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Pubblichiamo qui di seguito una  recente ordinanza del T.A.R. Abruzzo in materia di ricusazione del giudice amministrativo che, a quanto consta, per la prima volta rivisita compiutamente l’istituto in quasi tutti i suoi profili. L'ordinanza, in particolare, si sofferma sulla disciplina positiva dell’istituto e sulle regole processuali che attengono la legittimazione, le forme e le modalità di presentazione della domanda, il rapporto processuale, il contraddittorio, la irrogazione della sanzione amministrativa e la condanna alle spese.  

 

 

T.A.R. ABRUZZO, L’AQUILA - Ordinanza 8 gennaio 1999, n. 7 - Pres. f.f. e Rel. Eliantonio – D. c. Regione Abruzzo e M.

Giudizio amministrativo - Ricusazione del giudice - Disciplina speciale ex artt. 47-50 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642.

Giudizio amministrativo - Ricusazione del giudice - Disciplina generale - Rinvio al codice di procedura civile (artt. 52-54 c.p.c).

Giudizio amministrativo - Ricusazione del giudice - Procedimento - Presentazione della domanda - Forma - presentazione almeno tre giorni prima dell’udienza ovvero oralmente prima della discussione - Legittimazione- Parte e/o avvocato munito di mandato speciale;

Giudizio amministrativo - Ricusazione del giudice- Procedimento- Deposito presso la segreteria- Notifica alle controparti- Non occorre.

Giudizio amministrativo - Ricusazione del giudice- Procedimento- Presentazione della domanda- Forma e modalità - Avvocato privo di mandato speciale- Deroga all’obbligo del patrocinio- Solo facoltà di deposito presso la segreteria della domanda formulata e sottoscritta dalla parte.

Giudizio amministrativo - Ricusazione del giudice- Procedimento- Rapporto processuale- Solo tra ricusante e giudice ricusato-

Giudizio amministrativo - Ricusazione del giudice- Procedimento -Finalità e natura–- Svolgimento in forma particolare .

Giudizio amministrativo - Ricusazione del giudice- Procedimento- Finalità- Natura incidentale e strumentale - Decisione - Provvedimento meramente ordinatorio.

Giudizio amministrativo - Ricusazione del giudice - Procedimento - Revoca della domanda – Forma e modalità.

Giudizio amministrativo- Ricusazione del giudice - Procedimento- Revoca della domanda – Applicazione norme rinuncia al ricorso- Esclusione.

Giudizio amministrativo - Ricusazione del giudice - Procedimento - Decisione sull’incidente- Sanzione pecuniaria in caso di rigetto o revoca dell’istanza- Obbligo di irrogazione.

Giudizio amministrativo- Ricusazione del giudice - Procedimento - Sanzione pecuniaria in caso di rigetto o revoca dell’istanza- Finalità.

Giudizio amministrativo- Ricusazione del giudice - Procedimento - Condanna alle spese- Omessa previsione- Rinvio alla norme del codice di procedura civile

Giudizio amministrativo- Ricusazione del giudice - Procedimento - Condanna alle spese- In relazione all’attività difensiva svolta dalle parti- Possibilità- Ragioni.

Giudizio amministrativo - Ricusazione del giudice - Procedimento- Contraddittorio - Partecipazione delle controparti - Possibilità - Ragioni.

L’istituto della ricusazione nei giudizi davanti al Tribunale Amministrativo trova la sua specifica disciplina - in virtù del rinvio operato dal primo comma dell’art.19 della L. 6 dicembre 1971, n.1034 - nelle norme di procedura di cui al R.D. 17 agosto 1907, n. 642, ed, in particolare, negli artt. 47-50 di detto regolamento.

Per quanto ivi non espressamente previsto, può farsi ricorso in via analogica alla disciplina contenuta negli artt. 52 e 54 del codice di procedura civile, il quale costituisce la legge processuale generale a cui bisogna fare riferimento in difetto di norme processuali speciali.

Ai sensi del secondo comma dell’art.48 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, la istanza di ricusazione deve essere presentata almeno tre giorni prima dell’udienza designata o entro tre giorni dalla pubblicazione della decisione che impone un mezzo istruttorio, deve essere "firmata dalla parte o dall’avvocato munito di mandato speciale" e può essere anche proposta oralmente all’udienza prima della discussione.

In base a tale disposizione, peraltro analoga a quella contenuta nel secondo comma dell’art. 52 del c.p.c. secondo cui il ricorso per ricusazione è "sottoscritto dalla parte o dal difensore", la domanda di ricusazione può essere presentata direttamente dalla parte mediante il semplice deposito dell’istanza in segreteria e non necessita, ai fini della sua ammissibilità, della sua previa notifica ad eventuali altre parti, poiché l’incombente non risulta espressamente imposto dalla normativa in esame; la domanda può essere proposta anche "oralmente" all’udienza; non è necessario il patrocinio di un difensore per la sua proposizione; sono previsti termini particolarmente ristretti entro i quali detta domanda può essere proposta.

In deroga alla norma contenuta nel secondo comma dell’art. 19 della L.6 dicembre 1971, n. 1034, che impone come obbligatorio il patrocinio di un avvocato, la domanda di ricusazione può, pertanto, essere presentata direttamente dalla parte senza il ministero di difensore, il quale, ove sia privo di mandato speciale, può soltanto presentare in cancelleria la dichiarazione di ricusazione formulata e sottoscritta dal suo assistito

Nell’incidente in questione il rapporto processuale si instaura in via principale tra il ricusante ed il giudice ricusato, il quale può esporre le sue ragioni in calce alla domanda di ricusazione (art.49 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642) e può essere udito in sede di decisione dell’istanza (art.53, II comma , del codice di procedura civile).

L’incidente processuale in esame viene introdotto con una domanda "diretta al presidente della sezione adita" formulata direttamente dalla parte, che abbia dei dubbi sull’imparzialità della persona fisica del giudicante che voglia, quindi, impedire che influssi personali possano deformare la giustizia della decisione. Di poi, il procedimento si svolge secondo una forma particolare "quasi privata", di carattere sostanzialmente amministrativo, che si discosta dagli ordinari moduli processuali.

Tale procedura, meramente strumentale ed incidentale rispetto ad altro giudizio, non incide sui diritti soggettivi dei contendenti, essendo unicamente rivolta a garantire l’imparzialità del giudice, per cui l’ordinanza che decide sulla ricusazione del giudice costituisce un provvedimento meramente ordinatorio, diretto solo a verificare la capacità processuale del giudice rispetto alla lite, senza la sostanziale composizione di alcun conflitto di interessi tra le parti del processo originario.

In base al principio del contrarius actus la revoca dell’istanza in parola può essere proposta direttamente dalla parte e non necessita della previa notifica ad alcuna controparte.

In relazione alla rinuncia all’istanza di ricusazione non è applicabile il disposto dell’art.46 del R.D.17 agosto 1907, n. 642, il quale disciplina la diversa ipotesi della rinuncia al ricorso, che deve – al contrario – essere notificata alla controparte o essere fatta oralmente in udienza.

Ai sensi delle art. 50, secondo comma, R.D.17 agosto 1907, n. 642, in base al quale se la domanda è rigettata, la parte che l’ha proposta è condannata con la stessa decisione a una sanzione amministrativa, che può estendersi fino a £ 30.000, il giudice amministrativo, che ha preso atto della rinuncia all’istanza di ricusazione ovvero nell’ipotesi di non accoglimento dell’istanza stessa, deve irrogare al ricorrente la sanzione amministrativa prevista dalla norma e ciò indipendentemente da qualsiasi accertamento circa la temerarietà del ricorso.

Tale sanzione amministrativa, che non si risolve in una illegittima compressione del diritto di difesa, serve a rafforzare il senso di responsabilità del cittadino a non proporre istanze di ricusazione infondate ed è comminata nell’esercizio di un potere disciplinare che appartiene al giudice nei confronti della parte che ha violato il suo dovere di non intralciare l’organizzazione giudiziaria.

Ancorché le norme di procedura di cui al predetto R.D.17 agosto 1907, n. 642, non disciplinano espressamente la materia delle spese relative all’incidente processuale in questione, può essere applicato in via analogica l’art.54 del codice di procedura civile, il quale dispone che l’ordinanza con la quale si decide l’istanza di ricusazione provveda anche sulle spese, dal momento che tale ordinanza definisce in via definitiva l’incidente processuale in questione. Invero nell’incidente processuale in questione si è di fronte ad una fase totalmente autonoma rispetto alla decisione di merito, per cui le spese sostenute seguono la soccombenza sull’incidente processuale e non possono non essere liquidate con l’atto del giudice che conclude tale fase.

In mancanza di esplicita previsione, la necessità del rispetto del contraddittorio nel procedimento di ricusazione può desumersi dal fatto che tale procedimento ha per oggetto la garanzia dell'interesse pubblico all’imparzialità del giudice e relativamente a tale aspetto non può disconoscersi l’interesse di tutte le parti del processo originario ad intervenire nel procedimento senza particolari formalità.

Se è vero che le situazioni giuridiche soggettive agitate con l’istanza di ricusazione sono di natura esclusivamente processuale, cioè si esplicano nella formazione e nello svolgimento del processo, e che non viene in alcun modo risolto il sottostante conflitto di interessi tra le parti originarie del processo, non è parimenti contestabile che la controparte abbia degli interessi in ordine alla ricusazione, se non altro in considerazione del fatto che l’istanza di ricusazione determina la sospensione del processo e quindi incide sui tempi di definizione della causa. Infatti, tutto ciò che avviene nel processo incide necessariamente anche sulla posizione processuale dell’altra parte, la quale, pertanto, ben può intervenire nel procedimento di ricusazione e ben può svolgere in tale fase le proprie ragioni.

 

 

Omissis….

DIRITTO. 1.- E’ stato demandato a questo collegio – in base al disposto degli artt. 50 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, e 53 del codice di procedura civile - lo specifico compito di risolvere l’incidente processuale proposto con le domande del Sig. (…) del 16 marzo e del 5 ottobre 1998.

Tali domande – come sopra esposto in narrativa – hanno comportato ai sensi e per gli effetti dell’art. 52, III comma, del codice di procedura civile la sospensione del processo, peraltro dichiarata con la sentenza 10 novembre 1998, n. 849, di questo Tribunale; ed il processo non può ovviamente riprendere il suo corso se non dopo la soluzione di tale incidente.

2.- Deve subito precisarsi che, allo stato degli atti, il Collegio non può non prendere atto della rinuncia presentata dal ricorrente alle predette istanze di ricusazione.

Per giungere a tale conclusione deve partirsi dalla considerazione che- come è noto – l’istituto della ricusazione nei giudizi davanti a questo Tribunale trova la sua specifica disciplina - in virtù del rinvio operato dal primo comma dell’art.19 della L. 6 dicembre 1971, n.1034- nelle norme di procedura di cui al R.D. 17 agosto 1907, n. 642, ed, in particolare, negli artt. 47-50 di detto regolamento; per quanto non espressamente previsto, può, inoltre, utilmente farsi ricorso alla disciplina contenuta nel codice di procedura civile, il quale – come è noto – costituisce la legge processuale generale a cui bisogna fare riferimento in difetto di norme processuali speciali.

In particolare, il procedimento di ricusazione nel processo amministrativo risulta disciplinato dalle norme processuali speciali contenute negli artt.48 e 50 del regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, mentre per quanto non espressamente previsto potranno applicarsi in via analogica gli artt. 52 e 54 del codice di procedura civile.

Ciò premesso, deve rilevarsi che in base al secondo comma dell’art.48 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, la ricusazione, che deve essere presentata almeno tre giorni prima dell’udienza designata o può essere proposta oralmente all’udienza prima della discussione, deve essere "firmata dalla parte o dall’avvocato munito di mandato speciale".

Ad avviso del collegio in base a tale disposizione- peraltro analoga a quella contenuta nel secondo comma dell’art. 52 del c.p.c. secondo cui il ricorso per ricusazione è "sottoscritto dalla parte o dal difensore" – la domanda di ricusazione può essere presentata direttamente dalla parte mediante il semplice deposito dell’istanza in segreteria e non necessita, ai fini della sua ammissibilità, della sua previa notifica ad eventuali altre parti. In deroga alla norma contenuta nel secondo comma dell’art. 19 della L.6 dicembre 1971, n. 1034, che impone come obbligatorio il patrocinio di un avvocato, la domanda di ricusazione può, pertanto, essere presentata direttamente dalla parte senza il ministero di difensore, il quale, ove sia privo di mandato speciale, può soltanto presentare in cancelleria la dichiarazione di ricusazione formulata e sottoscritta dal suo assistito ( cfr Cass. pen., I, 16 ottobre 1992, n. 3271).

Quanto, poi, al fatto che tale domanda non necessiti della previa notifica tale circostanza può agevolmente dedursi dal fatto che detto incombente non risulta espressamente imposto dalla normativa in esame (così come al contrario previsto dall’art.36 relativamente alle domande incidentali di sospensione dell’atto impugnato o per gli atti introduttivi di altri incidenti sospensivi del giudizio quali il regolamento preventivo di giurisdizione o il regolamento di competenza); inoltre, la non necessità di tale notifica può dedursi anche dai termini particolarmente ristretti entro i quali detta domanda può essere proposta (tre giorni prima dell’udienza designata o entro tre giorni dalla pubblicazione della decisione che impone un mezzo istruttorio), dal fatto che tale domanda può essere proposta anche "oralmente" all’udienza, dalla non necessità per la sua proposizione del patrocinio di un difensore, oltre che dalla considerazione che nell’incidente in questione il rapporto processuale si instaura in via principale tra il ricusante ed il giudice ricusato, il quale può esporre le sue ragioni in calce alla domanda di ricusazione (art.49 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642) e può essere udito in sede di decisione dell’istanza (art.53, II comma , del codice di procedura civile).

In definitiva, l’incidente processuale in parola viene introdotto con una domanda "diretta al presidente della sezione adita" formulata direttamente dalla parte, che abbia dei dubbi sull’imparzialità della persona fisica del giudicante che voglia, quindi, impedire che influssi personali possano deformare la giustizia della decisione.

Il procedimento si svolge poi secondo una forma particolare "quasi privata", di carattere sostanzialmente amministrativo, che si discosta dagli ordinari moduli processuali; ed è stato in merito chiarito in giurisprudenza che tale procedura, meramente strumentale ed incidentale rispetto ad altro giudizio, non incide sui diritti soggettivi dei contendenti, essendo unicamente rivolta a garantire l’imparzialità del giudice, per cui l’ordinanza che decide sulla ricusazione del giudice costituisce un provvedimento meramente ordinatorio, diretto solo a verificare la capacità processuale del giudice rispetto alla lite, senza la sostanziale composizione di alcun conflitto di interessi tra le parti del processo originario (cfr per tutti Cass. Civ., 12 luglio1996, n. 6352).

Così chiarite le modalità di attivazione e di svolgimento del procedimento di ricusazione, ritiene il Collegio che in base al principio del contrarius actus la revoca dell’istanza in parola ben possa essere proposta direttamente dalla parte e non necessiti dalla previa notifica ad alcuna controparte.

In relazione alla rinuncia all’istanza di ricusazione non sembra, invero, applicabile il disposto dell’art.46 del predetto R.D.17 agosto 1907, n. 642, il quale disciplina la diversa ipotesi della rinuncia al ricorso, che deve – al contrario – essere notificata alla controparte o essere fatta oralmente in udienza.

Poiché, infatti, l’istanza di ricusazione può essere proposta direttamente dalla parte, mediante il semplice deposito dell’istanza in segreteria, appare evidente che la parte possa con istanza analoga e contraria a quella precedente avanzata rinunziare alla domanda presentata.

Ciò posto e per passare all’esame del caso di specie deve rilevarsi che le predette istanze di ricusazione del 16 marzo e del 5 ottobre 1998 ben potevano essere presentate direttamente dal sig. Santo D’amico.

La rinuncia "formale" alle predette istanze presentata dallo stesso con atto depositato il 10 dicembre 1998 appare, inoltre, al collegio rituale e di tale rinuncia il collegio non può non prendere atto, prescindendo da quelle che sono state le motivazioni – per certi aspetti incomprensibili – che l’interessato ha addotto a giustificazione di tale rinuncia.

E l’esistenza di tale rinuncia ha dispensato il collegio per economia processuale dall’udire i giudici ricusati (così come previsto dall’art.53, II comma, del c.p.c.) prima della decisione della istanza di ricusazione.

3. Una volta giunti a tale conclusione, una volta cioè che il Tribunale ha preso atto della rinuncia all’istanza di ricusazione, non può non irrogare al ricorrente la sanzione amministrativa prevista dall’art.50 del predetto regolamento di procedura, il quale testualmente dispone al suo secondo comma che "se la domanda è rigettata, la parte che l’ha proposta è condannata con la stessa decisione a una sanzione amministrativa ( in origine "multa"), che può estendersi fino a £ 30.000".

La sanzione originaria della multa (degradata ad ammenda in virtù dell’art. 5, del R.D. 28 maggio 1931, n. 601, recante disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale) è stata sostituita, da ultimo – come è noto – con una sanzione amministrativa dall’art.32 della L. 24 novembre 1981, n. 689, e l’importo della sanzione è stato così elevato dall’art.3 della L. 12 luglio 1961, n. 603, nonché dall’art.114, I comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all’art.113, I comma, della stessa legge.

Tale normativa, invero, prevede che nelle ipotesi di non accoglimento dell’istanza di ricusazione venga applicata una sanzione pecuniaria per la parte che ha proposto la ricusazione e ciò indipendentemente da qualsiasi accertamento circa la temerarietà del ricorso; e tale sanzione amministrativa, che non si risolve di certo in una illegittima compressione del diritto di difesa, serve solo a rafforzare il senso di responsabilità del cittadino a non proporre istanze di ricusazione infondate ed è comminata nell’esercizio di un potere disciplinare che appartiene al giudice nei confronti della parte che ha violato il suo dovere di non intralciare l’organizzazione giudiziaria ( Cass. Civ. I, ord. 2 marzo 1983, n. 187).

Ora, in relazione alla vicenda così come sopra descritta, ritiene il Collegio che il ricorrente per avere vanamente proposto una istanza di ricusazione, alla quale lo stesso ha poi rinunciato, e per avere così posto un intralcio all’attività di questo Tribunale vada necessariamente condannato al pagamento della sanzione amministrativa di cui al predetto art. 50, sanzione che può quantificarsi nella misura di £ 10.000 (diecimila).

4. Prima di concludere deve, infine, ricordarsi che la controparte Regione Abruzzo in relazione all’incidente processuale in questione ha proposto una analitica memoria, con la quale si è opposta all’accoglimento dell’istanza di ricusazione predetta, ed è anche intervenuta in sede di discussione orale alla camera di consiglio del 14 dicembre 1998, chiedendo la condanna del ricorrente alle spese sostenute (individuate nell’attività svolta per lo studio della controversia e per la redazione della predetta memoria e nella discussione nella predetta camera di consiglio).

In relazione a tale richiesta di condanna del ricorrente a dette spese deve osservarsi che le summenzionate norme di procedura di cui al predetto R.D.17 agosto 1907, n. 642, non disciplinano la materia delle spese relative all’incidente processuale in questione.

Ritiene, purtuttavia, il Collegio che per risolvere tale questione, non espressamente disciplinata dalla normativa speciale applicabile a questo processo, possa utilmente farsi ricorso alla disciplina contenuta nel codice di procedura civile, che – come sopra chiarito – costituisce la legge processuale generale a cui bisogna fare riferimento in difetto di norme processuali speciali.

A tal fine va applicato in via analogica l’art.54 del codice di procedura civile, il quale dispone che l’ordinanza con la quale si decide l’istanza di ricusazione provveda anche sulle spese.

Dal momento, infatti, che tale ordinanza definisce in via definitiva l’incidente processuale in questione, tale ordinanza deve anche provvedere sulle spese sostenute dalle parti, così come – d’altro canto – di regola avviene nelle varie ipotesi di definizione di un incidente processuale che determina la sospensione del processo (cfr. ad esempio per la risoluzione dell’eccezione di incompetenza la previsione di cui all’art. 31 della L.6 dicembre 1971, n. 1034).

Né in merito può opporsi la considerazione che sia il giudice della sentenza definitiva di merito il giudice naturale della liquidazione anche delle spese dei vari incidenti processuali, così come è stato autorevolmente chiarito in ordine alle spese sostenute nella fase cautelare (cfr Cons. St., Ad pl., 1 ottobre 1994, n. 10).

Deve, infatti, nel merito osservarsi che nel mentre nella liquidazione delle spese relative alla fase cautelare, instauratasi nel corso del processo amministrativo a seguito di domanda incidentale di sospensione dell’atto impugnato, il giudice della sentenza definitiva di merito, nel dichiarare con cognizione piena e non più sommaria la volontà di legge nel caso concreto, può adeguatamente valutare l’entità complessiva della vittoria di una parte e la soccombenza dall’altra e quindi compiere un equilibrato bilanciamento tra ragioni e torti, nell’incidente processuale in questione si è di fronte ad una fase totalmente autonoma rispetto alla decisione di merito, per cui le spese sostenute seguono la soccombenza sull’incidente processuale e non possono non essere liquidate con l’atto del giudice che conclude tale fase.

Una volta acclarato che questo Collegio debba anche provvedere sulle spese ritenute in questa fase, va conseguentemente esaminata la questione se la Regione Abruzzo, cioè la controparte nel processo originario, avesse o meno titolo a partecipare nel procedimento di ricusazione e quindi se possano o meno avere rilievo in questa sede le spese da essa sostenute.

Ritiene in merito il Tribunale che se è pur vero che le situazioni giuridiche soggettive agitate con l’istanza di ricusazione sono di natura esclusivamente processuale, cioè si esplicano nella formazione e nello svolgimento del processo, e che non viene in alcun modo risolto il sottostante conflitto di interessi tra le parti originarie del processo, ciò nondimeno non appare contestabile che la controparte abbia degli interessi in ordine alla ricusazione, se non altro in considerazione del fatto che l’istanza di ricusazione determina la sospensione del processo e quindi incide sui tempi di definizione della causa. Inoltre, appare pacifico che tutto ciò che avviene nel processo incide necessariamente anche sulla posizione processuale dell’altra parte, la quale, pertanto, ben può intervenire nel procedimento di ricusazione e ben può svolgere in tale fase le proprie ragioni. Infine, deve anche rilevarsi che la necessità del rispetto del contraddittorio nel procedimento di ricusazione può desumersi anche dal fatto che tale procedimento ha per oggetto la garanzia dell'interesse pubblico all’imparzialità del giudice e relativamente a tale aspetto non può disconoscersi l’interesse di tutte le parti del processo originario ad intervenire.

Una volta riconosciuta la legittimità di tale intervento (che così come avviene per la proposizione del ricorso per ricusazione non deve essere proposto con particolari formalità) e dell’attività processuale svolta dalla controparte, assumono necessariamente rilievo in questa sede le spese da essa sostenute.

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorrente va, conseguentemente, anche condannato al pagamento delle spese e degli onorari di giudizio sostenute dalla Regione Abruzzo in tale fase di giudizio e ciò in base al principio di carattere generale ricavabile dall’art. 46 R.D.17 agosto 1907, n. 642, secondo cui il rinunziante deve pagare le spese di tutti gli atti di procedura compiuti dalle parti in causa.

Tali spese si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, L’Aquila, pronunciandosi sulle domande di ricusazione del Presidente (Emidio Frascione) e del consigliere (Luciano Rasola presentate) dal sig. (…) nei ricorsi n. 485/96, 1011/96 e 73/97 prende atto della rinuncia tali domande.

Condanna il Sig. (…) al pagamento della sanzione amministrativa di lire 10.000 ( diecimila).

Condanna inoltre il sig. (…) al pagamento in favore della Regione Abruzzo delle spese e degli onorari di giudizio da essa sostenuti per la soluzione dell’incidente processuale in questione, che liquida nella complessiva somma di £ 2.000.000 (duemilioni).

La presente ordinanza sarà eseguita dall’autorità amministrativa ed è depositata presso la segreteria che provvederà a darne comunicazione alle parti.

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