|
|
|
|
n. 11-2011 - © copyright |
CORTE COSTITUZIONALE - Sentenza
23 novembre 2011 n. 309
Presidente Quaranta, Redattore Cassese |
Ambiente e territorio - Edilizia e urbanistica - Art. 27,
comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia
11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) -
Ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione -
Applicabilità del limite della sagoma - Esclusione - Q.l.c. sollevata dal
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – Asserita violazione
dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione – Illegittimità parziale;
|
|
Ambiente e territorio - Edilizia e urbanistica - Art. 103
della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il
governo del territorio) - Disapplicazione dell’art. 3 del d.P.R. 6 giugno
2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia edilizia) - Cessazione della diretta applicazione nella Regione
della disciplina di dettaglio – Vincolo di volumetria e di sagoma tra il
nuovo edificio e quello preesistente - Q.l.c. sollevata dal Tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia – Asserita violazione dell’art.
117, terzo comma, della Costituzione – Illegittimità costituzionale
parziale;
|
|
Ambiente e territorio - Edilizia e urbanistica - Art. 22
della legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7 (Interventi
normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica ed
integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2010) -
Ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione -
Applicabilità del limite della sagoma - Esclusione - Norma di
interpretazione autentica – Q.l.c. sollevata dal Tribunale amministrativo
regionale per la Lombardia – Asserita violazione dell’art. 117, terzo
comma, della Costituzione – Illegittimità costituzionale.
|
È costituzionalmente illegittimo l’art. 27, comma 1,
lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia 11 marzo
2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), nella parte in cui
esclude l’applicabilità del limite della sagoma alle ristrutturazioni
edilizie mediante demolizione e ricostruzione;
|
|
è costituzionalmente illegittimo l’art. 103 della legge
della Regione Lombardia n. 12 del 2005, nella parte in cui disapplica
l’art. 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia) (testo A);
|
|
è costituzionalmente illegittimo l’art. 22 della legge
della Regione Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi per
l’attuazione della programmazione regionale e di modifica ed integrazione
di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2010).
|
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alfonso
QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro
CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA,
Sergio MATTARELLA,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli
artt. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, e 103 della legge della
Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del
territorio) e dell’art. 22 della legge della Regione Lombardia 5 febbraio
2010, n. 7 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione
regionale e di modifica ed integrazione di disposizioni legislative –
Collegato ordinamentale 2010), promosso dal Tribunale amministrativo
regionale per la Lombardia, sezione seconda, nel procedimento vertente tra
C. B. ed altro e il Comune di Besozzo con ordinanza del 7 settembre 2010,
iscritta al n. 364 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2010.
Visto l’atto di costituzione del Comune di Besozzo;
udito
nell’udienza pubblica del 18 ottobre 2011 il Giudice relatore Sabino
Cassese;
udito l’avvocato Alberto Rimoldi per il Comune di Besozzo.
Ritenuto in fatto
1. – Il Tribunale amministrativo regionale per la
Lombardia, sezione seconda, con ordinanza del 7 settembre 2010 (reg. ord.
n. 364 del 2010), ha sollevato questione di legittimità costituzionale
degli artt. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, e 103 della legge
della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del
territorio), nonché dell’art. 22 della legge della Regione Lombardia 5
febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi per l’attuazione della
programmazione regionale e di modifica ed integrazione di disposizioni
legislative – Collegato ordinamentale 2010), in relazione all’art. 117,
terzo comma, della Costituzione.
2. – L’art. 27, comma 1, lettera d),
della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 definisce come
interventi di ristrutturazione edilizia quelli «rivolti a trasformare gli
organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono
portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal
precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di
alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e
l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi
di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti
nella demolizione e ricostruzione parziale o totale nel rispetto della
volumetria preesistente fatte salve le sole innovazioni necessarie per
l’adeguamento alla normativa antisismica».
L’art. 103 della legge
della Regione Lombardia n. 12 del 2005, intitolato «Disapplicazione di
norme statali», dispone, al comma 1, che, a seguito dell’entrata in vigore
della medesima legge regionale n. 12 del 2005 «cessa di avere diretta
applicazione nella Regione la disciplina di dettaglio prevista: a) dagli
articoli 3, 4, 5, 10, 11, 12, 13, 14, 16, 19, commi 2 e 3, 20, 21, 22, 23
e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380
(Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia) (testo A); b) dagli articoli 9, comma 5, e 19, commi 2, 3 e 4,
del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo Unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica
utilità) (testo A)».
L’art. 22 della legge della Regione Lombardia n.
7 del 2010, intitolato «Interpretazione autentica dell’articolo 27, comma
1, lettera d) della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 “Legge per il
governo del territorio”», prevede che, nell’ambito degli interventi di
ristrutturazione edilizia, la ricostruzione dell’edificio che segue a
demolizione «è da intendersi senza vincolo di sagoma».
3. – Il giudice
a quo riferisce di essere stato investito di un giudizio riguardante
alcuni provvedimenti in materia edilizia adottati dal Comune di Besozzo,
in provincia di Varese, e la relativa richiesta di risarcimento danni.
3.1. – Con il provvedimento impugnato con il ricorso principale, il
Comune ha annullato la dichiarazione di inizio attività (dia) n. 24/07,
presentata dai signori C.B. e S.G. – ricorrenti nel giudizio a quo –
avente ad oggetto la riqualificazione e la ristrutturazione di un edificio
condonato. L’annullamento della dia è stato disposto per due autonome
ragioni: l’intervento edilizio contrasta con l’art. 143 delle norme
tecniche di attuazione (nta) del piano regolatore generale comunale
perché, non rispettando la sagoma originaria, non è riconducibile alla
nozione di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione,
dovendosi interpretare l’art. 27 della legge della Regione Lombardia n. 12
del 2005 in modo conforme all’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001; l’art.
143 delle norme tecniche di attuazione consente la realizzazione di
ampliamenti di edifici ricadenti in zona «Ambito di paesaggio Sn1» nella
sola ipotesi di immobili legittimamente esistenti al momento dell’entrata
in vigore del piano regolatore, mentre l’intervento in questione, avendo
ad oggetto lavori di ampliamento di un edificio condonato in data 21
novembre 2006, non rientra nell’ambito di applicazione di tale norma,
stante l’irretroattività degli effetti del condono.
3.2. – Con la
sentenza/ordinanza del 7 settembre 2010, il Tribunale ha respinto tutti i
motivi di ricorso, ad eccezione della censura circa la erronea
interpretazione, da parte del Comune, dell’art. 143 delle nta del piano
regolatore generale comunale. Quanto alla censura relativa alla non
qualificabilità dell’intervento quale ristrutturazione edilizia mediante
demolizione e ricostruzione, perché non rispetterebbe la sagoma
originaria, il Tribunale riferisce che, nelle more del giudizio, è
intervenuta la legge della Regione Lombardia n. 7 del 2010, che ha fornito
una interpretazione autentica dell’art. 27, comma, lettera d), della legge
regionale n. 12 del 2005. Per questa ragione il giudice ha ritenuto, sul
punto, di sollevare questione di costituzionalità in riferimento all’art.
117, terzo comma, Cost., in materia di governo del territorio.
4. –
Quanto alla rilevanza, il Tribunale chiarisce che, pur avendo accolto uno
dei motivi di ricorso, risulta necessario esaminare anche la censura
riferita alla qualificazione dell’intervento edilizio realizzato, perché
«in presenza di un provvedimento fondato su più motivi, ciascuno
autonomamente idoneo a darne giustificazione, solo l’accertamento della
illegittimità di tutti i motivi può portare alla sua caducazione». Ai fini
della definizione del ricorso principale e dei ricorsi per motivi
aggiunti, occorre quindi vagliare la costituzionalità dell’art. 27, comma
1, lettera d), della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 e della
norma interpretativa di cui all’art. 22 della legge regionale n. 7 del
2010. Quest’ultima disposizione, pur se sopravvenuta, troverebbe comunque
applicazione nel giudizio principale, «essendo indubbia la sua valenza
interpretativa e, dunque, la sua valenza retroattiva».
5. – In punto
di non manifesta infondatezza, il Tribunale rimettente rileva innanzitutto
che l’edilizia, anche se non menzionata esplicitamente nell’art. 117
Cost., rientra, in base a consolidata giurisprudenza costituzionale,
nell’ambito della materia del «governo del territorio», di competenza
concorrente.
5.1. – Con riguardo alla normativa statale, il giudice a
quo sostiene che l’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, recante la
definizione degli interventi edilizi, costituisce un principio
fondamentale non derogabile dal legislatore regionale. Ciò emergerebbe sia
dalla rubrica di tale articolo («Definizione degli interventi edilizi»),
sia dalla sua collocazione nel titolo I della parte I del testo unico,
dedicata alle «Disposizioni generali». Inoltre, la natura di principio
fondamentale dell’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001 discenderebbe
dall’impianto complessivo del testo unico sull’edilizia e dal rilievo che
in esso assumono le definizioni degli interventi, nonché dalla sua
prevalenza rispetto alle eventuali diverse disposizioni contenute negli
strumenti urbanistici generali e nei regolamenti edilizi.
5.2. –
Quanto alla disciplina regionale censurata, il giudice a quo rileva
innanzitutto che l’art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della
legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, non menziona il limite della
sagoma, a differenza dell’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, che pone un
vincolo di identità di volumetria e di sagoma tra il nuovo edificio e
quello preesistente. Inoltre, l’art. 103 della medesima legge regionale n.
12 del 2005 dispone che, con l’entrata in vigore di tale legge, cessi di
avere diretta applicazione nella Regione Lombardia la disciplina di
dettaglio prevista, tra l’altro, dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001,
con ciò escludendo implicitamente il carattere di principio fondamentale
della norma recante le definizioni degli interventi edilizi.
Il
Tribunale rimettente riferisce, poi, che la giurisprudenza amministrativa
aveva più volte in passato risolto questa antinomia, ritenendo che l’art.
27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione
Lombardia n. 12 del 2005 dovesse interpretarsi nel senso di prescrivere
anche il rispetto della sagoma dell’edificio preesistente, in quanto tale
requisito, previsto dall’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380
del 2001, costituisce espressione di un principio generale che orienta
anche l’interpretazione della legislazione regionale. Ad avviso del
giudice a quo, però, tale interpretazione costituzionalmente orientata non
sarebbe più possibile, in quanto l’art. 22 della legge della Regione
Lombardia n. 7 del 2010 ha fornito una interpretazione autentica dell’art.
27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge regionale n. 12 del
2005, specificando che «la ricostruzione dell’edificio è da intendersi
senza vincolo di sagoma».
Secondo il Tribunale rimettente, quindi, il
combinato disposto degli artt. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo,
della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, come interpretato
dalla legge regionale n. 7 del 2010 – nella parte in cui esclude
l’applicabilità del limite della sagoma alle ristrutturazioni edilizie
mediante demolizione e ricostruzione – e 103 della medesima legge
regionale n. 12 del 2005 – nella parte in cui prevede che, a seguito
dell’entrata in vigore di tale legge, cessi di avere diretta applicazione
nella Regione la disciplina di dettaglio prevista, tra gli altri,
dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001 – si porrebbe in contrasto con il
principio fondamentale della legislazione statale dettato dall’art. 3 del
d.P.R. n. 380 del 2001 in materia di governo del territorio e violerebbe,
dunque, l’art. 117, terzo comma, Cost.
6. – In data 16 novembre 2010
si è costituito in giudizio il Comune di Besozzo, sostenendo la fondatezza
della questione.
Il Comune osserva che, nella normativa regionale
censurata, «il mancato richiamo all’obbligatorio mantenimento della sagoma
dell’edificio antecedente rappresenta un notevole ampliamento rispetto
alla norma statale, poiché consente, in regime di ristrutturazione, la
costruzione, in luogo dell’edificio demolito, di un fabbricato totalmente
diverso (anche nell’aspetto esterno) da quello preesistente, del quale
viene conservata unicamente la volumetria». Ciò susciterebbe, inoltre,
dubbi sotto il profilo penale, in quanto in Lombardia «l’intervento di
demolizione e ricostruzione con il solo rispetto della volumetria
iniziale, e non della sagoma, risulterebbe legittimo sotto il profilo
amministrativo in ambito regionale, [...] qualificandosi come
ristrutturazione e nel contempo risulterebbe inammissibile in base al
d.P.R. n. 380 del 2001», ed è alla norma statale che il giudice penale
deve far riferimento per determinare le ipotesi di reato edilizio.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale amministrativo regionale per la
Lombardia, sezione seconda, con ordinanza del 7 settembre 2010 (reg. ord.
n. 364 del 2010), ha sollevato questione di legittimità costituzionale del
combinato disposto degli artt. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, e
103 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il
governo del territorio), e dell’art. 22 della legge della Regione
Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi per l’attuazione
della programmazione regionale e di modifica ed integrazione di
disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2010), in relazione
all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Secondo il Tribunale
rimettente, l’art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge
della Regione Lombardia n. 12 del 2005, come interpretato dall’art. 22
della legge regionale n. 7 del 2010 – nella parte in cui esclude
l’applicabilità del limite della sagoma alle ristrutturazioni edilizie
mediante demolizione e ricostruzione – e l’art. 103 della medesima legge
regionale n. 12 del 2005 – nella parte in cui prevede che, a seguito
dell’entrata in vigore di tale legge, cessi di avere diretta applicazione
nella Regione la disciplina di dettaglio prevista, tra gli altri,
dall’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.
380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia) (testo A) – sarebbero in contrasto con i principi fondamentali
stabiliti dalla legislazione statale in materia di governo del territorio,
così violando l’art. 117, terzo comma, Cost.
2. – La questione è
fondata.
2.1. – Questa Corte ha già ricondotto nell’ambito della
normativa di principio in materia di governo del territorio le
disposizioni legislative riguardanti i titoli abilitativi per gli
interventi edilizi (sentenza n. 303 del 2003, punto 11.2 del Considerato
in diritto): a fortiori sono principi fondamentali della materia le
disposizioni che definiscono le categorie di interventi, perché è in
conformità a queste ultime che è disciplinato il regime dei titoli
abilitativi, con riguardo al procedimento e agli oneri, nonché agli abusi
e alle relative sanzioni, anche penali. L’intero corpus normativo statale
in ambito edilizio è costruito sulla definizione degli interventi, con
particolare riferimento alla distinzione tra le ipotesi di
ristrutturazione urbanistica, di nuova costruzione e di ristrutturazione
edilizia cosiddetta pesante, da un lato, e le ipotesi di ristrutturazione
edilizia cosiddetta leggera e degli altri interventi (restauro e
risanamento conservativo, manutenzione straordinaria e manutenzione
ordinaria), dall’altro. La definizione delle diverse categorie di
interventi edilizi spetta, dunque, allo Stato.
2.2. – Tali categorie
sono individuate dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, collocato nel
titolo I della parte I del testo unico, intitolato «Disposizioni
generali». In particolare, la lettera d) del comma 1 di detto articolo
include, nella definizione di «ristrutturazione edilizia», gli interventi
di demolizione e ricostruzione con identità di volumetria e di sagoma
rispetto all’edificio preesistente; la successiva lettera e) classifica
come interventi di «nuova costruzione» quelli di «trasformazione edilizia
e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle
lettere precedenti». In base alla normativa statale di principio, quindi,
un intervento di demolizione e ricostruzione che non rispetti la sagoma
dell’edificio preesistente – intesa quest’ultima come la conformazione
planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso
verticale e orizzontale – configura un intervento di nuova costruzione e
non di ristrutturazione edilizia.
A conferma di ciò non sta solo il
dato letterale dell’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del
2001 – che fa riferimento alla «stessa volumetria e sagoma» dell’edificio
preesistente e ammette «le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento
alla normativa antisismica» – ma vi è anche la successiva legislazione
statale in materia edilizia. L’art. 5, commi 9 e ss., del decreto-legge 13
maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per
l’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2011, n.
106, infatti, nel regolare interventi di demolizione e ricostruzione con
ampliamenti di volumetria e adeguamenti di sagoma, non ha qualificato tali
interventi come ristrutturazione edilizia, né ha modificato la disciplina
dettata al riguardo dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001.
2.3. – La
linea di distinzione tra le ipotesi di nuova costruzione e quelle degli
altri interventi edilizi, d’altronde, non può non essere dettata in modo
uniforme sull’intero territorio nazionale, la cui «morfologia» identifica
il paesaggio, considerato questo come «la rappresentazione materiale e
visibile della Patria, coi suoi caratteri fisici particolari, con le sue
montagne, le sue foreste, le sue pianure, i suoi fiumi, le sue rive, con
gli aspetti molteplici e vari del suo suolo, quali si sono formati e son
pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli» (Relazione
illustrativa della legge 11 giugno 1922, n. 778 «Per la tutela delle
bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico», Atti
parlamentari, Legislatura XXV, Senato del Regno, Tornata del 25 settembre
1920).
Sul territorio, infatti, «vengono a trovarsi di fronte» – tra
gli altri – «due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla
conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione
del territorio, affidato anche alle Regioni» (sentenza n. 367 del 2007,
punto 7.1 del Considerato in diritto). Fermo restando che la tutela del
paesaggio e quella del territorio sono necessariamente distinte, rientra
nella competenza legislativa statale stabilire la linea di distinzione tra
le ipotesi di nuova costruzione e quelle degli altri interventi edilizi.
Se il legislatore regionale potesse definire a propria discrezione tale
linea, la conseguente difformità normativa che si avrebbe tra le varie
Regioni produrrebbe rilevanti ricadute sul «paesaggio […] della Nazione»
(art. 9 Cost.), inteso come «aspetto del territorio, per i contenuti
ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore
costituzionale» (sentenza n. 367 del 2007), e sulla sua tutela.
2.4. –
In conclusione, l’art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della
legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, come interpretato dall’art.
22 della legge della Regione Lombardia n. 7 del 2010, nel definire come
ristrutturazione edilizia interventi di demolizione e ricostruzione senza
il vincolo della sagoma, è in contrasto con il principio fondamentale
stabilito dall’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del 2001,
con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in materia
di governo del territorio. Parimenti lesivo dell’art. 117, terzo comma,
Cost., è l’art. 103 della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005,
nella parte in cui, qualificando come «disciplina di dettaglio» numerose
disposizioni legislative statali, prevede la disapplicazione della
legislazione di principio in materia di governo del territorio dettata
dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001 con riguardo alla definizione delle
categorie di interventi edilizi.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art.
27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione
Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio),
nella parte in cui esclude l’applicabilità del limite della sagoma alle
ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione;
2)
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 103 della legge della
Regione Lombardia n. 12 del 2005, nella parte in cui disapplica l’art. 3
del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia) (testo A);
3)
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 22 della legge della
Regione Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi per
l’attuazione della programmazione regionale e di modifica ed integrazione
di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2010).
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 21 novembre 2011.
Depositata in Cancelleria il 23
novembre 2011.
|
|
|
|
|
|
|