 |
|
 |
 |
n. 4-2012 - © copyright |
ENRICO FOLLIERI
|
|
L’azione di nullità dell’atto
amministrativo
Sommario: 1. Unicità ed atipicità del
diritto di azione. - 2. La soluzione del codice del processo
amministrativo. – 3. Conseguenze immediate della previsione
dell’azione di nullità. – 4. La giurisdizione nell’azione di
nullità. – 5. L’azione di nullità innanzi al giudice ordinario. – 6.
L’azione di nullità innanzi al giudice amministrativo. – 7. A)
Rilevanza della nullità dell’atto nel processo amministrativo. B)
Legittimazione ad agire.
1. Unicità ed
atipicità del diritto di azione.
Il diritto
processuale attuale ha abbandonato l’idea che debbano essere
disciplinate le forme, le modalità ed i contenuti dell’azione
attraverso la predisposizione di un articolato armamentario cui
ricorrere per le bisogna della tutela.
L’azione è una, atipica ed
assume le fattezze della tutela di cui necessita la situazione
giuridica soggettiva che si intenda far valere in giudizio, prevista
dalle norme sostanziali[1].
L’azione avrà contenuto reale
reintegratorio, obbligatorio, di condanna, di costituzione di
effetti giuridici, di accertamento etc., senza che occorra la
previsione delle rispettive azioni[2].
L’atipicità dell’azione
diventa garanzia di tutela piena, completa ed efficiente,
possibilmente satisfattiva di ogni situazione giuridica soggettiva
prevista dalle norme sostanziali e, nel contempo, espressione di
libertà ed autonomia.
Ed il fondamento primo di questa
impostazione viene colto al massimo livello, quello costituzionale
che, all’art. 24, primo comma, sancisce che “tutti possono agire in
giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi
legittimi”[3].
Non avrebbe, quindi, senso prevedere la disciplina
puntuale delle diverse azioni proponibili, cui sono collegati
effetti tipici.
Nello stesso solco si pone la recente
giurisprudenza amministrativa che, nel suo più autorevole consesso
giurisdizionale, afferma, con riguardo all’ammissibilità di
un’azione atipica nel processo amministrativo e segnatamente
dell’azione di accertamento che “l’assenza di una previsione
legislativa espressa non osta all’esperibilità di un’azione di tal
genere quante volte, come nella specie, detta tecnica di tutela sia
l’unica idonea a garantire una protezione adeguata ed immediata
dell’interesse legittimo”[4] e rileva che si tratta di una tecnica
di tutela prevista dai principali ordinamenti europei e, qualora le
azioni tipizzate non possano soddisfare l’esigenze di tutela,
l’ammissibilità trova fondamento nelle norme costituzionali
immediatamente precettive dettate dagli artt. 24, 103 e 113 della
Costituzione per garantire la piena e completa protezione
dell’interesse legittimo. E, quindi, la garanzia costituzionale
impone di ammettere per gli interessi legittimi l’esperibilità
dell’azione di accertamento autonomo, come previsto nel processo
civile per i diritti soggettivi, non potendo contrastare tale
conclusione “il principio di tipicità delle azioni, in quanto
corollario indefettibile dell’effettività della tutela è proprio il
principio dell’atipicità delle forme di tutela”[5].
Anche le
azioni amministrative sono atipiche[6], per cui va riconosciuta la
possibilità per il ricorrente di chiedere al giudice amministrativo
tutto quello che è indispensabile ad assicurare tutela piena,
completa ed efficiente alla situazione giuridica soggettiva che si
assume lesa.
2. La soluzione del codice del processo
amministrativo.
Sulla base dell’unicità ed atipicità
del diritto di azione, risulterebbe del tutto “fuori tempo” e,
comunque, controcorrente il codice del processo amministrativo che,
nell’articolato provvisorio approvato dalla commissione presso il
Consiglio di Stato[7], addirittura tipizzava almeno otto azioni e,
nella versione definitiva, quattro nel Capo II del libro
primo[8].
Credo, però, che non sia possibile generalizzare un
principio che vale per un processo e calarlo negli altri processi,
senza considerare le peculiarità di ogni processo.
In
particolare, per il processo amministrativo, vanno considerati due
profili che confortano la soluzione adottata dal codice che ha
tipizzato le azioni significative per la tutela dell’interesse
legittimo, ma ha lasciato, comunque, spazio all’azione
atipica.
Infatti, il processo innanzi ai Tribunali amministrativi
regionali ed al Consiglio di Stato si misura con una parte fissa che
è la pubblica amministrazione, espressione di un potere
istituzionale che presenta qualità e caratteri diversi da un privato
cittadino.
Il processo civile, invece, vede schierati normalmente
due privati e, quando una delle parti è una pubblica
amministrazione, sta in giudizio come un privato perché il giudice
ordinario deve risolvere una controversia in cui si discute di
diritti soggettivi, doveri e obblighi, non di interessi legittimi e
esercizio del potere.
E, anzi, per tutelare l’equilibrio e
l’indipendenza tra il potere giurisdizionale e quello esecutivo,
l’allegato E della legge del 1865 sull’abolizione del contenzioso
amministrativo limitò i poteri decisori del giudice ordinario nei
confronti degli atti amministrativi ed è storia nota quella
dell’istituzione della sezione IV del Consiglio di Stato cui fu
attribuito il potere di annullare gli atti amministrativi perché
nata da una “costola” dell’Amministrazione.
Se l’evolversi del
sistema e la previsione dell’art. 113, comma tre, della Costituzione
consente al legislatore ordinario di stabilire quali organi
giurisdizionali possono annullare gli atti amministrativi, con
possibilità, quindi, di attribuire il relativo potere anche al
giudice ordinario, non si può dimenticare che il processo
amministrativo interviene nei confronti del potere esecutivo ed è
necessario precisare sino a dove possa spingersi il potere
cautelare, istruttorio, cognitorio e decisorio dell’organo che
giudica il potere istituzionale.
Dire che il giudice
amministrativo deve adottare le misure idonee a soddisfare
l’interesse fatto valere in giudizio dal ricorrente è espressione di
un importante principio che afferma e sottolinea il carattere
soggettivo del giudizio amministrativo, ma va integrato e precisato
con l’attribuzione dei poteri al giudice nei confronti della
pubblica amministrazione. Se, per esempio, al giudice amministrativo
si consente esclusivamente l’annullamento dell’atto amministrativo,
in questo ristretto ambito potrà muoversi il processo che assicurerà
la soddisfazione dell’interesse in tali ristretti
limiti.
Insomma, le esigenze di tutela nel processo
amministrativo devono considerare l’equilibrio nei rapporti tra i
poteri (giurisdizione e potere esecutivo) e al giudice vanno
attribuite le conseguenti misure che può adottare verso la pubblica
amministrazione.
E così l’esame delle scelte discrezionali e
l’adozione o riforma di atti in sostituzione della pubblica
amministrazione è possibile, in via eccezionale, solo nelle materie
di giurisdizione, estesa anche al merito, ma è, in via generale,
preclusa al giudice amministrativo,
E, pertanto, in un processo
nel quale la tutela dell’interesse deve armonizzarsi e combinarsi
con il potere istituzionale della pubblica amministrazione, può
essere utile precisare le azioni ammissibili, tipizzandone alcune, e
lasciando uno spazio residuale ad altre azioni, pur ammissibili, ma
non tipizzate.
Essenziale, però, è che siano precisati i poteri
che ha il giudice nei confronti della pubblica amministrazione
perché da essi si desumono le azioni proponibili e, in particolare,
quelle atipiche, non espressamente previste dal codice.
Un’altra
ragione a sostegno della strada scelta dal codice del processo
amministrativo è la particolarità dell’interesse legittimo. Infatti,
la previsione di una sola azione atipica nel processo civile, ne
rimette il contenuto ai diritti soggettivi che, per così dire, la
riempiono e le danno corpo e sostanza in un ambito ordinamentale nel
quale vi è una disciplina positiva ed articolata dei
diritti.
Manca, invece, una tutela positiva degli interessi
legittimi che vengono dedotti dal concreto della fattispecie,
essendo rare le ipotesi in cui la (particolare) norma li consideri
espressamente in via astratta. È il concreto dell’agire dell’azione
amministrativa che dà contenuto e spessore all’interesse legittimo
ed è il giudice amministrativo che apprezza gli interessi e li
ritiene meritevoli di tutela innanzi a sé.
Ciò significa che
l’azione unica e atipica nel processo amministrativo dovrebbe
“riempirsi” con interessi legittimi che non preesistono nella
previsione normativa, ma che acquistano riconoscimento e tutela in
concreto, con la conseguenza che, sul piano ordinamentale ed
astratto, tale azione sarebbe un guscio vuoto.
In sostanza, vi è
una “tavola” positiva dei diritti soggettivi, ma non ve ne è una
degli interessi legittimi.
E, allora, è da condividere la
soluzione del codice del processo amministrativo.
3.
Conseguenze immediate della previsione dell’azione di
nullità.
L’azione di nullità è stata oggetto di
specifica disciplina da parte del codice ed è, quindi, tipica, anche
se la si poteva ammettere in base alla previsione dell’art. 21 septies della L. n. 241/90 e, in effetti, la giurisprudenza
aveva già sperimentato ed accolto la domanda di nullità per le
ipotesi previste dalla normativa sostanziale[9].
Gli effetti
determinati dall’espressa previsione codicistica hanno spazzato il
campo da alcuni orientamenti della giurisprudenza e della
dottrina.
Innanzitutto, l’assunta mancanza di effetti lesivi
dell’atto nullo non potrà portare alla definizione del ricorso con
una dichiarazione di carenza di interesse e, quindi, di
inammissibilità che, sul piano processuale, è una sentenza in rito,
anche se la dottrina[10] ne ha ricavato una dichiarazione, ancorché
indiretta, di inefficacia dell’atto (nullo), soddisfacendo così
l’interesse del ricorrente a neutralizzarne gli effetti, sulla scia
di alcune pronunzie giurisprudenziali[11].
È prevista, con l’art.
31 c.p.a., la “declaratoria di nullità” che può essere chiesta con
“domanda volta all’accertamento delle nullità previste dalla
legge”[12] e, quindi, in via diretta e principale, per cui non è
praticabile l’adozione di sentenza di inammissibilità per carenza di
interesse: la norma attribuisce al ricorrente l’interesse ad
ottenere una pronunzia che dichiari la nullità dell’atto.
Di poi,
sono superati i pur acuti rilievi della dottrina che esclude in
principio la promovibilità dell’azione di nullità innanzi al giudice
amministrativo.
Si è, infatti, sostenuto che un atto nullo e,
come tale, inefficace, non può ledere interessi legittimi che sono
correlati all’esercizio efficace del potere, avallando tale tesi con
il diritto positivo (previgente al codice del processo
amministrativo) per il quale il giudice amministrativo può annullare
gli atti amministrativi, ma non dichiararne la nullità, oltre che
con la sostanziale carenza di interesse, come conseguenza della
improduttività di effetti dell’atto nullo[13].
Il codice del
processo amministrativo, avendo disciplinato l’azione di nullità che
è proponibile innanzi al giudice amministrativo, riconosce che
quest’ultimo possa avere giurisdizione nei confronti dell’atto
nullo.
Così pure gli interessanti tentativi volti a trovare, tra
la giurisprudenza del giudice ordinario e quella del giudice
amministrativo, uno spazio per evitare che l’azione di nullità si
incanalasse, appiattendosi, sull’azione di annullamento[14] sono da
ritenersi ormai superati dall’espressa disposizione del codice che
introduce l’azione dichiarativa della nullità dell’atto
amministrativo.
4. La giurisdizione nell’azione di
nullità.
L’art. 31 c.p.a. dedica un solo comma
all’azione di nullità da cui si ricavano queste regole:
a) è
un’azione di accertamento;
b) il termine per la proposizione
dell’azione è di decadenza ed è fissato in 180 giorni;
c) per la
nullità degli atti amministrativi in violazione o elusione del
giudicato, il termine è di prescrizione ed è fissato in dieci anni
dal passaggio in giudicato della sentenza[15];
d) la nullità
dell’atto “può sempre essere opposta dalla parte resistente” per la
quale il rilievo della nullità è imprescrittibile;
e) la nullità
dell’atto “può sempre …. essere rilevata d’ufficio dal
giudice”.
L’art. 31 c.p.a. non reca alcuna disposizione sulla
giurisdizione, se non, come precisato, il riconoscimento implicito
che l’azione di nullità sia proponibile innanzi al giudice
amministrativo.
Ne consegue che vale l’ordinario criterio
generale di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e
giudice amministrativo basato sulle situazioni giuridiche
soggettive[16], ma tenendo conto che la nullità rende l’atto
amministrativo improduttivo di effetti e, quindi, non estingue o
degrada i diritti soggettivi, incisi dall’esercizio del potere, che
vanno tutelati innanzi al giudice ordinario[17].
L’area di
giurisdizione del giudice amministrativo subisce una evidente
riduzione perché gli restano gli interessi legittimi che sono tali
sin dall’origine e che possono essere anche oppositivi, non solo
pretensivi[18]. Infatti, l’interesse teso a difendere una situazione
di vantaggio (anche di fatto) e che si oppone all’esercizio del
potere amministrativo può identificarsi in un diritto soggettivo
(che viene estinto), ma anche in un interesse che non è diritto
soggettivo. Si pensi ad un operatore turistico alberghiero che si
opponga ad un procedimento amministrativo volto ad insediare una
centrale elettrica a carbone in area vicina alla sua attività; ad un
commerciante che si opponga alla realizzazione di un supermercato
nella zona in cui è sito il suo esercizio commerciale; ad un
agricoltore che contesti la localizzazione di una discarica di
rifiuti nei pressi del suo fondo e così via.
Vi può, certamente,
essere interesse del titolare dell’interesse legittimo oppositivo ad
ottenere dichiarazione di nullità dell’atto amministrativo che,
negli esempi innanzi riportati, darebbe “certezza” in ordine alla
non esecuzione degli interventi programmati
dall’Amministrazione[19].
E la dichiarazione di nullità
dell’atto, dando certezza al mantenimento inalterato della
situazione precedente l’adozione dell’atto, potrebbe intervenire
utilmente per la soddisfazione dell’interesse oppositivo, qualunque
sia la causa di nullità riscontrata.
Gli interessi legittimi
pretensivi non creano equivoci con i diritti soggettivi come accade
per quelli oppositivi poiché si è in presenza di interesse teso ad
ottenere una situazione di vantaggio dall’esercizio del potere ed è
una situazione di “pretesa” che difficilmente può identificarsi in
un diritto.
Va, però, verificata l’utilità di un’azione
siffatta.
I vizi che determinano la nullità sono quelli
espressamente previsti dall’art. 21 septies L. n. 241/90
perché, come rilevato dalla giurisprudenza, essi costituiscono un
“numero chiuso”[20].
E, allora, l’azione di nullità del titolare
dell’interesse legittimo pretensivo potrà riguardare, nella
sostanza, gli atti di diniego o il silenzio (quando la norma preveda
che produca gli effetti del diniego e non dell’assenso)
dell’amministrazione che non gli attribuisce il vantaggio per:
difetto assoluto di attribuzione perché evidentemente il diniego,
espresso o implicito (silenzio), è stato espressione di un’autorità
priva del potere di adottarlo. Agire per far dichiarare la nullità
da parte di chi ha promosso l’iniziativa del procedimento
rivolgendosi all’autorità carente di potere in astratto per ottenere
il provvedimento favorevole è domanda giurisdizionale in palese
contraddittorietà con quanto lo stesso ricorrente ha svolto sul
piano sostanziale, ma, soprattutto, appare del tutto superflua dal
momento che, per soddisfare il proprio interesse, il ricorrente
potrà presentare l’istanza all’autorità cui è attribuito il potere
di decidere.
Appare privo di ogni senso pratico e di ogni utilità
(giuridica) far dichiarare dal giudice nullo il provvedimento (o il
silenzio) perché il provvedimento favorevole è stato chiesto dal
ricorrente ad un’autorità carente di potere. A meno che non si
chieda una pronuncia che, nel dichiarare la nullità, stabilisca
quale sia l’autorità che ha il potere di decidere, ma appare ipotesi
remota da soddisfare con l’azione di nullità.
E, invece, il
titolare dell’interesse pretensivo troverà utile denunziare la
mancanza degli elementi essenziali, sempre che riesca ad accoppiare
alla domanda di nullità quella di adempimento specifico perché non
può essere satisfattiva dell’interesse la dichiarazione di mera
nullità dell’atto se il giudice non condanni la pubblica
amministrazione all’adozione dello specifico provvedimento
favorevole o, quanto meno, non fissi un pregnante effetto
confermativo. Insomma, sotto questo profilo, la posizione
processuale e sostanziale del titolare dell’interesse legittimo
pretensivo non muta se possa chiedere la nullità anziché
l’annullamento, tranne che per il termine più lungo, 180 giorni
invece di 60, anche se pur sempre di decadenza.
Il campo di
sicura elezione dell’interesse legittimo pretensivo è la violazione
o elusione del giudicato dal momento che, se le sentenze che
tutelano l’interesse legittimo oppositivo possono anche essere
autoesecutive, quelle riguardanti l’interesse legittimo pretensivo
richiedono la successiva azione di adeguamento della pubblica
amministrazione, anche quando intervenga una sentenza di condanna
all’adozione dello specifico provvedimento amministrativo. Infatti,
il giudice amministrativo può sostituirsi all’amministrazione e
adottare una sentenza in luogo dell’atto amministrativo nelle
materie di giurisdizione estesa anche al merito e, quindi, solo in
questi casi eccezionali la sentenza a tutela degli interessi
legittimi pretensivi potrà essere autoesecutiva.
Per gli “altri
casi espressamente previsti dalla legge”[21], non è possibile fare
un discorso generale, essendo necessario prendere in esame le
singole disposizioni normative.
E, dunque, l’azione di nullità,
di sicura efficienza ed efficacia per gli interessi legittimi
oppositivi tranne per i casi di violazione o elusione del giudicato
per i quali possono avere una più ridotta applicazione, riesce utile
agli interessi legittimi pretensivi quando è affiancata dall’azione
di adempimento specifico ovvero da un pregnante effetto
conformativo, con possibilità di più esteso impiego per la
violazione o elusione del giudicato.
Il giudice ordinario ha
potenzialità espansiva perché, per effetto della nullità, recupera
alla giurisdizione tutta l’area dei diritti soggettivi, non operando
l’estinzione o degradazione in conseguenza dell’esercizio del potere
amministrativo che, nelle ipotesi di nullità, è privo di
effetti.
Il giudice amministrativo ha consapevolezza del transito
di queste controversie al giudice ordinario. In un caso di ordinanza
comunale di sgombero di immobile del patrimonio disponibile, il
Consiglio di Stato rileva che l’art. 823 del codice civile ammette
l’azione autoritativa dell’amministrazione, ma solo ai fini di
tutelare i beni del demanio pubblico, per cui l’ordinanza del
Comune, emessa in carenza assoluta di potere, andava qualificata
atto nullo e come tale non produceva “alcun effetto degradatorio
delle posizioni soggettive di cui si assume la lesione, e se
dall’esecuzione del provvedimento” erano derivati effetti
pregiudizievoli, essi andavano “considerati come violazioni di
diritti soggettivi la cui tutela appartiene alla giurisdizione del
giudice ordinario”[22].
Sia il giudice amministrativo che il
giudice ordinario possono conoscere della nullità dell’atto
amministrativo[23], con ampliamento della giurisdizione di
quest’ultimo che (ri)diventa il giudice dei diritti soggettivi,
tranne quando la materia sia attribuita alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo, ma con le precisazioni che
seguono.
L’art. 21 septies L. n. 241/90 prescrive che le
questioni inerenti alla nullità dei provvedimenti amministrativi in
violazione o elusione del giudicato sono attribuite alla
giurisdizione del giudice amministrativo[24].
Per le altre causa
di nullità, va evidenziato che il difetto assoluto di attribuzione
comporta che l’atto è stato assunto senza potere e non può, quindi,
nemmeno in astratto, determinare un’incisione dei diritti soggettivi
del destinatario; qui l’atto rileva come mero comportamento senza
potere[25], per cui in base al criterio ermeneutico dettato dalla
nota sentenza della Corte Costituzionale 6.7.2004 n. 204, la materia
viene conosciuta dal giudice amministrativo in via esclusiva quando
la pubblica amministrazione eserciti poteri autoritativi e si
confronti con interessi legittimi o anche con diritti soggettivi che
si presentino nell’azione autoritativa, non quando la pubblica
amministrazione non utilizzi il potere ovvero eserciti un potere che
non abbia in attribuzione[26].
E, pertanto, la giurisdizione
esclusiva non “copre” i diritti soggettivi, quando l’atto è nullo
per difetto assoluto di attribuzione.
È da ritenere, invece, che
rientrino nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo i
diritti soggettivi, quando l’atto sia nullo per mancanza degli
elementi essenziali nonché “negli altri casi espressamente previsti
dalla legge”, sempre che non si voglia far rientrare nell’ipotesi
della carenza di potere anche quella in concreto[27] perché
potrebbero essere interessati anche le due ipotesi testé
richiamate.
5. L’azione di nullità innanzi al
giudice ordinario.
Le regole dettate dall’art. 31,
quarto comma, c.p.a. riguardano esclusivamente l’azione di nullità
promossa innanzi al giudice amministrativo perché il codice
disciplina la giurisdizione amministrativa che “è esercitata dai
tribunali amministrativi regionali e dal Consiglio di Stato secondo
le norme del presente codice”[28].
E, del resto, il legislatore
delegato non avrebbe potuto stabilire alcun principio per il
processo innanzi al giudice ordinario, quando è parte la pubblica
amministrazione, perché la legge delega consente l’adozione di “uno
o più decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai
tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato”[29],
coordinandolo con le norme del codice di procedura civile, ma senza
alcuna possibilità di incidere su quest’ultimo o, addirittura, sul
codice civile ove è regolata la nullità dei contratti, in via
generale.
La legge delega consente di operare sulla
“concentrazione delle tutele”, “riordinando le norme vigenti sulla
giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre
giurisdizioni”[30], per cui l’intervento dei decreti legislativi può
toccare il riparto delle giurisdizioni – sempre nel rispetto delle
norme costituzionali – ma nessuno spazio ha nei confronti del codice
di procedura civile e del codice civile.
Per l’azione di nullità,
il codice del processo amministrativo avrebbe potuto istituire una
ipotesi di giurisdizione esclusiva, ma non vi è stata nessuna
disposizione in tal senso, per cui essa è proponibile, come sopra
rilevato, sia davanti al giudice ordinario che al giudice
amministrativo, secondo l’ordinaria regola di riparto delle
giurisdizioni, basata sulle situazioni giuridiche
soggettive.
Nemmeno vi è, per il processo innanzi al giudice
ordinario, la previsione di un “rinvio esterno”, come stabilito dal
codice del processo amministrativo, secondo cui “per quanto non
disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del
codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di
principi generali”[31].
E, pertanto, l’azione di nullità
dell’atto amministrativo innanzi al giudice ordinario è retta dalle
norme stabilite per la nullità nel codice di procedura civile ma,
soprattutto, nel codice civile che si occupa degli stati viziati dei
contratti.
Del resto, prima dell’art. 31 c.p.a., il giudice
amministrativo, in carenza di disciplina espressa dell’art. 21 septies L. n. 241/90 introduttivo delle nullità, riteneva di
“applicare, analogicamente, il nucleo essenziale delle norme
contenute nel codice civile, riguardanti la nullità del contratto,
nella parte in cui esse riflettono principi sistematici di portata
più generale”[32], per cui, si potrebbe dire a maggior ragione, il
giudice ordinario farà riferimento a tali parametri normativi. Dello
stesso avviso la dottrina[33].
Va, però, considerato che non vi è
più un’unità di disciplina delle nullità[34] per l’evoluzione
normativa che si è avuto rispetto agli elementi caratteristici
fondamentali della nullità.
Il nucleo generale e fondante della
categoria è stato individuato nell’inefficacia dell’atto sin dalla
sua adozione, nell’operatività di diritto della nullità,
nell’esercizio dell’azione imprescrittibile di nullità da parte di
chiunque vi abbia interesse, nella rilevabilità di ufficio dal
giudice e nell’insanabilità dell’atto con la convalida, ma solo con
eventuale conversione in un altro atto valido[35].
Senonché in
diversi settori dell’ordinamento, il legislatore ha agito ora
sull’uno ora sull’altro elemento, comminando pur sempre la nullità
che, però, presenta profili suoi propri, diversi da quelli
disciplinati in via generale dal codice civile, tanto che la
dottrina le ha definite nullità speciali, facendole assurgere a
dignità di istituto di teoria generale[36]
Questa specialità
della nullità si apprezza anche quando è interessata la pubblica
amministrazione, come per la nullità degli atti giuridici, e
precisamente delle alienazioni e delle convenzioni, compiuti contro
i divieti stabiliti dalle disposizioni sulla tutela dei beni
culturali e “senza l’osservanza delle condizioni e modalità da esse
prescritte”[37]. Pare evidente che, per la rilevanza dell’interesse
pubblico protetto dalle norme in questione, si è inteso sanzionare
di nullità ogni violazione, collegandosi all’ultimo comma dell’art.
1418 del codice civile: “il contratto è altresì nullo negli altri
casi stabiliti dalla legge”. La giurisprudenza, però, ha escluso la
legittimazione all’azione di nullità di chiunque vi abbia interesse
perché il secondo comma dell’art. 164 del codice dei beni culturali
e del paesaggio (come era previsto già nell’art. 135 del T.U. n.
490/99 e nell’art. 61 della L. 1.6.1939 n. 1089) fa salva “la
facoltà del Ministero di esercitare la prelazione”, per cui ha
affermato che la nullità può essere fatta valere solo dal Ministero,
anche se in ogni tempo, ma intanto gli atti producono effetti tra le
parti[38].
Per le nullità di cui all’art. 21 septies della
L. n. 241/90, però, non vi è nessuna particolare previsione e sono
dell’avviso che vadano applicate le regole generali dettate per i
contratti, anche per altre due ragioni.
Innanzitutto, il giudice
ordinario conosce dei diritti soggettivi correlati all’atto
amministrativo nullo e non può che utilizzare le stesse categorie
generali che lo guidano nella giurisdizione sugli altri diritti
soggettivi.
Di poi, il giudice ordinario ha esperienza, sin dagli
anni ‘40 del secolo scorso, dell’atto adottato dall’amministrazione
in carenza di potere, che oggi costituisce un’ipotesi tipica di
nullità prevista per legge, qualificandolo, con giurisprudenza
pretoria[39], come inesistente ed applicando i principi
dell’imprescrittibilità dell’azione, della legittimazione
riconosciuta a chiunque abbia interesse, della pronunzia
dichiarativa, dell’inefficacia dell’atto sin dalla sua adozione,
della rilevabilità di ufficio da parte del giudice, in una parola,
utilizzando le regole della nullità assoluta[40] e non vi sono
ragioni, allo stato, perché il giudice ordinario non segua tale
impostazione nel momento in cui la sua “creatura” è stata recepita
dal diritto positivo[41].
È conseguenziale ritenere che il
giudice ordinario usi lo stesso metro per le altre cause di nullità
di cui all’art. 21 septies L. n. 241/90.
6.
L’azione di nullità innanzi al giudice
amministrativo.
Il ricorrente può proporre l’azione
di nullità entro il termine decadenziale di 180 giorni per tutte le
ipotesi descritte dall’art. 21 septies L. n. 241/90, ad
eccezione dell’elusione e violazione del giudicato perché, in questo
caso, il termine è decennale e di prescrizione.
Nessuno dei due
termini è in sintonia con la nullità assoluta per la quale il codice
civile stabilisce la imprescrittibilità che, però, viene recuperata
per la parte resistente che “può sempre” opporre la nullità
dell’atto[42] e per il giudice che può sempre rilevarla
d’ufficio.
Questo quadruplo regime della nullità,
imprescrittibile per la pubblica amministrazione, soggetto ad un
termine decadenziale di 180 giorni o prescrizionale di dieci anni
per il ricorrente e sempre rilevabile d’ufficio dal giudice richiama
alla mente le considerazioni della dottrina[43] che ha qualificato
la nullità come strumento di ulteriore protezione degli interessi
del cittadino già giuridicamente tutelati e, altresì, funzionale
“principalmente (se non addirittura esclusivamente) alle esigenze di
autoprotezione del potere”[44], perché non sempre l’equiparazione
della fattispecie invalida a quella valida - che dà luogo
all’annullabilità produttiva di effetti, sino a quando l’atto non
venga annullato dal giudice o dalla stessa amministrazione in
autotutela - è protettiva dell’interesse pubblico specifico curato
dall’amministrazione che si trova l’ingombro di un atto che può sì
eliminare, ma nella ricorrenza di tutti i requisiti e presupposti
stabiliti dall’art. 21 – nonies L. n. 241/90 e, certamente,
non può esercitare l’autotutela nei confronti di atto di altra
amministrazione.
E, allora, prima che intervenisse il codice del
processo amministrativo, la dottrina[45] ha indicato termini
differenziati per l’azione di nullità in relazione agli interessi
che le ipotesi di nullità hanno inteso proteggere.
Questo schema
sistematico che si basa sulla frantumazione della categoria della
nullità intervenuta in ambito privatistico, diversifica le posizioni
dei titolari degli interessi.
L’art. 31, 4° comma, C.P.A. sembra
aver considerate le diversità delle posizioni dei soggetti che si
confrontano nel processo amministrativo.
Il privato ricorrente al
quale, con la nullità, si consente di agire nel termine di
decadenza, come per l’annullabilità, ma di 180 anziché di 60 giorni,
con l’eccezione riguardante l’elusione e la violazione del giudicato
che può essere fatta valere nel termine di prescrizione di dieci
anni per la tutela dell’assetto degli interessi stabilito dal
giudice il quale dà attuazione all’ordinamento giuridico, nel
superiore interesse pubblico della giustizia; il giudicato imprime
agli interessi un valore di stabilità passato al vaglio delle norme
giuridiche e, quindi, attribuisce una maggiore protezione che si
manifesta anche nella diversa natura (prescrizione) e lunghezza del
termine.
L’amministrazione resistente la quale, in considerazione
dell’interesse pubblico di cui è portatrice, può sempre eccepire la
nullità.
Il giudice che, nello svolgimento della sua funzione,
non può incontrare limiti al rilievo della nullità dell’atto che non
può costituire un elemento di riferimento per definire il
giudizio.
La nullità è al servizio di una scala di valori che
vede al primo posto l’amministrazione e il giudice, al secondo posto
il cittadino che ha avuto il riconoscimento della sua situazione
passata in giudicato e, al terzo posto, il cittadino titolare di un
interesse legittimo.
Rispetto ai quattro diversi regimi previsti
in via espressa dall’art. 31, comma quattro, C.P.A. è da aggiungerne
un altro.
Bisogna, infatti, considerare i casi in cui il giudice
amministrativo, nella giurisdizione esclusiva, conosca dei diritti
soggettivi che si confrontino con un atto nullo.
Nella
giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo, in mancanza di
previsione legislativa, ha stabilito, secondo una risalente
giurisprudenza[46], che il diritto soggettivo possa essere fatto
valere in giudizio nel termine lungo di prescrizione, anziché nei
sessanta giorni a pena di decadenza[47].
Il codice del processo
amministrativo conferma la giurisdizione esclusiva nelle materie
indicate dall’art. 133, precisando che il giudice amministrativo
conosce dei diritti soggettivi “ pure ai fini risarcitori”[48], ma
nulla dispone in ordine alle diverse regole applicabili quando il
ricorrente alleghi la violazione dei diritti soggettivi. Tale
omissione, però, non può significare che il diritto soggettivo – per
rimanere al tema qui rilevante dei termini – debba essere azionato
nel breve termine di decadenza di sessanta giorni, con conseguente
ingiustificata diminuzione di tutela della situazione giuridica
soggettiva quando, anziché essere attribuita al giudice ordinario,
venga conosciuta dal giudice amministrativo. Si assisterebbe ad un
regresso nella tutela e ad una ingiustificata ed irragionevole
discriminazione dei diritti soggettivi quando la materia venga
attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo,
in violazione dei principi costituzionali (Artt. 3, 24, 102, 103,
111 e 113).
E, quindi, è da ritenere che i principi che la
giurisprudenza pretoria del giudice amministrativo ha introdotto per
la tutela dei diritti soggettivi conosciuti nell’ambito della
giurisdizione esclusiva, continuino a trovare applicazione.
La
mancata considerazione nell’art. 31, comma quattro, C.P.A. del
diritto soggettivo leso da un atto nullo nelle materie di
giurisdizione esclusiva è in linea con l’impostazione del codice del
processo amministrativo che ha ignorato le diverse regole che il
giudice amministrativo applica in presenza del diritto soggettivo
fatto valere dal ricorrente.
Ciò non può condurre alla
conclusione che, per l’atto nullo, il diritto soggettivo debba
essere azionato nel termine di decadenza di 180 giorni per
l’evidente contraddizione: l’interesse legittimo è soggetto,
normalmente, al termine di decadenza di 60 giorni che viene
allungato (180 giorni) per la rilevanza dei vizi che determinano la
nullità dell’atto ed il diritto soggettivo che, normalmente, va
fatto valere nel termine prescrizionale in sede di giurisdizione
esclusiva, nei confronti dell’atto nullo vedrebbe il termine
attratto nel regime decadenziale dei 180 giorni, con conseguente
riduzione della garanzia di tutela.
È da ritenere che il diritto
soggettivo, attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, possa essere azionato nel ricorso volto alla
dichiarazione di nullità dell’atto nell’ordinario termine decennale
di prescrizione.
Pertanto, il diritto soggettivo riceverebbe la
stessa considerazione dell’ipotesi di nullità conseguente
all’elusione o violazione del giudicato e, nella scala dei valori,
va collocato al secondo posto.
Le deviazioni dal modello di base
della nullità circa le diverse tutele assegnate in relazione agli
interessi interviene sui termini, ma non muta gli altri caratteri
che distinguono in maniera netta questa difformità dal modello
legale rispetto all’annullabilità.
Infatti, la nullità dell’atto
amministrativo è rilevabile d’ufficio dal giudice e l’azione è
imprescrittibile per l’amministrazione ed è improduttivo di effetti
nonché insanabile.
Quanto all’inefficacia dell’atto nullo, sin
dalla sua adozione, essa si deduce: a) dalla previsione dell’azione
dichiarativa; l’art. 31 del c.p.a., nel titolo reca “declaratoria di
nullità” e, al quarto comma, recita “La domanda volta
all’accertamento delle nullità previste dalla legge si propone …”;
se l’atto nullo producesse effetti, la domanda dovrebbe essere volta
all’annullamento con richiesta di una sentenza costitutiva di
eliminazione degli effetti, non dichiarativa della nullità
dell’atto, con conseguente accertamento che effetti non sono stati
prodotti; b) dalla rilevabilità di ufficio dal giudice e
dall’imprescrittibilità della relativa domanda (eccezione) da parte
dell’amministrazione resistente che sono qualità proprie della
nullità; c) dalla considerazione che le eccezioni al modello della
nullità assoluta sono quelle espressamente indicate dall’art. 31,
comma quattro, C.P.A., valendo, in mancanza, i principi della
nullità assoluta; d) non si può, sul piano sostanziale, ritenere che
la nullità sia improduttiva di effetti solo per alcuni soggetti e
non per altri.
E, comunque, non si può dimenticare che dell’atto
amministrativo nullo conosce sia il giudice amministrativo che
quello ordinario e non si può pensare che la nullità abbia diversi
caratteri sostanziali in relazione al giudice cui è attribuita la
giurisdizione.
La diversità dei termini può trovare una
giustificazione negli interessi che si intendono tutelare (salvo i
profili di incostituzionalità che si espongono di seguito) innanzi
al giudice amministrativo, ma la decisione sostanziale non può
mutare a seconda del giudice.
Va evidenziato che l’improduttività
di effetti dell’atto nullo vale anche per il cittadino il quale,
decorso il termine di decadenza di 180 giorni (per le ipotesi di
nullità diverse dall’elusione e dalla violazione del giudicato e per
i casi in cui non è leso un diritto soggettivo), non potrà chiedere
la dichiarazione di nullità al giudice e, quindi, non potrà
conseguire la “certezza” della nullità e correlata inefficacia
dell’atto, ma lo stato viziato non muta con tutte le sue
conseguenze, per cui si può verificare l’effetto processuale
dell’inoppugnabilità, ma ciò non incide sul regime sostanziale
dell’atto nullo che è, pur sempre, quello dell’inefficacia.
E
però, non si riescono a comprendere, sotto altro profilo, le ragioni
di questo trattamento differenziato quanto ai termini che confligge
con il principio costituzionale del giusto processo che si “svolge
nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parità[49]” e
rappresenta un’ulteriore sperequazione tra il ricorrente e le altre
parti del processo, a danno del primo.
Ho evidenziato in altra
sede[50] che il ricorrente nel processo amministrativo non è in
condizioni di parità con le altre parti per: a) il dato strutturale
ineliminabile della presenza di due parti – resistente e
controinteressato – contro una sola – ricorrente - che si manifesta
sia negli atti difensivi scritti che nella discussione orale; b) la
possibilità per il resistente ed il controinteressato di avvalersi
del mancato rispetto delle regole processuali per ottenere una
sostanziale reiezione dell’istanza del ricorrente il quale può
ottenere soddisfazione solo operando sul merito; c) la conoscenza
degli atti, documenti e provvedimenti da parte dell’amministrazione
che li produce e che può “occultarli”; d) la possibilità di
sollevare eccezioni da parte del resistente e del controinteressato,
anche in sede di discussione orale e per la prima volta; e)
l’istruttoria che, nonostante le interessanti aperture del codice
del processo amministrativo, è rimessa di solito all’attività della
pubblica amministrazione[51].
Aggiungere un’ulteriore
sperequazione, peraltro, di dubbia utilità, cozza con la
Costituzione, specie se si considera la posizione del
controinteressato. Questi non viene considerato dalla norma ma,
secondo la dottrina[52], potrebbe sempre opporre la nullità che,
invece, sarebbe difficile immaginarlo per l’amministrazione che,
avendo dato causa alla nullità, non avrebbe interesse a sollevarla
in giudizio.
Al riguardo, le soluzioni possono essere diverse e,
a favore dell’imprescrittibilità dell’eccezione da parte del
controinteressato, si può addurre che : I) l’azione di nullità è
imprescrittibile e se l’art. 31 c.p.a. non pone alcuna limitazione,
il controinteressato può sempre opporla; II) l’amministrazione
resistente può sempre opporla e se la previsione è dettata dal
valore che si è voluto attribuire all’interesse di cui è portatrice
la pubblica amministrazione, quello del controinteressato è,
normalmente, omogeneo a quello dell’amministrazione, anche se è
sorretto da altre motivazioni, per cui non si giustificherebbe un
diverso trattamento.
Contro questa tesi si può sostenere che: a)
la mancata previsione nella norma non può attribuire ad una parte
privata che si contrappone ad altra parte privata (almeno nella
normalità dei casi, perché si può anche verificare che la parte
ricorrente sia un soggetto pubblico, la parte resistente un privato
e il controinteressato un ente pubblico[53]) un potere che va a
porre una disparità di posizioni; b) va preferita un’interpretazione
conforme ai principi costituzionali del giusto processo, per cui non
si può creare una sperequazione nelle condizioni di parità tra
ricorrente e controinteressato.
Seguendo questa seconda
impostazione, il controinteressato potrebbe eccepire la nullità (ma
con ricorso incidentale o con semplice memoria?), nel termine di 180
giorni dalla piena conoscenza, notifica o comunicazione
dell’atto.
Non sono in grado di dire quale sia la tesi da
preferire, ma propendo per la soluzione più in linea con i principi
costituzionali del giusto processo.
7. A) Rilevanza
della nullità dell’atto nel processo amministrativo. B)
Legittimazione ad agire.
La questione, però, più
interessante riguarda, sia per l’opponibilità da parte
dell’amministrazione che per la rilevabilità d’ufficio, i casi in
cui possa rilevare la nullità dell’atto nel processo.
Si faccia
l’ipotesi che il ricorrente chieda dichiararsi la nullità di un atto
amministrativo, con ricorso proposto oltre il termine di 180 giorni
dalla notifica dell’atto.
Il giudice può, d’ufficio, rilevare la
nullità ? Ovvero deve dichiarare irricevibile il ricorso per
tardività della notificazione ?
E’ chiaro che se si ritenesse
possibile l’intervento officioso del giudice, la previsione del
termine di decadenza di 180 giorni verrebbe elusa; pertanto, il
giudice, dovendo pronunziarsi prioritariamente sulla ricevibilità
del ricorso , non potrà sollevare, d’ufficio, nullità dell’atto, ma
deve concludere il giudizio con una sentenza che dichiari la
irricevibilità del ricorso.
Stesso discorso vale per
l’amministrazione che, inutilmente, se avesse interesse, opporrebbe
la nullità dell’atto.
E, allora, la nullità dell’atto
amministrativo potrà essere rilevata d’ufficio dal giudice o opposta
dalla pubblica amministrazione se riguardi un atto presupposto in un
giudizio su un atto presupponente ovvero un atto generale in
relazione ad un atto esecutivo, insomma ogni volta che l’atto nullo
rilevi nella produzione causale di altro atto o fatto, oggetto
specifico del giudizio. E, in queste ipotesi, potrà bene il
ricorrente argomentare la sua linea difensiva sostenendo la nullità
dell’atto che funge da parametro di legittimità dell’atto o fatto
controversi e il giudice potrà apprezzare la nullità in via
officiosa.
In sostanza, solo il ricorso diretto contro l’atto
nullo impone al ricorrente di agire tempestivamente (180 giorni) in
giudizio, se intende acquisire la “certezza” che l’atto sia
improduttivo di effetti perché nullo; quando la nullità può essere
opposta dall’amministrazione o rilevata d’ufficio dal giudice, di
fatto, il ricorrente può ottenere che la questione sia valutata dal
giudice, eccitando i suoi poteri
d’ufficio.
B) L’azione di nullità può essere
fatta valere da chiunque vi abbia interesse e, per il giudice
amministrativo, si tratta di qualificare l’interesse meritevole di
tutela che è operazione che compie normalmente, anche di fronte a un
atto amministrativo che presenti lo stato viziato
dell’annullabilità.
Va, però, condivisa l’affermazione della
dottrina che ipotizza, per l’atto nullo, il “superamento del
connotato dell’attualità dell’interesse”[54], per la inefficacia che
contraddistingue la nullità; richiedere l’attualità dell’interesse,
significherebbe dichiarare l’inammissibilità del ricorso per carenza
di interesse.
Non dovrebbe nemmeno richiedersi la concretezza
della lesione dell’interesse per la stessa ragione, mentre occorre
la titolarità della situazione giuridica soggettiva e, quindi, deve
trattarsi di un interesse personale[55].
ABSTRACT
THE ACTION FOR THE DECLARATION OF
NULLITY
OF AN ADMINISTRATIVE ACT
Having highlighted that in administrative law
procedure, as in current procedural law, the principle of the
atypical nature of the right of action is based on the need to
protect subjective legal situations, it is argued that the Code of
administrative law procedure has had to take into consideration
(also) typical actions both because the Code governs disputes where
one of the parties is an institutional power and it is therefore
necessary to define the judge's decisional powers in respect of the
executive, and also because in substantive law subjective rights
exist but not lawful interests.
The action for the declaration of
nullity of an administrative act may be brought before an ordinary
judge or before an administrative law judge, except in the case of
exclusive jurisdiction, and the discipline before the two judges is
presented analytically, emphasizing the typical nature of the action
before the administrative law judge and outlining the differentiated
rules of nullity for terms of impugnment depending on the parties
involved in the process. As a result, doubts of constitutionality
have been raised in relation to the parameters of due process
(article 111 of the Constitution), and it is argued that the other
features of the nullity of an administrative act reflect the
absolute nullity established in the Civil Code for contracts.
|
|
----------
|
|
[1] A. Proto Pisani, Brevi premesse in tema di
situazioni soggettive fra diritto sostanziale, processi e
giurisdizioni in Foro Ital. 2011, V, 98 sintetizza così
il concetto di atipicità del diritto di azione: “indica la recezione
in Italia (e negli ordinamenti di civil law) del principio
secondo cui le situazioni soggettive sostanziali vengono prima dei
rimedi: è sufficiente che il diritto sostanziale (civile o
amministrativo che sia) preveda una situazione soggettiva di pretesa
o obbligo, perché il relativo titolare possa agire in giudizio per
la sua tutela, senza la necessità di alcuna norma sostanziale che
autorizzi l’azione: di qui il carattere residuale (proprio di un
diverso momento storico) di disposizioni quali gli artt. 948 (azione
di rivendicazione), 949 (azione negatoria), 1079 (accertamento della
servitù e altri provvedimenti di tutela), 2599-2600 (in tema di
repressione della concorrenza sleale) c.c., e anche art. 30 (azione
di condanna) nuovo codice del processo amministrativo”. Come
antesignani di questa impostazione, l’A. ricorda la prolusione
pisana del 1948 di Virgilio Andrioli e, ancor prima, quanto
affermava Giuseppe Chiovenda nel primo decennio del 1900 sotto il
vigore del codice di procedura civile del 1865.
[2] Cfr. B.
Sassani, Riflessioni sull’azione di nullità in Dir. Proc.
Amm. 2011, 269 e ss; ID. Arbor actionum. L’articolazione
della tutela nel codice del processo amministrativo in Riv.
Dir. Proc. 2011, 1356 e ss. ove si richiama, come espressione
dell’attuale tendenza che riguarda anche i Paesi di common
law, l’art. 2 delle U.S. Federal Rules of Civil procedure il
quale nella rubrica reca: “ One form of action” e detta: “There
shall be one form of action to be known as civil action”.
[3] A.
Proto Pisani, op. ult. cit., 98.
[4] C. di St., Ad. Plen.
29 luglio 2011 n. 15 in Urb. e App. 2011, 1193, con nota di
C. Lamberti, L’Adunanza Plenaria si pronuncia sulla D.I.A. Interessanti i rilievi critici alla stessa sentenza di F.
Merusi, Creatività giurisprudenziale e finzione. La tutela del
terzo nel processo amministrativo nell’ipotesi di attività
liberalizzate in Giur. Ital. 2012, 435.
[5] C. di
St., A. P. n. 15/2011 cit. 1193. Nella motivazione si legge
ancora che “ove dette azioni tipizzate non soddisfino in modo
efficiente il bisogno di tutela, l’azione di accertamento atipica,
ove sorretta da un interesse ad agire concreto ed attuale ex art.
100 c.p.c., risulta praticabile in forza delle coordinate
costituzionali e comunitarie richiamate dallo stesso art. 1 del
codice oltre che dai criteri di delega di cui all’art. 44 della L.
n. 69/2009” (pag. 1193). La sentenza sviluppa come è espressamente
menzionato nella motivazione, quanto avviato dall’Adunanza Plenaria
del 23 marzo 2011 n. 3 in Urb. e App. 2011, 694 con nota di
C. E. Gallo, Le azioni ammissibili nel processo amministrativo ed
il superamento della pregiudizialità anche per le controversie ante
codice
[6] In questa direzione: M. Clarich, Tipicità
delle azioni e azione di adempimento nel processo amministrativo in Dir. Proc. Amm. 2005, 557 e ss.
[7] Cfr. E.
Follieri, La natura giuridica dell’articolato provvisorio
denominato codice del processo amministrativo in Dir. e Proc.
Amm. 2010, 637 e ss.
[8] E. Follieri, Le azioni di
annullamento e di adempimento nel codice del processo amministrativo in Dir. e Proc. Amm. 2011, 457 e ss.
[9] TAR Puglia,
Bari, Sez. I, 29.4.2008 n. 1043 in Foro Amm. TAR 2008,
1109; C. di St., Sez. VI, 28.10.2009 n. 6605 in Foro Amm.,
C. di St., 2009, 2389; C. di St., Sez. V, 9.6.2008 n. 2872 Comuni Ital. 2008, 84. F. Astone, Il procedimento
amministrativo tre anni dopo la sua riforma: spunti per una
riflessione in tema di nullità ed annullabilità del provvedimento
amministrativo in Dir. e Proc. Amm. 2009, 27 e ss., part.
30 e ss. ha evidenziato le “zone d’ombra” nella previsione normativa
per l’assenza di una disciplina puntuale della nullità del
provvedimento amministrativo e della tutela in sede processuale.
[10] F. Luciani, Inefficacia e rilevanza giuridica dell’atto
amministrativo nullo. Considerazioni sull’azione di nullità di
fronte al Giudice amministrativo in www.giustamm.it, 2007, par.
11, pag. 10 il quale parla di un “fenomeno curioso, a tratti
paradossale” perché da una sentenza di inammissibilità si recava
indirettamente una statuizione sull’inefficacia dell’atto nullo, non
lesivo; A. Romano Tassone, L’azione di nullità ed il giudice
amministrativo, ivi, 2007, par. 1, pag. 2.
[11] C. di St.,
Sez. IV, 10.11.1981, n. 866 in Foro Amm. 1981, I, 2271; C. di
St., Sez. IV, 6.12.1977 n. 1129; ivi, 1977, I, 2861; TAR
Puglia, Bari, Sez. III, 19.10.2006 n. 3740.
[12] Art. 31, 4°
co., c.p.a.
[13] N. Paolantonio, Nullità dell’atto
amministrativo in Enc. del Dir., Annuali I, Milano 2008,
871.
[14] P. Chirulli, Azione di nullità e riparto di
giurisdizione in www.giustamm.it 2007, par. 2, pag. 3 ove si
richiama TAR Puglia, Bari, 26.10.2005 n. 4581 in Trib. Amm.
Reg. 2005, I, 3280 secondo cui è del tutto naturale che la
nullità trovi sfogo in una statuizione di annullamento .
[15]
Art. 114, 4° co., lett b) e 1° co., c.p.a.
[16] A. Romano
Tassone, L’azione di nullità ed il giudice amministrativo, op.
cit., par. 8, pag. 7.
[17] E. Follieri, Le azioni di mero
accertamento in Giustizia amministrativa a cura di Franco
Gaetano Scoca, IV ed., Torino 2011, 204 e ss.
[18] Vi è, invece,
una “vulgata” che identifica gli interessi legittimi oppositivi
esclusivamente nell’ipotesi di diritti soggettivi, incisi dal
provvedimento autoritativo, cfr. V. Lopilato, in Codice del nuovo
processo amministrativo, II edizione in Collana diretta da C.M. Bianca – A. Catricalà – E. Mantovani – F. Caringella – M.
Protto Roma 2012, II ed., 415.
[19] Sottolinea che l’azione di
nullità consegue risultati pratici soprattutto in termini di
certezza: A. Romano Tassone, op. ult. cit., par. 7, pag. 11.
[20] C. di St., Sez. VI, 31.3.2011 n. 1983 in Foro Amm. C. di
St. 2011, 1000 ove si esclude che per l’atto amministrativo
adottato in violazione del diritto comunitario sia predicabile la
nullità, dal momento che non è prevista come ipotesi di nullità
nell’art. 21 septies L. n. 241/90; nello stesso senso, sempre
per violazione del diritto comunitario: C. di St., Sez. VI,
31.5.2008 n. 2623 in Foro Amm. C. di St. 2008, 1582 nonché C.
di St., Sez. VI, 22.11.2006 n. 6831 in Guida al Diritto 2007,
1, 74 con commenti di O. Forlenza; C. di St., Sez. VI, 3.3.2006 n.
1023 in Foro Amm. C. di St. 2006, 918. Si è affermato per la
medesima ragione che: il mancato svolgimento di una fase
procedimentale non determina nullità (“strutturale”), C. di St.,
Sez. VI, 30.10.2009 n. 6703 in Riv. Giur. Edil. 2010, 174; la
violazione di norme imperative non è nullità, C. di St., Sez. IV, 23
agosto 2010, n. 5902 in Foro Amm. C. di St. 2010, 1458; non è
nulla la proroga della dichiarazione di pubblica utilità intervenuta
dopo la scadenza: C. di St., Sez. IV, 28.1.2011 n. 676 in Foro
Amm. C. di St. 2011, 83.
Per la dottrina: A. Bartolini, La nullità del provvedimento nel rapporto amministrativo Torino 2002; M. D’Orsogna, I problemi della nullità in
diritto amministrativo, Milano 2004; M.R. Spasiano, Articolo
21 septies, nullità del provvedimento a cura di N. Paolantonio,
A. Police, A. Zito, Torino 2005, 551 e ss.; D. Ponte, La nullità
del provvedimento amministrativo, Milano 2007.
[21] Art. 21 septies L. n. 241/90.
[22] C. di St., Sez. V, 8.3.2010 n.
1331, motiv. pagg. 3-4.
[23] P. Chirulli, Azione di nullità e
riparto di giurisdizione, op. cit., par. 4, pag. 5
[24] La
“materia” viene elencata sub art. 133, comma 1, lett. a), punto 5),
c.p.a.
[25] Cfr. G. Urbano, E’ parzialmente incostituzionale
anche l’art. 53 T.U. n. 327/2001 in La sentenza della Corte
Costituzionale 6 luglio 2004 n. 204, Atti del convegno su riparto di
giurisdizione nelle controversie in cui è parte la pubblica
amministrazione (Lucera 19 febbraio 2005) a cura di Enrico
Follieri, Milano 2006, 83 e ss., part. 95.
[26] E. Follieri, Conclusioni, in La sentenza della Corte Costituzionale
6.7.2004 n. 204, op. cit., 97 e ss. part. 99; G. Pecoriello, Intervento in op.ult.cit., 75 e ss., part. 78; M.
Abbruzzese, La sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004
n. 204 in op.ult.cit., 3 e ss.
[27] P. Chirulli, Azione di nullità e riparto di giurisdizione, op.cit., par.
4, pag. 5, rileva che “resta aperto il tema della carenza di potere
in concreto, con tutte le sue ambiguità”. Il giudice amministrativo
ha sempre ritenuto che la carenza di potere riguardi il difetto di
attribuzione in astratto e, quindi, in assoluto; il giudice
ordinario, invece, estende la carenza di potere anche alle ipotesi
in cui non sussistano i presupposti per l’esercizio del potere nella
concreta fattispecie, con evidente ampliamento dei casi di carenza
di potere, e tutte le conseguenze, specie in ordine alla
giurisdizione.
[28] Art. 4 c.p.a.
[29] Art. 44, comma 1, L.
18.6.2009 n. 69.
[30] Art. 44, commi 1 e 2 sub b) 1), L.
18.6.2009 n. 69.
[31] Art. 39 c.p.a.
[32] C. di St., Sez. V,
9.6.2008 n. 2872 in motivazione, punto 37, pag. 17; stesso principio
in C. di St., Sez. V, 19.9.2008 n. 522 in Foro Amm. C. di St. 2008, 9, 2429; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 29.4.2008 n. 1043 in Foro Amm. TAR 2008, 1109; TAR Puglia, Bari, Sez. III,
19.6.2006 n. 3740.
[33] F. Astone, Il procedimento
amministrativo etc., op. cit., 31; L. Mazzarolli, Sulla
disciplina della nullità dei provvedimenti amministrativi in Dir. Proc. Amm. 2005, 545.
[34] A. Romano Tassone, L’azione di nullità ed il giudice amministrativo, op. cit., par. 4, pag. 3.
[35] Sono gli elementi che si ricavano dagli
articoli del codice civile relativi ai contratti e, segnatamente,
dagli artt. 1421, 1422 e 1424. Cfr.: C.M. Bianca, Diritto Civile,
il contratto, Milano 2000, II ed., vol. III, 612 e ss.; F.
Galgano, Il negozio giuridico in Trattato di diritto
civile e commerciale, già diretto da A. Cicu – F. Messineo,
Milano 1988, vol III, Torino I, 233 e ss.; A. Torrente – P.
Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano 1999, XVI
Ed., 247 e ss.
[36] G. Passagnoli, Nullità speciali Milano 1995 ha preso in esame diverse normative di settore: T.U.
leggi bancarie D.L.vo 1.9.1993 n. 385; legge sulla subfornitura del
18.6.1998 n. 192, la disciplina del consumatore etc., ed ha rilevato
che sono nullità che non possono essere fatte valere dai destinatari
dei divieti, previste a tutela di contraenti “deboli” che se ne
possono avvalere, ma che presentano i tratti essenziali della
rilevabilità di ufficio, imprescrittibilità dell’azione, conseguente
insanabilità (pag. 189).
[37] Art. 164 D.L.vo 22.1.2004 n. 42,
Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art. 10
della legge 6 luglio 2002, n. 137.
[38] La giurisprudenza l’ha
qualificata nullità relativa: Cass., SS. UU., 26.1.1994 n. 728 in Foro Ital. 1994, I, 1053; Cass., 26.4.1991 n. 4559 in Mass. Foro Ital. 1991; Cass., 12.6.1990 n. 5688, ivi, 1990 e altre.
La dottrina è divisa sull’ammissibilità della
categoria della nullità relativa in generale e, in particolare, per
la riferibilità all’art. 164 del codice dei beni culturali e del
paesaggio, per il dibattito: E. Follieri, La nullità degli atti
giuridici in Il diritto dei beni culturali e del paesaggio a
cura di Enrico Follieri Napoli 2005, 341 e ss.
[39] Contiene
una sorta di catalogazione delle fattispecie che danno luogo alla
carenza di potere in concreto, in materia espropriativa: Cass., SS.
UU., 7.2.2007 n. 2688 in Corriere merito, 2007, 1096, con
nota di M.L. Maddalena, Comportamenti amministrativi, nullità e
carenza di potere in concreto, quale giudice?
[40] R.
Caranta, L’inesistenza dell’atto amministrativo Milano 1990
che, nel fare il punto sulla problematica, ha rilevato una sorta di
coincidenza tra la nullità e l’inesistenza, quasi configurando l’uso
dell’uno o dell’altro termine come una scelta lessicale.
[41]
Sottolinea la diversità delle patologie dell’inesistenza e della
nullità dell’atto amministrativo M. Petrelli, Alla ricerca degli
elementi essenziali del provvedimento amministrativo: l’atto
amministrativo privo di sottoscrizione è nullo? in Dir. e
Proc. Amm. 2008, 595 e ss. che rileva: “l’atto nullo è un
provvedimento giuridicamente rilevante, potenzialmente idoneo a
produrre effetti giuridici …; l’atto inesistente, invece, è un quid facti giuridicamente irrilevante e come tale inidoneo ab origine a produrre effetti giuridici” (pag. 600), per cui
non sarebbe configurabile alcun interesse ad agire.
[42] Art.
31, comma quattro, c.p.a.
[43] A. Romano Tassone, L’azione di
nullità ed il giudice amministrativo, op. cit., par. 7 e par. 8,
pagg. 7 e ss.
[44] A. Romano Tassone, op. ult. loc. cit.
[45] A. Romano Tassone, op. ult. loc. cit.
[46] La
giurisprudenza ha distinto, nel pubblico impiego, quando era
attribuito per intero alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, gli atti paritetici dagli atti autoritativi perché i
primi attengono, in via diretta o indiretta, all’adempimento delle
obbligazioni che il datore di lavoro pubblico ha verso i suoi
dipendenti, con la conseguenza che i ricorsi contro gli atti
autoritativi rientrano nella regola generale dell’impugnativa di un
atto amministrativo nel temine di decadenza di sessanta giorni,
mentre quelli contro gli atti paritetici sono esperibili nel termine
di prescrizione, proprio dei diritti soggettivi. Per la prima
affermazione del principio che ha finito per diventare jus
receptum: C.di St., Sez. V, 1.12.1939 n. 795 (c.d. sentenza
Fagiolari) e C. di St., Ad. Plen., 18.12.1940 n. 5 in Codice
delle fonti giurisprudenziali, La giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo. Pubblico impiego a cura di E. Follieri,
F. O. Zuccaro, V. Fanti e A. Fabri, Rimini 1994, rispettivamente,
pag. 149 e pag. 76. Le iniziali pronunzie riguardavano i diritti
patrimoniali e, successivamente, gli stessi principi furono estesi a
quelli non patrimoniali: C. di St., Ad Plen., 26.10.1979 n. 25, ivi, pag. 93.
[47] A. Fabri, Giurisdizione esclusiva:
i modelli processuali Torino 2002, passim, ma part. 23 e
ss, 281 e ss., 370 e ss.; V. Domenichelli, Giurisdizione
esclusiva e processo amministrativo, Padova 1988, 44 e ss.; P.
Sandulli, La tutela dei diritti soggettivi dalla giurisdizione
esclusiva alla giurisdizione per materia Milano 2004.
[48]
Art, 7 CPA
[49] Art. 111 Cost..
[50] E. Follieri, Il
contraddittorio in condizioni di parità nel processo amministrativo in Dir. Proc. Amm. 2006, 499 e ss.
[51] Amplius E. Follieri, Il contraddittorio etc., op. ult. cit., 502
e ss.
[52] B. Sassani, Arbor actionum. L’articolazione della
tutela nel codice del processo amministrativo, op. cit., 1384;
V. Lopilato, commento all’art. 31 in Il processo amministrativo a cura di A. Quaranta - V. Lopilato, 321; F. Fracchia – M.
Occhiena, Commento all’art. 31, in Codice del processo
amministrativo a cura di R. Garofoli – G. Ferrari, Nel Diritto
Editore, 530.
[53] Cfr. E. Follieri, Il privato parte
resistente nel processo amministrativo nelle materie di cui agli
artt. 33 e 34 del D.L.vo 31.3.1998 n. 80 in Dir. Proc. Amm. 1999, 634 e ss.
[54] F. Luciani, op. cit., par. 12,
pag. 12, di cui, però, non si condividono le conseguenze che ne sono
state tratte.
[55] A. Romano Tassone, L’azione di nullità ed
il giudice amministrativo, op. cit., par. 13, pag. 9.
|
|
(pubblicato il
26.4.2012)
|
|
|
|
 |
|
|
|