TAR ABRUZZO-PESCARA - Sentenza 6 luglio 2001 n. 609 - Pres. Catoni, Est. Eliantonio - Società Italiana per il Gas - ITALGAS, s.p.a. c. Comune di Alanno.
1. Comune e Provincia - Competenza - Per atti di ritiro degli atti di indizione e di conclusione delle gare di appalto - E’ dei dirigenti - Circostanza che gli atti stessi siano stati a suo tempo adottati da organi collegiali del Comune - Irrilevanza.
2. Atto amministrativo - Procedimento - Comunicazione di avvio - Necessità - Nel caso in cui comunque l’interessato abbia avuto conoscenza del procedimento - Non sussiste.
3. Atto amministrativo - Procedimento - Deduzioni degli interessati - Vanno prese in considerazione - Obbligo della P.A. di controdedurre analiticamente - Non sussiste.
4. Contratti della P.A. - Aggiudicazione - Aggiudicazione provvisoria - Annullamento in via di autotutela - Possibilità - Limiti.
5. Contratti della P.A. - In genere - Rispetto del canone della buona fede ex art. 1337 cod. civ. - Costituisce un principio generale ed è applicabile anche alla P.A.
6. Contratti della P.A. - In genere - Risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale della P.A. - E’ da ritenere ammissibile - Fattispecie relativa ad annullamento d’ufficio del bando dopo lo svolgimento della gara.
7. Giustizia amministrativa - Risarcimento del danno - Per lesione di interessi legittimi - Presupposti per il riconoscimento - Individuazione.
1. Ai sensi dell'art. 6 del decreto legislativo 15 maggio 1997, n. 127 (ora art. 107, comma 3, del D.l.vo n. 267 del 2000) sono di competenza del dirigente comunale i provvedimenti di ritiro degli atti di indizione e di conclusione delle gare di appalto e di annullamento di tutti gli atti della gara, ancorché i precedenti atti deliberativi siano stati assunti dagli organi collegiali del Comune.
2. Le norme in materia di partecipazione al procedimento amministrativo non vanno applicate formalmente, dovendosi piuttosto interpretare nel senso che la comunicazione di avvio è superflua - e riprendono pertanto espressione i principi di economicità e di speditezza dell’azione amministrativa - tutte le volte in cui l’interessato sia venuto a conoscenza di vicende che conducono necessariamente all’apertura di un procedimento con effetti lesivi nei suoi confronti .
3. Ai sensi degli artt. 7 e 10 della L. 7 agosto 1990, n. 241, l’Amministrazione, una volta acquisite le deduzioni dell’interessato, deve necessariamente prenderle in esame, ma non è tenuta controdedurre analiticamente in merito (1).
4. L’Amministrazione, anche dopo l’espletamento di una gara, ben può procedere - sia pur con la dovuta "cautela" - all’annullamento d’ufficio degli atti di gara e della stessa aggiudicazione provvisoria, ove però sussistano specifiche ragioni di interesse pubblico, che vanno adeguatamente rappresentate (2).
5. Il principio generale stabilito dall'art. 1337 Cod. civ. che impone a tutti i soggetti di comportarsi, nello svolgimento della fase della trattativa, "secondo buona fede", seppure non direttamente invocabile quando rilevino posizioni di interesse legittimo, è analogicamente applicabile nell’ipotesi di violazione da parte dell’Amministrazione dell’obbligo di buona fede e dell’affidamento ingenerato nel privato; pertanto, è da ritenere configurabile la responsabilità della p.a., qualora essa abbia tratto in inganno il privato ingenerando aspettative fondate su un suo comportamento, fermo restando che, non rilevando gli stati d’animo soggettivi, tale violazione del precetto di buona fede deve risultare documentalmente e deve essere causata da ragioni che esulano dal pubblico interesse (3).
6. Nei contratti della P.A., la discrezionalità nell’individuazione del contraente e nella successiva conclusione dell’accordo incontra un limite insuperabile nell’obbligo di buona fede e nella contestuale tutela dell’affidamento ingenerato nel privato per mezzo della conduzione delle trattative, per cui una rottura delle trattative ben può costituire fonte di responsabilità precontrattuale. Può conseguentemente ipotizzarsi una responsabilità precontrattuale del Comune che, dopo aver indetto la gara e dopo che la ricorrente aveva partecipato alla selezione, risultando aggiudicataria provvisoria, ha annullato d’ufficio il bando di gara sulla base della sua non conformità alla legge ed ai principi della logica e della buona amministrazione, così potendo venire in rilievo la responsabilità di questa per violazione dell’affidamento del privato, anche nella fase procedurale, preliminare ovvero preparatoria, all’emanazione di un provvedimento amministrativo favorevole per il privato medesimo (4).
7. L'accoglimento della domanda di risarcimento del danno presuppone l’accertamento da parte del giudice della sussistenza di un evento dannoso, della qualificabilità del danno come ingiusto, della riferibilità dell’evento dannoso alla condotta della pubblica Amministrazione e della imputabilità dell’evento dannoso a dolo o colpa dell’apparato amministrativo (5), e che, ai sensi dell'art. 1338 del codice civile, il soggetto leso abbia confidato, senza colpa, nella validità degli atti.
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(1) Cfr. per tutti Cons. St., V, 24 ottobre 2000, n. 5710, e 30 novembre 2000, n. 6367, e VI, 19 dicembre 2000, n. 6838.
(2) Cfr. T.A.R. Friuli V.G., 26 luglio 1999, n. 903, T.A.R. Lombardia, sede Milano, III, 9 marzo 2000, n. 1869.
(3) T.A.R. Lombardia, sede Milano, III, 31 luglio 2000, n. 5130.
(4) In applicazione del principio nella specie è stato affermato il diritto della ricorrente ad ottenere il risarcimento dei danni subiti dall’atto di indizione della procedura di gara per la scelta del contraente (riconosciuto come illegittimo dallo stesso Comune), che aveva ingenerato aspettative nella partecipante alla gara, inducendola ad effettuare le relative spese.
A tal fine, in applicazione dell’art. 35, II comma, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, così come modificato dall’art. 7 della L. 21 luglio 2000, n. 205, è stato assegnato al Comune il termine di giorni 90 per la proposizione alla ditta interessata di un’offerta di risarcimento del danno da ragguagliarsi esclusivamente al parametro della responsabilità precontrattuale di cui al predetto art. 1337 del codice civile.
In particolare, come risulta dalla motivazione della sentenza in rassegna, dovranno essere considerati:
1) tutti i danni riconoscibili nei limiti del cosiddetto interesse negativo e, cioè, di quello che la ricorrente aveva a che la suindicata procedura ad evidenza pubblica non avesse inizio, consistenti sia nelle spese inutilmente effettuate in vista dell'aggiudicazione sia nell’eventuale perdita, adeguatamente documentata, di ulteriori occasioni contrattuali della stessa natura;
2) gli interessi e la rivalutazione della relativa somma a decorrere dalla data di invito della ricorrente alla gara, in quanto, dando luogo la violazione dei doveri di cui agli art. 1337 e 1338 del codice civile a responsabilità extracontrattuale, il conseguente debito deve ritenersi di valore e non di valuta e comporta la maturazione di interessi dal fatto illecito e non solo dalla domanda, ed è sottratto, in linea di principio, quanto al riconoscimento della rivalutazione monetaria, alla regola posta dall'art. 1224, II comma, del codice civile (cfr. T.A.R. Veneto, II, 28 novembre 2000, n. 2346, e T.A.R. Molise, 15 novembre 2000, n. 517).
(5) Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, III, 9 marzo 2000, n. 1869.
Omissis
DIRITTO. 1. - Con il ricorso in esame, come sopra esposto, la società Italgas ha impugnato gli atti via via assunti dal Comune di Alanno, con i quali sono stati annullati d’ufficio gli atti deliberativi di approvazione del bando per l’affidamento in concessione della rete di distribuzione del gas metano e di aggiudicazione della gara all’impresa ricorrente.
Tali atti di autotutela, assunti prima dagli organi deliberativi del Comune e poi dal Dirigente (ritenutosi competente), sono stati adottati in ragione, nella sostanza, delle seguenti considerazioni:
a) che la gara in questione era stata configurata come un semplice affidamento della gestione di un servizio, mentre in realtà si era in presenza di una ipotesi di costruzione e di gestione, per effetto della previsione di esecuzione a carico della società aggiudicataria di lavori di ammodernamento e di ampliamento della rete di distribuzione esistente, con alcune anomalie, quali la previsione a carico degli utenti di contributi a fondo perduto ed a carico dell’ente appaltante dell’onere di riscatto della rete al termine della gestione;
b) che tali anomalie comportavano incertezze sulla determinazione dell’oggetto dell’appalto e sulla convenienza della gara per l’ente appaltante, atteso che questi era tenuto a riscattare le migliorie eseguite al valore di stima industriale, per le quali, peraltro, gli utenti già avevano versato contribuzioni una tantum;
c) che alcune previsioni contrattuali erano di incerta lettura;
d) che non era conforme alla normativa vigente (art. 24 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158) l’imporre tra i requisiti di partecipazione il possesso della certificazione UNI-ENM-9001, atteso che tale requisito era attinente alla capacità tecnica;
e) che ugualmente non appariva logica la richiesta di aver già espletato per tre anni il servizio di distribuzione gas in altro Comune con almeno 3.000 utenti, e ciò in relazione al modesto numero di abitanti ed utenti del Comune di Alanno.
L’interesse pubblico all’esercizio del potere di autotutela è stato, infine, individuato nella esigenza di evitare da un lato maggiori oneri per gli utenti e dall’altro l’illegittimo esborso di danaro pubblico, anche in relazione all’onere di risarcimento conseguente al ricorso proposto da altra partecipante alla gara, che era stata esclusa.
2. - Deve in merito subito precisarsi che gli atti di autotutela assunti dal Consiglio comunale e dalla Giunta municipale di Alanno (cioè le deliberazioni rispettivamente 25 maggio 2000, n. 17, e 16 luglio 2000, n. 96) ed impugnati con il ricorso originario, sono stati superati in corso di causa dalla successiva determinazione del Responsabile del III Settore Tecnico dello stesso Comune 29 agosto 2000, n. 69/00, di annullamento di tutti gli atti della gara in questione.
Con tale atto, invero, il Dirigente del Comune, nel prendere atto del fatto che rientravano nella propria competenza anche i provvedimenti di ritiro degli atti di indizione e di conclusione delle gare di appalto e nell’annullare tutti gli atti della gara in questione, ha nella sostanza superato i precedenti atti deliberativi assunti dagli organi collegiali del Comune.
Il ricorso in esame per la parte diretta avverso tali atti deliberativi deve, pertanto, essere dichiarato improcedibile, atteso che tali atti impugnati sono stati superati dall’atto successivamente assunto dal Dirigente competente.
3. - Tale determinazione del Responsabile del Settore Tecnico del Comune è stata tempestivamente impugnata con i motivi aggiunti, con i quali la ricorrente da un lato ha dubitato della legittimità dell’iter procedimentale seguito (primo motivo) e dall’altro ha analiticamente contestato il fondamento delle predette cause giustificative del disposto annullamento d’ufficio (secondo motivo).
Tali censure, deve subito precisarsi, sono entrambe prive di pregio.
Quanto alla prima, deve ricordarsi che la ricorrente, nel dedurre le censure di violazione degli artt. 7 e 10 della L. 7 agosto 1990, n. 241, e di eccesso di potere per carenza dei presupposti, per difetto di motivazione e per sviamento, si è lamentata nella sostanza del fatto che non le era stata data tempestiva comunicazione dell’avvio del procedimento (atteso che il procedimento era iniziato già da diversi mesi) e che non erano state poi analiticamente considerate le deduzioni presentate.
Sul punto appare agevole rilevare che la giurisprudenza amministrativa ha costantemente chiarito in merito che le norme in materia di partecipazione al procedimento amministrativo ai sensi degli art. 7 e seguenti della L. 7 agosto 1990, n. 241 non vanno applicate formalmente, dovendosi piuttosto interpretare nel senso che la comunicazione di avvio è superflua - e riprendono pertanto espressione i principi di economicità e di speditezza dell’azione amministrativa - tutte le volte in cui l’interessato sia venuto a conoscenza di vicende che conducono necessariamente all’apertura di un procedimento con effetti lesivi nei suoi confronti.
Se è pur vero, infatti, che con la L. 7 agosto 1990 n. 241, è stato attuato il sistema della democraticità delle statuizioni della pubblica Amministrazione e dell’accessibilità dei documenti amministrativi, in cui l’adeguatezza dell’istruttoria procedimentale è valutata anzitutto nella misura in cui i destinatari di tale avviso siano stati messi in condizione di contraddire gli assunti della p.a. procedente, d’altro canto detto avvio del procedimento ben può essere sostituito da una informazione che contenga effettivamente tutti gli elementi prescritti per la comunicazione formale prevista dall’art. 7.
Inoltre, l’Amministrazione, una volta acquisite le deduzioni dell’interessato, deve sì prenderle in esame, ma non è tenuta ad analiticamente controdedurre in merito.
Ciò posto e per passare all’esame del caso di specie, deve rilevarsi che alla parte ricorrente – come agevolmente si rileva dagli atti di causa – era stata data comunicazione dell’avvio del procedimento di annullamento degli atti di gara già prima dell’adozione degli atti deliberativi sopra ricordati della Giunta e del Consiglio comunale; tale comunicazione era stata, inoltre, successivamente rinnovata prima dell’adozione della determinazione dirigenziale impugnata, per cui può ritenersi da un lato che la ricorrente abbia certamente avuto la possibilità di intervenire nel procedimento (come in effetti è poi intervenuta presentando proprie deduzioni ed il ricorso giurisdizionale ora all’esame) e dall’altro che l’Amministrazione abbia assunto le proprie determinazioni ben conoscendo la posizione della società in questione.
Né può ritenersi che tale atto sia illegittimo in ragione della supposta tardiva comunicazione dell’avvio del procedimento (atteso che tale comunicazione sarebbe stata effettuata quando da tempo era iniziato il procedimento mediante la richiesta di un parere legale) o in ragione della mancata analitica confutazione delle deduzioni presentate; secondo il Collegio, infatti, poiché le norme in parola non vanno applicate formalmente, i predetti vizi non sembrano idonei ad inficiare la legittimità dell’atto impugnato, che l’Amministrazione ha assunto dopo aver preso in esame le deduzioni e le ragioni prospettate dalla società interessata. Nell’ampia motivazione che sorregge l’atto impugnato si rinviene, invero, un’esauriente disamina degli interessi coinvolti tra cui, in particolare, l’interesse della ricorrente, aggiudicataria provvisoria, alla stipula del contratto.
4. – Quanto, poi, alla secondo censura dedotta, con la quale è stato contestato il fondamento delle cause giustificative del disposto annullamento d’ufficio, deve ricordarsi che – come sopra si è già precisato – l’annullamento d’ufficio del bando e di tutti gli atti di gara è stato assunto dall’Amministrazione con riferimento ad una molteplicità di cause giustificative, ciascuna delle quali da sola sufficiente a sorreggere con adeguata motivazione l’atto impugnato.
Il Dirigente del Comune con l’atto impugnato ha, in particolare, rilevato che la gara in questione era stata configurata come un semplice affidamento della gestione di un servizio, mentre in realtà si era in presenza di una ipotesi di costruzione e di gestione, con alcune anomalie che comportavano notevoli incertezze sia sulla determinazione dell’oggetto dell’appalto e sia sulla stessa convenienza della gara per l’ente appaltante, e che, inoltre, non erano conformi alla normativa vigente alcuni dei requisiti di partecipazione richiesti (possesso della certificazione UNI-ENM-9001 e l’aver già espletato il servizio di distribuzione gas in altro Comune con almeno 3.000 utenti).
Con il motivo in parola l’istante ha nella sostanza dedotto che tali cause giustificative dell’annullamento d’ufficio erano pretestuose e contraddittorie, in quanto la sussistenza delle "anomalie" riscontrate non avrebbe potuto giustificare l’annullamento del bando atteso che non vi era alcuna incertezza sull’oggetto dell’appalto; ha, inoltre, rilevato che il bando non era di certo illegittimo nella parte con cui imponeva il possesso dei predetti requisiti anche in relazione al congruo numero di imprese che poi vi avevano partecipato e che, infine, non era stata effettuata una adeguata valutazione dell’interesse pubblico alla rimozione degli atti impugnati, anche in relazione al notevole lasso di tempo decorso.
Tali censure non appaiono fondate.
Deve al riguardo premettersi che – come appare pacificamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa – l’Amministrazione anche dopo l’espletamento di una gara ben può procedere - sia pur con la dovuta "cautela" - all’annullamento d’ufficio degli atti di gara e della stessa aggiudicazione provvisoria, ove però sussistano specifiche ragioni di interesse pubblico, che vanno adeguatamente rappresentate (cfr. per tutti e da ultimo Cons. St., V, 24 ottobre 2000, n. 5710, e 30 novembre 2000, n. 6367, e VI, 19 dicembre 2000, n. 6838).
Ora nel caso di specie nella analitica e particolarmente diffusa motivazione dell’atto impugnato risultano di certo adeguatamente rappresentate le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione comunale a far uso del potere di autotutela. Inoltre, l’interesse pubblico all’esercizio del potere di autotutela è stato individuato, tra l’altro, nella esigenza di evitare da un lato maggiori oneri per gli utenti e dall’altro l’illegittimo esborso di danaro pubblico in relazione alle particolari clausole contrattuali, che imponevano – come già detto – l’onere a carico dell’ente di riscatto della rete al termine della gestione, dopo che, peraltro, gli utenti avevano già versato contributi a fondo perduto.
Sulla validità di tali ragioni giustificative il Collegio non può non convenire.
In particolare, sembrano alla Sezione immuni dalle doglianze dedotte le predette circostanze rappresentate nell’atto impugnato con le quali si è evidenziato innanzi tutto che la gara in questione era stata configurata come un semplice affidamento della gestione di un servizio, mentre in realtà si era in presenza di una ipotesi di costruzione e di gestione, per effetto della previsione di esecuzione a carico della società aggiudicataria di lavori di ammodernamento e di ampliamento della rete di distribuzione esistente, con alcune anomalie, quali la previsione a carico degli utenti di contributi a fondo perduto ed a carico dell’ente appaltante dell’onere di riscatto della rete al termine della gestione.
Sembra, inoltre, al Collegio che effettivamente tali anomalie comportavano incertezze sulla determinazione dell’oggetto dell’appalto e sulla convenienza stessa della gara per l’ente appaltante.
Sembra, infine, illogico l’aver imposto quale requisito di partecipazione alla gara l’aver già espletato il servizio di distribuzione gas in altro Comune con almeno 3.000 utenti e per oltre tre anni, e ciò in relazione al modesto numero di utenti del Comune di Alanno (circa 700). Tale circostanza era stata, in particolare, diffusamente dedotta nel ricorso proposto da altra partecipante alla gara, poi esclusa proprio perché priva di tale requisito.
Concludendo, alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, pertanto, essere respinto atteso che l’impugnata determinazione dirigenziale appare immune dalle doglianze dedotte.
5. – Rimane, per concludere, da esaminare la richiesta formulata dalla ricorrente di risarcimento dei danni subiti.
Con riferimento alle conclusioni cui sopra si è pervenuti ed alla sostanziale legittimità dell’operato dell’Amministrazione, che – per le ragioni sopra esposte – si è legittimamente non solo rifiutata di procedere all’aggiudicazione definitiva, ma ha perfino annullato in toto la gara indetta, appare evidente che sul punto possa ipotizzarsi semplicemente una responsabilità precontrattuale del Comune che, dopo aver indetto la gara e dopo che la ricorrente aveva partecipato alla selezione, risultando aggiudicataria provvisoria, ha annullato d’ufficio il bando di gara sulla base della sua non conformità alla legge ed ai principi della logica e della buona amministrazione.
In altri termini, una responsabilità del Comune può rinvenirsi con riferimento non all’atto di autotutela impugnato (che, per le ragioni sopra esposte, è da ritenersi legittimo), ma in relazione alla certamente illegittima adozione del bando in questione; con l’illegittima indizione della gara si è, infatti, procurato un danno alla ricorrente, che, confidando sulla legittimità di tale bando, ha sostenuto delle spese per partecipare alla selezione stessa.
Sul punto deve innanzi tutto ritenersi sussistente la giurisdizione di questo Tribunale a conoscere della richiesta in parola: l’art. 7 della L. 21 luglio 2000, n. 205, ha, infatti, da ultimo attribuito proprio alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie aventi ad oggetto, tra l’altro, "le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture", tra le quali rientrano anche quelle relative alla valutazione della legittimità dei bandi di gara, con possibilità di conoscere "anche di tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno ed agli altri diritti patrimoniali consequenziali".
Ciò posto, il dato normativo da cui deve necessariamente partirsi va individuato nell’art. 1337 del codice civile, il quale – come è noto – dispone che "le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede".
Ora con riferimento alla specifica fattispecie all’esame deve innanzi tutto rilevarsi che nel corso del procedimento di scelta del contraente attivato da una Pubblica amministrazione gli interessati non hanno la qualità di possibili futuri contraenti cui si riferisce detto art. 1337, ma soltanto quella di partecipanti alla gara, cui è riconnesso unicamente l’interesse legittimo al corretto esercizio del potere di scelta da parte dell’Amministrazione stessa, senza che possa configurarsi quella relazione specifica tra soggetti consistente nello svolgimento delle trattative, che nella menzionata disposizione del codice civile costituisce il presupposto dell’obbligo di comportamento secondo buona fede.
Purtuttavia, anche se non è configurabile in capo all’Amministrazione la responsabilità precontrattuale di cui a detto art. 1337, può ugualmente venire in rilievo la responsabilità di questa per violazione dell’affidamento del privato, anche nella fase procedurale, preliminare ovvero preparatoria, all’emanazione di un provvedimento amministrativo favorevole per il privato medesimo (quale è appunto l’indizione di un bando di gara).
La pubblica Amministrazione, infatti, nei suoi rapporti con i privati, è pur sempre tenuta al rispetto dei canoni usuali della buona fede e dell’affidamento, i quali non risultano affatto confinati ai soli rapporti tra privati, assurgendo a vero e proprio principio dell’ordinamento; pertanto, è già stata ritenuta configurabile la responsabilità della p.a., qualora essa abbia tratto in inganno il privato ingenerando aspettative fondate su un suo comportamento, fermo restando che, non rilevando gli stati d’animo soggettivi, tale violazione del precetto di buona fede deve risultare documentalmente e deve essere causata da ragioni che esulano dal pubblico interesse (cfr. T.A.R. Friuli V.G., 26 luglio 1999, n. 903, T.A.R. Lombardia, sede Milano, III, 9 marzo 2000, n. 1869); è già stato, infatti, chiarito che la discrezionalità nell’individuazione del contraente e nella successiva conclusione dell’accordo incontra appunto un limite insuperabile nell’obbligo di buona fede e nella contestuale tutela dell’affidamento ingenerato nel privato per mezzo della conduzione delle trattative, per cui una rottura delle trattative ben può costituire fonte di responsabilità precontrattuale (T.A.R. Lombardia, sede Milano, III, 31 luglio 2000, n. 5130).
In definitiva, ritiene il Collegio che nell’ipotesi di violazione da parte dell’Amministrazione dell’obbligo di buona fede e dell’affidamento ingenerato nel privato sia analogicamente applicabile tale art. 1337 del codice civile, che impone a tutti i soggetti di comportarsi, nello svolgimento della fase della trattativa "secondo buona fede".
Fatte tali precisazioni, deve ulteriormente ricordarsi che – come è noto – il risarcimento del danno presuppone l’accertamento da parte del giudice della sussistenza di un evento dannoso, della qualificabilità del danno come ingiusto, della riferibilità dell’evento dannoso alla condotta della pubblica Amministrazione e della imputabilità dell’evento dannoso a dolo o colpa non dell’agente, ma dell’apparato amministrativo (cfr. da ultimo T.A.R. Veneto, II, 28 novembre 2000, n. 2346, e T.A.R. Molise, 15 novembre 2000, n. 517).
Nella vicenda ora all’esame il Comune di Alanno ha emanato un complesso ed articolato bando di gara (poi rivelatosi illegittimo), ha svolto la gara e, dopo che la ricorrente era risultata aggiudicataria provvisoria, ha annullato d’ufficio il bando di gara sulla base della sua non conformità alla legge ed ai principi della logica e della buona amministrazione.
Se in merito non possono esservi dubbi in ordine alla sussistenza di un evento dannoso, alla qualificabilità del danno come ingiusto (in quanto – come sopra evidenziato – risulta pacifico che il bando fosse illegittimo) ed alla riferibilità dell’evento dannoso alla illegittima e certamente colposa condotta della pubblica Amministrazione (che ha posto in essere - in violazione delle predette norme di legge e dei principi della logica e della buona amministrazione - una complessa attività procedimentale prima di emanare il bando di gara e di predisporre lo "schema di convenzione" con i relativi allegati), deve però ricordarsi che l’art. 1338 del codice civile dispone testualmente che "la parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una clausola d’invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto".
Tale norma, cioè, prevede in via generale che possa ipotizzarsi una responsabilità nei confronti dei soli soggetti che abbiano confidato, senza colpa, nella validità del contratto.
Nella specie ritiene la Sezione che la società ricorrente aveva partecipato alla gara ed aveva sostenuto le relative specie, confidando, senza sua colpa, nella validità del contratto. Non sembra, infatti, al Collegio che i predetti vizi che inficiavano il bando di gara fossero talmente gravi ed evidenti da essere necessariamente riconoscibili da parte della ricorrente, che, in ipotesi, non avrebbe neanche dovuto presentare domanda di partecipazione, essendo palese l’illegittimità del bando.
Per cui, avendo l’Amministrazione comunale di Alanno con l’emanazione di tale bando ingenerato nel privato l’affidamento in ordine alla legittimità del procedimento di scelta del contraente, dalla successiva sostanziale rottura delle trattative, connessa alla accertata illegittimità del bando, non può non derivare una diretta responsabilità del Comune nei confronti della ricorrente, che aveva confidato, senza colpa, nella legittimità del bando.
In accoglimento della espressa richiesta contenuta nel ricorso, va, conseguentemente, riconosciuto il diritto della ricorrente ad ottenere il risarcimento dei danni subiti dall’atto di indizione della procedura di gara per la scelta del contraente (riconosciuto come illegittimo dallo stesso Comune), che aveva ingenerato aspettative nella partecipante alla gara, inducendola ad effettuare le relative spese.
A tal fine, in applicazione dell’art. 35, II comma, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, così come modificato dall’art. 7 della L. 21 luglio 2000, n. 205, va assegnato al Comune di Alanno il termine di giorni 90 per la proposizione alla ditta interessata di un’offerta di risarcimento del danno da ragguagliarsi esclusivamente al parametro della responsabilità precontrattuale di cui al predetto art. 1337 del codice civile.
In particolare, dovranno essere considerati: 1) tutti i danni riconoscibili nei limiti del cosiddetto interesse negativo e, cioè, di quello che la ricorrente aveva a che la suindicata procedura ad evidenza pubblica non avesse inizio, consistenti sia nelle spese inutilmente effettuate in vista dell'aggiudicazione sia nell’eventuale perdita, adeguatamente documentata, di ulteriori occasioni contrattuali della stessa natura; 2) gli interessi e la rivalutazione della relativa somma a decorrere dalla data di invito della ricorrente alla gara, in quanto, dando luogo la violazione dei doveri di cui agli art. 1337 e 1338 del codice civile a responsabilità extracontrattuale, il conseguente debito deve ritenersi di valore e non di valuta e comporta la maturazione di interessi dal fatto illecito e non solo dalla domanda, ed è sottratto, in linea di principio, quanto al riconoscimento della rivalutazione monetaria, alla regola posta dall'art. 1224, II comma, del codice civile (cfr. T.A.R. Lombardia, sede Milano, III, 9 marzo 2000, n. 1869).
La richiesta di risarcimento del danno va, pertanto, accolta nei limiti sopra precisati.
Sussistono, per concludere, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, pronunciandosi sul ricorso specificato in epigrafe, così dispone:
1) lo dichiara improcedibile per la parte volta a contestare la legittimità delle deliberazioni 25 maggio 2000, n. 17, e 16 luglio 2000, n. 96, rispettivamente del Consiglio comunale e della Giunta municipale di Alanno;
2) lo respinge per la parte volta a contestare la legittimità della determinazione del Responsabile del III Settore Tecnico dello stesso Comune 29 agosto 2000, n. 69/00;
3) lo accoglie nei termini specificati in motivazione relativamente alla richiesta di risarcimento dei danni;
4) compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari di giudizio.
Depositata il 6 luglio 2001.