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Giurisprudenza
n. 3-2002 - © copyright.

TAR ABRUZZO, SEZ. PESCARA - Sentenza 22 febbraio 2002 n. 271- Pres. f.f. ed Est. Eliantonio - D’A. A.; M. D. ed altri c. Comune di Crecchio, la Provincia di Chieti, e nei c. di D’A. V. e di D’A.N.

1. Giustizia amministrativa - Prove - Consulenza tecnica d’ufficio - In materia di giurisdizione esclusiva - Formalità per il giuramento - Rinvio alle norme del c.p.c. – Limiti.

2. Edilizia ed urbanistica - Piano regolatore generale - Obbligo di astensione - Quando sussiste – Accertamento - Jus superveniens - Rilevanza ed effetti.

3. Edilizia ed urbanistica - Interesse all’impugnazione - In caso di annullamento parziale - Quando sussiste.

4. Edilizia ed urbanistica- Piano regolatore generale - Procedimento - Parere della Commissione edilizia - Necessità - Esclusione.

1. Nel processo amministrativo, nel caso di nomina di C.T.U., il giudice relatore può essere delegato a ricevere il giuramento del consulente tecnico ex art. 193 c.p.c.

Il giuramento del C.T.U. non può essere considerato nullo nel caso in cui il giuramento stesso non sia stato prestato in udienza pubblica, in quanto, da un lato, le norme del c.p.c. sono applicabili al processo amministrativo solo in quanto compatibili con le norme di procedura che regolano il processo amministrativo e, dall’altro, il regolamento di procedura 17 agosto 1907, n. 462, che disciplina il processo amministrativo, non prevede che tale giuramento debba essere effettuato in udienza pubblica.

2. Sulla questione relativa all’obbligo di astensione in sede di pianificazione urbanistica è intervenuta L. 3 agosto 1999, n. 265, che all’art. 19 (oggi trasfuso nell’art. 78 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) ha legislativamente tipicizzato le conseguenze della violazione di tale obbligo di astensione nell’ipotesi di provvedimenti di carattere generale quali i piani urbanistici, individuandole non nell’annullamento in toto dello strumento urbanistico, ma nell’annullamento delle sole parti dello strumento urbanistico che costituiscono oggetto di correlazione con gli specifici interessi dei consiglieri comunali.

Detta norma sopravvenuta comporta, per i giudizi pendenti, la limitazione del potere di annullamento in relazione alla violazione dell’obbligo di astensione, nel senso cioè che il vizio in parola incide solo parzialmente sull’atto assunto in violazione di tale obbligo, per cui non può che eventualmente disporsi l’annullamento solo parziale del piano, relativo cioè alle sole parti dello strumento urbanistico oggetto di correlazione con gli interessi dei consiglieri comunali.

3. Relativamente all’impugnativa di atti di pianificazione parziale del territorio è sempre richiesta la necessità da parte dei ricorrenti di rappresentare in quale guisa la nuova pianificazione incida sull’assetto urbanistico della loro proprietà, rispetto ai parametri già definiti con gli strumenti vigenti; non ritenendosi possibile attribuire in capo a qualsiasi componente di una comunità, una sorta di interesse generalizzato all’impugnativa (1).

Pertanto, ove l’impugnativa di un atto di pianificazione venga ad incidere su aree non di proprietà dei ricorrenti, può ritenersi sussistente l’intesse al ricorso solo ove la nuova destinazione incida in qualche modo sul godimento o sul valore di mercato delle aree di proprietà dei ricorrenti o comunque sugli interessi di tali soggetti (2).

4. In sede di redazione di strumenti urbanistici generali non è obbligatorio richiedere il parere della Commissione edilizia comunale, ancorchè una norma del regolamento edilizio comunale preveda obbligatoriamente tale parere per "tutte le questioni di carattere urbanistico ed edilizio riguardanti il territorio comunale", atteso che la disciplina dell’iter procedimentale di formazione del P.R.G. è analiticamente e compiutamente contenuta in norme aventi forza di legge, per cui non sembra possibile che norme di rango inferiore (regolamento edilizio) possano disciplinare ulteriormente il procedimento (3) (nella specie, dalla motivazione, si ricava altresì il principio in base al quale, in sede di giurisdizione esclusiva in materia urbanistica, il giudice amministrativo può esaminare ed eventualmente disattendere le censure avanzate nel ricorso facendo proprie le risultanze della disposta CTU, sia per quanto attiene l’accesso ai "fatti" che per quanto riguarda l’esame ed il contenuto degli atti amministrativi preparatori).

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(1) T.A.R. Abruzzo-Pescara, 9 novembre 2001, n. 910.

(2) T.A.R. Lombardia-Brescia, 9 agosto 2001, n. 692.

(3) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 1988, n. 592, che ha escluso (sia pur con riferimento ad altro Comune) l’obbligatorietà dell’acquisizione del parere della Commissione edilizia in sede di adozione di varianti allo strumento urbanistico.

 

 

F A T T O

Il Consiglio comunale di Crecchio con deliberazione 22 dicembre 1997, n. 72, ha adottato il nuovo P.R.G. e, dopo che in data 15 aprile 1998 si era espressa a norma dell’art. 15, IV comma, della L.R. Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18, la prevista Conferenza dei Servizi, con deliberazione 22 giugno 1998, n. 23, ha esaminato le osservazioni presentate.

Con deliberazione 1° marzo 1999, n. 10/2, il Consiglio provinciale di Chieti ha approvato detto piano con le prescrizioni di cui all’allegato parere della S.U.P. ed il Consiglio comunale di Crecchio con deliberazione 26 aprile 1999, n. 25, si è adeguato a dette prescrizioni della Provincia.

A seguito di richiesta del Presidente dell’Amministrazione provinciale del 4 giugno 1999, detta deliberazione del Consiglio provinciale di approvazione del piano è stata pubblicata sul B.U.R.A. del 29 giugno 1999.

Avverso tali atti relativi all’adozione ed all’approvazione del P.R.G. del Comune di Crecchio sono insorti con i ricorsi in esame alcuni proprietari e possessori di immobili, ai quali il nuovo strumento urbanistico aveva dato una destinazione, a loro dire, "ingiusta e gravatoria".

Hanno dedotto a tal fine le seguenti censure:

1) Violazione degli artt. 279 del T.U. 3 marzo 1934, n. 382, e 290 del T.U. 2 febbraio 1915, n. 148, e dell’obbligo dell’astensione. Eccesso di potere per sviamento e per ingiustizia manifesta.

Alle impugnate deliberazioni del Consiglio comunale di Crecchio hanno partecipato il Sindaco (il sig. Orazio D’Alessio), cugino di Vitantonio D’Alessio e nipote di Danilo D’Alesio, ed il Vice Sindaco (il sig. Domenico Cantoli), cognato di Nino D’Auria, le cui proprietà sono state avvantaggiate dalle scelte pianificatorie effettuate.

2) Violazione dell’art. 9 della L.R. Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18, e della L.R. Abruzzo 3 marzo 1998, n. 75 e successive modificazioni.

Mancano nel piano alcuni elementi che ne avrebbero dovuto costituire contenuto essenziale, quali le previsioni dell’andamento demografico ed occupazionale, la quota del fabbisogno residenziale, i criteri di distribuzione delle aree idonee a soddisfare il fabbisogno residenziale, la localizzazione delle aree destinate ad attività produttive con la precisazione delle quantità esistenti e di quelle di progetto, la localizzazione delle attrezzature di servizio pubblico, delle reti infrastrutturali e delle aree da destinare all’edilizia economica e popolare, la delimitazione dei centri edificati e l’individuazione delle zone di degrado.

3) Eccesso di potere per illogicità manifesta, per difetto di motivazione e per sviamento.

Senza adeguata motivazione sono stati previsti standard in misura eccedenti quelli prescritti dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444.

4) Violazione degli artt. 10 e 11 della L.R. Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18, e degli artt. 3 e 10 della L. 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per disparità di trattamento, per ingiustizia manifesta e per difetto di motivazione.

Non sono state spiegate adeguatamente le ragioni per le quali sono state disattese alcune delle osservazioni presentate.

5) Violazione dell’art. 10 della L.R. Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18. Eccesso di potere per difetto di motivazione.

Alla Conferenza dei Servizi hanno partecipato alcuni delegati dei Dirigenti dei Servizi senza una delega scritta; in detta conferenza sono stati espressi alcuni pareri in modo condizionato ed elusivo. La Provincia ed il Comune avrebbero dovuto accertare che dette condizioni oggetto di riserva si erano effettivamente verificate.

6) Violazione dell’art. 11, III comma, della L.R. Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18, come modificato dalla L.R. Abruzzo 27 aprile 1995, n. 70, e dell’art. 3 della L. 6 agosto 1967, n. 765.

La Provincia aveva introdotto delle modifiche sostanziali che avrebbero dovuto imporre una nuova pubblicazione del piano.

7) Violazione dell’art. 11 della L.R. Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e per contraddittorietà.

Il Comune, nel recepire le prescrizioni della Provincia, ha falsamente attestato che il progettista aveva rielaborato il piano in conformità di tali prescrizioni, mentre la Provincia non avrebbe potuto dichiarare che le prescrizioni si intendevano "inserite d’ufficio e da applicare in sede attuativa".

8) Violazione dell’art. 91 della L.R. Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18, come modificato dalla L.R. Abruzzo 27 aprile 1995, n. 70.

Il piano non rispetta i principi contenuti nel sopra indicato art. 91.

9) Violazione dell’art.2 del D.M. 2 aprile 1968,n. 1444. Eccesso di potere per sviamento, per illogicità manifesta e per difetto di motivazione (nel ricorso n. 756/99).

Nel P.R.E. precedentemente adottato le aree di proprietà del ricorrente D’Alessandro erano edificabili, mentre tali terreni con il nuovo strumento urbanistico sono stati inseriti in zona agricola, così incidendo senza adeguata motivazione sulle aspettative create;

9) Violazione dell’art. 68 della L.R. Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18 (nel ricorso n. 757/88).

Non è stato rispettato il disposto del predetto art. 68 quanto ai terreni agricoli, sui quali sono in atto produzioni ad alta densità, di proprietà di Domenico Antonio Mascitti e Giovanni Mascitti.

10) Violazione dell’art. 10, VI comma, della L.R. Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18, come modificato dalla L.R. Abruzzo 27 aprile 1995, n. 70. Eccesso di potere per travisamento dei fatti.

Sono errati i certificati rilasciati dal Segretario comunale che attestano la regolarità degli atti procedimentali e la completezza degli elaborati.

11) Violazione dell’art. 11, lett. A, del regolamento edilizio vigente nel Comune.

La Commissione edilizia comunale avrebbe dovuto esprimere il proprio parere sul nuovo strumento urbanistico.

12) Violazione dell’art. 11 della L.R. Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18

La Provincia ha introdotto consistenti modifiche alle N.T.A., eccedendo i propri poteri.

Conclusivamente, i ricorrenti hanno anche chiesto il risarcimento dei danni subiti, consistenti nella perdita di valore degli immobili di loro proprietà.

Tali censure i ricorrenti hanno ulteriormente illustrato con memorie depositate il 21 ed il 25 gennaio 2000, 16 gennaio, il 14 giugno, il 24 novembre ed il 28 dicembre 2001.

Il Comune di Crecchio e la Provincia di Chieti si sono costituiti in entrambi i giudizi e con memorie depositate il primo il 1° dicembre 1999, il 13 giugno 2000 ed il 29 dicembre 2001, ed il secondo il 1° dicembre 1999, il 1° giugno 2000 ed il 26 gennaio ed il 28 dicembre 2001 hanno diffusamente confutato il fondamento delle doglianze dedotte. In via pregiudiziale hanno entrambi eccepito il difetto di interesse dei ricorrenti all’impugnativa e l’inammissibilità del gravame per genericità dei motivi.

Il ricorso è stato notificato anche ai sig.ri D’Alessio Vitaliano e D’Auria Nino, che non si sono costituiti in giudizio.

Con sentenza 4 luglio 2000, n. 555, i due ricorsi sono stati riuniti ed è stato nominato un C.T.U. nella persona dell’arch. Antonio Sorgi.

Essendosi i ricorrenti lamentati del fatto che detto consulente non aveva convocato per lo svolgimento delle attività peritali i consulenti tecnici di parte, con sentenza 9 marzo 2001, n. 239, è stato ordinato lo svolgimento di nuova consulenza tecnica in contraddittorio con i consulenti nominati dalle parti.

Tale incombente istruttorio è stato puntualmente eseguito.

Alla pubblica udienza del 10 gennaio 2002 le cause sono state trattenute a decisione.

D I R I T T O

1. - Con i due ricorsi indicati in epigrafe, già riuniti con la predetta sentenza interlocutoria, sono stati impugnati tutti gli atti relativi all’adozione ed all’approvazione del P.R.G. del Comune di Crecchio, tra cui, in particolare:

- le deliberazioni del Consiglio comunale di Crecchio 22 dicembre 1997, n. 72, di adozione del P.R.G., 22 giugno 1998, n. 23, di esame delle osservazioni, e 26 aprile 1999, n. 25, di adesione alle prescrizioni della Provincia;

- la deliberazione del Consiglio provinciale di Chieti 1° marzo 1999, n. 10/2, di approvazione del piano con prescrizioni;

- le attestazioni di regolarità degli atti del segretario comunale, il parere della S.U.P. 10 giugno 1999, n. 57/1, le note del Presidente della Provincia 14 giugno 1999, nn. 2212 e 2213, ed i pareri della Conferenza dei Servizi e degli Organi consultivi provinciali.

2. - In via pregiudiziale vanno esaminate le eccezioni di rito con le quali le parti resistenti hanno eccepito il difetto di interesse dei ricorrenti all’impugnativa e l’inammissibilità dei ricorsi per genericità dei motivi dedotti.

Tali eccezioni sono entrambe prive di pregio.

Quanto alla prima, deve osservarsi che gli attuali ricorrenti hanno dimostrato di essere proprietari e possessori di immobili situati nel Comune, che sono stati disciplinati dal nuovo strumento urbanistico.

Tale circostanza, ad avviso del Collegio, legittima di certo in astratto tali soggetti ad impugnare lo strumento urbanistico in questione, prescindendo dal rilievo che la nuova destinazione sia o meno – come i ricorrenti assumono con il gravame – "ingiusta e gravatoria".

Quanto alla seconda, la Sezione è dell’avviso che i motivi dedotti non siano generici, ma che con tali motivi siano stati adeguatamente indicati e rappresentati i vizi che secondo gli istanti inficiano gli atti impugnati.

3. – Sempre in via pregiudiziale debbono esaminarsi alcune questioni dedotte dai ricorrenti con l’ultima memoria depositata il 28 dicembre 2001 in ordine allo svolgimento dell’attività posta in essere dal consulente tecnico d’ufficio.

Ad avviso dei ricorrenti l’attività di tale consulente sarebbe nulla per non avere lo stesso prestato giuramento in udienza e per non avere dato comunicazione alle parti ed ai consulenti tecnici di parte della data di espletamento delle indagini da lui svolte.

Tali rilievi, ad avviso del Collegio, non sono però fondati.

Quanto al primo, deve osservarsi che con la predetta sentenza di nomina del C.T.U. era stato delegato il giudice relatore a ricevere il giuramento di cui all’art. 193 c.p.c. del consulente tecnico. Ora risulta inserito nel fascicolo processuale il verbale del giuramento effettuato il giorno 7 maggio 2001, verbale che - ovviamente - fa fede fino a querela di falso.

Nè può utilmente ipotizzarsi la nullità di tale atto perchè il giuramento non è stato prestato in udienza pubblica, in quanto da un lato le norme del c.p.c. sono applicabili in questo processo solo in quanto compatibili con le norme di procedura che regolano il processo amministrativo, da altro lato il regolamento di procedura 17 agosto 1907, n. 462, che disciplina il processo amministrativo, non prevede che tale giuramento debba essere effettuato in udienza pubblica e da altro lato ancora le modalità del giuramento erano state nella specie fissate con la predetta sentenza interlocutoria che sul punto non è stata gravata.

In ogni caso, giova rilevare che l’esigenza che la norma del c.p.c. tende a soddisfare, cioè quella relativa all’assunzione solenne di un impegno da parte del consulente ad adempiere "bene e fedelmente" le funzioni affidategli, è stata nella specie di certo soddisfatta.

Quanto, infine, all’ipotizzato mancato coinvolgimento dei consulenti tecnici di parte alle indagini svolte, la relazione del C.T.U. depositata in giudizio il 24 settembre 2001 smentisce in punto di fatto tale assunto, in quanto risulta che tali soggetti siano stati informati della data fissata per lo svolgimento delle varie operazioni espletate ed alcuni di loro hanno anche partecipato a tali operazioni.

4. - Così risolte le questioni di rito, può utilmente passarsi all’esame del merito del gravame, con il quale sono state dedotte numerose censure, alcune attinenti più specificamente all’iter procedimentale seguito per l’adozione e per l’approvazione di tale strumento urbanistico ed altre attinenti al contenuto di detto strumento.

Tali censure, deve subito precisarsi, sono tutte prive di pregio.

Conviene esaminare per prime le questioni attinenti all’iter procedimentale seguito ed, in particolare, la censura dedotta con il primo motivo di gravame e con la quale è stata ipotizzata la violazione degli artt. 279 del T.U. 3 marzo 1934, n. 382, e 290 del T.U. 2 febbraio 1915, n. 148, e dell’obbligo dell’astensione, atteso che, in sede di adozione del piano, alle impugnate deliberazioni del Consiglio comunale di Crecchio avevano partecipato il Sindaco (il sig. Orazio D’Alessio), cugino di Vitantonio D’Alessio e nipote di Danilo D’Alesio, ed il Vice Sindaco (il sig. Domenico Cantoli), cognato di Nino D’Auria, le cui proprietà sarebbero state avvantaggiate dalle scelte pianificatorie effettuate.

Sul punto deve evidenziarsi che se è pur vero che secondo un consolidato orientamento degli organi di giustizia amministrativa i consiglieri comunali che siano portatori di interessi personali che possano determinare posizioni di conflittualità in ordine alle decisioni da assumere sono tenuti ad astenersi dalle relative deliberazioni e ad allontanarsi dall’aula (cfr. per tutti Cons. St., IV, 3 settembre 2001, n. 4622, e V, 23 febbraio 2001, n. 1938), e ciò anche nell’ipotesi di parentela con l’amministratore di una persona giuridica (Cons. St., IV, 30 gennaio 2001, n. 313), deve purtuttavia evidenziarsi che sulla questione relativa all’obbligo di astensione in sede di pianificazione urbanistica è intervenuta nelle more del giudizio la L. 3 agosto 1999, n. 265, che all’art. 19 (oggi trasfuso nell’art. 78 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), ha legislativamente tipicizzato le conseguenze della violazione di tale obbligo di astensione nell’ipotesi di provvedimenti di carattere generale quali i piani urbanistici, individuandole non nell’annullamento in toto dello strumento urbanistico, ma nell’annullamento delle sole parti dello strumento urbanistico che costituiscono oggetto di correlazione con gli specifici interessi dei consiglieri comunali.

In altri termini, la norma sopravvenuta viene oggi nella sostanza a limitare il potere di annullamento questo Tribunale in relazione alla violazione dell’obbligo di astensione, nel senso cioè che il vizio in parola incide solo parzialmente sull’atto assunto in violazione di tale obbligo, per cui può allo stato che eventualmente disporsi l’annullamento solo parziale del piano, relativo cioè alle sole parti dello strumento urbanistico oggetto di correlazione con gli interessi dei consiglieri comunali.

Se tale è la conseguenza nell’ipotesi in cui il vizio dedotto sia fondato, sembra alla Sezione che, con riferimento a tale possibile effetto, i ricorrenti avrebbero necessariamente dovuto dimostrare di trarre una qualche utilità da tale annullamento, pena l’inammissibilità del motivo.

Giova, invero, sul punto ricordare che questa Sezione, esaminando recentemente un gravame proposto avverso un atto di pianificazione urbanistica relativo solo a parte del territorio comunale, ha già precisato che non è sufficiente lo stabile collegamento dei ricorrenti con l’area in questione a radicare il loro interesse senza necessità di dimostrare alcun danno particolare, e ciò in quanto l’insegnamento del Consiglio di Stato e dei TT.AA.RR. (a partire dalla nota decisione del "chiunque") si riferisce alla impugnativa delle sole concessioni edilizie, mentre relativamente all’impugnativa di atti di pianificazione parziale del territorio è sempre richiesta la necessità da parte dei ricorrenti di rappresentare in quale guisa la nuova pianificazione incida sull’assetto urbanistico della loro proprietà, rispetto ai parametri già definiti con gli strumenti vigenti; non ritenendosi possibile attribuire in capo a qualsiasi componente di una comunità, una sorta di interesse generalizzato all’impugnativa (così T.A.R. Pescara, 9 novembre 2001, n. 910).

In definitiva, ove l’impugnativa di un atto di pianificazione venga ad incidere su aree non di proprietà dei ricorrenti, può ritenersi sussistente l’intesse al ricorso solo ove la nuova destinazione incida in qualche modo sul godimento o sul valore di mercato delle aree di proprietà dei ricorrenti o comunque sugli interessi di tali soggetti (cfr. da ultimo T.A.R. Lombardia, sez Brescia, 9 agosto 2001, n. 692).

Ciò posto, deve rilevarsi che nel caso di specie dagli atti di causa non si rileva quale utilità i ricorrenti possano trarre dall’eventuale annullamento in parte qua dello strumento urbanistico in questione. Dagli atti e da quanto sul punto rappresentato dai ricorrenti (cui incombe il relativo onere della prova) non si rileva, infatti, nè se le aree di proprietà dei ricorrenti siano adiacenti a quelle di proprietà dei parenti degli amministratori, nè in che modo la pianificazione di tali aree abbia poi concretamente inciso e danneggiato le loro proprietà.

In estrema sintesi il motivo in parola – così come dedotto – appare inammissibile atteso che i ricorrenti non hanno dimostrato quale utilità potrebbero conseguire dall’annullamento in parte qua dello strumento urbanistico.

5. - Con l’undicesimo motivo di ricorso i ricorrenti hanno poi prospettato un altro vizio attinente all’iter procedimentale seguito: nel dedurre la violazione dell’art. 11, lett. a), del regolamento edilizio vigente nel Comune, hanno sostenuto che non era stato acquisito il parere della Commissione edilizia comunale sul nuovo strumento urbanistico.

L’articolo in parola, invero, dispone testualmente che la Commissione edilizia è chiamata ad esprimere parere consultivo "su tutte le questioni di carattere urbanistico ed edilizio riguardanti il territorio comunale".

Tale censura non sembra fondata.

Ritiene, infatti, il Collegio che la disciplina dell’iter procedimentale di formazione del P.R.G. sia analiticamente e compiutamente contenuta in norme aventi forza di legge, per cui non sembra possibile che norme di rango inferiore possano disciplinare ulteriormente il procedimento.

Giova, infatti, considerare che il regolamento comunale, in base al disposto dell’art. 33 della legge urbanistico ed all’art. 16 della L.R. Abruzzo 12 aprile 1983, così come modificata dalla L.R. Abruzzo 27 aprile 1995, n. 70, non può disciplinare anche il procedimento di formazione degli strumenti urbanistici.

In ogni caso eventuali norme del regolamento edilizio recanti tale disciplina, in quanto destinate ad aggravare tale procedimento già legislativamente disciplinato nella sua completezza, sarebbero certamente di stretta interpretazione, nel senso cioè che dovrebbero espressamente prevedere tale aggravio del procedimento, non essendo consentito all’interprete desumere tale eventuale contenuto attraverso un’interpretazione estensiva.

Ora nella specie la norma in questione non sembra chiaramente imporre al Consiglio comunale di acquisire obbligatoriamente il parere della Commissione edilizia comunale in sede di adozione del nuovo P.R.G., in quanto nella norma regolamentare in questione si parla genericamente di "tutte le questioni di carattere urbanistico ed edilizio riguardanti il territorio comunale".

Nè, d’altro canto, ove si consideri la composizione di tale Commissione, può ragionevolmente ritenersi che le professionalità in essa presenti possano poi apportare un utile contributo alla redazione di uno strumento urbanistico, che, come è noto, può essere redatto solo da soggetti in possesso di specifiche professionalità.

Giova, infine, ricordare che la giurisprudenza amministrativa ha già escluso (sia pur con riferimento ad altro Comune) l’obbligatorietà dell’acquisizione del parere della Commissione edilizia in sede di adozione di varianti allo strumento urbanistico (cfr. Cons. St., V, 20 ottobre 1988, n. 592).

Non sembra pertanto che la mancata acquisizione di tale parere sia idonea ad inficiare il P.R.G. impugnato.

6. - Con le ulteriori censure dedotte nel quarto, nel quinto, nel sesto e nel dodicesimo motivo di ricorso – che possono esaminarsi congiuntamente – i ricorrenti, sempre contestando la correttezza del procedimento seguito, si sono lamentati delle seguenti circostanze:

a) del fatto che non erano state spiegate adeguatamente le ragioni per le quali sono state disattese alcune delle osservazioni presentate;

b) del fatto che alla Conferenza dei Servizi avevano partecipato alcuni delegati dei Dirigenti dei Servizi senza una delega scritta, che in detta conferenza erano stati espressi alcuni pareri in modo condizionato ed elusivo e che sia la Provincia, che il Comune avrebbero dovuto accertare che dette condizioni oggetto di riserva si erano effettivamente verificate;

c) del fatto che la Provincia aveva introdotto delle modifiche sostanziali che avrebbero dovuto imporre una nuova pubblicazione del piano;

d) del fatto che la Provincia aveva introdotto consistenti modifiche alle N.T.A., eccedendo i propri poteri.

Anche tali censure non sono fondate.

Deve, invero, in merito ricordarsi che al consulente tecnico d’ufficio sono stati formulati specifici quesiti su tali punti (cfr. i quesiti di cui alle lettere d), e) e f) della predetta sentenza interlocutoria 9 marzo 2001, n. 239) e che in risposta a tali quesiti tale consulente – dopo aver accuratamente esaminato in originale tutti gli atti del procedimento in questione esistenti sia presso il Comune che presso l’Amministrazione provinciale di Chieti – ha analiticamente documentato ed osservato:

- che le osservazioni presentate erano state effettivamente ed analiticamente valutate (quesito di cui alla lettera d);

- che la Conferenza dei Servizi si era regolarmente svolta, con conseguente adeguamento degli elaborati di piano in relazione a quanto emerso da detta Conferenza (quesito di cui alla lettera e);

- e che le prescrizioni inserite d’ufficio dalla Provincia non avevano modificato sostanzialmente i contenuti del piano, in quanto rientravano nei limiti di cui all’art. 11 della legge urbanistica e dell’art. 3 della L. 765/67; così come doverose erano le modifiche introdotte alle N.T.A. (quesito di cui alla lettera f).

Con riferimento a tali conclusioni, ritiene il Collegio, in estrema sintesi, di poter aderire a quanto analiticamente rappresentato dal C.T.U. nella sua puntuale ed articolata relazione, per cui ritiene erronee le censure in parola.

7. - Una volta ritenuto il procedimento in parola immune dai predetti vizi, così come sopra riassunti, possono esaminarsi le altre censure dedotte.

Con il secondo, il terzo, il settimo e l’ottavo motivo di ricorso i ricorrenti si sono lamentati:

a) della mancanza nel piano di alcuni elementi che ne avrebbero dovuto costituire contenuto essenziale, quali le previsioni dell’andamento demografico ed occupazionale, la quota del fabbisogno residenziale, i criteri di distribuzione delle aree idonee a soddisfare il fabbisogno residenziale, la localizzazione delle aree destinate ad attività produttive con la precisazione delle quantità esistenti e di quelle di progetto, la localizzazione delle attrezzature di servizio pubblico, delle reti infrastrutturali e delle aree da destinare all’edilizia economica e popolare, la delimitazione dei centri edificati e l’individuazione delle zone di degrado (secondo motivo);

b) della mancata motivazione della previsione di standard in misura eccedenti quelli prescritti dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 (terzo motivo);

c) del fatto che il Comune, nel recepire le prescrizioni della Provincia, avesse falsamente attestato che il progettista aveva rielaborato il piano in conformità di tali prescrizioni e che la Provincia non avrebbe potuto dichiarare che le prescrizioni si intendevano "inserite d’ufficio e da applicare in sede attuativa";

d) del fatto che il piano non rispettava i principi contenuti nell’art. 91 della L.R. Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18, come modificato dalla L.R. Abruzzo 27 aprile 1995, n. 70.

Al fine di approfondire anche tali aspetti del piano sono stati, invero, formulati ulteriori specifici quesiti al consulente tecnico d’ufficio (cfr. i quesiti di cui alle lettere b), c) g) e h) della predetta sentenza interlocutoria 9 marzo 2001, n. 239), che in risposta nella sua relazione tecnica ha riferito al Tribunale – previo adeguato esame documentale degli atti di pianificazione – che il piano non era carente dei predetti vizi denunciati (punto b), che erano state adeguatamente descritte le ragioni tecnico-progettuali delle scelte effettuate (punto c), che il progettista aveva in effetti rielaborato il piano in conformità delle prescrizioni introdotte dalla Provincia (punto g) e che il piano approvato rispettava i principi ed i contenuti del predetto art. 91 (punto h).

Anche in relazione a tali vizi dedotti la Sezione non rinviene motivi per discostarsi da quanto rappresentato dal Consulente tecnico d’ufficio, per cui ritiene prive di pregio le predette doglianze.

8. - In relazione a quanto sopra esposto emerge conseguentemente con evidenza la mancanza di pregio anche della censura di cui al decimo motivo, con la quale i ricorrenti hanno prospettato l’erroneità dei certificati rilasciati dal Segretario comunale che attestavano la regolarità degli atti procedimentali e la completezza degli elaborati.

L’attività istruttoria – come sopra precisato – ha permesso, infatti, di accertare la regolarità degli atti procedimentali e la completezza degli elaborati, per cui punto appaiono erronee le degoliazne prospettate dai ricorrenti.

9. - Rimangono, per concludere, da esaminare le censure dedotte con il nono motivo di gravame con i due ricorsi.

Nel ricorso n. 756/99, il ricorrente D’Alessandro ha dedotto che nel P.R.E. precedentemente adottato le aree di sua proprietà erano edificabili, mentre il nuovo strumento urbanistico aveva inserito tali terreni in zona agricola, così incidendo senza adeguata motivazione sulle aspettative create; nel ricorso n. 757/88 i ricorrenti Domenico Antonio Mascitti e Giovanni Mascitti si sono lamentati del mancato rispetto del disposto dell’art. 68 della L.R. Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18, relativamente ai terreni agricoli di loro proprietà sui quali sono in atto produzioni ad alta densità.

Anche tali doglianze non possono trovare accoglimento.

Quanto alla prima, deve rilevarsi che il vecchio P.R.E. precedentemente solo adottato non avrebbe potuto creare delle aspettative qualificate in capo al D’Alessandro, per cui il nuovo strumento urbanistico non doveva essere sorretto sul punto da una specifica motivazione; mentre relativamente alla seconda deve rilevarsi che il C.T.U., rispondendo al quesito di cui alla lettera i) della predetta sentenza interlocutoria 9 marzo 2001, n. 239), ha diffusamente riferito in merito, precisando da un lato che dagli atti non era possibile identificare puntualmente le aree in questione, da altro lato ha precisato che la norma regionale in parola opera solo in presenza di specifiche condizioni che nella specie – allo stato degli atti – non sembra ricorrano (terreni con produzioni ad alta densità o interessati nell’ultimo quinquennio da interventi di miglioramento fondiario con finanziamenti pubblici), da altro lato ancora che in mancanza dell’approvazione della Carta dell’uso del suolo competeva unicamente al rappresentante del Settore agricoltura della Regione effettuare la verifica in parola.

Ciò posto, ritiene in merito il Collegio di aderire anche a tali osservazioni del C.T.U., che trovano ulteriore conforto nelle note tecniche del 28 dicembre 2001, redatte dall’arch. Di Fonzo, presentate dal Comune di Crecchio; mentre tali osservazioni del C.T.U non risultano smentita dagli atti versati in giudizio dai ricorrenti (ed in particolare, dalla documentazione da questi depositata l’11 novembre 1999 ed il 16 gennaio 2001) per cui anche relativamente a tali aspetti i ricorsi sembrano privi di pregio.

Concludendo, alla luce delle suesposte considerazioni i ricorsi in esame debbono, pertanto, essere respinti, mentre sussistono giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio.

Le spese per l’espletamento della predetta consulenza tecnica si liquidano in dispositivo e vanno poste solidalmente a carico dei ricorrenti.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, respinge i ricorsi specificati in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese e gli onorari di giudizio.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del C.T.U. delle spese e degli onorari per l’attività da questi espletata che liquida nella complessiva somma di euro 3.500 (tremilacinquecento).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Depositata il 22 febbraio 2002.

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