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n. 4-2012 - © copyright

 

ENRICO FOLLIERI

L’azione di nullità dell’atto amministrativo

 

 


 

 


Sommario: 1. Unicità ed atipicità del diritto di azione. - 2. La soluzione del codice del processo amministrativo. – 3. Conseguenze immediate della previsione dell’azione di nullità. – 4. La giurisdizione nell’azione di nullità. – 5. L’azione di nullità innanzi al giudice ordinario. – 6. L’azione di nullità innanzi al giudice amministrativo. – 7. A) Rilevanza della nullità dell’atto nel processo amministrativo. B) Legittimazione ad agire.



1. Unicità ed atipicità del diritto di azione.
Il diritto processuale attuale ha abbandonato l’idea che debbano essere disciplinate le forme, le modalità ed i contenuti dell’azione attraverso la predisposizione di un articolato armamentario cui ricorrere per le bisogna della tutela.
L’azione è una, atipica ed assume le fattezze della tutela di cui necessita la situazione giuridica soggettiva che si intenda far valere in giudizio, prevista dalle norme sostanziali[1].
L’azione avrà contenuto reale reintegratorio, obbligatorio, di condanna, di costituzione di effetti giuridici, di accertamento etc., senza che occorra la previsione delle rispettive azioni[2].
L’atipicità dell’azione diventa garanzia di tutela piena, completa ed efficiente, possibilmente satisfattiva di ogni situazione giuridica soggettiva prevista dalle norme sostanziali e, nel contempo, espressione di libertà ed autonomia.
Ed il fondamento primo di questa impostazione viene colto al massimo livello, quello costituzionale che, all’art. 24, primo comma, sancisce che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi”[3].
Non avrebbe, quindi, senso prevedere la disciplina puntuale delle diverse azioni proponibili, cui sono collegati effetti tipici.
Nello stesso solco si pone la recente giurisprudenza amministrativa che, nel suo più autorevole consesso giurisdizionale, afferma, con riguardo all’ammissibilità di un’azione atipica nel processo amministrativo e segnatamente dell’azione di accertamento che “l’assenza di una previsione legislativa espressa non osta all’esperibilità di un’azione di tal genere quante volte, come nella specie, detta tecnica di tutela sia l’unica idonea a garantire una protezione adeguata ed immediata dell’interesse legittimo”[4] e rileva che si tratta di una tecnica di tutela prevista dai principali ordinamenti europei e, qualora le azioni tipizzate non possano soddisfare l’esigenze di tutela, l’ammissibilità trova fondamento nelle norme costituzionali immediatamente precettive dettate dagli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione per garantire la piena e completa protezione dell’interesse legittimo. E, quindi, la garanzia costituzionale impone di ammettere per gli interessi legittimi l’esperibilità dell’azione di accertamento autonomo, come previsto nel processo civile per i diritti soggettivi, non potendo contrastare tale conclusione “il principio di tipicità delle azioni, in quanto corollario indefettibile dell’effettività della tutela è proprio il principio dell’atipicità delle forme di tutela”[5].
Anche le azioni amministrative sono atipiche[6], per cui va riconosciuta la possibilità per il ricorrente di chiedere al giudice amministrativo tutto quello che è indispensabile ad assicurare tutela piena, completa ed efficiente alla situazione giuridica soggettiva che si assume lesa.

2. La soluzione del codice del processo amministrativo.
Sulla base dell’unicità ed atipicità del diritto di azione, risulterebbe del tutto “fuori tempo” e, comunque, controcorrente il codice del processo amministrativo che, nell’articolato provvisorio approvato dalla commissione presso il Consiglio di Stato[7], addirittura tipizzava almeno otto azioni e, nella versione definitiva, quattro nel Capo II del libro primo[8].
Credo, però, che non sia possibile generalizzare un principio che vale per un processo e calarlo negli altri processi, senza considerare le peculiarità di ogni processo.
In particolare, per il processo amministrativo, vanno considerati due profili che confortano la soluzione adottata dal codice che ha tipizzato le azioni significative per la tutela dell’interesse legittimo, ma ha lasciato, comunque, spazio all’azione atipica.
Infatti, il processo innanzi ai Tribunali amministrativi regionali ed al Consiglio di Stato si misura con una parte fissa che è la pubblica amministrazione, espressione di un potere istituzionale che presenta qualità e caratteri diversi da un privato cittadino.
Il processo civile, invece, vede schierati normalmente due privati e, quando una delle parti è una pubblica amministrazione, sta in giudizio come un privato perché il giudice ordinario deve risolvere una controversia in cui si discute di diritti soggettivi, doveri e obblighi, non di interessi legittimi e esercizio del potere.
E, anzi, per tutelare l’equilibrio e l’indipendenza tra il potere giurisdizionale e quello esecutivo, l’allegato E della legge del 1865 sull’abolizione del contenzioso amministrativo limitò i poteri decisori del giudice ordinario nei confronti degli atti amministrativi ed è storia nota quella dell’istituzione della sezione IV del Consiglio di Stato cui fu attribuito il potere di annullare gli atti amministrativi perché nata da una “costola” dell’Amministrazione.
Se l’evolversi del sistema e la previsione dell’art. 113, comma tre, della Costituzione consente al legislatore ordinario di stabilire quali organi giurisdizionali possono annullare gli atti amministrativi, con possibilità, quindi, di attribuire il relativo potere anche al giudice ordinario, non si può dimenticare che il processo amministrativo interviene nei confronti del potere esecutivo ed è necessario precisare sino a dove possa spingersi il potere cautelare, istruttorio, cognitorio e decisorio dell’organo che giudica il potere istituzionale.
Dire che il giudice amministrativo deve adottare le misure idonee a soddisfare l’interesse fatto valere in giudizio dal ricorrente è espressione di un importante principio che afferma e sottolinea il carattere soggettivo del giudizio amministrativo, ma va integrato e precisato con l’attribuzione dei poteri al giudice nei confronti della pubblica amministrazione. Se, per esempio, al giudice amministrativo si consente esclusivamente l’annullamento dell’atto amministrativo, in questo ristretto ambito potrà muoversi il processo che assicurerà la soddisfazione dell’interesse in tali ristretti limiti.
Insomma, le esigenze di tutela nel processo amministrativo devono considerare l’equilibrio nei rapporti tra i poteri (giurisdizione e potere esecutivo) e al giudice vanno attribuite le conseguenti misure che può adottare verso la pubblica amministrazione.
E così l’esame delle scelte discrezionali e l’adozione o riforma di atti in sostituzione della pubblica amministrazione è possibile, in via eccezionale, solo nelle materie di giurisdizione, estesa anche al merito, ma è, in via generale, preclusa al giudice amministrativo,
E, pertanto, in un processo nel quale la tutela dell’interesse deve armonizzarsi e combinarsi con il potere istituzionale della pubblica amministrazione, può essere utile precisare le azioni ammissibili, tipizzandone alcune, e lasciando uno spazio residuale ad altre azioni, pur ammissibili, ma non tipizzate.
Essenziale, però, è che siano precisati i poteri che ha il giudice nei confronti della pubblica amministrazione perché da essi si desumono le azioni proponibili e, in particolare, quelle atipiche, non espressamente previste dal codice.
Un’altra ragione a sostegno della strada scelta dal codice del processo amministrativo è la particolarità dell’interesse legittimo. Infatti, la previsione di una sola azione atipica nel processo civile, ne rimette il contenuto ai diritti soggettivi che, per così dire, la riempiono e le danno corpo e sostanza in un ambito ordinamentale nel quale vi è una disciplina positiva ed articolata dei diritti.
Manca, invece, una tutela positiva degli interessi legittimi che vengono dedotti dal concreto della fattispecie, essendo rare le ipotesi in cui la (particolare) norma li consideri espressamente in via astratta. È il concreto dell’agire dell’azione amministrativa che dà contenuto e spessore all’interesse legittimo ed è il giudice amministrativo che apprezza gli interessi e li ritiene meritevoli di tutela innanzi a sé.
Ciò significa che l’azione unica e atipica nel processo amministrativo dovrebbe “riempirsi” con interessi legittimi che non preesistono nella previsione normativa, ma che acquistano riconoscimento e tutela in concreto, con la conseguenza che, sul piano ordinamentale ed astratto, tale azione sarebbe un guscio vuoto.
In sostanza, vi è una “tavola” positiva dei diritti soggettivi, ma non ve ne è una degli interessi legittimi.
E, allora, è da condividere la soluzione del codice del processo amministrativo.

3. Conseguenze immediate della previsione dell’azione di nullità.
L’azione di nullità è stata oggetto di specifica disciplina da parte del codice ed è, quindi, tipica, anche se la si poteva ammettere in base alla previsione dell’art. 21 septies della L. n. 241/90 e, in effetti, la giurisprudenza aveva già sperimentato ed accolto la domanda di nullità per le ipotesi previste dalla normativa sostanziale[9].
Gli effetti determinati dall’espressa previsione codicistica hanno spazzato il campo da alcuni orientamenti della giurisprudenza e della dottrina.
Innanzitutto, l’assunta mancanza di effetti lesivi dell’atto nullo non potrà portare alla definizione del ricorso con una dichiarazione di carenza di interesse e, quindi, di inammissibilità che, sul piano processuale, è una sentenza in rito, anche se la dottrina[10] ne ha ricavato una dichiarazione, ancorché indiretta, di inefficacia dell’atto (nullo), soddisfacendo così l’interesse del ricorrente a neutralizzarne gli effetti, sulla scia di alcune pronunzie giurisprudenziali[11].
È prevista, con l’art. 31 c.p.a., la “declaratoria di nullità” che può essere chiesta con “domanda volta all’accertamento delle nullità previste dalla legge”[12] e, quindi, in via diretta e principale, per cui non è praticabile l’adozione di sentenza di inammissibilità per carenza di interesse: la norma attribuisce al ricorrente l’interesse ad ottenere una pronunzia che dichiari la nullità dell’atto.
Di poi, sono superati i pur acuti rilievi della dottrina che esclude in principio la promovibilità dell’azione di nullità innanzi al giudice amministrativo.
Si è, infatti, sostenuto che un atto nullo e, come tale, inefficace, non può ledere interessi legittimi che sono correlati all’esercizio efficace del potere, avallando tale tesi con il diritto positivo (previgente al codice del processo amministrativo) per il quale il giudice amministrativo può annullare gli atti amministrativi, ma non dichiararne la nullità, oltre che con la sostanziale carenza di interesse, come conseguenza della improduttività di effetti dell’atto nullo[13].
Il codice del processo amministrativo, avendo disciplinato l’azione di nullità che è proponibile innanzi al giudice amministrativo, riconosce che quest’ultimo possa avere giurisdizione nei confronti dell’atto nullo.
Così pure gli interessanti tentativi volti a trovare, tra la giurisprudenza del giudice ordinario e quella del giudice amministrativo, uno spazio per evitare che l’azione di nullità si incanalasse, appiattendosi, sull’azione di annullamento[14] sono da ritenersi ormai superati dall’espressa disposizione del codice che introduce l’azione dichiarativa della nullità dell’atto amministrativo.

4. La giurisdizione nell’azione di nullità.
L’art. 31 c.p.a. dedica un solo comma all’azione di nullità da cui si ricavano queste regole:
a) è un’azione di accertamento;
b) il termine per la proposizione dell’azione è di decadenza ed è fissato in 180 giorni;
c) per la nullità degli atti amministrativi in violazione o elusione del giudicato, il termine è di prescrizione ed è fissato in dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza[15];
d) la nullità dell’atto “può sempre essere opposta dalla parte resistente” per la quale il rilievo della nullità è imprescrittibile;
e) la nullità dell’atto “può sempre …. essere rilevata d’ufficio dal giudice”.
L’art. 31 c.p.a. non reca alcuna disposizione sulla giurisdizione, se non, come precisato, il riconoscimento implicito che l’azione di nullità sia proponibile innanzi al giudice amministrativo.
Ne consegue che vale l’ordinario criterio generale di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo basato sulle situazioni giuridiche soggettive[16], ma tenendo conto che la nullità rende l’atto amministrativo improduttivo di effetti e, quindi, non estingue o degrada i diritti soggettivi, incisi dall’esercizio del potere, che vanno tutelati innanzi al giudice ordinario[17].
L’area di giurisdizione del giudice amministrativo subisce una evidente riduzione perché gli restano gli interessi legittimi che sono tali sin dall’origine e che possono essere anche oppositivi, non solo pretensivi[18]. Infatti, l’interesse teso a difendere una situazione di vantaggio (anche di fatto) e che si oppone all’esercizio del potere amministrativo può identificarsi in un diritto soggettivo (che viene estinto), ma anche in un interesse che non è diritto soggettivo. Si pensi ad un operatore turistico alberghiero che si opponga ad un procedimento amministrativo volto ad insediare una centrale elettrica a carbone in area vicina alla sua attività; ad un commerciante che si opponga alla realizzazione di un supermercato nella zona in cui è sito il suo esercizio commerciale; ad un agricoltore che contesti la localizzazione di una discarica di rifiuti nei pressi del suo fondo e così via.
Vi può, certamente, essere interesse del titolare dell’interesse legittimo oppositivo ad ottenere dichiarazione di nullità dell’atto amministrativo che, negli esempi innanzi riportati, darebbe “certezza” in ordine alla non esecuzione degli interventi programmati dall’Amministrazione[19].
E la dichiarazione di nullità dell’atto, dando certezza al mantenimento inalterato della situazione precedente l’adozione dell’atto, potrebbe intervenire utilmente per la soddisfazione dell’interesse oppositivo, qualunque sia la causa di nullità riscontrata.
Gli interessi legittimi pretensivi non creano equivoci con i diritti soggettivi come accade per quelli oppositivi poiché si è in presenza di interesse teso ad ottenere una situazione di vantaggio dall’esercizio del potere ed è una situazione di “pretesa” che difficilmente può identificarsi in un diritto.
Va, però, verificata l’utilità di un’azione siffatta.
I vizi che determinano la nullità sono quelli espressamente previsti dall’art. 21 septies L. n. 241/90 perché, come rilevato dalla giurisprudenza, essi costituiscono un “numero chiuso”[20].
E, allora, l’azione di nullità del titolare dell’interesse legittimo pretensivo potrà riguardare, nella sostanza, gli atti di diniego o il silenzio (quando la norma preveda che produca gli effetti del diniego e non dell’assenso) dell’amministrazione che non gli attribuisce il vantaggio per: difetto assoluto di attribuzione perché evidentemente il diniego, espresso o implicito (silenzio), è stato espressione di un’autorità priva del potere di adottarlo. Agire per far dichiarare la nullità da parte di chi ha promosso l’iniziativa del procedimento rivolgendosi all’autorità carente di potere in astratto per ottenere il provvedimento favorevole è domanda giurisdizionale in palese contraddittorietà con quanto lo stesso ricorrente ha svolto sul piano sostanziale, ma, soprattutto, appare del tutto superflua dal momento che, per soddisfare il proprio interesse, il ricorrente potrà presentare l’istanza all’autorità cui è attribuito il potere di decidere.
Appare privo di ogni senso pratico e di ogni utilità (giuridica) far dichiarare dal giudice nullo il provvedimento (o il silenzio) perché il provvedimento favorevole è stato chiesto dal ricorrente ad un’autorità carente di potere. A meno che non si chieda una pronuncia che, nel dichiarare la nullità, stabilisca quale sia l’autorità che ha il potere di decidere, ma appare ipotesi remota da soddisfare con l’azione di nullità.
E, invece, il titolare dell’interesse pretensivo troverà utile denunziare la mancanza degli elementi essenziali, sempre che riesca ad accoppiare alla domanda di nullità quella di adempimento specifico perché non può essere satisfattiva dell’interesse la dichiarazione di mera nullità dell’atto se il giudice non condanni la pubblica amministrazione all’adozione dello specifico provvedimento favorevole o, quanto meno, non fissi un pregnante effetto confermativo. Insomma, sotto questo profilo, la posizione processuale e sostanziale del titolare dell’interesse legittimo pretensivo non muta se possa chiedere la nullità anziché l’annullamento, tranne che per il termine più lungo, 180 giorni invece di 60, anche se pur sempre di decadenza.
Il campo di sicura elezione dell’interesse legittimo pretensivo è la violazione o elusione del giudicato dal momento che, se le sentenze che tutelano l’interesse legittimo oppositivo possono anche essere autoesecutive, quelle riguardanti l’interesse legittimo pretensivo richiedono la successiva azione di adeguamento della pubblica amministrazione, anche quando intervenga una sentenza di condanna all’adozione dello specifico provvedimento amministrativo. Infatti, il giudice amministrativo può sostituirsi all’amministrazione e adottare una sentenza in luogo dell’atto amministrativo nelle materie di giurisdizione estesa anche al merito e, quindi, solo in questi casi eccezionali la sentenza a tutela degli interessi legittimi pretensivi potrà essere autoesecutiva.
Per gli “altri casi espressamente previsti dalla legge”[21], non è possibile fare un discorso generale, essendo necessario prendere in esame le singole disposizioni normative.
E, dunque, l’azione di nullità, di sicura efficienza ed efficacia per gli interessi legittimi oppositivi tranne per i casi di violazione o elusione del giudicato per i quali possono avere una più ridotta applicazione, riesce utile agli interessi legittimi pretensivi quando è affiancata dall’azione di adempimento specifico ovvero da un pregnante effetto conformativo, con possibilità di più esteso impiego per la violazione o elusione del giudicato.
Il giudice ordinario ha potenzialità espansiva perché, per effetto della nullità, recupera alla giurisdizione tutta l’area dei diritti soggettivi, non operando l’estinzione o degradazione in conseguenza dell’esercizio del potere amministrativo che, nelle ipotesi di nullità, è privo di effetti.
Il giudice amministrativo ha consapevolezza del transito di queste controversie al giudice ordinario. In un caso di ordinanza comunale di sgombero di immobile del patrimonio disponibile, il Consiglio di Stato rileva che l’art. 823 del codice civile ammette l’azione autoritativa dell’amministrazione, ma solo ai fini di tutelare i beni del demanio pubblico, per cui l’ordinanza del Comune, emessa in carenza assoluta di potere, andava qualificata atto nullo e come tale non produceva “alcun effetto degradatorio delle posizioni soggettive di cui si assume la lesione, e se dall’esecuzione del provvedimento” erano derivati effetti pregiudizievoli, essi andavano “considerati come violazioni di diritti soggettivi la cui tutela appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario”[22].
Sia il giudice amministrativo che il giudice ordinario possono conoscere della nullità dell’atto amministrativo[23], con ampliamento della giurisdizione di quest’ultimo che (ri)diventa il giudice dei diritti soggettivi, tranne quando la materia sia attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ma con le precisazioni che seguono.
L’art. 21 septies L. n. 241/90 prescrive che le questioni inerenti alla nullità dei provvedimenti amministrativi in violazione o elusione del giudicato sono attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo[24].
Per le altre causa di nullità, va evidenziato che il difetto assoluto di attribuzione comporta che l’atto è stato assunto senza potere e non può, quindi, nemmeno in astratto, determinare un’incisione dei diritti soggettivi del destinatario; qui l’atto rileva come mero comportamento senza potere[25], per cui in base al criterio ermeneutico dettato dalla nota sentenza della Corte Costituzionale 6.7.2004 n. 204, la materia viene conosciuta dal giudice amministrativo in via esclusiva quando la pubblica amministrazione eserciti poteri autoritativi e si confronti con interessi legittimi o anche con diritti soggettivi che si presentino nell’azione autoritativa, non quando la pubblica amministrazione non utilizzi il potere ovvero eserciti un potere che non abbia in attribuzione[26].
E, pertanto, la giurisdizione esclusiva non “copre” i diritti soggettivi, quando l’atto è nullo per difetto assoluto di attribuzione.
È da ritenere, invece, che rientrino nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo i diritti soggettivi, quando l’atto sia nullo per mancanza degli elementi essenziali nonché “negli altri casi espressamente previsti dalla legge”, sempre che non si voglia far rientrare nell’ipotesi della carenza di potere anche quella in concreto[27] perché potrebbero essere interessati anche le due ipotesi testé richiamate.

5. L’azione di nullità innanzi al giudice ordinario.
Le regole dettate dall’art. 31, quarto comma, c.p.a. riguardano esclusivamente l’azione di nullità promossa innanzi al giudice amministrativo perché il codice disciplina la giurisdizione amministrativa che “è esercitata dai tribunali amministrativi regionali e dal Consiglio di Stato secondo le norme del presente codice”[28].
E, del resto, il legislatore delegato non avrebbe potuto stabilire alcun principio per il processo innanzi al giudice ordinario, quando è parte la pubblica amministrazione, perché la legge delega consente l’adozione di “uno o più decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato”[29], coordinandolo con le norme del codice di procedura civile, ma senza alcuna possibilità di incidere su quest’ultimo o, addirittura, sul codice civile ove è regolata la nullità dei contratti, in via generale.
La legge delega consente di operare sulla “concentrazione delle tutele”, “riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni”[30], per cui l’intervento dei decreti legislativi può toccare il riparto delle giurisdizioni – sempre nel rispetto delle norme costituzionali – ma nessuno spazio ha nei confronti del codice di procedura civile e del codice civile.
Per l’azione di nullità, il codice del processo amministrativo avrebbe potuto istituire una ipotesi di giurisdizione esclusiva, ma non vi è stata nessuna disposizione in tal senso, per cui essa è proponibile, come sopra rilevato, sia davanti al giudice ordinario che al giudice amministrativo, secondo l’ordinaria regola di riparto delle giurisdizioni, basata sulle situazioni giuridiche soggettive.
Nemmeno vi è, per il processo innanzi al giudice ordinario, la previsione di un “rinvio esterno”, come stabilito dal codice del processo amministrativo, secondo cui “per quanto non disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali”[31].
E, pertanto, l’azione di nullità dell’atto amministrativo innanzi al giudice ordinario è retta dalle norme stabilite per la nullità nel codice di procedura civile ma, soprattutto, nel codice civile che si occupa degli stati viziati dei contratti.
Del resto, prima dell’art. 31 c.p.a., il giudice amministrativo, in carenza di disciplina espressa dell’art. 21 septies L. n. 241/90 introduttivo delle nullità, riteneva di “applicare, analogicamente, il nucleo essenziale delle norme contenute nel codice civile, riguardanti la nullità del contratto, nella parte in cui esse riflettono principi sistematici di portata più generale”[32], per cui, si potrebbe dire a maggior ragione, il giudice ordinario farà riferimento a tali parametri normativi. Dello stesso avviso la dottrina[33].
Va, però, considerato che non vi è più un’unità di disciplina delle nullità[34] per l’evoluzione normativa che si è avuto rispetto agli elementi caratteristici fondamentali della nullità.
Il nucleo generale e fondante della categoria è stato individuato nell’inefficacia dell’atto sin dalla sua adozione, nell’operatività di diritto della nullità, nell’esercizio dell’azione imprescrittibile di nullità da parte di chiunque vi abbia interesse, nella rilevabilità di ufficio dal giudice e nell’insanabilità dell’atto con la convalida, ma solo con eventuale conversione in un altro atto valido[35].
Senonché in diversi settori dell’ordinamento, il legislatore ha agito ora sull’uno ora sull’altro elemento, comminando pur sempre la nullità che, però, presenta profili suoi propri, diversi da quelli disciplinati in via generale dal codice civile, tanto che la dottrina le ha definite nullità speciali, facendole assurgere a dignità di istituto di teoria generale[36]
Questa specialità della nullità si apprezza anche quando è interessata la pubblica amministrazione, come per la nullità degli atti giuridici, e precisamente delle alienazioni e delle convenzioni, compiuti contro i divieti stabiliti dalle disposizioni sulla tutela dei beni culturali e “senza l’osservanza delle condizioni e modalità da esse prescritte”[37]. Pare evidente che, per la rilevanza dell’interesse pubblico protetto dalle norme in questione, si è inteso sanzionare di nullità ogni violazione, collegandosi all’ultimo comma dell’art. 1418 del codice civile: “il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge”. La giurisprudenza, però, ha escluso la legittimazione all’azione di nullità di chiunque vi abbia interesse perché il secondo comma dell’art. 164 del codice dei beni culturali e del paesaggio (come era previsto già nell’art. 135 del T.U. n. 490/99 e nell’art. 61 della L. 1.6.1939 n. 1089) fa salva “la facoltà del Ministero di esercitare la prelazione”, per cui ha affermato che la nullità può essere fatta valere solo dal Ministero, anche se in ogni tempo, ma intanto gli atti producono effetti tra le parti[38].
Per le nullità di cui all’art. 21 septies della L. n. 241/90, però, non vi è nessuna particolare previsione e sono dell’avviso che vadano applicate le regole generali dettate per i contratti, anche per altre due ragioni.
Innanzitutto, il giudice ordinario conosce dei diritti soggettivi correlati all’atto amministrativo nullo e non può che utilizzare le stesse categorie generali che lo guidano nella giurisdizione sugli altri diritti soggettivi.
Di poi, il giudice ordinario ha esperienza, sin dagli anni ‘40 del secolo scorso, dell’atto adottato dall’amministrazione in carenza di potere, che oggi costituisce un’ipotesi tipica di nullità prevista per legge, qualificandolo, con giurisprudenza pretoria[39], come inesistente ed applicando i principi dell’imprescrittibilità dell’azione, della legittimazione riconosciuta a chiunque abbia interesse, della pronunzia dichiarativa, dell’inefficacia dell’atto sin dalla sua adozione, della rilevabilità di ufficio da parte del giudice, in una parola, utilizzando le regole della nullità assoluta[40] e non vi sono ragioni, allo stato, perché il giudice ordinario non segua tale impostazione nel momento in cui la sua “creatura” è stata recepita dal diritto positivo[41].
È conseguenziale ritenere che il giudice ordinario usi lo stesso metro per le altre cause di nullità di cui all’art. 21 septies L. n. 241/90.

6. L’azione di nullità innanzi al giudice amministrativo.
Il ricorrente può proporre l’azione di nullità entro il termine decadenziale di 180 giorni per tutte le ipotesi descritte dall’art. 21 septies L. n. 241/90, ad eccezione dell’elusione e violazione del giudicato perché, in questo caso, il termine è decennale e di prescrizione.
Nessuno dei due termini è in sintonia con la nullità assoluta per la quale il codice civile stabilisce la imprescrittibilità che, però, viene recuperata per la parte resistente che “può sempre” opporre la nullità dell’atto[42] e per il giudice che può sempre rilevarla d’ufficio.
Questo quadruplo regime della nullità, imprescrittibile per la pubblica amministrazione, soggetto ad un termine decadenziale di 180 giorni o prescrizionale di dieci anni per il ricorrente e sempre rilevabile d’ufficio dal giudice richiama alla mente le considerazioni della dottrina[43] che ha qualificato la nullità come strumento di ulteriore protezione degli interessi del cittadino già giuridicamente tutelati e, altresì, funzionale “principalmente (se non addirittura esclusivamente) alle esigenze di autoprotezione del potere”[44], perché non sempre l’equiparazione della fattispecie invalida a quella valida - che dà luogo all’annullabilità produttiva di effetti, sino a quando l’atto non venga annullato dal giudice o dalla stessa amministrazione in autotutela - è protettiva dell’interesse pubblico specifico curato dall’amministrazione che si trova l’ingombro di un atto che può sì eliminare, ma nella ricorrenza di tutti i requisiti e presupposti stabiliti dall’art. 21 – nonies L. n. 241/90 e, certamente, non può esercitare l’autotutela nei confronti di atto di altra amministrazione.
E, allora, prima che intervenisse il codice del processo amministrativo, la dottrina[45] ha indicato termini differenziati per l’azione di nullità in relazione agli interessi che le ipotesi di nullità hanno inteso proteggere.
Questo schema sistematico che si basa sulla frantumazione della categoria della nullità intervenuta in ambito privatistico, diversifica le posizioni dei titolari degli interessi.
L’art. 31, 4° comma, C.P.A. sembra aver considerate le diversità delle posizioni dei soggetti che si confrontano nel processo amministrativo.
Il privato ricorrente al quale, con la nullità, si consente di agire nel termine di decadenza, come per l’annullabilità, ma di 180 anziché di 60 giorni, con l’eccezione riguardante l’elusione e la violazione del giudicato che può essere fatta valere nel termine di prescrizione di dieci anni per la tutela dell’assetto degli interessi stabilito dal giudice il quale dà attuazione all’ordinamento giuridico, nel superiore interesse pubblico della giustizia; il giudicato imprime agli interessi un valore di stabilità passato al vaglio delle norme giuridiche e, quindi, attribuisce una maggiore protezione che si manifesta anche nella diversa natura (prescrizione) e lunghezza del termine.
L’amministrazione resistente la quale, in considerazione dell’interesse pubblico di cui è portatrice, può sempre eccepire la nullità.
Il giudice che, nello svolgimento della sua funzione, non può incontrare limiti al rilievo della nullità dell’atto che non può costituire un elemento di riferimento per definire il giudizio.
La nullità è al servizio di una scala di valori che vede al primo posto l’amministrazione e il giudice, al secondo posto il cittadino che ha avuto il riconoscimento della sua situazione passata in giudicato e, al terzo posto, il cittadino titolare di un interesse legittimo.
Rispetto ai quattro diversi regimi previsti in via espressa dall’art. 31, comma quattro, C.P.A. è da aggiungerne un altro.
Bisogna, infatti, considerare i casi in cui il giudice amministrativo, nella giurisdizione esclusiva, conosca dei diritti soggettivi che si confrontino con un atto nullo.
Nella giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo, in mancanza di previsione legislativa, ha stabilito, secondo una risalente giurisprudenza[46], che il diritto soggettivo possa essere fatto valere in giudizio nel termine lungo di prescrizione, anziché nei sessanta giorni a pena di decadenza[47].
Il codice del processo amministrativo conferma la giurisdizione esclusiva nelle materie indicate dall’art. 133, precisando che il giudice amministrativo conosce dei diritti soggettivi “ pure ai fini risarcitori”[48], ma nulla dispone in ordine alle diverse regole applicabili quando il ricorrente alleghi la violazione dei diritti soggettivi. Tale omissione, però, non può significare che il diritto soggettivo – per rimanere al tema qui rilevante dei termini – debba essere azionato nel breve termine di decadenza di sessanta giorni, con conseguente ingiustificata diminuzione di tutela della situazione giuridica soggettiva quando, anziché essere attribuita al giudice ordinario, venga conosciuta dal giudice amministrativo. Si assisterebbe ad un regresso nella tutela e ad una ingiustificata ed irragionevole discriminazione dei diritti soggettivi quando la materia venga attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in violazione dei principi costituzionali (Artt. 3, 24, 102, 103, 111 e 113).
E, quindi, è da ritenere che i principi che la giurisprudenza pretoria del giudice amministrativo ha introdotto per la tutela dei diritti soggettivi conosciuti nell’ambito della giurisdizione esclusiva, continuino a trovare applicazione.
La mancata considerazione nell’art. 31, comma quattro, C.P.A. del diritto soggettivo leso da un atto nullo nelle materie di giurisdizione esclusiva è in linea con l’impostazione del codice del processo amministrativo che ha ignorato le diverse regole che il giudice amministrativo applica in presenza del diritto soggettivo fatto valere dal ricorrente.
Ciò non può condurre alla conclusione che, per l’atto nullo, il diritto soggettivo debba essere azionato nel termine di decadenza di 180 giorni per l’evidente contraddizione: l’interesse legittimo è soggetto, normalmente, al termine di decadenza di 60 giorni che viene allungato (180 giorni) per la rilevanza dei vizi che determinano la nullità dell’atto ed il diritto soggettivo che, normalmente, va fatto valere nel termine prescrizionale in sede di giurisdizione esclusiva, nei confronti dell’atto nullo vedrebbe il termine attratto nel regime decadenziale dei 180 giorni, con conseguente riduzione della garanzia di tutela.
È da ritenere che il diritto soggettivo, attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, possa essere azionato nel ricorso volto alla dichiarazione di nullità dell’atto nell’ordinario termine decennale di prescrizione.
Pertanto, il diritto soggettivo riceverebbe la stessa considerazione dell’ipotesi di nullità conseguente all’elusione o violazione del giudicato e, nella scala dei valori, va collocato al secondo posto.
Le deviazioni dal modello di base della nullità circa le diverse tutele assegnate in relazione agli interessi interviene sui termini, ma non muta gli altri caratteri che distinguono in maniera netta questa difformità dal modello legale rispetto all’annullabilità.
Infatti, la nullità dell’atto amministrativo è rilevabile d’ufficio dal giudice e l’azione è imprescrittibile per l’amministrazione ed è improduttivo di effetti nonché insanabile.
Quanto all’inefficacia dell’atto nullo, sin dalla sua adozione, essa si deduce: a) dalla previsione dell’azione dichiarativa; l’art. 31 del c.p.a., nel titolo reca “declaratoria di nullità” e, al quarto comma, recita “La domanda volta all’accertamento delle nullità previste dalla legge si propone …”; se l’atto nullo producesse effetti, la domanda dovrebbe essere volta all’annullamento con richiesta di una sentenza costitutiva di eliminazione degli effetti, non dichiarativa della nullità dell’atto, con conseguente accertamento che effetti non sono stati prodotti; b) dalla rilevabilità di ufficio dal giudice e dall’imprescrittibilità della relativa domanda (eccezione) da parte dell’amministrazione resistente che sono qualità proprie della nullità; c) dalla considerazione che le eccezioni al modello della nullità assoluta sono quelle espressamente indicate dall’art. 31, comma quattro, C.P.A., valendo, in mancanza, i principi della nullità assoluta; d) non si può, sul piano sostanziale, ritenere che la nullità sia improduttiva di effetti solo per alcuni soggetti e non per altri.
E, comunque, non si può dimenticare che dell’atto amministrativo nullo conosce sia il giudice amministrativo che quello ordinario e non si può pensare che la nullità abbia diversi caratteri sostanziali in relazione al giudice cui è attribuita la giurisdizione.
La diversità dei termini può trovare una giustificazione negli interessi che si intendono tutelare (salvo i profili di incostituzionalità che si espongono di seguito) innanzi al giudice amministrativo, ma la decisione sostanziale non può mutare a seconda del giudice.
Va evidenziato che l’improduttività di effetti dell’atto nullo vale anche per il cittadino il quale, decorso il termine di decadenza di 180 giorni (per le ipotesi di nullità diverse dall’elusione e dalla violazione del giudicato e per i casi in cui non è leso un diritto soggettivo), non potrà chiedere la dichiarazione di nullità al giudice e, quindi, non potrà conseguire la “certezza” della nullità e correlata inefficacia dell’atto, ma lo stato viziato non muta con tutte le sue conseguenze, per cui si può verificare l’effetto processuale dell’inoppugnabilità, ma ciò non incide sul regime sostanziale dell’atto nullo che è, pur sempre, quello dell’inefficacia.
E però, non si riescono a comprendere, sotto altro profilo, le ragioni di questo trattamento differenziato quanto ai termini che confligge con il principio costituzionale del giusto processo che si “svolge nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parità[49]” e rappresenta un’ulteriore sperequazione tra il ricorrente e le altre parti del processo, a danno del primo.
Ho evidenziato in altra sede[50] che il ricorrente nel processo amministrativo non è in condizioni di parità con le altre parti per: a) il dato strutturale ineliminabile della presenza di due parti – resistente e controinteressato – contro una sola – ricorrente - che si manifesta sia negli atti difensivi scritti che nella discussione orale; b) la possibilità per il resistente ed il controinteressato di avvalersi del mancato rispetto delle regole processuali per ottenere una sostanziale reiezione dell’istanza del ricorrente il quale può ottenere soddisfazione solo operando sul merito; c) la conoscenza degli atti, documenti e provvedimenti da parte dell’amministrazione che li produce e che può “occultarli”; d) la possibilità di sollevare eccezioni da parte del resistente e del controinteressato, anche in sede di discussione orale e per la prima volta; e) l’istruttoria che, nonostante le interessanti aperture del codice del processo amministrativo, è rimessa di solito all’attività della pubblica amministrazione[51].
Aggiungere un’ulteriore sperequazione, peraltro, di dubbia utilità, cozza con la Costituzione, specie se si considera la posizione del controinteressato. Questi non viene considerato dalla norma ma, secondo la dottrina[52], potrebbe sempre opporre la nullità che, invece, sarebbe difficile immaginarlo per l’amministrazione che, avendo dato causa alla nullità, non avrebbe interesse a sollevarla in giudizio.
Al riguardo, le soluzioni possono essere diverse e, a favore dell’imprescrittibilità dell’eccezione da parte del controinteressato, si può addurre che : I) l’azione di nullità è imprescrittibile e se l’art. 31 c.p.a. non pone alcuna limitazione, il controinteressato può sempre opporla; II) l’amministrazione resistente può sempre opporla e se la previsione è dettata dal valore che si è voluto attribuire all’interesse di cui è portatrice la pubblica amministrazione, quello del controinteressato è, normalmente, omogeneo a quello dell’amministrazione, anche se è sorretto da altre motivazioni, per cui non si giustificherebbe un diverso trattamento.
Contro questa tesi si può sostenere che: a) la mancata previsione nella norma non può attribuire ad una parte privata che si contrappone ad altra parte privata (almeno nella normalità dei casi, perché si può anche verificare che la parte ricorrente sia un soggetto pubblico, la parte resistente un privato e il controinteressato un ente pubblico[53]) un potere che va a porre una disparità di posizioni; b) va preferita un’interpretazione conforme ai principi costituzionali del giusto processo, per cui non si può creare una sperequazione nelle condizioni di parità tra ricorrente e controinteressato.
Seguendo questa seconda impostazione, il controinteressato potrebbe eccepire la nullità (ma con ricorso incidentale o con semplice memoria?), nel termine di 180 giorni dalla piena conoscenza, notifica o comunicazione dell’atto.
Non sono in grado di dire quale sia la tesi da preferire, ma propendo per la soluzione più in linea con i principi costituzionali del giusto processo.

7. A) Rilevanza della nullità dell’atto nel processo amministrativo. B) Legittimazione ad agire.
La questione, però, più interessante riguarda, sia per l’opponibilità da parte dell’amministrazione che per la rilevabilità d’ufficio, i casi in cui possa rilevare la nullità dell’atto nel processo.
Si faccia l’ipotesi che il ricorrente chieda dichiararsi la nullità di un atto amministrativo, con ricorso proposto oltre il termine di 180 giorni dalla notifica dell’atto.
Il giudice può, d’ufficio, rilevare la nullità ? Ovvero deve dichiarare irricevibile il ricorso per tardività della notificazione ?
E’ chiaro che se si ritenesse possibile l’intervento officioso del giudice, la previsione del termine di decadenza di 180 giorni verrebbe elusa; pertanto, il giudice, dovendo pronunziarsi prioritariamente sulla ricevibilità del ricorso , non potrà sollevare, d’ufficio, nullità dell’atto, ma deve concludere il giudizio con una sentenza che dichiari la irricevibilità del ricorso.
Stesso discorso vale per l’amministrazione che, inutilmente, se avesse interesse, opporrebbe la nullità dell’atto.
E, allora, la nullità dell’atto amministrativo potrà essere rilevata d’ufficio dal giudice o opposta dalla pubblica amministrazione se riguardi un atto presupposto in un giudizio su un atto presupponente ovvero un atto generale in relazione ad un atto esecutivo, insomma ogni volta che l’atto nullo rilevi nella produzione causale di altro atto o fatto, oggetto specifico del giudizio. E, in queste ipotesi, potrà bene il ricorrente argomentare la sua linea difensiva sostenendo la nullità dell’atto che funge da parametro di legittimità dell’atto o fatto controversi e il giudice potrà apprezzare la nullità in via officiosa.
In sostanza, solo il ricorso diretto contro l’atto nullo impone al ricorrente di agire tempestivamente (180 giorni) in giudizio, se intende acquisire la “certezza” che l’atto sia improduttivo di effetti perché nullo; quando la nullità può essere opposta dall’amministrazione o rilevata d’ufficio dal giudice, di fatto, il ricorrente può ottenere che la questione sia valutata dal giudice, eccitando i suoi poteri d’ufficio.
B) L’azione di nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e, per il giudice amministrativo, si tratta di qualificare l’interesse meritevole di tutela che è operazione che compie normalmente, anche di fronte a un atto amministrativo che presenti lo stato viziato dell’annullabilità.
Va, però, condivisa l’affermazione della dottrina che ipotizza, per l’atto nullo, il “superamento del connotato dell’attualità dell’interesse”[54], per la inefficacia che contraddistingue la nullità; richiedere l’attualità dell’interesse, significherebbe dichiarare l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.
Non dovrebbe nemmeno richiedersi la concretezza della lesione dell’interesse per la stessa ragione, mentre occorre la titolarità della situazione giuridica soggettiva e, quindi, deve trattarsi di un interesse personale[55].

ABSTRACT
THE ACTION FOR THE DECLARATION OF NULLITY
OF AN ADMINISTRATIVE ACT



Having highlighted that in administrative law procedure, as in current procedural law, the principle of the atypical nature of the right of action is based on the need to protect subjective legal situations, it is argued that the Code of administrative law procedure has had to take into consideration (also) typical actions both because the Code governs disputes where one of the parties is an institutional power and it is therefore necessary to define the judge's decisional powers in respect of the executive, and also because in substantive law subjective rights exist but not lawful interests.
The action for the declaration of nullity of an administrative act may be brought before an ordinary judge or before an administrative law judge, except in the case of exclusive jurisdiction, and the discipline before the two judges is presented analytically, emphasizing the typical nature of the action before the administrative law judge and outlining the differentiated rules of nullity for terms of impugnment depending on the parties involved in the process. As a result, doubts of constitutionality have been raised in relation to the parameters of due process (article 111 of the Constitution), and it is argued that the other features of the nullity of an administrative act reflect the absolute nullity established in the Civil Code for contracts.

 

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[1] A. Proto Pisani, Brevi premesse in tema di situazioni soggettive fra diritto sostanziale, processi e giurisdizioni in Foro Ital. 2011, V, 98 sintetizza così il concetto di atipicità del diritto di azione: “indica la recezione in Italia (e negli ordinamenti di civil law) del principio secondo cui le situazioni soggettive sostanziali vengono prima dei rimedi: è sufficiente che il diritto sostanziale (civile o amministrativo che sia) preveda una situazione soggettiva di pretesa o obbligo, perché il relativo titolare possa agire in giudizio per la sua tutela, senza la necessità di alcuna norma sostanziale che autorizzi l’azione: di qui il carattere residuale (proprio di un diverso momento storico) di disposizioni quali gli artt. 948 (azione di rivendicazione), 949 (azione negatoria), 1079 (accertamento della servitù e altri provvedimenti di tutela), 2599-2600 (in tema di repressione della concorrenza sleale) c.c., e anche art. 30 (azione di condanna) nuovo codice del processo amministrativo”. Come antesignani di questa impostazione, l’A. ricorda la prolusione pisana del 1948 di Virgilio Andrioli e, ancor prima, quanto affermava Giuseppe Chiovenda nel primo decennio del 1900 sotto il vigore del codice di procedura civile del 1865.
[2] Cfr. B. Sassani, Riflessioni sull’azione di nullità in Dir. Proc. Amm. 2011, 269 e ss; ID. Arbor actionum. L’articolazione della tutela nel codice del processo amministrativo in Riv. Dir. Proc. 2011, 1356 e ss. ove si richiama, come espressione dell’attuale tendenza che riguarda anche i Paesi di common law, l’art. 2 delle U.S. Federal Rules of Civil procedure il quale nella rubrica reca: “ One form of action” e detta: “There shall be one form of action to be known as civil action”.
[3] A. Proto Pisani, op. ult. cit., 98.
[4] C. di St., Ad. Plen. 29 luglio 2011 n. 15 in Urb. e App. 2011, 1193, con nota di C. Lamberti, L’Adunanza Plenaria si pronuncia sulla D.I.A. Interessanti i rilievi critici alla stessa sentenza di F. Merusi, Creatività giurisprudenziale e finzione. La tutela del terzo nel processo amministrativo nell’ipotesi di attività liberalizzate in Giur. Ital. 2012, 435.
[5] C. di St., A. P. n. 15/2011 cit. 1193. Nella motivazione si legge ancora che “ove dette azioni tipizzate non soddisfino in modo efficiente il bisogno di tutela, l’azione di accertamento atipica, ove sorretta da un interesse ad agire concreto ed attuale ex art. 100 c.p.c., risulta praticabile in forza delle coordinate costituzionali e comunitarie richiamate dallo stesso art. 1 del codice oltre che dai criteri di delega di cui all’art. 44 della L. n. 69/2009” (pag. 1193). La sentenza sviluppa come è espressamente menzionato nella motivazione, quanto avviato dall’Adunanza Plenaria del 23 marzo 2011 n. 3 in Urb. e App. 2011, 694 con nota di C. E. Gallo, Le azioni ammissibili nel processo amministrativo ed il superamento della pregiudizialità anche per le controversie ante codice
[6] In questa direzione: M. Clarich, Tipicità delle azioni e azione di adempimento nel processo amministrativo in Dir. Proc. Amm. 2005, 557 e ss.
[7] Cfr. E. Follieri, La natura giuridica dell’articolato provvisorio denominato codice del processo amministrativo in Dir. e Proc. Amm. 2010, 637 e ss.
[8] E. Follieri, Le azioni di annullamento e di adempimento nel codice del processo amministrativo in Dir. e Proc. Amm. 2011, 457 e ss.
[9] TAR Puglia, Bari, Sez. I, 29.4.2008 n. 1043 in Foro Amm. TAR 2008, 1109; C. di St., Sez. VI, 28.10.2009 n. 6605 in Foro Amm., C. di St., 2009, 2389; C. di St., Sez. V, 9.6.2008 n. 2872 Comuni Ital. 2008, 84. F. Astone, Il procedimento amministrativo tre anni dopo la sua riforma: spunti per una riflessione in tema di nullità ed annullabilità del provvedimento amministrativo in Dir. e Proc. Amm. 2009, 27 e ss., part. 30 e ss. ha evidenziato le “zone d’ombra” nella previsione normativa per l’assenza di una disciplina puntuale della nullità del provvedimento amministrativo e della tutela in sede processuale.
[10] F. Luciani, Inefficacia e rilevanza giuridica dell’atto amministrativo nullo. Considerazioni sull’azione di nullità di fronte al Giudice amministrativo in www.giustamm.it, 2007, par. 11, pag. 10 il quale parla di un “fenomeno curioso, a tratti paradossale” perché da una sentenza di inammissibilità si recava indirettamente una statuizione sull’inefficacia dell’atto nullo, non lesivo; A. Romano Tassone, L’azione di nullità ed il giudice amministrativo, ivi, 2007, par. 1, pag. 2.
[11] C. di St., Sez. IV, 10.11.1981, n. 866 in Foro Amm. 1981, I, 2271; C. di St., Sez. IV, 6.12.1977 n. 1129; ivi, 1977, I, 2861; TAR Puglia, Bari, Sez. III, 19.10.2006 n. 3740.
[12] Art. 31, 4° co., c.p.a.
[13] N. Paolantonio, Nullità dell’atto amministrativo in Enc. del Dir., Annuali I, Milano 2008, 871.
[14] P. Chirulli, Azione di nullità e riparto di giurisdizione in www.giustamm.it 2007, par. 2, pag. 3 ove si richiama TAR Puglia, Bari, 26.10.2005 n. 4581 in Trib. Amm. Reg. 2005, I, 3280 secondo cui è del tutto naturale che la nullità trovi sfogo in una statuizione di annullamento .
[15] Art. 114, 4° co., lett b) e 1° co., c.p.a.
[16] A. Romano Tassone, L’azione di nullità ed il giudice amministrativo, op. cit., par. 8, pag. 7.
[17] E. Follieri, Le azioni di mero accertamento in Giustizia amministrativa a cura di Franco Gaetano Scoca, IV ed., Torino 2011, 204 e ss.
[18] Vi è, invece, una “vulgata” che identifica gli interessi legittimi oppositivi esclusivamente nell’ipotesi di diritti soggettivi, incisi dal provvedimento autoritativo, cfr. V. Lopilato, in Codice del nuovo processo amministrativo, II edizione in Collana diretta da C.M. Bianca – A. Catricalà – E. Mantovani – F. Caringella – M. Protto Roma 2012, II ed., 415.
[19] Sottolinea che l’azione di nullità consegue risultati pratici soprattutto in termini di certezza: A. Romano Tassone, op. ult. cit., par. 7, pag. 11.
[20] C. di St., Sez. VI, 31.3.2011 n. 1983 in Foro Amm. C. di St. 2011, 1000 ove si esclude che per l’atto amministrativo adottato in violazione del diritto comunitario sia predicabile la nullità, dal momento che non è prevista come ipotesi di nullità nell’art. 21 septies L. n. 241/90; nello stesso senso, sempre per violazione del diritto comunitario: C. di St., Sez. VI, 31.5.2008 n. 2623 in Foro Amm. C. di St. 2008, 1582 nonché C. di St., Sez. VI, 22.11.2006 n. 6831 in Guida al Diritto 2007, 1, 74 con commenti di O. Forlenza; C. di St., Sez. VI, 3.3.2006 n. 1023 in Foro Amm. C. di St. 2006, 918. Si è affermato per la medesima ragione che: il mancato svolgimento di una fase procedimentale non determina nullità (“strutturale”), C. di St., Sez. VI, 30.10.2009 n. 6703 in Riv. Giur. Edil. 2010, 174; la violazione di norme imperative non è nullità, C. di St., Sez. IV, 23 agosto 2010, n. 5902 in Foro Amm. C. di St. 2010, 1458; non è nulla la proroga della dichiarazione di pubblica utilità intervenuta dopo la scadenza: C. di St., Sez. IV, 28.1.2011 n. 676 in Foro Amm. C. di St. 2011, 83.
Per la dottrina: A. Bartolini, La nullità del provvedimento nel rapporto amministrativo Torino 2002; M. D’Orsogna, I problemi della nullità in diritto amministrativo, Milano 2004; M.R. Spasiano, Articolo 21 septies, nullità del provvedimento a cura di N. Paolantonio, A. Police, A. Zito, Torino 2005, 551 e ss.; D. Ponte, La nullità del provvedimento amministrativo, Milano 2007.
[21] Art. 21 septies L. n. 241/90.
[22] C. di St., Sez. V, 8.3.2010 n. 1331, motiv. pagg. 3-4.
[23] P. Chirulli, Azione di nullità e riparto di giurisdizione, op. cit., par. 4, pag. 5
[24] La “materia” viene elencata sub art. 133, comma 1, lett. a), punto 5), c.p.a.
[25] Cfr. G. Urbano, E’ parzialmente incostituzionale anche l’art. 53 T.U. n. 327/2001 in La sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004 n. 204, Atti del convegno su riparto di giurisdizione nelle controversie in cui è parte la pubblica amministrazione (Lucera 19 febbraio 2005) a cura di Enrico Follieri, Milano 2006, 83 e ss., part. 95.
[26] E. Follieri, Conclusioni, in La sentenza della Corte Costituzionale 6.7.2004 n. 204, op. cit., 97 e ss. part. 99; G. Pecoriello, Intervento in op.ult.cit., 75 e ss., part. 78; M. Abbruzzese, La sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004 n. 204 in op.ult.cit., 3 e ss.
[27] P. Chirulli, Azione di nullità e riparto di giurisdizione, op.cit., par. 4, pag. 5, rileva che “resta aperto il tema della carenza di potere in concreto, con tutte le sue ambiguità”. Il giudice amministrativo ha sempre ritenuto che la carenza di potere riguardi il difetto di attribuzione in astratto e, quindi, in assoluto; il giudice ordinario, invece, estende la carenza di potere anche alle ipotesi in cui non sussistano i presupposti per l’esercizio del potere nella concreta fattispecie, con evidente ampliamento dei casi di carenza di potere, e tutte le conseguenze, specie in ordine alla giurisdizione.
[28] Art. 4 c.p.a.
[29] Art. 44, comma 1, L. 18.6.2009 n. 69.
[30] Art. 44, commi 1 e 2 sub b) 1), L. 18.6.2009 n. 69.
[31] Art. 39 c.p.a.
[32] C. di St., Sez. V, 9.6.2008 n. 2872 in motivazione, punto 37, pag. 17; stesso principio in C. di St., Sez. V, 19.9.2008 n. 522 in Foro Amm. C. di St. 2008, 9, 2429; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 29.4.2008 n. 1043 in Foro Amm. TAR 2008, 1109; TAR Puglia, Bari, Sez. III, 19.6.2006 n. 3740.
[33] F. Astone, Il procedimento amministrativo etc., op. cit., 31; L. Mazzarolli, Sulla disciplina della nullità dei provvedimenti amministrativi in Dir. Proc. Amm. 2005, 545.
[34] A. Romano Tassone, L’azione di nullità ed il giudice amministrativo, op. cit., par. 4, pag. 3.
[35] Sono gli elementi che si ricavano dagli articoli del codice civile relativi ai contratti e, segnatamente, dagli artt. 1421, 1422 e 1424. Cfr.: C.M. Bianca, Diritto Civile, il contratto, Milano 2000, II ed., vol. III, 612 e ss.; F. Galgano, Il negozio giuridico in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da A. Cicu – F. Messineo, Milano 1988, vol III, Torino I, 233 e ss.; A. Torrente – P. Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano 1999, XVI Ed., 247 e ss.
[36] G. Passagnoli, Nullità speciali Milano 1995 ha preso in esame diverse normative di settore: T.U. leggi bancarie D.L.vo 1.9.1993 n. 385; legge sulla subfornitura del 18.6.1998 n. 192, la disciplina del consumatore etc., ed ha rilevato che sono nullità che non possono essere fatte valere dai destinatari dei divieti, previste a tutela di contraenti “deboli” che se ne possono avvalere, ma che presentano i tratti essenziali della rilevabilità di ufficio, imprescrittibilità dell’azione, conseguente insanabilità (pag. 189).
[37] Art. 164 D.L.vo 22.1.2004 n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137.
[38] La giurisprudenza l’ha qualificata nullità relativa: Cass., SS. UU., 26.1.1994 n. 728 in Foro Ital. 1994, I, 1053; Cass., 26.4.1991 n. 4559 in Mass. Foro Ital. 1991; Cass., 12.6.1990 n. 5688, ivi, 1990 e altre.
La dottrina è divisa sull’ammissibilità della categoria della nullità relativa in generale e, in particolare, per la riferibilità all’art. 164 del codice dei beni culturali e del paesaggio, per il dibattito: E. Follieri, La nullità degli atti giuridici in Il diritto dei beni culturali e del paesaggio a cura di Enrico Follieri Napoli 2005, 341 e ss.
[39] Contiene una sorta di catalogazione delle fattispecie che danno luogo alla carenza di potere in concreto, in materia espropriativa: Cass., SS. UU., 7.2.2007 n. 2688 in Corriere merito, 2007, 1096, con nota di M.L. Maddalena, Comportamenti amministrativi, nullità e carenza di potere in concreto, quale giudice?
[40] R. Caranta, L’inesistenza dell’atto amministrativo Milano 1990 che, nel fare il punto sulla problematica, ha rilevato una sorta di coincidenza tra la nullità e l’inesistenza, quasi configurando l’uso dell’uno o dell’altro termine come una scelta lessicale.
[41] Sottolinea la diversità delle patologie dell’inesistenza e della nullità dell’atto amministrativo M. Petrelli, Alla ricerca degli elementi essenziali del provvedimento amministrativo: l’atto amministrativo privo di sottoscrizione è nullo? in Dir. e Proc. Amm. 2008, 595 e ss. che rileva: “l’atto nullo è un provvedimento giuridicamente rilevante, potenzialmente idoneo a produrre effetti giuridici …; l’atto inesistente, invece, è un quid facti giuridicamente irrilevante e come tale inidoneo ab origine a produrre effetti giuridici” (pag. 600), per cui non sarebbe configurabile alcun interesse ad agire.
[42] Art. 31, comma quattro, c.p.a.
[43] A. Romano Tassone, L’azione di nullità ed il giudice amministrativo, op. cit., par. 7 e par. 8, pagg. 7 e ss.
[44] A. Romano Tassone, op. ult. loc. cit.
[45] A. Romano Tassone, op. ult. loc. cit.
[46] La giurisprudenza ha distinto, nel pubblico impiego, quando era attribuito per intero alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, gli atti paritetici dagli atti autoritativi perché i primi attengono, in via diretta o indiretta, all’adempimento delle obbligazioni che il datore di lavoro pubblico ha verso i suoi dipendenti, con la conseguenza che i ricorsi contro gli atti autoritativi rientrano nella regola generale dell’impugnativa di un atto amministrativo nel temine di decadenza di sessanta giorni, mentre quelli contro gli atti paritetici sono esperibili nel termine di prescrizione, proprio dei diritti soggettivi. Per la prima affermazione del principio che ha finito per diventare jus receptum: C.di St., Sez. V, 1.12.1939 n. 795 (c.d. sentenza Fagiolari) e C. di St., Ad. Plen., 18.12.1940 n. 5 in Codice delle fonti giurisprudenziali, La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Pubblico impiego a cura di E. Follieri, F. O. Zuccaro, V. Fanti e A. Fabri, Rimini 1994, rispettivamente, pag. 149 e pag. 76. Le iniziali pronunzie riguardavano i diritti patrimoniali e, successivamente, gli stessi principi furono estesi a quelli non patrimoniali: C. di St., Ad Plen., 26.10.1979 n. 25, ivi, pag. 93.
[47] A. Fabri, Giurisdizione esclusiva: i modelli processuali Torino 2002, passim, ma part. 23 e ss, 281 e ss., 370 e ss.; V. Domenichelli, Giurisdizione esclusiva e processo amministrativo, Padova 1988, 44 e ss.; P. Sandulli, La tutela dei diritti soggettivi dalla giurisdizione esclusiva alla giurisdizione per materia Milano 2004.
[48] Art, 7 CPA
[49] Art. 111 Cost..
[50] E. Follieri, Il contraddittorio in condizioni di parità nel processo amministrativo in Dir. Proc. Amm. 2006, 499 e ss.
[51] Amplius E. Follieri, Il contraddittorio etc., op. ult. cit., 502 e ss.
[52] B. Sassani, Arbor actionum. L’articolazione della tutela nel codice del processo amministrativo, op. cit., 1384; V. Lopilato, commento all’art. 31 in Il processo amministrativo a cura di A. Quaranta - V. Lopilato, 321; F. Fracchia – M. Occhiena, Commento all’art. 31, in Codice del processo amministrativo a cura di R. Garofoli – G. Ferrari, Nel Diritto Editore, 530.
[53] Cfr. E. Follieri, Il privato parte resistente nel processo amministrativo nelle materie di cui agli artt. 33 e 34 del D.L.vo 31.3.1998 n. 80 in Dir. Proc. Amm. 1999, 634 e ss.
[54] F. Luciani, op. cit., par. 12, pag. 12, di cui, però, non si condividono le conseguenze che ne sono state tratte.
[55] A. Romano Tassone, L’azione di nullità ed il giudice amministrativo, op. cit., par. 13, pag. 9.

 

(pubblicato il 26.4.2012)

 

 

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