TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I – Sentenza 21 febbraio 2001 n. 868 – Pres. Coraggio, Est. Carpentieri – Ditta Centro Storico (Avv. P. Marotta) c. Poste Italiane s.p.a. (Avv. S. Palana).
Giustizia amministrativa – In genere – Nuova disciplina del processo amministrativo prevista dalla L. n. 205/2000 – Applicabilità ai giudizi pendenti – Sussiste – Estensione del principio anche alle norme in materia di giurisdizione.
Giurisdizione e competenza – Contratti della P.A. – Controversie relative alla risoluzione di un contratto di appalto – Giurisdizione dell’A.G.O. – Sussiste, anche se il contratto di appalto riguardi la materia dei servizi pubblici.
Ai giudizi pendenti innanzi al Giudice amministrativo, anche se pregressi, debbono ritenersi applicabili le norme processuali contenute nella legge 21 luglio 2000 n. 205, ivi comprese quelle in materia di giurisdizione (1).
Non rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, ma in quella dell’A.G.O., una controversia riguardante la risoluzione di un contratto di appalto di lavori pubblici, anche se quest’ultimo rientri nella "materia di pubblici servizi" di cui all’articolo 33, comma 1, del d.l.vo n. 80/1998 (2).
----------------------
(1) Sull’applicabilità delle norme in materia di giurisdizione ai giudizi pendenti, nonostante il principio della perpetuatio jurisdictionis di cui all’art. 5 c.p.c. nella nuova formulazione seguente alla riforma di cui alla legge 353 del 1990, cfr.: Corte Cost., ord. 10 maggio 2000 n. 134; Cass., Sez. Unite., 27 luglio 1999 n. 516; 8 luglio 1996 n. 6231; Sez. III, 19 novembre 1999 n. 12840; Cons. Stato, sez. V, ord. 28 settembre 2000 n. 4822.
(2) Ha osservato in proposito il TAR Campania che: "Il combinato disposto dei commi 1 e 2, lettera d) dell’articolo 33 non può invero interpretarsi nel senso di estendere la nozione di servizi pubblici fino a includere in essa in toto tutti gli appalti di lavori e di servizi e le forniture di beni a pubbliche amministrazioni e a soggetti comunque tenuti all’applicazione delle procedure nazionali e comunitarie di evidenza pubblica"
In proposito la giurisprudenza del tutto prevalente, sia del giudice ordinario che di quello amministrativo, ha sempre affermato la giurisdizione del g.o. nelle controversie riguardanti l’esercizio di tale facoltà, sul rilievo che la natura autoritativa dell’atto di risoluzione non fosse idonea a scalfire la consistenza di diritto soggettivo della posizione acquisita dall’appaltatore a seguito e per effetto della stipula del contratto (cfr. tra le tante, Cass., sez. I, 4 febbraio 2000 n. 1217; 16 febbraio 1998 n. 1642; id., ss.uu., 4 dicembre 1990 n. 11591; implicitamente, sez. I, 23 giugno 2000 n. 8534; nonché Cons. St., sez. V, 16 marzo 1999 n. 258; sez. IV, 9 gennaio 1996 n. 41; Tar Puglia, sez. I, 25 settembre 1997 n. 621; Tar Sicilia, 15 maggio 1998 n. 1025).
Mentre il giudice ordinario continua ad affermare la propria giurisdizione, anche in ipotesi di risoluzione o di rescissione disposte ai sensi degli articoli 340 e 345 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. F (così Cass, sez. I, 4 febbraio 2000 n. 1217), e, più in generale, per quanto attiene alla fase di esecuzione dei contratti tra fornitore ed ente pubblico o concessionario di servizio pubblico (così Cass. Sez. Unite. 30 marzo 2000 n. 71 – in tema di fornitura di farmaci ad unità sanitarie locali – nonché id., n. 72 – in tema di risoluzione di un contratto di fornitura per una scuola comunale), il giudice amministrativo presenta posizioni diversificate, affermando ora la giurisdizione ordinaria, in linea con l’impostazione di Cass., Sez. Unite, n. 72/2000 cit. (così Cons. Stato, ordinanza cautelare n. 2275 del 9 maggio 2000, relativa a un caso di inadempimento di un contratto di fornitura; così Tar Marche, 12 marzo 1999 n. 260, nonché TAR Abruzzo, sez. Pescara, ord. 29 aprile 1999 n. 184), ora invertendo tale tendenza facendo leva sulla nuova giurisdizione esclusiva attribuitagli dall’articolo 33 del d.lg. 80/1998, che avrebbe esteso la cognizione del g.a., in materia di appalti della p.a., ad ogni tipo di situazione soggettiva, interesse legittimo e diritto soggettivo e, quindi, anche alla fase di esecuzione del rapporto successiva all’affidamento e alla stipula del contratto (così TAR Calabria, Reggio Calabria, 27 gennaio 2000 n. 71, nel senso che dopo il d.lg. 80/1998, trattandosi di giurisdizione eslcusiva, il g.a. può conoscere non solo degli interessi legittimi relativi alla procedura di evidenza pubblica per l’aggiudicazione, ma anche dei diritti soggettivi che emergono nella fase attuativa del rapporto o in occasione della sua risoluzione – fattispecie in tema di risoluzione di un appalto di lavori ex art. 345 legge 2248/1865).
per l'annullamento
identicamente in entrambi i ricorsi,
<<a) del provvedimento, ignoti numero e data, con il quale le Poste Italiane s.p.a.- Filiale 3 Napoli Est – ha deciso di stralciare l’intervento, appresso specificato, dal piano del "Progetto Giubileo 2000"; b) della nota, datata 23/11/99 prot. FILNA3/AA/5376/99DC, a firma del Direttore della Filiale di Napoli 3 – Est delle Poste Italiane S.p.a., pervenuta al ricorrente in data 25/11/99, con la quale si comunica che il contratto sottoscritto tra le parti in data 20/09/99 per l’appalto dei lavori di seguito indicati, deve intendersi risolto ai sensi dell’art. 37 septies della legge 18/11/98 n. 415; c) una agli atti preordinati, connessi e conseguenziali>>;
nonché per la condanna
della s.p.a. Poste Italiane <<al risarcimento del danno emergente e lucro cessante, oltre quelli morali e d’immagine>> e, in particolare, <<al pagamento dell’intero importo di cui all’appalto in questione e cioè della somma di Lire 24.325.632 oltre i.v.a.>>, ovvero <<in subordine, al pagamento della somma nella misura prevista dall’art. 37 septies della legge 18/11/98 n. 415>>.
(omissis)
FATTO
Con i ricorsi in trattazione (il primo notificato alla s.p.a. Poste Italiane solo presso la filiale di Napoli 3 Est, il secondo anche presso la sede centrale in Roma), la ditta individuale in epigrafe impugna la determinazione con la quale la s.p.a. Poste Italiane, "a seguito di mutate condizioni ambientali e diversi orientamenti di questa società", ha deciso di stralciare dal "piano del progetto Giubileo 2000" i lavori di abbattimento delle barriere architettoniche presso l’agenzia di Pompei Scavi e di dichiarare risolto "ai sensi dell’art. 37 septies della legge 18/11/1998 n. 415" il contratto n. 5478 del 20 settembre 1999 con il quale i lavori erano stati affidati in appalto all’impresa ricorrente a seguito di aggiudicazione (intervenuta il 5 agosto 1999) della licitazione privata all’uopo esperita.
La ditta ricorrente deduce motivi di violazione di legge e di eccesso di potere e domanda altresì il risarcimento dei danni subiti.
Si è costituita ed ha resistito in giudizio la società Poste Italiane che ha concluso per il rigetto degli interposti gravami.
Con ordinanze nn. 155 e 957 del 12 gennaio e del 16 febbraio 2000 la Sezione ha respinto le domande cautelari proposte in via incidentale in entrambi i ricorsi.
Alla pubblica udienza del 10 gennaio 2001 entrambe le cause sono state chiamate e introitate per la decisione.
DIRITTO
Ai sensi dell’articolo 52 del r.d. 17 agosto 1907 n. 642, richiamato dall’articolo 19 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, i ricorsi in epigrafe, siccome palesemente connessi sia per i soggetti che per l’oggetto, dovranno essere riuniti e decisi con un’unica sentenza.
Il secondo ricorso reitera e riassorbe integralmente i contenuti del primo e ne perfeziona la notifica presso la sede legale della società intimata. Per entrambi gli identici ricorsi si impone in vi preliminare il vaglio circa la sussistenza, nella presente controversia, della giurisdizione dell’adito giudice amministrativo.
Al riguardo dovrà tenersi conto della sopravvenuta legge 21 luglio 2000 n. 205 che, nell’introdurre nuove norme processuali, deve ritenersi di immediata applicazione alle cause in corso (anche in punto di giurisdizione, ove si possa configurare la evenienza di giurisdizione sopravvenuta, nonostante il principio della perpetuatio jurisdictionis di cui all’art. 5 c.p.c. nella nuova formulazione seguente alla riforma di cui alla legge 353 del 1990: cfr. in proposito Corte Cost., ord. 10 maggio 2000 n. 134; Cass., ss.uu., 27 luglio 1999 n. 516; 8 luglio 1996 n. 6231; Sez. III, 19 novembre 1999 n. 12840; Cons. St., sez. V, ord. 28 settembre 2000 n. 4822).
Occorre premettere che la s.p.a. Poste Italiane – ciò che peraltro risulta incontroverso in causa – è soggetto sottoposto, nella scelta del contraente per l’affidamento di lavori, al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale (nella specie dalla legge 109/1994 e annesso regolamento), ricadendo tale ente nell’ambito applicativo della suddetta legge quadro sui lavori pubblici in forza della previsione dell’articolo 2, comma 2, lettera b), quale società con capitale pubblico, in misura anche non prevalente, avente ad oggetto della propria attività la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, nonché quale concessionario (il processo di liberalizzazione del servizio postale non essendo ancora, come è noto, concluso) di servizio pubblico operante in virtù di diritti speciali o esclusivi.
Deve altresì premettersi che la controversia in esame non attiene all’affidamento di un servizio pubblico, ma riguarda la risoluzione di un contratto di appalto di esecuzione di lavori e può ritenersi rientrante nella "materia di pubblici servizi", affidata dall’articolo 33, comma 1, del d.lg. 80/1998 alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nei soli limiti della previsione specificativa della lettera d) del comma 2 (contemplante le controversie "aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici . . "). Il combinato disposto dei commi 1 e 2, lettera d) dell’articolo 33 non può invero interpretarsi nel senso di estendere la nozione di servizi pubblici fino a includere in essa in toto tutti gli appalti di lavori e di servizi e le forniture di beni a pubbliche amministrazioni e a soggetti comunque tenuti all’applicazione delle procedure nazionali e comunitarie di evidenza pubblica. Non ritiene il Collegio di dover affrontare in questa sede la non semplice questione della definizione dei confini del concetto di "pubblici servizi" (in generale e per come inteso dal legislatore delegato del 1998). Ma un dato è certo: per quanto ampia possa essere la nozione di "pubblici servizi" cui si volgia fare riferimento (si veda, per una lettura di portata ampliativa, Cons. St., ad. plen. ord. n. 1 del 30 marzo 2000), essa non può comunque giungere a un tale punto di allargamento di campo di denotazione da perdere ogni precisa connotazione definiente fino a sfocarsi e risolversi del tutto nella stessa nozione generale di funzione pubblica o di cura di interessi pubblici. In questa ottica precisante l’appalto di lavori pubblici – che pure è sempre, per definizione, indirettamente finalizzato alla cura di un interesse pubblico e alla erogazione di un servizio pubblico – non può per questa sola strumentalità mediata al servizio pubblico essere considerato, in sé, servizio pubblico. Resta valida, sotto questo profilo, la tradizionale distinzione tra attività strumentale e attività finale della p.a., nel senso che ciò che è strumento indiretto per l’erogazione del servizio pubblico non può identificarsi col servizio medesimo. Nel caso di specie, non v’è dubbio che l’esecuzione dei lavori volti alla rimozione delle barriere architettoniche per l’accesso all’ufficio postale ha a che fare con l’erogazione del servizio pubblico postale; ma è altresì innegabile che tale collegamento dell’appalto col servizio pubblico è del tutto indiretto e mediato, e non può valere ad attrarre quella che è e resta un’attività strumentale nell’ambito definitorio proprio del servizio pubblico, che si pone a valle dell’attività di apprestamento e di fornitura dei mezzi necessari al suo espletamento. Il combinato disposto dei commi 1 e 2, lettera d), dell’articolo 33, va dunque letto nel senso che la materia dei "pubblici servizi" rilevante ai fini della giurisdizione include anche le (sole) "procedure di affidamento di appalti pubblici", ma non certo nel senso che tutto ciò che riguarda gli appalti pubblici sia, per ciò solo, "servizio pubblico", ricadente in quanto tale nella giurisdizione esclusiva in forza della sola disposizione del comma 1 dell’articolo 33 citato.
La previsione specificativa di cui alla ripetuta lettera d) del comma 2 dell’articolo 33 assolve dunque a una funzione non già chiarificatrice ed esemplificatrice [come sembra avvenire per le ipotesi di cui alle lettere a), b), f)], bensì ad una funzione additiva e integrativa della clausola generale del comma 1, nel senso che, ove non si fosse introdotta la specificazione nel comma 2, l’attribuzione di giurisdizione sulle controversie in materia di pubblici servizi non avrebbe certo per ciò solo investito anche le controversie in materia di appalti delle pubbliche amministrazioni (e altri soggetti aggiudicatori).
Premesse queste necessarie precisazioni definitorie occorre ora affrontare il punto decisivo della questione di rito che il Collegio è chiamato a risolvere e che consiste nello stabilire se la giurisdizione esclusiva attribuita al giudice amministrativo in ordine alle controversie "relative all’affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale" (articolo 6 della legge 205/2000; la Poste s.p.a. – come detto – è soggetto tenuto all’evidenza pubblica nell’appalto di lavori) si estenda anche alla fase di attuazione del rapporto (adempimento, risoluzione, rescissione, annullamento etc.) ovvero si limiti letteralmente alle sole procedure di affidamento (identico quesito si pone altresì in relazione alla previsione del – nuovo - articolo 33, commi 1 e 2 lettera d), del d.lg. 80 del 1998, come novellato dall’articolo 7 della legge 205 del 2000, riguardante l’ambito più ristretto delle procedure di affidamento dei soli appalti di lavori, servizi o forniture nell’ambito della materia dei pubblici servizi).
Deve preliminarmente osservarsi che il richiamo, operato dalla s.p.a. Poste Italiane nella nota impugnata, all’ipotesi di risoluzione del contratto prevista dall’articolo 37 septies della legge 109 del 1994 (introdotto dalla legge 415 del 1998) è del tutto inappropriato e inconferente nella fattispecie, riferendosi, il menzionato articolo della legge generale sui lavori pubblici, alla diversa ipotesi, che qui in tutta evidenza non ricorre, della risoluzione del rapporto di concessione per inadempimento del soggetto concedente ovvero per la revoca della concessione per motivi di pubblico interesse (nel caso in esame non si tratta certo di concessione di costruzione e gestione, ma di mero contratto di appalto di esecuzione di lavori).
L’atto oggetto di controversia sembra piuttosto trovare un utile riferimento di inquadramento normativo e tipologico nella previsione di cui all’articolo 345 della legge n. 2248 del 1865, allegato F, in forza del quale l'amministrazione ha la facoltà di risolvere in qualunque tempo il contratto, mediante il pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell'importo delle opere non eseguite (articolo non incluso tra quelli espressamente abrogati dall’articolo 231, comma 1, lettera a) del regolamento di attuazione della legge 109/1994 di cui al d.P.R. 554 del 1999, ancorché l’articolo 122 del regolamento medesimo ne riproduca in sostanza il contenuto, prevedendo il diritto della stazione appaltante di recedere in qualunque tempo dal contratto previo il pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell'importo delle opere non eseguite, con norma che nella sostanza si sostituisce a quella della legge del 1865).
In proposito la giurisprudenza del tutto prevalente, sia del giudice ordinario che di quello amministrativo, ha sempre affermato la giurisdizione del g.o. nelle controversie riguardanti l’esercizio di tale facoltà, sul rilievo che la natura autoritativa dell’atto di risoluzione non fosse idonea a scalfire la consistenza di diritto soggettivo della posizione acquisita dall’appaltatore a seguito e per effetto della stipula del contratto (cfr. tra le tante, Cass., sez. I, 4 febbraio 2000 n. 1217; 16 febbraio 1998 n. 1642; id., ss.uu., 4 dicembre 1990 n. 11591; implicitamente, sez. I, 23 giugno 2000 n. 8534; nonché Cons. St., sez. V, 16 marzo 1999 n. 258; sez. IV, 9 gennaio 1996 n. 41; Tar Puglia, sez. I, 25 settembre 1997 n. 621; Tar Sicilia, 15 maggio 1998 n. 1025).
A seguito dell’entrata in vigore della nuova disciplina ampliativa dell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la giurisprudenza segnala allo stato talune incertezze ed oscillazioni. Mentre il giudice ordinario continua ad affermare la propria giurisdizione, anche in ipotesi di risoluzione o di rescissione disposte ai sensi degli articoli 340 e 345 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all F (così Cass, sez. I, 4 febbraio 2000 n. 1217), e, più in generale, per quanto attiene alla fase di esecuzione dei contratti tra fornitore ed ente pubblico o concessionario di servizio pubblico (così Cass. ss.uu. 30 marzo 2000 n. 71 – in tema di fornitura di farmaci ad unità sanitarie locali – nonché id., n. 72 – in tema di risoluzione di un contratto di fornitura per una scuola comunale), il giudice amministrativo presenta posizioni diversificate, affermando ora la giurisdizione ordinaria, in linea con l’impostazione di Cass., ss.uu. 72/2000 cit. (così Cons. St., ordinanza cautelare n. 2275 del 9 maggio 2000, relativa a un caso di inadempimento di un contratto di fornitura; così Tar Marche, 12 marzo 1999 n. 260, nonché Tar Abruzzo, sez. Pescara, ord. 29 aprile 1999 n. 184), ora invertendo tale tendenza facendo leva sulla nuova giurisdizione esclusiva attribuitagli dall’articolo 33 del d.lg. 80/1998, che avrebbe esteso la cognizione del g.a., in materia di appalti della p.a., ad ogni tipo di situazione soggettiva, interesse legittimo e diritto soggettivo e, quindi, anche alla fase di esecuzione del rapporto successiva all’affidamento e alla stipula del contratto (così Tar Calabria, Reggio Calabria, 27 gennaio 2000 n. 71, nel senso che dopo il d.lg. 80/1998, trattandosi di giurisdizione eslcusiva, il g.a. può conoscere non solo degli interessi legittimi relativi alla procedura di evidenza pubblica per l’aggiudicazione, ma anche dei diritti soggettivi che emergono nella fase attuativa del rapporto o in occasione della sua risoluzione – fattispecie in tema di risoluzione di un appalto di lavori ex art. 345 legge 2248/1865). Non attiene invece alla problematica in esame l’ordinanza n. 1 del 2000 dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che ha affermato la giurisdizione amministrativa in materia di rapporti di debito-credito tra farmacie e servizio sanitario nazionale sul diverso presupposto della qualificazione dei farmacisti quali concessionari di servizio pubblico.
In ordine a tali questioni il Collegio ritiene utile premettere una veloce ricognizione del nuovo quadro normativo scaturito dalla recente legge 205 del 2000.
La legge 205 contiene due distinti articoli espressamente dedicati al riparto della giurisdizione: l’articolo 6 e il successivo articolo 7, che ha "riscritto" gli articoli 33, 34 e 35 del d.lg. n. 80 del 1998, della cui legittimità costituzionale si era dubitato (che, anzi, erano stati annullati in parte dalla Corte Costituzionale, per eccesso di delega, con la nota pronuncia n. 292 del 2000). Nonostante l’apparente coincidenza del dettato normativo dell’articolo 6 rispetto (a parte del) nuovo testo dell’articolo 33, per quanto attiene alla materia che qui rileva degli appalti di lavori pubblici, è chiaro che il primo articolo (l’articolo 6) presenta una campo di applicazione più ampio rispetto al secondo, in primo luogo perché non è "inscritto", come è per la previsione dell’articolo 33, nel quadro delle "controversie in materia di pubblici servizi", potendo così senz’altro riguardare tutte le procedure di evidenza pubblica per la scelta del privato contraente della p.a., a prescindere dalla riconducibilità dell’affidamento alla materia dei "servizi pubblici" in senso proprio; in secondo luogo perché riguarda non già le sole controversie aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture, ma le controversie relative a procedure di affidamento di qualunque specie (non solo, dunque, contratti di appalto, ma anche concessioni, contratti societari, altre forme di affidamento diretto etc.) di lavori, servizi e forniture (sempre, naturalmente, in quanto poste in essere da soggetti comunque tenuti al rispetto delle procedure di evidenza pubblica).
Il nuovo quadro della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle controversie relative alle procedure di scelta del soggetto contraente con la p.a. per i lavori, i servizi e le forniture sembrerebbe, dunque, ormai completato ed esaustivo di ogni ipotesi configurabile.
Su un punto le due previsioni normative sono perfettamente coincidenti, ed è un punto decisivo, ad avviso del Collegio, per la soluzione della questione di giurisdizione di che trattasi: entrambe le disposizioni parlano solo di controversie aventi ad oggetto – o relative – alle "procedure di affidamento", senza alcun riferimento alla fase successiva all’affidamento e alla stipula del contratto, né alle controversie attinenti a tale fase (adempimento, risoluzione, rescissione, annullamento etc.).
L’unico riferimento testuale alla esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità e alla esecuzione di servizi pubblici e forniture compare, nella legge 205/2000, al di fuori della sedes materiae propria della giurisdizione, nell’articolo 4 (articolo 23 bis introdotto nella legge 1034 del 1971) che detta disposizioni particolari sul processo in determinate materie. Ma il richiamo alla esecuzione (di opere pubbliche, servizi e forniture) compiuto per definire le materie "speciali" nelle quali il giudice amministrativo (se d in quanto munito di giurisdizione) deve seguire un rito speciale (cautelare e di merito) non può valere ad ampliare l'ambito della giurisdizione esclusiva che la stessa legge 205/2000 ha espressamente e specificamente definito (e ridefinito) con ben due articoli appositamente inseriti. Sul piano della logicità della costruzione del sistema normativo è evidente che l’attribuzione giurisdizionale costituisce un prius rispetto alla disciplina processuale susseguente, di talché opererebbe un inammissibile inversione dell’ordine logico della trama normativa la tesi che volesse far assurgere a un ruolo determinate agli effetti della delimitazione del nuovo ambito di giurisdizione una disposizione dettata dichiaratamente al diverso fine della individuazione delle materie per le quali la cognizione del g.a. – ove sussistente – debba assumere forme e tempi speciali. L’ambito della giurisdizione deve dunque ricercarsi nelle norme – articoli 6 e 7 della legge 295/2000 – appositamente dettate in materia dal Parlamento, e non già sulla base di (troppo) sottili disquisizioni su pretesi significati impliciti di aggettivi e sostantivi adoperati dal legislatore in locuzioni dettate ad altro e diverso fine.
Non appaiono dunque convincenti diverse impostazioni – pure riproposte da taluna recente giurisprudenza amministrativa - che fanno perno ancòra sulla distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi quale criterio di riparto della giurisdizione, affermando l’estensione della cognizione del g.a. alla fase di esecuzione del rapporto perché la giurisdizione esclusiva può conoscere anche dei diritti soggettivi. Deve viceversa osservarsi che, ove si ipotizzi la sussistenza di una ambito di giurisdizione esclusiva del g.a., ai fini dell’attribuzione di competenza giurisdizionale (e non già anche ai diversi e distinti fini attinenti al regime processuale e al tipo di sindacato esercitabile) la suddetta distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi non deve conservare (per volontà legislativa, tale essendo lo scopo dell’attribuzione di giurisdizione esclusiva) alcun residuo rilievo. E’ dunque errata l’equazione, posta da talune pronunzie, tra attribuzione della cognizione anche in ordine ai diritti soggettivi ed estensione della giurisdizione medesima anche alle controversie concernenti la fase esecutiva del rapporto contrattuale, anche allorquando si tratti di meri contratti di fornitura o di appalto (di lavori o di servizi) e non di rapporti concessori di servizi pubblici o, comunque, di controversie "in materia di servizi pubblici". Ciò che invece importa ed è determinante i fini della risposta al quesito sopra posto in ordine alla giurisdizione è l’interpretazione – letterale e logico sistematica – dei testi normativi. E si visto come i due articoli di legge (l’articolo 6 e l’articolo 7 della legge 205 del 2000, quest’ultimo novellando il d.lg. 80/1998 e rimuovendo alla radice ogni problema di rapporto con la legge delega a monte di tale decreto) sono univoci, nel loro dettato letterale, nel fare riferimento solo ed esclusivamente alle controversie relative – o aventi ad oggetto – le procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture, e non anche a quelle relative alla esecuzione dei contratti scaturenti dall’affidamento (appalto o concessione, o contratto societario o qualunque altra forma giuridica che attui un affidamento).
E’ appena il caso di precisare che non si porrebbe alcun dubbio in punto di giurisdizione ove si trattasse di risoluzione di un rapporto di affidamento (comunque configurato) di un pubblico servizio e ciò in forza della sola previsione dell’articolo 33, comma 1, del d.lg. 80, la cognizione delle controversie nella materia dei servizi pubblici, oltre che in base alla diversa e autonoma previsione dell’articolo 33, comma 1 e comma 2, lettere b) ed e) (controversie in materia di pubblici servizi, tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi; controversie riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere rese nell’espletamento di pubblici sevizi).
Neppure riesce convincente la tesi – invero per certi versi suggestiva, ma disancorata dai necessari fondamenti testuali normativi e logico-sistematici – secondo la quale la risoluzione del contratto di appalto sarebbe una sorta di contrarius actus dell’affidamento e, come tale, andrebbe assimilato a quest’ultimo ai fini della giurisdizione.
In realtà, sul piano dommatico, come insegnato da diuturna e tuttora valida giurisprudenza, una cosa è la procedura pubblicistica di selezione dell’impresa con la quale contrattare, altra cosa è il rapporto (di configurazione privatistica) che nasce per effetto della stipula del contratto. Ne consegue che, esclusa la rimessa in discussione della posizione giurisprudenziale – sopra richiamata – che ha affermato la non incidenza su tale configurazione dell’atto di risoluzione ex articolo 345 o di rescissione ex articolo 340 della legge 2248/1865 all. F (che è solo apparentemente autoritativo, ma si colloca in realtà a un livello negoziale paritetico), non v’è spazio per una ricostruzione che intenda equiparare l’atto di risoluzione a quello di affidamento (anteriore al contratto) sul piano della incidenza sulle posizioni soggettive delle parti.
Per le esposte ragioni il ricorso n. 994/2000 deve giudicarsi inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, per essere competente l’Autorità giudiziaria ordinaria.
Considerata la novità delle questioni e i perduranti dubbi in merito presenti in giurisprudenza, devono ritenersi sussistenti giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di causa.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA, SEZIONE I^, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe indicati, ne dispone la riunione e li dichiara entrambi inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Compensa per intero tra le parti le spese di entrambi i giudizi.
Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 10 gennaio 2001.
Il Presidente
Il Relatore
Depositata il 22 febbraio 2001.