare una migliore giustizia, non impedisce affatto, pertanto, di costruire un diritto “positivo” sui principi che non dia al diritto alcuna patente di assolutezza, vivendo esso nella storia, in tempi e luoghi e secondo il modo di atteggiarsi di una società: che questo è l’insegnamento dello storicismo giuridico, a partire dal suo manifesto nell’opera di F. K. von SAVIGNY[44].
Il riferimento alla storia costituisce una buona occasione per precisare che alcuni aspetti del diritto fanno parte in realtà (della comprensione) del fenomeno giuridico e non possono pertanto considerarsi principi: le norme giuridiche sono intellegibili soltanto sul terreno storico, al pari di tutti i motivi che concorrono allo sviluppo della storia: “economici, ideali, di potere o di equilibrio”[45] che siano. Allo stesso modo, il riferimento all’interpretazione-attuazione costituisce semplicemente riferimento al diritto[46], perché il diritto è interpretazione-attuazione, vive dell’interpretazione attuazione, senza la quale il diritto non esiste: la “scienza giuridica” non può scindersi dal percorso interpretativo e dalla giurisprudenza.
Del resto, se, soggiacendo ai pregiudizi continentali ed alle (spesso sconsiderate) richieste d’intervento legislativo, si volesse intervenire con legge a regolare la precauzione al di là della sua acquisizione come principio, si sarebbe già fuori della precauzione. La legge rispetto alla scienza può disciplinare la prevenzione e può disciplinare le conseguenze (risarcitorie) in termini di danno, ma non può disciplinare l’incertezza scientifico-tecnologica. E, peraltro, se vi è sufficiente certezza non vi è precauzione: se si conosce come prevenire e si possono prevedere gli esiti si potranno dettare misure di prevenzione e disciplinare gli eventuali risarcimenti. Ma la precauzione scatta quando non si conosce come prevenire ne quali potranno essere gli esiti di ricerche scientifiche e delle loro applicazioni tecnologiche, ma si percepisce il rischio, la probabilità di gravi o irreversibili conseguenze per l’ambiente o/e la salute.
Bisogna così prendere atto che spesso, come nel caso della precauzione, la legge è inadatta a andare oltre il principio o gli scopi. Basterà richiamare in proposito l’esempio dell’articolo 1 della legge sul procedimento (n. 241 del 1990): se si vogliono conseguire risultati nell’agire amministrativo la legge può fissare gli scopi ed anche indicare i criteri o principi da seguire, ma non può andare oltre; dovrà necessariamente lasciare alla pubblica amministrazione quella “libertà” vincolata allo scopo da conseguire (la radice della funzione e della discrezionalità amministrativa) che le consenta di svolgere la funzione amministrativa, di costruire in concreto il soddisfacimento dell’interesse pubblico, di raggiungere in concreto quel risultato corrispondente agli scopi voluti dalla legge.

5. Il contesto normativo di riferimento del principio in Europa.
La rilevanza del principio di precauzione è, tuttavia, legata, al di la delle previsioni normative e degli interventi giurisprudenziali che puntualmente lo riguardano, al contesto di riferimento del principio, sia a livello comunitario che nelle Costituzioni degli Stati membri.
E così, l’interpretazione del principio di precauzione inizia dall’esame del tessuto sistematico di riferimento del principio di precauzione, a partire dal trattato CE e dai trattati UE: l’ex art. 174 del Trattato CE, infatti, laddove il principio viene riferito all’ambiente, con la clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere per motivi ambientali di natura non economica misure provvisorie soggette ad una procedura comunitaria di controllo, non esauriva e non esaurisce di certo le norme che implicitamente o espressamente costituiscono il fondamento del principio di precauzione.
Infatti, nell’art. 3, comma 3, del Trattato l’Unione Europea (ex art. 2 del Trattato CE), si prescrive un “elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente” che, in combinato con l’art. 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione (ove si ribadisce il “livello elevato…” ed il “miglioramento…”, aggiungendo che questi devono essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente allo sviluppo sostenibile), conferma quello che veniva definito il principio di integrazione[47] (ex art. 6 del Trattato CE). Secondo quest’ultimo principio, le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni comunitarie, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile.
Proprio per questo il principio di integrazione, quale corollario del principio di precauzione, non può qualificarsi come uno strumento “indiretto” di protezione dell’ambiente, bensì come un principio, un criterio[48] direttivo alla cui stregua ogni intervento pubblico e privato viene valutato in permanenza: dalla fase di progettazione e di piano[49], fino alla realizzazione degli interventi. Ed è proprio questa permanente integrazione dei valori ambientali e della sicurezza umana nelle politiche pubbliche, nell’azione amministrativa, nelle intraprese private che chiarisce la particolare rilevanza giuridica del principio di precauzione ed suo apprezzamento anche da parte dei giudici.
In successive norme del Trattato UE i presupposti della precauzione investono la sanità e la sicurezza oltre che la protezione dei consumatori e dell’ambiente. L’art. 114, comma 3, (ex art. 95 del Trattato CE), dispone che la Commissione, nelle sue proposte in materia di sanità, sicurezza, protezione dell’ambiente e protezione dei consumatori deve basarsi su un livello di protezione elevato, “tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici”.
Allo stesso modo il titolo XIV del Trattato UE (ex titolo XIII del Trattato CE) sulla sanità pubblica esordisce all’art. 168 (ex art.152 del Trattato CE) con la garanzia di un livello elevato di protezione della salute umana a cui deve mirare l’azione della Comunità, anche attraverso misure di miglioramento, di prevenzione, di eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana, di incentivazione. Lo stesso livello adeguato di protezione è previsto al successivo articolo per i consumatori, per i quali l’Unione contribuisce a tutelare la salute e la sicurezza, oltre agli interessi economici.
È, pertanto, in tale contesto di riferimento che l’art. 191 fonda la politica dell’Unione in materia ambientale: oltre che sull’elevato livello di tutela, sul principio di precauzione; con l’aggiunta di una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie (soggette ad una procedura comunitaria di controllo); con la libertà per gli Stati membri di mantenere e di prendere provvedimenti per una protezione ancora maggiore (art. 193, ex art. 176).
Ma può anche vedersi l’esempio della direttiva 98/44 CE-Parlamento sui brevetti d’invenzione che non possono inibire limitazioni, divieti o controlli sulla ricerca e sull’utilizzazione o sulla commercializzazione dei suoi risultati, “con particolare riguardo alle esigenze di sanità pubblica, sicurezza, tutela dell’ambiente, protezione degli animali, conservazione della diversità genetica e relativamente all’osservanza di alcune norme etiche” (considerando 14).
Come si vede il principio di precauzione meglio s’intende se ricondotto agli obblighi assunti in sede comunitaria di assicurare un alto livello di protezione dell’ambiente, della salute e dei consumatori e il principio di integrazione prima richiamato fa acquistare alla precauzione un più spesso significato, prescrivendo che la tutela dell’ambiente deve considerarsi integrata nella definizione delle politiche ed azioni comunitarie; comprendendovi l’elevato livello da accordare alla protezione della salute e il rafforzamento della protezione dei consumatori. Come dire che, lungi dall’impedire l’innovazione scientifica e tecnologica, nell’innovazione va assicurata in permanenza la protezione, anche (o meglio: anzitutto) nei termini di ridurre i rischi per la salute e l’ambiente.
Questo è anche il portato dell’articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, dal momento che, come si è detto, “il livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente allo sviluppo sostenibile”. Questa integrazione, che ricomprende pure l’interazione fra pubblico e privato, è proprio alla base del sistema ambientale, anche dal punto di vista della gestione del rischio, della precauzione[50].

6. Il contesto di riferimento italiano: la Costituzione.
In Italia non si è avuta sul principio di precauzione un’attenzione tempestiva e di pari livello rispetto ad altri Paesi europei. Il principio, ad esempio, è studiato da molto tempo in Francia, anche perché trova una puntuale previsione costituzionale[51].
La nostra Costituzione non è priva, tuttavia, di riferimenti riconducibili al principio di precauzione. L’art. 41 della Costituzione lo presuppone nella previsione secondo cui la libertà d’iniziativa economica viene integrata con il principio del “non contrasto” e del “non recar danno” alla sicurezza, oltreché alla libertà ed alla dignità umana.
L’art. 32, che tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività ed è ormai pacificamente comprensivo dell’ambiente salubre, vincola in maniera chiara la legge: essa non può in nessun caso violare il limiti imposti dal rispetto della persona umana[52]. Ed è proprio in questa direzione, come si è detto, che matura la rilevanza del principio di precauzione: perché è un principio giuridico in grade di limitare anche la legge, quando è in discussione la persona umana: la qualità della sua vita, la sua sicurezza, la sua stessa esistenza.
Alla luce delle Costituzioni degli Stati europei, non sorprende, pertanto, che il principio venga considerato principio generale dell’ordinamento comunitario, con la conseguenza giuridica di funzionare anche come momento di controllo della legalità interna, sia di livello comunitario come per gli Stati membri[53]. Del resto la Corte di Giustizia ha già sindacato una direttiva comunitaria nella decisione Standley (aff. C-293/97) fondando sul principio di precauzione ed ha effettuato altresì il controllo di legalità su provvedimenti del Governo degli Stati membri[54], alla luce dello stesso principio.
Al contesto di riferimento del principio non può mancare l’art. 2 della nostra Costituzione sul riconoscimento della garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo e sui doveri di solidarietà… sociale.
Ricondurre ai diritti inviolabili dell’uomo il principio di precauzione appare quasi naturale, lo è di meno riportarlo alla solidarietà. Ma la solidarietà umana è alla radice dei diritti fondamentali e le salvaguardie insite nel principio di precauzione possono ben riportarsi al principio di solidarietà[55]. Del resto la solidarietà non può non rientrare anch’essa nell’evoluzione: si è passati, in forza delle necessità presentatesi storicamente, dalla preminente attenzione dedicata dal Welfare State[56], nel periodo immediatamente successivo allo Stato liberale o borghese, alla solidarietà economica (che contribuì decisamente a giungere allo Stato pluriclasse), alla preminente attenzione ora dedicata alla solidarietà umana[57], con il corollario della solidarietà sull’ambiente quale momento imprescindibile dell’umanità[58].

7. Segue: il contesto di riferimento nella legislazione ordinaria: prevenzione, precauzione e gestione del rischio.
Principio di precauzione e gestione del rischio sono ormai entrati nel diritto italiano, anche per i numerosi interventi dei giudici; emergono tuttavia difficoltà concrete nel distinguere la precauzione dalla prevenzione[59], così come il rischio dal pericolo.
La legislazione italiana, infatti, come può vedersi, ad esempio, nell’art. 308 del Codice dell’ambiente[60] (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), quando parla dell’attività di prevenzione e ripristino (ambientale) vi accorpa la precauzione. Tanto più che il comma 4 dello stesso art. 308, quando elenca i casi in cui non si fa carico all’operatore per danno ambientale o minaccia imminente di tale danno (danno causato da un terzo, danno conseguente all’osservanza di un ordine o istruzioni obbligatorie impartite da un’autorità pubblica), accomuna i costi delle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino, ma in realtà in nulla queste azioni possono riferirsi alla precauzione secondo quanto può trarsene dal diritto dell’Unione europea: dove il principio di precauzione si pone, infatti, a monte della prevenzione.
Lo stesso avviene per quanto si riferisce alla “gestione del rischio” confusa spesso con la “gestione della prevenzione”. Le misure di gestione ambientale, ad esempio, previste dal codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), si riferiscono al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) o a norme di gestione ambientale basate sulle pertinenti norme europee o internazionali certificate da organismi conformi alla legislazione comunitaria o alle norme europee o internazionali relative alla certificazione (art. 44). È, tuttavia, indicativo che fra i criteri dell’offerta economicamente più vantaggiosa vengano inseriti, sia pure a titolo esemplificativo, “le caratteristiche ambientali e il contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell’opera e del prodotto” (art. 83); come pure nel contenuto della valutazione di impatto ambientale[61], la valutazione di un progetto deve individuare le sue principali alternative, “compresa l’alternativa zero, sull’uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull’aria, sul clima, sul paesaggio e sull’interazione fra detti fattori[62].
Il caso più evidente rimane, tuttavia, quello del codice dell’ambiente in cui, anche all’art. 309, ancora una volta le misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino riguardano “qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale”, non distinguendosi rischio-precauzione da pericolo-danno[63]. Peraltro, lo stesso sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), di cui al recente regolamento n. 1221 del 25 novembre 2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio, resta difficilmente definibile in termini di netta separazione fra precauzione e prevenzione.
Come si vede, appalti e ambiente si muovono oggi in un tessuto tecnico-normativo del quale non è sempre facile trovare il bandolo sistematico.
Se è indispensabile, pertanto, il riferimento alla cornice normativa è altresì indispensabile che si riesca a ricondurla, per quanto possibile, ad un ordine ragionevole e sistematico, che si riesca ad imbrigliare le tecniche all’interno delle valutazioni giuridiche suggerite dalle norme, che si riesca a costruire un impianto concettuale che tenga conto del fondamentale riferimento del diritto all’uomo, secondo i principi dell’ordinamento giuridico dell’Unione; questo richiede un aggiornamento dell’interpretazione sistematica, apprezzando ed ampliando il ruolo dell’amministrazione e della giurisdizione[64].

8. L’applicazione del principio nell’UE: la precauzione come regola cautelare aperta.
Com’è noto, l’indicazione normativa nella direzione della distinzione fra precauzione e prevenzione ci viene data, invece, dall’art. 191 del Trattato di Lisbona sul funzionamento dell’UE (già art. 174 del Trattato CE), secondo cui la politica dell’Unione in materia ambientale, pur tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni, mira ad un elevato livello di tutela e fonda su principi distinti: la precauzione, l’azione preventiva, il principio della correzione in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, ed infine il principio “chi inquina paga”.
Il primo passo è quello, pertanto, di distinguere la precauzione dall’azione preventiva, anche se è possibile e plausibile che entrambe possano convivere, pur nelle rispettive identità giuridiche[65] a tutela dello stesso bene. La precauzione, tuttavia, trova il suo fondamento negli scopi che le sono propri: “governare” in via precauzionale (e con misure proporzionate) attività considerate rischiose per i dati scientifici ancora incerti e per le altrettanto incerte applicazioni tecnologiche, mentre la prevenzione mira a scongiurare un pericolo noto e spesso comunemente acquisito attraverso, appunto, l’azione preventiva.
Nondimeno, l’impostazione-interpretazione sistematica dovrà occuparsi, non soltanto di distinguere un principio dall’altro, quanto di configurare un ordine o un equilibrio fra i principi. Si vuol dire che, mentre può in qualche caso essere semplice capire la preminenza di un principio su altri, anche aiutati dalla casistica giurisprudenziale, il mondo di un diritto per principi è ancora inesplorato dall’interpretazione sistematica.
Ma vi è di più, non soltanto i principi tratti dall’Ordinamento giuridico sono diritto, ma tendono a diventare una sorta di diritto preminente rispetto ai puntuali dati normativi e, comunque, una necessaria chiave interpretativa di questi dati. La stessa giurisprudenza sente il bisogno, sempre più spesso, di ancorare le sue decisioni alla “forza” dei principi[66].
Ecco così che, ad esempio, i “considerando”[67] (ben 32) che precedono il regolamento EMAS del 2009 (regolamento CE n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio) sono fondamentali per la comprensione del regolamento e per le indicazioni sistematiche sui principi della promozione della crescita sostenibile nell’UE: con riguardo al rapporto fra prestazioni ambientali e sviluppo sostenibile[68]. Pur ritenendo necessario, infatti, incoraggiare una più ampia partecipazione ad EMAS, il principio “preminente” è quello della volontarietà degli impegni assunti dalle imprese; e così l’adesione volontaria diventa un dato sistematico fondamentale[69], con il corollario dell’incentivazione dell’adesione ad EMAS[70] e dell’effettiva attuazione del diritto dell’Unione. Principi che sono, peraltro, ricompresi nell’obiettivo del sistema comunitario di ecogestione e audit fissato dall’art. 1 del Regolamento.
Di ordine sistematico è poi l’invito nel quinto considerando, agli Stati membri di tener conto della registrazione EMAS nell’elaborazione della legislazione o, ancora più importante, per utilizzare questo riferimento come strumento a fini di verifica dell’applicazione della legislazione, tenendo in particolare conto EMAS nelle politiche sugli appalti e così nella definizione delle condizioni contrattuali. L’attenzione dedicata all’effettiva applicazione delle norme, non vuole disconoscere la rilevanza della corretta elaborazione, ma vuole indicare l’assoluta necessità di tenere in conto primario l’attuazione effettiva del diritto, in particolare del diritto dell’Unione, riconsolidando il principio di effettività[71].
Il principio di apertura del sistema, che è volto a promuovere il miglioramento continuo delle prestazioni ambientali: “la valutazione sistematica, obiettiva e periodica delle prestazioni di tali sistemi, l’offerta di informazioni sulle prestazioni ambientali”[72], collima con l’aver ricondotto il principio di precauzione ad una “regola cautelare aperta”. Ciò comporta, anche per questi versi, lo spostamento d’attenzione dalla normazione all’amministrazione e ai giudici. Precauzione e gestione del rischio non possono che richiedere una gestione concreta che dal disegno normativo passi all’amministrazione in rapporto con il privato e che dall’amministrazione sia suscettibile di giungere al giudizio per l’ulteriore “definitiva” concretizzazione[73].
Non pare così conducente riportare all’applicazione del principio di precauzione le medesime precedenti “metodiche” dell’azione amministrativa e delle valutazioni giurisdizionali o i medesimi parametri concettuali sulla certezza del diritto e sul risarcimento del danno[74].
La costruzione del concreto interesse pubblico non può avvenire in presenza di rischio per i valori ambientali e di sicurezza umana: l’interesse pubblico consisterà nel caso nella cautela dell’intervento, spesso nel non intervento.
La valutazione del giudice è più adusa agli impatti cautelari, ma questi impatti si sono trasformati nel momento in cui sono stati messi in relazione al rischio e all’incertezza e non al pericolo o al pregiudizio grave e irreparabile.
I profili risarcitori, infine, sono estranei alla gestione del rischio sulla base del principio di precauzione[75]. Il risarcimento impatta, invece, con i due principi ulteriori in materia ambientale: “correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente”, in cui siamo nell’ambito della riduzione in pristino stato; principio “chi inquina paga”, in cui, con ancor più evidenza, si colgono i profili risarcitori.
Se vi è un evento dannoso in conseguenza di un’attività ci si confronterà con l’ampia disciplina e l’applicazione casistica che se ne è fatta in materia risarcitoria, ma questo ha poco o nulla a che vedere con il principio di precauzione: la “carenza” di precauzione potrà scattare soltanto in caso di evento dannoso e sarà questo ad individuare i profili giuridici del risarcimento; “l’eccesso” di precauzione potrà fare scattare piuttosto profili di rivedibilità in presenza di ulteriori informazioni, mentre sono improbabili profili risarcitori.
Un principio, infine, che si pone come regola cautelare aperta pone, secondo i consueti pregiudizi, problemi in merito alla certezza del diritto. Ma, per dirla in breve, per offrire ai cittadini un grado di certezza maggiore occorre consolidare i parametri interpretativi ed applicativi, con l’aggiunta della necessità di garanzie, non offerte dalla legge, ma talora anche costruite nei suoi confronti. Del resto, a livello comunitario, il “principio di legalità” viene anche presentato come principio della regola predeterminata a cui conformare le azioni giuridicamente rilevanti: ciò che è giuridicamente rilevante deve essere giuridicamente predeterminato Ma la predeterminazione è assicurata anzitutto dall’uniformità dell’interpretazione e dell’applicazione da parte dei Giudici (in particolare dai giudici comunitari: articolo 19 Trattato UE, ex art. 220 del Trattato CE, ex art. 164)[76]

9. Il principio di precauzione come parametro della legalità: il ruolo dei giudici comunitari.
Considerato, pertanto, il contesto di riferimento e lo spessore che il principio ha acquistato come principio generale dell’ordinamento europeo è naturale farvi derivare la conseguenza di un principio-parametro della legalità[77] riferita sia alle norme comunitarie che a quelle degli stati membri, sia ai comportamenti privati che pubblici.
A questo punto è naturale chiedersi quale rilevanza acquistano i giudici ed in particolare i giudici comunitari in forza di una tale costruzione del principio di precauzione.
Si è già detto dell’integrazione fra norme e principi. Ciò ha come conseguenza anche l’integrazione nella produzione-interpretazione di queste norme e principi. La più volte segnalata (soprattutto dai processualcivilisti e dai filosofi del diritto) vocazione del tempo presente per la giurisprudenza non è dovuta soltanto, come più comunemente si sostiene, al modo di legiferare, bensì soprattutto alle sfide del nostro tempo, anche alle sfide scientifiche e tecnologiche. Un’evoluzione quest’ultima che non può trovare risposte adeguate soltanto nella legge; anzi, che nella legge non può e non deve trovare sempre la necessaria corrispondenza, come non può esaurirsi nel procedimento autorizzatorio, quand’anche permanentemente rivedibile[78], ma può richiedere, proprio come regola cautelare aperta, di essere assicurata (anzitutto cautelarmente) dal giudice[79].
Non da adesso la legge è entrata in crisi, non da adesso è difficile estirpare le incrostazioni che si creano attorno ad essa. Basti considerare come di questo vi sia consapevolezza nell’Unione europea, con le cautele introdotte nei procedimenti legislativi col trattato di Lisbona[80], o come, al contrario, la Corte Costituzionale italiana, ad esempio con la sentenza 17 marzo 2006, n. 116, proprio intervenendo sul principio di precauzione per accreditare l’intervento delle regione in materia di colture transgeniche, tenda a potenziare il diritto per legge (penalizzando i percorsi amministrativi come se fossero un minus)[81].
Ma le garanzie offerte dalla legge non sono più quelle che mettevano al riparo dal potere esecutivo nell’Ottocento: oggi riceviamo maggiori garanzie dalla funzione amministrativa e da quella giurisdizionale, mentre bisogna coltivare la pari dignità delle funzioni pubbliche (almeno di quelle parimenti previste dalla Costituzione).
E così la tutela offerta dall’amministrazione e dal giudice si rivela più adeguata e più vicina all’uomo: il rapporto umano, peraltro, è il riferimento naturale nel procedimento amministrativo e nel giudizio. Lo stesso diritto che inevitabilmente si forma e si evolve in entrambe le funzioni: amministrativa e giurisdizionale è naturalmente correlato alle esigenze umane ed alla loro evoluzione[82].

10. Le precondizioni e la paura.
I principi, inoltre, dovrebbero essere più adatti rispetto ad un diritto naturale-universale[83], perché si presentano anche come una sorta di precondizioni per avere un ordinamento autenticamente giuridico: laddove i principi avallano l’essenza umana del diritto. La precauzione, l’informazione, la proporzionalità, la sussidiarietà, e via dicendo, costituiscono, anzitutto, condizioni fondamentali di “metodo” a cui ciascun ordinamento in Europa deve sottostare, ma che possono essere riempite di contenuti, anche variabili, rispettando l’essenza dei principi.
Per il principio di precauzione, se l’esigenza di sicurezza si traducesse in un principio di possibile aggressione ai diritti, il principio di precauzione avrebbe falsato il suo compito. La sopraffazione dei diritti (specie dei diritti umani) ingenerata dalla paura e dall’eccesso di sicurezza che ne consegue, non si collocherebbe più nell’ambito del principio di precauzione.
Il principio, infatti, deve anche servire a contenere la paura[84] e non può trasformarsi in un principio di prevaricazione del diritto: anzi esso è un principio del diritto di enorme interesse e portata proprio perché può intervenire attraverso i giudici, anche quando una regolamentazione sia divenuta inadeguata, consentendo, con la necessaria tempestività, all’evoluzione, alle incertezze dell’evoluzione. Ma, dal momento che l’esigenza di sicurezza deve essere comunque valutata ed effettiva, la precauzione non consente alla paura, anzi allontana attraverso la sua affermazione la paura stessa.
Anche in conseguenza di ciò, la gran parte della nostra protezione dai rischi da incertezza scientifica e tecnologica si sposta a livello di procedimenti amministrativi e giudiziari: per la possibilità insita in entrambi di far intervenire il cittadino e di assicurare rapidi interventi cautelari. Tutto ciò deve sollecitare una forte volontà, individuale e collettiva, di non disattivare la coscienza e la responsabilità di ciascuno di noi, sia nei confronti del rischio, come pure nei confronti della libertà di ricerca e dell’uso che se ne vuole fare. Questa interazione fra pubblico e privato è proprio alla base del sistema ambientale, anche dal punto di vista della gestione di rischio e precauzione (si veda l’art. 2 del Regolamento EMAS, al comma 13).
In molti hanno inculcato l’idea sbagliata che diritto ed etica si muovessero su piani differenti[85], con la stessa differenza che corre fra regola etica e regola giuridica. Ma proprio il principio di precauzione è fondamentale per l’apprezzamento giuridico dei principi etici: essi sono previsti, ad esempio, in alcuni (9, 57) considerando della direttiva 2001 sugli OGM[86]. Nel caso del rischio da incertezza scientifica e/o tecnologica i principi etici dovranno quasi per necessità crescere sempre più d’intensità come principi giuridici, per quanto il diritto è costretto ad assumere concetti solo eticamente fondati o, quanto meno, eticamente “contaminati”, per così dire: nel rischio da incertezza scientifica e tecnologica, le informazioni e le consultazioni, la buona fede, l’effettività, l’amministrazione procedimentalizzata e democratica, il giusto processo, traducono l’etica in diritto[87].

 

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* Questo scritto, dedicato ad Alberto Romano, deriva dalla relazione al Seminario sul tema La precauzione nella Pubblica Amministrazione tenuta il 14 dicembre 2009 presso il Centro Interdipartimentale di Ricerca e Servizi per le decisioni giuridico-ambientali e la certificazione etica d’impresa dell’Università degli Studi di Padova.
[1] Quasi a mo’ di esempio, autorevolissimo esempio, può ricordarsi il volumetto di K. R. POPPER e K. LORENZ, Il futuro è aperto, Milano, 1989 (titolo originale, Die Zukunft ist offen, Das Altenberger Gespräch, München, 1985).
[2] La Corte di giustizia CE, sez. II, 13 dicembre 2007, n. 418, fa applicazione del principio di precauzione alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche con riferimento ad una probabilità o ad un rischio che il piano o progetto pregiudichi significativamente il sito interessato. La Direttiva comunitaria (la n. 92/43) impone che ogni piano o progetto sia assoggettato ad una adeguata valutazione dei suoi effetti qualora non possa escludersi, in base ad elementi oggettivi che tale piano o progetto incida in modo significativo sul sito in esame. La nostra giurisprudenza più recente (si veda ad esempio TAR Lombardia Brescia, sez. I, 9 ottobre 2009, n. 1736, ma anche Corte d’Appello Milano, sez. I, 9 luglio 2008) tende a costruire l’obbligo per le autorità amministrative di adottare i provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la salute pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, sulla base dell’orientamento comunitario che tende a far coincidere il principio di precauzione con quello di non esclusione: non può essere escluso, sia pure sulla base di elementi obiettivi, il pregiudizio per l’uomo e l’ambiente (Sulla semplice possibilità di un’alterazione negativa del grado d’inquinamento della falda acquifera che giustifica l’intervento precauzionale dell’Amministrazione, con una scelta discrezionale che sfugge al sindacato giurisdizionale, ha giudicato il Consiglio di Stato, sez. VI, 4 aprile 2005, n. 1462).
[3] La progressiva emersione di un “diritto del rischio”, sulla scia delle intuizioni provenienti dalla letteratura sociologica (per tutti, U. BECK , Risikogesellshaft. Auf dem Wegin eine andere Moderne, Franfkfurt, 1986, trad. it. W. Privitera (a cura di), 2000, La società del rischio. Verso una seconda modernità, Roma, Carocci e N. LUHMANN, Soziologie des Risikos, Berlin, 1991, de Gruyter, trad. it. G. Corsi (a cura di), Sociologia del rischio, Milano, 1996) è ormai avvertita dalla dottrina giuridica nazionale ed europea; sul punto si rinvia a A. BARONE, Il diritto del rischio, II ed., Milano, 2006, ivi ulteriori indicazioni bibliografiche. Sul principio di precauzione, nell’ambito della dottrina italiana, v. altresì F. DE LEONARDIS, Il principio di precauzione nell’amministrazione del rischio, Milano, 2005.
[4] Tribunale di I grado CE, sez. II, 19 novembre 2009, n. 334 (sentenza basata sul principio che “non possa escludersi”). Del resto la Corte di Giustizia ha sempre correttamente considerato il principio di precauzione ammettendo l’intervento degli Stati membri con misure protettive “senza dovere attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità dei rischi per la salute (Corte Giustizia CE, sez. VI, 5 febbraio 2004, n. 24). Ed il Tribunale di I grado CE ha rimesso all’Amministrazione ed alla sua discrezionalità di scegliere il livello di protezione da accordare al valore-principio preminente della tutela della salute.
[5] “Nel contesto d’incertezza scientifica che caratterizza l’applicazione del principio di precauzione”. Lo stesso può dirsi nel nostro diritto interno, si veda, ad esempio, la Corte di cassazione Penale, sez. IV, 22 novembre 2007, n. 5117, in materia di prevedibilità dell’evento dannoso per inquinamento da polveri nei luoghi di lavoro, che ritiene non ci si possa limitare ai casi di certezza scientifica bensì occorre richiamarsi alla precauzione per introdurre cautele idonee ad evitare il verificarsi di eventi dannosi, anche se scientificamente non certi ed anche se non preventivamente e specificamente individuati.
[6] “Noi dobbiamo procedere verso l’ignoto, l’incertezza e l’insicurezza, usando quel po’ di ragione che abbiamo per realizzare nella migliore maniera possibile entrambi questi fini: la sicurezza e la libertà”, è la via della “società aperta” indicata da Karl Popper, come ci ricorda D. ANTISERI, Karl Popper, Soveria Mannelli, 232. Del resto, chi ama la vita non può non preoccuparsi dell’incertezza scientifico-tecnologica. Può ricordarsi Giovanni Paolo I, Papa Luciani (“La morale non si occupa delle conquiste della scienza; si occupa delle azioni umane, mediante le quali le persone possono usare sia in bene sia in male delle conquiste scientifiche. Quanto alla coscienza individuale, siamo d’accordo: essa va sempre seguita, sia che comandi, sia che proibisca; l’individuo deve però preoccuparsi di avere una coscienza ben formata…In altre parole: la coscienza deve comandare all’uomo, non ubbidire all’uomo”) o l’enciclica Spe Salvi di BENEDETTO XVI: “La scienza può contribuire molto all’umanizzazione del mondo e dell’umanità: Essa però può anche distruggere l’uomo e il mondo, se non viene orientata da forze che si trovano al di fuori di essa” (Città del Vaticano, 2007, 51).
[7] Basterà ricordare ancora Karl R. POPPER ed altresì K. LORENZ (“la vita cerca problemi e l’offerta di problemi è significativa per il successo”), v. Il futuro è aperto, cit.
[8] “…io credo che il progresso della scienza dipenda dalla libera competizione del pensiero, e perciò dalla libertà, e che tale progresso raggiungerebbe il suo termine il giorno in cui la libertà fosse distrutta (anche se può darsi che continui, per qualche tempo, limitatamente a certi campi, specialmente a quello della tecnologia)”, così K. R. POPPER, Logica della scoperta scientifica, Milano, 1995 (la prima edizione in italiano è del 1970), 309, nt. 2 (titolo originale The Logic of Scientific Discovery).
[9] Del diritto come “sistema regolatore” della vita di relazione, che è costitutivo di tutte le società umane, parla W. CESARINI SFORZA, Diritto (principio e concetto), in Enc. del diritto, XII, Milano, 1964, 632.
[10] Si può qui appena richiamare le teorie istituzionali (soprattutto di Maurice Hauriou e di Santi Romano), ricordando, tuttavia, anche i loro limiti, su cui N. BOBBIO, Teoria e ideologia nella dottrina di Santi Romano, in Le dottrine giuridiche di oggi e l’insegnamento di Santi Romano, a cura di Paolo Biscaretti di Ruffìa, Milano, 1977, 25 ss.
[11] Ci si riferisce alla scienza in senso proprio e vorrei risparmiarmi e risparmiare all’intelligenza del lettore le distinzioni in seno alle scienze: scienze fisiche, sociali, umani e umanistiche, morali e via dicendo, come pure i tentavi di ricondurre il diritto alla scienza anche applicandovi metodi tipici delle scienze fisiche (ad esempio la logica simbolica, v. P. GASPARRI, Saggi di analisi simbolica di alcuni concetti fondamentali della scienza giuridica, in Studi in memoria di Giudo Zanobini, V, Milano, 1965, 245). Per la tesi che ritiene presente nella ricerca scientifica il momento valutativo, anche se si tratta di accertamenti di valore che rimangono rigorosamente verificabili (oggettivi), e quindi scientifici, si veda S. COTTA, Prospettive di filosofia del diritto, Torino, 1979, 62 ss. L’A. ritiene che lo stesso avvenga per il diritto attraverso l’interpretazione sistematica (il giurista “valuta oggettivamente la funzionalità [delle norme] rispetto all’intero ordinamento”). Si deve, tuttavia, a G. MIELE (Umanesimo giuridico, ora in Scritti giuridici, II, Milano, 1987) l’insegnamento più fecondo: “Da molti il metodo giuridico è stato scambiato per questa indifferenza [“indifferenza nel trattare dei vari oggetti e nel porli tutti su uno stesso piano, benché ispirati a premesse diverse o addirittura contrastanti”] non solo ad ogni valutazione morale, ma anche politica, economica, sociologica, e via dicendo.” Travisando il metodo giuridico, “si pretese di isolare il giurista dalla realtà circostante: di questa doveva occuparsi il legislatore, mentre al giurista incombeva di illustrare le formule legislative di quella realtà.” E però, “la scienza giuridica è una scienza di valori universali, perché deve prendere a guida le più salde certezze dell’uomo, l’esigenza della sua personalità, la garanzia dei rapporti coi suoi simili, l’equo contemperamento degli interessi in conflitto, la coordinazione degli innumerevoli individui in cellule ed aggregati sociali sempre più vasti, la consapevolezza del suo libero sviluppo in una sfera non manomettibile da forze arbitrarie, l’ordinamento dell’edificio sociale a fini che rispondono all’elevazione morale e al benessere materiale dell’umanità. Per accertare tali valori e tradurli in adeguate istituzioni giuridiche la scienza del diritto non può appartarsi dal moto multiforme e complesso dello spirito umano, ché da sola esse sarebbe impotente a condurre a termine il suo compito”. (452-53).
[12] La riconduzione del diritto alla scienza, sol perché si suole parlare di “scienza giuridica”, ha creato già troppi guasti, a principiare dal positivismo giuridico e dal suo “metodo”: la scienza (a cui il diritto apparterrebbe) o è avalutativa o non è scienza (N. BOBBIO, Il positivismo giuridico, Torino, 1977). La scienza può (concettualmente) essere avalutativa, il diritto no. Questo esito può anche prescindere dal continuare a parlare di “scienza giuridica” o della giurisprudenza come “scienza pratica” (secondo il noto scritto di S. PUGLIATTI, La giurisprudenza come scienza pratica, in Riv. it. scienze giuridiche, 1950), purché si tenga ben presente che una delle ragioni per cui il diritto non può essere avalutativo risiede proprio nella circostanza che la scienza può essere considerata avalutativa.
[13] Non è possibile occuparsi in questa sede dell’autenticità delle caratteristiche positivistiche della scienza: libertà e avalutatività, anche se queste meriterebbero una riflessione approfondita, come pure è stata fatta, a sostegno dei vincoli della coscienza (“non v’è scienza senza coscienza”) e del solidale senso di responsabilità dell’uomo.
[14] Mi è sembrato di poter trasferire al diritto categorie più generali come presentate da Salvatore VECA nella Prefazione a Immanuel Kant. Per la pace perpetua, Milano, 1991.
[15] “Abbiamo bisogno di libertà, per evitare gli abusi del potere dello Stato; e abbiamo bisogno dello Stato, per evitare l’abuso della libertà” (K. R. POPPER, Tutta la vita è risolvere problemi, Milano, 1996, 207; titolo originale, Alles Leben ist Problemlösen), si potrebbe parafrasare: abbiamo bisogno di libertà per la ricerca scientifica e abbiamo bisogno del diritto per far si che la libertà di ricerca non faccia correre rischi all’umanità.
[16] “Anche se unicamente potenziali per la salute, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici dei singoli…”; in tal senso TAR Trento, Trentino Alto Adige, sez. I, 08 luglio 2010, n. 171.
[17] Si veda S. DI BENEDETTO, La funzione interpretativa del principio di precauzione nel diritto internazionale, in Dir. Comm. Internaz., 2006, 02, 321, ivi ampie indicazioni bibliografiche. F. BRUNO (Il principio di precauzione tra diritto dell’unione Europea e WTO, in Dir. e giur. agr., 2000, 569) sottolinea le profonde differenze nell’applicazione ricevuta dal principio in esame in ambito comunitario, ove ha natura di principio generale, ed in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio, ove risulta privo di tale valenza ed in grado di fondare unicamente deroghe temporalmente circoscritte alla libertà degli scambi fra gli Stati membri, scadute le quali gli scambi sono legittimati a ricominciare, seppur in assenza di prove scientifiche sufficienti circa l’apprezzamento dei rischi.
[18] Secondo il Principio 15 della Dichiarazione di Rio del 1992, l’obbligo giuridico della precauzione scatta di fronte ad una minaccia all’ambiente grave o irreversibile (“serious or irreversibile”), cfr. sul punto S. DI BENEDETTO, La funzione interpretativa del principio di precauzione nel diritto internazionale, cit., ivi ulteriori indicazioni bibliografiche.
[19] Il principio di precauzione, nell’efficace definizione del Tribunale di primo grado (sentenza Artegodan del 26/11/2002, cause riunite T-74/00, T-76/00, T-83/00, T-84/00, T-85/00, T-132/00, T-137/00, T-141/00) rappresenta il “principio generale del diritto comunitario che fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire alcuni rischi potenziali per la sanità pubblica per la sicurezza e per l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici.” (punto 184).
Sul principio di precauzione relativamente alla materia ambientale v. A. CROSETTI, R. FERRARA, F. FRACCHIA, N. OLIVETTI RASON, Diritto dell’ambiente, Roma-Bari, 2002, 33 e ss.; ivi ulteriori indicazioni bibliografiche.
Sullo stretto intreccio fra tecnica e interessi sotteso alla determinazione di tipo precauzionale, nonché sull’esame delle possibili formulazioni del principio di precauzione, da quella maggiormente rigorosa, mirante a giustificare la assoluta inibizione delle attività potenzialmente nocive, a quella più attenuata, polarizzata sul risultato di una previa analisi costi-benefici, si veda SALVIA, Considerazioni su tecnica e interessi, in Diritto Pubblico, 2002, 615 e ss.
S. BARTOLOMMEI (Sul principio di precauzione: norma assoluta o regola procedurale?, in Bioetica, 2001, 322) ammonisce dal considerare il principio di precauzione in termini di principio morale ordinante un divieto di azione, configurandolo, al contrario, come regola tecnico-procedurale “cui fare ricorso nell’ambito compreso fra il tutto (qualsiasi intervento) e il niente (l’inazione) volto ad eliminare o perlomeno a ridurre i rischi per la società a livelli accettabili in presenza di situazioni potenzialmente pericolose e quando le basi scientifiche siano inadeguate o insufficienti”.
Con riguardo allo specifico settore degli OGM può vedersi R. FERRARA e I. M. MARINO (a cura di), Gli organismi geneticamente modificati, Sicurezza alimentare e tutela dell’ambiente, Padova, 2003; ivi ulteriori riferimenti bibliografici. Sempre in tema di OGM si ricorda la nota sentenza Greenpeace, del 21 marzo 2000, (causa C-6/99, pronunciata sotto la vigenza della direttiva 90/220/CEE del 23/4/1990, successivamente abrogata dalla direttiva 2001/18/CE del 12/3/2001) con la quale la Corte, facendo applicazione del principio di precauzione, ha affermato la facoltà di ciascun Stato membro di negare il consenso all’autorizzazione di un prodotto contenente OGM giudicato commerciabile a seguito dell’espletamento della fase comunitaria di autorizzazione, qualora, nelle more della procedura autorizzatoria, esso sia pervenuto a conoscenza di nuove informazioni scientifiche in grado di far ipotizzare un possibile aumento dei rischi connessi all’immissione in commercio dell’OGM stesso; ciò purché lo Stato informi immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri in modo tale che essa possa tempestivamente adottare una nuova decisione in materia.
[20] La numerazione degli articoli si riferisce alla versione consolidata del Trattato dell’Unione Europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, pubblicata nella GUUE C115 del 9 maggio 2008, con le modifiche introdotte dal Trattato firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007.
[21] V. la nt. 19.
[22] “Ogni persona ha il diritto di vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere e il dovere di tutelare e migliorare l’ambiente, individualmente e collettivamente, nell’interesse delle generazioni presenti e future”. La convenzione di Århus, sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materi ambientale, adottata in Danimarca il 25 giugno 1998, richiama una serie di principi di precedenti dichiarazioni e risoluzioni, compresa la Carta europea sull’ambiente e la salute adottata a Francoforte sul Meno, l’8 dicembre 1989.
[23] La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è stata proclamata per la prima volta a Nizza il 7 dicembre del 2000 ed è stata poi sostituita con il testo adottato a Strasburgo il 12 dicembre 2007, entrando in vigore col Trattato di Lisbona. In essa si ribadisce che la persona è al centro dell’azione dell’Unione che vuole creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, fondando su valori universali fra cui la dignità umana e la solidarietà.
[24] Di importanza dei principi generali del diritto comunitario, anche per la loro posizione di supremazia nei confronti delle altre norme, scrivono G. DELLA CANANEA – C. FRANCHINI, I principi dell’amministrazione europea, Torino, 2010, 54.
[25] Sul principio di precauzione come principio generale del diritto comunitario v. F. TRIMARCHI, Principio di precauzione e “qualità” dell’azione amministrativa, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2005 (n. 6); ivi ulteriori riferimenti bibliografici ed ampi riferimenti giurisprudenziali.
[26] È sempre il portato della richiamata (nt. 19) sentenza del Tribunale di primo grado, Artegodan.
La caratteristica di principio autonomo ben si sposa con la tesi che vuole i provvedimenti dell’amministrazione “come esplicazioni della sua autonomia”, per i larghi ambiti delle sue scelte, ampiezza che giustifica la qualificazione dei provvedimenti come espressione della sua capacità di autodeterminazione: A. ROMANO, A proposito dei recenti artt. 19 e 20 della L. 241 del 1990: divagazioni sull’autonomia dell’amministrazione, in Dir. amm., 2006, n. 2.
[27] In dottrina cfr. N. de SADELEER, The Precautionary Principle in EC Health and Environmental Law, in European Law Journal, 2006, 142 s. e passim, ivi uteriori riferimenti bibliografici.
[28] V. ad esempio Tribunale I grado C.e.e., sez. II, 28 giugno 2005, n. 158; idem, 26 novembre 2002, n. 74; nella giurisprudenza italiana, da ultimo TAR Trentino Alto Adige, Trento, sez. I, 08 luglio 2010, n. 171; idem, 25 marzo 2010, n. 93 (la preminenza del principio di precauzione sugli interessi economici deve trovare un bilanciamento nel principio di proporzionalità); TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 09 ottobre 2009, n. 1738.
[29] Sul punto si è costretti al rinvio: può vedersi il mio Brevi riflessione sui principi del diritto, « Prolusione » al Master su Diritto, economia e management delle aziende sanitarie, LUM Jean Monnet, Bari-Casamassima, 23 gennaio 2009, in corso di pubblicazione.
[30] N. LIPARI, Per una revisione della disciplina sull’interpretazione e sull’integrazione del contratto?, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 2006.
[31] L’elenco dei principi dell’ordinamento comunitario, anche applicabili al diritto amministrativo interno, è decisamente vasto. Basterà richiamare E. PICOZZA, Diritto amministrativo e diritto comunitario, II ed., Torino, 2004; M.P.CHITI, Diritto Amministrativo Europeo, II ed., Milano, 2004; più di recente, G. DELLA CANANEA – C. FRANCHINI, I principi dell’amministrazione europea, cit.
Può vedersi ancora, ad esempio recente, Corte Giustizia CEE, 13 settembre 2007 (C-260/04), sul principio di diritto comunitario di trasparenza/concorrenza, che collega il principio generale di trasparenza all’obbligo di garantire un adeguato livello di pubblicità, in Giurisprudenza italiana, 2008, 470, con, a pag. 474, la nota di R. CARANTA, Il principio di diritto comunitario della trasparenza/concorrenza e l’affidamento o rinnovo di concessioni di servizi pubblici (ancora in margine al caso Enalotto). La stessa legislazione nazionale predilige per molti versi la qualificazione in termini di principi. Basti l’esempio della legge sul procedimento amministrativo 7 agosto 1990, n. 241 (e successive integrazioni) che esordisce al capo I con l’intitolazione “principi”, fra i quali ricomprende non soltanto la conclusione del procedimento (art. 2) e l’uso della telematica (art. 3 bis), ma anche la motivazione (art. 3). E questi non sono i soli ad essere qualificati principi, ad esempio, al comma 2 dell’art. 22, la legge aggiunge che “l’accesso ai documenti amministrativi... costituisce principio generale dell’attività amministrativa”.
[32] La strategia precauzionale, in senso ampio, consta di tre momenti essenziali: l’analisi del rischio, la sua gestione e la sua comunicazione. Le misure ispirate al principio di precauzione si collocano, più in particolare, nell’ambito della fase di gestione del rischio. Per consolidata giurisprudenza comunitaria, i cui postulati essenziali sono ribaditi nella richiamata Comunicazione COM/2000/1, tali misure devono risultare proporzionate rispetto al livello di protezione prescelto dall’ordinamento per gli interessi in pericolo e alla gravità del rischio che si intende scongiurare; le misure non devono essere discriminatorie, devono essere basate su un esame dei vantaggi e degli oneri derivanti dall’azione o dall’inazione, devono essere sottoposte a revisione sulla base dell’evoluzione del sapere scientifico ed in grado di prevedere eventuali meccanismi di inversione dell’onere della prova, circa la consistenza del rischio, in capo al singolo produttore piuttosto che al potere pubblico. La procedura che conduce all’adozione della misura precauzionale, infine, dovrà essere improntata al principio di trasparenza e dovrà coinvolgere tutte le parti interessate.
Sul principio di proporzionalità vi è ormai una ricca letteratura anche in Italia, è sufficiente, pertanto, richiamare da ultimo l’importante volume di S. COGNETTI, Principio di proporzionalità – Profili di teoria generale e di analisi sistematica, ivi le ulteriori indicazioni bibliografiche.
In giurisprudenza si ricorda, fra le numerosissime pronunce, l’ordinanza della Corte di Giustizia del 12/7/1996, adottata nel procedimento Regno Unito contro Commissione, causa C-180/96 R, che ha risolto in senso precauzionale il caso relativo all’epidemia di encefalopatia spongiforme bovina, affermando, tra l’altro, che nei casi in cui siano in pericolo beni di importanza cruciale come la salute umana, si debbano adottare tutte le misure necessarie al contenimento dei rischi senza peraltro dover attendere la dimostrazione scientifica del nesso eziologico tra le probabili cause e gli effetti dannosi (per una dettagliata panoramica sulla vastissima giurisprudenza della Corte di Giustizia sul principio precauzionale si rinvia a P. PALLARO, Il principio di precauzione tra mercato interno e commercio internazionale: un’analisi del suo ruolo e del suo contenuto nell’ordinamento comunitario, in Diritto del commercio internazionale, 2002, 15). Più di recente si richiamano, Corte di Giustizia CE, sez. III, 19.6.2008 (Belgio) e, nella giurisprudenza italiana, TAR Veneto, sez. III, 28.3.2003, n. 2116.
[33] In tal senso in Italia v. R. FERRARA, Introduzione al diritto amministrativo. Le pubbliche amministrazioni nell’era della globalizzazione, Roma-Bari, 2002. L’A. concepisce il principio precauzionale come “un fondamentale principio di interpretazione degli eventi materiali e della realtà tecnico-scientifica rilevanti per il diritto” (p.259), riconducendolo, dal punto di vista sistematico, al valore più generale della proporzionalità, che insieme alla ragionevolezza costituisce il canale attraverso il quale trova la propria affermazione “la mitezza di un ordinamento positivo”(p. 265, 266).
[34] La recente sentenza della Corte di giustizia CE, sez. IV, 08 luglio 2010, n. 343, meglio consente oggi di ricostruire il corretto rapporto fra precauzione e proporzionalità. Per applicare correttamente il principio di precauzione occorre anzitutto accertare che l’uso di un determinato prodotto sia potenzialmente nocivo per la salute e/o l’ambiente, valutando la portata del rischio sulla base dei dati scientifici più affidabili ed aggiornati. “Qualora risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse, il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive, purché esse siano non discriminatorie e oggettive”. Soltanto accertata la necessità dell’intervento precauzionale si passa alla valutazione dell’intervento in termini di proporzionalità, anzi, secondo la sentenza richiamata l’intervento non deve risultare “manifestamente sproporzionato rispetto agli interessi economici… al fine di assicurare un elevato livello di protezione della salute e dell’ambiente”. Per la giurisprudenza italiana di recente il TAR Campania, Napoli, sez. V, 2 novembre 2009, n. 6758, ha ben distinto il principio di proporzionalità da quello di precauzione, precisando che quest’ultimo consente all’amministrazione pubblica di adottare i provvedimenti necessari “laddove essa paventi il rischio di una lesione ad un interesse tutelato anche in mancanza di un rischio concreto”. Lo stesso TAR sottolinea, peraltro, come il principio di precauzione debba armonizzarsi per la sua concreta applicazione con il principio di proporzionalità, dovendosi ricercare un equilibrato bilanciamento di entrambi i principi in relazione agli interessi pubblici e privati in gioco (sul piano più strettamente amministrativo ciò comporta la corretta assunzione degli interessi in gioco e un’attività istruttoria, nonché una correlata motivazione, particolarmente rigorosi).
[35] “Riconosciute dall’Unione o dall’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.”
[36] Non voglio l’importazione di un prodotto non perché probabilmente dannoso, ma per proteggere il prodotto nazionale (v. ad esempio, Corte CE, II, 16 luglio 2009, n. 427).
[37] Da ultimo, Corte Giustizia CE, sez. III, 15 aprile 2010, n. 433, ma anche, ad esempio, Corte Giustizia CE, sez. VIII, 30 aprile 2009, n. 132: i casi hanno riguardato macchinari o apparecchiature con marcatura CE (con la dichiarazione di conformità per il prodotto) che venivano messe in discussione da uno Stato membro. Sul confronto fra i principi riferiti all’ambiente e le libertà economiche nell’ordinamento comunitario v. M. MAZZAMUTO, Diritto dell’ambiente e sistema comunitario delle libertà economiche, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2009, 1576 ss.
[38] V., ad esempio, Corte Giustizia CE, sez. IV, 17 febbraio 2009, n. 552. Nel rapporto fra principio di precauzione ed informazione la Corte di Giustizia fa prevalere la sicurezza umana anche sull’ordine pubblico e su altri interessi pur tutelati dalla legge.
[39] Si veda ancora, Corte Giustizia CE, sez. VIII, 30 aprile 2009, n. 132.
[40] Questo ha già avuto vasti riscontri giurisdizionali con riferimento alle biotecnologie ed alla possibilità o meno di avere regimi differenziati anche a livello locale (esemplificativamente si può rinviare al mio Prime considerazioni sulla disciplina “interna” di ogm e mogm, in R. FERRARA e I. M. MARINO (a cura di), Gli organismi geneticamente modificati, cit., 254 ss.), problema che si pone anche per il principio di precauzione.
[41] Sul punto v. I. M. MARINO, Principio di legalità e procedimenti ablativi, in Foro amministrativo TAR, 2010, 729 ss.
[42] I. BERLIN, Controcorrente, Milano, 2000, 152.
[43] S. COTTA, Diritto naturale, in Enciclopedia del diritto, XII, Milano, 1964, 652.
[44] La vocazione del nostro secolo per la legislazione e la giurisprudenza (1814). Il saggio è considerato “giustamente” il “manifesto” dello storicismo giuridico; sul punto v., V. FROSINI, Diritto positivo, in Enciclopedia del diritto, XII, cit., 654.
[45] T. ASCARELLI, Certezza del diritto e autonomia privata nella realtà giuridica, in “Il diritto dell’economia”, 1956, 1242.
[46] Semmai si possono aggiungere corollari all’interpretazione quale, ad esempio,la razionalità (che, secondo F. SAINZ MORENO, El legislador racional y la predecibilidad de la conducta humana, in La proliferacion legislativa: un desafio para el Estado de Derecho, Civitas, 2004, 141 (dattiloscritto), costituisce parte fondamentale della interpretazione giuridica).
[47] Sul principio v. M. C. CAVALLARO, Il principio di integrazione come strumento di tutela dell’ambiente, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2007 (n. 2); ivi ulteriori spunti e riferimenti bibliografici e giurisprudenziali.
[48] Di strumento indiretto di protezione dell’ambiente, ma anche di criterio alla cui stregua l’amministrazione deve esercitare il proprio potere discrezionale scrive M. C. CAVALLARO, Il principio di integrazione…, cit.
[49] V. la nt. 2.
[50] Si veda il Regolamento EMAS n. 1221 del 25 novembre 2009 all’art. 2, comma 13.
Nel percorso del diritto dell’integrazione (l’espressione è tratta da I. M. MARINO – G. F. LICATA, The Law of Integration: an Introduction, in Transylvanian Review of Administrative Sciences, 2009, 235 ss. (disponibile anche al sito http://www.rtsa.ro/en/261,no.-28-e-2009-special-issue-law-and-public-administration.html) viene, tra l’altro, messa in discussione la distinzione fra diritto pubblico e diritto privato per molti dei profili che tradizionalmente vi si riferiscono, anzitutto per la realizzazione degli interessi, anche pubblici, e per la necessità di integrare pubblico e privato in un percorso che vede gli interessi sottostanti non necessariamente in opposizione.
[51] Altrettanta rilevanza viene data al principio in Germania ed in Belgio.
La dottrina francese, peraltro, afferma che vi è oggi in Europa un “florilegio di principi”, pur non interrogandosi approfonditamente sul perché dello sviluppo di principi giuridici, o meglio di un diritto per principi.
[52] Il diritto fondamentale alla salute (proprio come “interesse generale pubblico all’ambiente salubre”), con i suoi contenuti, le sue limitazioni e le possibilità d’intervento del giudice ha dato di recente, com’è noto, occasione alle sezioni unite della Corte di cassazione (28 dicembre 2007, n. 27187) di accreditare anche il giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, a tutela dei diritti fondamentali qualora la loro lesione derivi dall’agire autoritativo dell’amministrazione pubblica. Più di recente la Cassazione, 5 marzo 2010, n. 5290, nel ribadire per le materie rimesse alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, anche la tutela dell’ambiente salubre quale “interesse generale pubblico”, ha precisato i poteri del giudice amministrativo, sia per i risarcimenti, sia in sede cautelare, con possibilità inibitorie e demolitorie.
[53] Può essere interessante, tuttavia, ricordare il lavoro di N. DE SADELEER, Le statut juridique du principe de précaution en droit communautaire: du slogan à la règle, in Cahiers de droit européen, 2001, 91, il quale dopo aver analizzato la portata normativa del principio di precauzione nell’ordinamento comunitario, procede all’esame delle ricadute del principio sugli ordinamenti degli Stati membri, pervenendo, da un lato, ad affermarne l’applicabilità ogni qualvolta esso sia esplicitamente previsto in un testo di diritto comunitario derivato ovvero nei casi in cui gli Stati membri siano chiamati alla trasposizione di direttive che, sebbene non richiamino espressamente il principio, dettino normazione in ambiti caratterizzati da incertezza scientifica (e ciò in forza dell’art. 10 del Trattato CE che sancisce in capo agli Stati membri un obbligo di cooperazione finalizzato alla realizzazione degli scopi previsti dal Trattato), e dall’altro lato a negare al principio effetto diretto immediato, sulla base dell’interpretazione secondo cui l’art. 174 del Trattato sembra vincolare unicamente le Istituzioni comunitarie e non anche i singoli Stati membri. Del medesimo A. si segnala altresì Les avatars du principe de précaution en droit public, effet de mode ou révolution silencieuse?, in RFDA, 2001, 547, ove l’analisi del principio precauzionale viene condotta alla luce dei paradigmi del diritto della post-modernità al fine di dimostrare come esso costituisca un vero e proprio emblema del diritto post-moderno. Ad analoghe conclusioni perviene F. MODERNE, Les principes: permanence et nouveauté, in RFDA, 1999, partic. p.740.
[54] Si trattava del Governo francese. Vedi Safety High-Tech, aff. C-284/95 e Bettati, aff. C-341/95.
[55] Nella convenzione di Århus la promozione dell’educazione e della sensibilizzazione ambientale, il riconoscimento ed il sostegno delle associazioni, delle organizzazioni... che promuovono la protezione dell’ambiente richiamano la solidarietà. I rivoluzionari francesi, del resto, aggiunsero la fraternité alla libertà ed all’uguaglianza nella consapevolezza che le prime due si sarebbero conseguite soltanto con il riconoscimento della comune appartenenza alla condizione umana, che ci affratella e ci “costringe” ad essere solidali, ci costringe ad andare verso un futuro dove con “l’oblio di stirpi e nazioni” si giunga alla solidarietà del genere umano cantata da J. L. BORGES, Il pudore della storia, in Tutte le opere, Milano, 1984, 1069.
[56] Il fenomeno dello “Stato sociale” inizia in Italia a cavallo fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Ma il riferimento necessitato è anche al nuovo rapporto Stato-economia inaugurato dal New Deal rooseveltiano, che, peraltro, ha trovato in Europa terreno fertile ben oltre il periodo della grande depressione; sul punto può vedersi R. VILLARI, Mille anni di storia, Roma-Bari, 2000, 680.
[57] Del resto, la stessa giurisprudenza italiana coniuga la libertà d’iniziativa economica con il dovere di solidarietà sociale e con il rispetto della dignità umana: di recente, in tema di rapporti di lavoro, si veda Tribunale Trapani, sez. lavoro, 12 luglio 2010; Cassazione civile, sez. lav., 27 ottobre 2010, n. 21967.
[58] D’altra parte, è abbastanza evidente che, con lo Stato pluriclasse, cambino anche i riferimenti prevalenti della solidarietà, mentre non è possibile in questa sede aggiungere ulteriori considerazioni. La solidarietà, peraltro, è implicita nel principio dello sviluppo sostenibile integrato con la tutela dell’ambiente nell’articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
[59] Ad un unico principio di prevenzione e precauzione fa riferimento, ad esempio, il TAR Veneto, sezione III, 28 marzo 2003, n. 2116.
[60] Sul principio di precauzione nel codice dell’ambiente v. L. BUTTI, Principio di precauzione, codice dell’ambiente e giurisprudenza delle Corti comunitarie e della Corte costituzionale, in Riv. Giur. Ambiente, 2006, 06, 809.
[61] Sulla procedura di valutazione preventiva del rischio ambientale (primo dei tre momenti nei quali si articola la strategia precauzionale) in termini di species rispetto al genus della valutazione di impatto ambientale, R. FERRARA, Valutazione di impatto ambientale e organismi geneticamente modificati: alle origini del problema, in Foro Amm. Tar, 2002, 3456.
[62] “Nonché sui beni materiali e sul patrimonio culturale, sociale ed ambientale, sulla cui base valutare la condizioni per la realizzazione e l’esercizio delle opere e degli impianti” (art. 184 del decreto legislativo n. 163 del 2006). Nei contratti relativi a lavori pubblici riferiti a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi, nelle procedure per la valutazione di impatto ambientale delle grandi opere, precauzione e prevenzione si combinano nella normazione. Oltre al contenuto della valutazione, che fa riferimento anche all’opzione precauzionale (alternativa zero), infatti, vi è la qualificazione dei contraenti generali che devono essere in possesso, tra l’altro, “di un sistema di qualità aziendale UNI EN ISO 9001”.
[63] In realtà, anche nella stessa normazione comunitaria riferita agli appalti di lavori e di servizi, l’art. 52 della direttiva dell’Unione Europea 31 marzo 2004, n. 17, per accertare la capacità tecnica dell’operatore economico che voglia aggiudicarsi appalti di lavori e di servizi, gli enti aggiudicatori possono chiedere che l’operatore indichi i provvedimenti di gestione ambientale che sarà in grado di applicare. Nei casi in cui gli enti aggiudicatori chiedono l’esibizione di certificati rilasciati da organismi indipendenti, attestanti che l’operatore economico si conforma a talune norme di gestione ambientale, queste norme sono quelle riferite a EMAS o alle ulteriori norme di gestione ambientale certificate a livello europeo o internazionale.
[64] Il preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, nel riaffermare i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri, dalla CEDU e dalle Carte sociali adottate dall’Unione e dal Consiglio d’Europa, fa espresso riferimento ai diritti derivanti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia e della Corte europea dei diritti dell’uomo.
[65] Ad esempio nella valutazione d’impatto ambientale, v. di recente TAR Toscana, Firenze, sez. II, 3 marzo 2010, n. 592.
[66] Per limitarci a qualche esempio più recente, si veda in Italia Cassazione civ., sez. un., 8 maggio 2007, n. 10367, con riferimento al principio del giusto procedimento, idem, 10 febbraio 2010, n. 2906, sui principi comunitari di concentrazione, effettività e ragionevole durata del processo; Consiglio di Stato (sez. V, 1 ottobre 2010, n. 7256), per correttezza, imparzialità e par condicio; Corte costituzionale (20 maggio 2010, n. 180), per il principio comunitario di concorrenza; Corte di giustizia CE (sez. II, 24 giugno 2010, n. 375), per i “principi generali” del diritto comunitario ed in particolare per il principio di proporzionalità.
[67] Sul particolare valore da accordare ai “considerando” nella normazione comunitaria vedi, ad esempio recente, Corte giustizia CE, sez. 02 aprile 2009, n. 134; ma anche, Corte giustizia CE, 9 ottobre 2001, n. 377; idem 23 novembre 1999, n. 149; idem, 13 febbraio 1996, n. 143; idem, sezione VI, 15 febbraio 1996, n. 63; idem, 9 novembre 1995, n. 91; idem, 28 giugno 1994, n. 187. Nel diritto interno possono vedersi più di recente TAR Lazio Roma, sez. I, 06 giugno 2008, n. 5578; Cassazione civile, sez. tributaria, 16 giugno 2006, n. 14049; Cassazione civile, sez. I, 01 febbraio 2005, n. 1995; ma anche, C. Conti, Reg. Friuli Venezia Giulia, sez. contr., 7 maggio 1999, n. 5; C. Conti, sez. contr., 11 maggio 1998, n. 46/A; TAR Lombardia, Milano, sez. I, 11 gennaio 1995, n. 54.
[68] EMAS è “strumento importante del piano d’azione «Produzione e consumo sostenibili» e «Politica industriale sostenibile» (articolo 1 del regolamento CE n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio).
[69] Si sottende la diffidenza verso lo “sviluppo” forzato: mentre si crede nel convincimento, nella “persuasione” degli incentivi. Anche se vi è la necessità, come si precisa nel terzo considerando di migliorare il funzionamento degli strumenti volontari concepiti per l’industria, anche sulla base di un riesame degli strumenti per incentivare la partecipazione e ridurre gli oneri amministrativi connessi alla loro gestione.
[70] Nel caso venga dimostrato un miglioramento nelle prestazioni ambientali saranno previsti vantaggi ed incentivi per l’adesione ad EMAS su base volontaria (ottavo considerando) nella direzione di una effettiva attuazione del diritto dell’Unione.
[71] Uno degli esempi più rilevanti è dato dall’art. 197 del Trattato sul funzionamento dell’Unione. L’intitolazione dell’articolo alla “cooperazione amministrativa” non deve trarre in inganno, in realtà le norme sono tutte volte a dare effettività al diritto dell’Unione, a sottolineare l’obbligo degli Stati membri di attuarlo, mentre la cooperazione è rivolta a migliorare la capacità amministrativa degli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione (facilitazione agli scambi di informazione, agli scambi di funzionari pubblici, sostegno per i programmi di formazione).
L’Unione Europea prende così atto e ne fa prendere atto agli Stati membri di come il diritto non consista nella mera previsione normativa, bensì nella sua attuazione effettiva, inverandosi in procedimenti amministrativi ed in processi giurisdizionali.
[72] EMAS è inteso anche a promuovere, prosegue l’articolo 1 del regolamento, “un dialogo aperto con il pubblico e le altre parti interessate e infine con il coinvolgimento e un’adeguata formazione del personale da parte delle organizzazioni interessate.”
[73] Vedi ad esempio Corte Giustizia CE, sez. II, 10 gennaio 2006, n. 98.
[74] In tal senso v. F. TRIMARCHI, op. cit.
[75] Si veda, ad esempio, in maniera chiara Tribunale Roma, 1 novembre 2002, Ugolini c. Telecom, secondo cui le emissioni elettromagnetiche vanno valutate non soltanto per essere certamente dannose, ma anche per essere probabilmente o anche solo eventualmente dannose; dal momento che il diritto alla salute merita di essere tutelato, non soltanto in via successiva con il risarcimento del danno, ma in via preventiva, con i divieti conseguenti al principio di precauzione per attività potenzialmente dannose alla salute. In maniera chiara il Tribunale distingue, pertanto, la tutela risarcitoria, in via successiva, dalla tutela in via preventiva che opera sull’eliminazione dei fattori potenzialmente dannosi per la salute.
Sul principio di precauzione, in relazione all’inquinamento elettromagnetico v. di recente G. FIGUERA, Il potere regolamentare dei comuni in materia d’impianti di comunicazione mobile, in Riv. giur. edilizia, 2007, 3, 1134; ivi ulteriori indicazioni bibliografiche.
[76] Su precedente giudiziale e certezza del diritto v. F. SAITTA, Valore del precedente giudiziale e certezza del diritto nel processo amministrativo del terzo millennio, in Dir. proc. amm., 2005, 3, 652. L’Autore precisa che «il riferimento ai precedenti risulta indispensabile per assicurare quella minima prevedibilità delle decisioni giudiziarie senza la quale verrebbe messa in discussione la loro stessa razionalità». Sui problemi veri e falsi della certezza del diritto mi si consenta di rinviare a I. M. MARINO, Prime considerazioni su diritto e democrazia, in Scritti in ricordo di Francesco Pugliese, Napoli, 2010.
[77] In questo il principio di precauzione può assimilarsi a quello di proporzionalità. Per la ricostruzione del principio di proporzionalità come “un canone di legittimità della normazione e dell’amministrazione”, che “va ben oltre la legalità, intesa come fondamento normativo dell’attività amministrativa”, v. G. DELLA CANANEA – C. FRANCHINI, I principi dell’amministrazione europea, cit., 98 ss.
[78] Cassazione civile, sez. II, 23 gennaio 2007, n. 1391; Tribunale Roma, 1 novembre 2002 (Ugolini c. Telecom), cit. dove si distingue la tutela risarcitoria, in via successiva, dalla tutela in via preventiva che opera sull’eliminazione dei fattori potenzialmente dannosi per la salute.
[79] Il giudice potrà anche tenere conto del cosiddetto rischio interattivo di cui si parla quando si impatta con un sistema a complessità interattiva. Sul punto sia consentito rinviare al mio, Prime considerazioni sulla disciplina “interna” di ogm e mogm, in R. FERRARA e I. M. MARINO (a cura di), Gli organismi geneticamente modificati, cit., 250 s.; ivi ulteriori indicazioni.
[80] In particolare con il protocollo n. 2 sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità che introduce notevoli limitazioni alla legislazione dell’Unione.
[81] Esaltando la legge la Corte finisce con l’esaltare il suo stesso ruolo, così come in altri casi tende a comportarsi da legislatore. Peraltro, nei casi di sentenze “additive”, dove la Corte costituzionale, come spesso la dottrina ha ritenuto, crea una nuova norma, non si vede perché il trattamento riservato alle sentenze della Corte debba essere diverso da quello riservato alla legge, anzitutto con riferimento all’ordinamento comunitario.
È recente la sottolineatura del potere “molto forte” che le Corti hanno acquisito attraverso la revisione costituzionale, “dal momento che esse sono incaricate di proteggere, ma anche di definire e ridefinire, i diritti del cittadino, senza dover rispondere all’elettorato. Questa, tuttavia, è solo una piccola parte dello scenario.” Così Y. MÉNY, Il malessere democratico. Paradossi ed equivoci dalle democrazie nazionali all’Unione Europea, in La politica e le radici, a cura di C. Baccetti, S. Bolgherini, R. D’amico, G. Riccamboni, Novara, 2010, 337.
[82] “…il senso di legalità non ha un senso –si passi il bisticcio- se ad esso non si accompagni il senso di umanità” (G. MIELE, Umanesimo giuridico, cit., 454).
[83] Il passato dell’aspro contrasto fra diritto positivo e diritto naturale si è ormai da tempo trasformato, diventando un “rapporto dinamico di richieste e risposte che costituisce la vita stessa del diritto, anzi il diritto nella sua effettiva realtà” S. COTTA, Diritto naturale, cit., 652.
[84] Piuttosto che tradurre in precetto giuridico la “disponibilità alla giusta paura”, come precetto etico che svolgerà un suo ruolo nell’ambito della nuova etica della modernità; v. sul punto F. STELLA, Il rischio da ignoto tecnologico e il mito delle discipline, in AA. VV., Il rischio da ignoto tecnologico, Milano, 2002, 17.
[85] Vedi, invece, G. MIELE, Umanesimo giuridico, cit., 452-53, richiamato alla nota 11.
[86] Direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001.
[87] Può vedersi ora la decisione della II sezione della Corte di giustizia del 16 luglio 2009, anche se le argomentazioni della Polonia di ordine etico e religioso sugli OGM non sono state condivise perché “perseguono finalità etiche estranee agli obiettivi di tutela dell’ambiente e della salute pubblica”; ma l’etica è presente e giuridicamente valutata.

 

(pubblicato il 15.3.2011)

 

 

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