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n. 5-2001 - © copyright.

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. V – Sentenza 13 marzo 2001 n. 1097Pres. Vitellio, Est. Donarono – Chianese e c.ti. (Avv.ti Ambroselli e Magrì) c. Comune di Comune di Marano di Napoli (Avv. Marone).

1. Espropriazione per p.u. - Dichiarazione di p.u. - Per implicito - Osservanza delle norme in materia di partecipazione - Necessità - Mancanza - Illegittimità.

2. Espropriazione per p.u. - Dichiarazione di p.u. - Annullamento in s.g. - Conseguenze - Nel caso in cui non il terreno non sia stato irreversibilmente trasformato - Obbligo di restituzione da parte dell’Amministrazione - Sussiste.

3. Espropriazione per p.u. - Dichiarazione di p.u. - Annullamento in s.g. - Conseguenze - Nel caso in cui non il terreno sia stato irreversibilmente trasformato - Obbligo di risarcimento del danno - Sussiste.

4. Espropriazione per p.u. - Dichiarazione di p.u. - Annullamento in s.g. - Prova della avvenuta irreversibile trasformazione del fondo - Deve essere fornita dall’Amministrazione.

5. Espropriazione per p.u. - Dichiarazione di p.u. - Annullamento in s.g. - Risarcimento del danno - Relativo al periodo di occupazione legittima - Quantificazione - Criteri.

1. Anche nei casi di dichiarazione implicita di pubblica utilità deve essere assicurato - a pena di illegittimità della relativa procedura, prima dell’approvazione del progetto definitivo di un’opera pubblica o di pubblica utilità, il contraddittorio con i soggetti interessati, adempiendo alle formalità all’uopo previste dalle specifiche disposizioni (art. 10 della legge n. 865 del 1971) regolanti l’iter espropriativo a tutela delle garanzie del giusto procedimento (1).

2. A seguito dell’annullamento giurisdizionale dei provvedimenti concernenti la dichiarazione di pubblica utilità e l’occupazione d’urgenza, riprendono vigore automaticamente le posizioni giuridiche soggettive anteriori all’emanazione degli atti stessi.

In particolare, nel caso in cui i provvedimenti espropriativi (prima del loro annullamento, ed in mancanza di sospensione cautelare) abbiano avuto concreta esecuzione ma non abbiano ancora determinato una irreversibile trasformazione del fondo, il loro annullamento comporta anche l’obbligo per l’amministrazione di ripristinare la situazione reale preesistente (di fatto oltre che di diritto), ponendo in essere tutte le attività (anche di carattere materiale, oltre che giuridico) strumentalmente necessarie al pieno soddisfacimento dell’interesse azionato dall’avente diritto; in tale ipotesi l’amministrazione è tenuta a disporre ed effettuare la materiale restituzione ai proprietari dell’area ormai detenuta senza titolo (2).

3. Nel caso invece in cui, per effetto dell’esecuzione dei lavori, si sia determinata una irreversibile modificazione dello stato dei luoghi, con la conseguente acquisizione del cespite alla mano pubblica (3). la radicale trasformazione del suolo e la sua irreversibile destinazione ai fini di pubblica utilità, determina per un verso l’acquisto a titolo originario della proprietà in capo alla pubblica amministrazione e per altro verso integra gli estremi di illecito di tipo aquiliano dal quale discende una responsabilità risarcitoria verso i proprietari, sacrificati per effetto della impossibilità di ottenere la restituzione del bene e della perdita del loro diritto (4).

4. Ai sensi dell’art. 2697 c.c., mentre l’attore ha l’onere di provare i fatti posti a fondamento del diritto fatto valere in giudizio, la controparte ha invece l’onere, in primo luogo, di eccepire l’eventuale modificazione o estinzione del diritto controverso nonché di provare gli elementi costitutivi dell’eccezione stessa; in particolare nel caso in cui il diritto di proprietà dei ricorrenti (ripristinato dall’annullamento degli atti illegittimi) si sia estinto a seguito dell’acquisizione del suolo da parte dell’amministrazione per accessione invertita, non vi è dubbio che quest’ultima ha l’onere di allegare e provare l’esistenza di tale acquisto e, quindi, la cessazione dell’obbligo di restituirlo al precedente proprietario. In mancanza di tale prova che deve essere fornita dall’Amministrazione, il G.A. può solo ordinare la restituzione dell’area illegittimamente occupata ai suoi proprietari (5).

5. Il danno per la illegittima occupazione temporanea di alcuni terreni, per il periodo di tempo compreso tra la data dell’immissione nel possesso e quella della restituzione dei suoli, dei medesimi va computato, in via equitativa ai sensi degli artt. 2065 e 1226 c.c., in misura percentuale pari al saggio degli interessi legali per ciascun anno di occupazione, da rapportare al valore di mercato dei terreni all’epoca dell’immissione nel possesso (6).

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(1) Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 15 settembre 1999, n.14; 24 gennaio 2000, n. 2; alla stregua del principio il TAR Campania ha annullato i provvedimenti concernenti la dichiarazione di pubblica utilità e l’occupazione d’urgenza; l’annullamento di tali provvedimenti ha determinato altresì, il travolgimento degli avvisi per la redazione dello stato di consistenza e le operazioni di immissione nel possesso, impugnati con successivo ricorso.

(2) Cfr. Cons. Stato, Ad Plen., 1 giugno 1983, n. 14; Sez. IV, 5 ottobre 1995, n. 785; id., 16 settembre 1993, n. 623.

(3) Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 7 febbraio 1996, n. 1.

(4) Cfr. Cass., ss.uu., 25 novembre 1992, n. 12546; 20 gennaio 1998, n. 494; 26 gennaio 1998, n. 761; Corte Cost., 23 maggio 1995, n. 188.

(5) In applicazione del principio il TAR Campania, tenuto conto che l’amministrazione non aveva eccepito nè provato l’avvenuta trasformazione irreversibile del fondo, ha ordinato "la restituzione dei suoli ai proprietari, nello stato di fatto e di diritto esistente anteriormente all’esecuzione della annullata occupazione".

(6) Cfr. Cass., Sez. I, 21 novembre 1998, n. 11791.

Ha aggiunto nella specie il TAR Campania che relativamente alla richiesta di rivalutazione monetaria, "la quantificazione del danno dipende da una valutazione equitativa riferita agli attuali valori di mercato in relazione ad un periodo di occupazione illegittima risalente a meno di un anno, sicché non emergono sostanzialmente i presupposti per l’apprezzamento di un diminuito potere di acquisto della moneta".

Il TAR Campania ha ritenuto viceversa spettanti ai ricorrenti gli interessi legali, come ristoro del mancato guadagno provocato dal ritardato pagamento delle somme dovute. Per il calcolo occorre considerare che il credito risarcitorio si riferisce ad un illecito di carattere permanente, consistente nella detenzione senza titolo dei suoli, che inizia con l’immissione nel possesso e si protrae nel tempo finché perdura la situazione antigiuridica (cfr. Cass., Sez. III, 17 febbraio 1997, n. 1439; sez. I, 20 novembre 1993, n. 11474).

Pertanto, poiché l’illecito comportamento dell’occupante abusivo si rinnova di giorno in giorno per tutto il periodo dell’occupazione illegittima, la decorrenza degli interessi (che non richiede la costituzione in mora ex art. 1219 c.c., trattandosi di debito da fatto illecito: cfr. Cass., Sez. II, 27 gennaio 1996, n. 637) può essere computata dal momento intermedio di tale periodo e fino al pagamento.

 

 

per l’annullamento

- ric. n. 3724/00: del decreto di occupazione d’urgenza n. 1 del 13/3/2000 e dell’allegato avviso per la redazione dello stato di consistenza e l’immissione nel possesso; delle delibere di Giunta n. 206 del 21/4/1999 e n. 564 del 17/11/1999, relative al progetto di riqualificazione urbana del comparto di via Mallardo, via Campania e piazzale Cimitero; della delibera di Giunta n. 33 del 28/1/2000 e di ogni altro atto connesso;

- ric. n. 6378/00: dell’avviso in data 17/5/2000 per l’immissione nel possesso e la redazione dello stato di consistenza, del successivo avviso in data 13/6/2000, nonché degli atti connessi;

nonché per la declaratoria

di illiceità dell’occupazione e dell’obbligo dell’amministrazione di restituzione dell’area;

e per la condanna

dell’amministrazione al risarcimento dei danni derivanti dalla illegittima occupazione, sino alla restituzione dell’area e compresi i costi di riduzione in pristino, nonché dei danni corrispondenti al valore venale dell’area in ipotesi di irreversibile trasformazione dello stato dei luoghi ed impossibilità di relativa restituzione.

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

viste le memorie di costituzione in giudizio del Comune, con le produzioni allegate;

vista la memoria difensiva depositata dalle ricorrenti;

visti gli atti tutti di causa;

alla pubblica udienza dell’8/2/2001, relatore il cons. Donadono, uditi gli avvocati presenti di cui al verbale di udienza.

F A T T O

1. Con ricorso notificato il 19/4/2000, le sig.re Chianese Valeria e Chianese Annamaria (ovvero Anna Maria), quest’ultima in proprio e nella qualità di procuratrice speciale di Solari Luisa (ovvero Luisa Maria), Cantore Bianca, Cantore Elena, Cantore Gabriella, Cantore Antonia e Cantore Luigi – nella dedotta qualità di comproprietari di un suolo sito in Marano di Napoli, censito in catasto al fl. 8, p.lle 64, 65, 116 e 117 – impugnavano gli atti in epigrafe concernenti i lavori di riqualificazione urbana del comparto di via Mallardo, via Campania e piazzale Cimitero, comportanti l’assoggettamento delle porzioni immobiliari di proprietà dei ricorrenti (ric. n. 3724/00).

Nella circostanza i ricorrenti chiedevano inoltre, in via gradata, la restituzione dei suoli e la condanna al risarcimento dei danni conseguenti all’esecuzione degli atti impugnati.

La trattazione della domanda incidentale di sospensione veniva abbinata al merito.

2. Con un ulteriore ricorso notificato il 3/7/2000, gli stessi ricorrenti impugnavano altresì gli avvisi successivamente notificati dall’amministrazione per la redazione dello stato di consistenza e le operazioni di immissione nel possesso (ric. n. 6378/00).

3. L’amministrazione intimata si costituiva in giudizio, resistendo alle domande avverse.

I ricorsi venivano discussi all’udienza dell’8/2/2001 e decisi in camera di consiglio come da dispositivo pubblicato ai sensi dell’art. 23-bis, co. 6, della legge n. 1034 del 1971.

D I R I T T O

1. Preliminarmente va disposta la riunione dei giudizi, attesa la evidente connessione oggettiva e soggettiva dei ricorsi.

2. Con il ricorso n. 3724/00 si deduce, in primo luogo, contro gli atti comportanti la dichiarazione implicita di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, la violazione del giusto procedimento, degli artt. 10 e 11 della legge n. 865 del 1971, degli artt. 4 e 7 della legge n. 241 del 1990, dell’art. 1 della legge n. 1 del 1978, dell’art. 16 della legge n. 109 del 1994; ciò in quanto l’amministrazione non avrebbe adempiuto alle formalità previste per l’instaurazione del contraddittorio nei confronti dei proprietari dei suoli occorrenti per la realizzazione dell’opera pubblica.

Invero dalla documentazione di causa risulta che le determinazioni impugnate, destinate a sacrificare il diritto di proprietà dei ricorrenti per la realizzazione dell’opera dichiarata di pubblica utilità, non sono state adottate in contraddittorio con gli interessati.

In particolare non emerge che l’amministrazione abbia adempiuto alle formalità previste dall’art. 10 della legge n. 865 del 1971, in modo da consentire agli interessati di partecipare al procedimento espropriativo (con deduzioni e osservazioni) in una fase precoce, quando ancora non si è sostanzialmente cristallizzata l’elaborazione progettuale dell’opera di pubblica utilità.

Orbene, i principi desumibili dalla legge n. 241 del 1990 garantiscono il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati al processo di formazione della volontà amministrativa, sancendo a tale scopo il diritto degli interessati stessi ad avere tempestiva notizia della pendenza del procedimento avviato.

Ciò postula che anche nei casi di dichiarazione implicita di pubblica utilità venga assicurato, prima dell’approvazione del progetto definitivo di un’opera pubblica o di pubblica utilità, il contraddittorio con i soggetti interessati, adempiendo alle formalità all’uopo previste dalle specifiche disposizioni regolanti l’iter espropriativo a tutela appunto delle garanzie del giusto procedimento (cfr. Cons. St., ad. plen., 15/9/1999, n.14; 24/1/2000, n. 2).

Al riguardo l’amministrazione obietta che la necessità di comunicare l’avvio del procedimento sarebbe esclusa quando, come nella specie, vi siano particolari rgioni di urgenza.

Senonché dal preambolo della stessa delibera n. 206 del 21/4/1999 risulta che l’intervento in questione era stato inserito nel programma delle opere pubbliche, risalente al marzo 1998, e che l’incarico di progettazione era stato affidato fin dal giugno 1998; successivamente, poi, l’occupazione è stata disposta solo nell’aprile del 2000 e le operazioni di immissione nel possesso sono state compiute in giugno. Invero i tempi impiegati nello svolgimento del procedimento non dimostrano la effettiva sussistenza di una premura tale da impedire la comunicazione degli avvisi agli espropriandi.

Nei sensi e per gli effetti sopra esposti, le doglianze in esame si rivelano fondate ed assorbenti rispetto alle ulteriori censure dedotte con il ricorso.

3. L’annullamento dei provvedimenti concernenti la dichiarazione di pubblica utilità e l’occupazione d’urgenza, determina il travolgimento degli avvisi per la redazione dello stato di consistenza e le operazioni di immissione nel possesso, impugnati con il ricorso n. 6378/00, il quale va pertanto accolto con assorbimento delle ulteriori censure dedotte.

4. I ricorrenti chiedono inoltre la restituzione dell’area occupata, ove ancora possibile, ovvero, in caso di irreversibile trasformazione dello stato dei luoghi, il risarcimento dei danni corrispondenti alla perdita del bene.

Invero, a seguito dell’annullamento giurisdizionale dei provvedimenti concernenti la dichiarazione di pubblica utilità e l’occupazione, riprendono vigore automaticamente le posizioni giuridiche soggettive anteriori all’emanazione degli atti stessi.

Inoltre, qualora i provvedimenti illegittimi (prima del loro annullamento, ed in mancanza di sospensione cautelare) abbiano avuto concreta esecuzione, la demolizione degli atti illegittimi comporta anche l’obbligo per l’amministrazione di ripristinare la situazione reale preesistente (di fatto oltre che di diritto), ponendo in essere tutte le attività (anche di carattere materiale, oltre che giuridico) strumentalmente necessarie al pieno soddisfacimento dell’interesse azionato dall’avente diritto.

Pertanto, nel caso in cui l’occupazione sia stata eseguita con la presa di possesso dell’area da parte della p.a. (come nella specie, giusta verbale in data 26/6/2000), l’amministrazione è tenuta a disporre ed effettuare la materiale restituzione ai proprietari dell’area ormai detenuta senza titolo (cfr., in tema, Cons. St., ad plen., 1/6/1983, n. 14; sez. IV, 5/10/1995, n. 785; id., 16/9/1993, n. 623).

Tale obbligo potrebbe incontrare un ostacolo solo quando, per effetto dell’esecuzione dei lavori, si fosse determinata una irreversibile modificazione dello stato dei luoghi, con la conseguente acquisizione del cespite alla mano pubblica (cfr. Cons. St., ad. plen., 7/2/1996, n. 1).

Infatti, costituisce ormai "ius receptum" (a partire da Cass., ss.uu., 16/2/1983, n. 1464) che, nell’ipotesi di occupazione illegittima, la realizzazione dell’opera pubblica, comportante la radicale trasformazione del suolo e la sua irreversibile destinazione ai fini di pubblica utilità, determina per un verso l’acquisto a titolo originario della proprietà in capo alla pubblica amministrazione e per altro verso integra gli estremi di illecito di tipo aquiliano dal quale discende una responsabilità risarcitoria verso i proprietari, sacrificati per effetto della impossibilità di ottenere la restituzione del bene e della perdita del loro diritto (cfr., più di recente, Cass., ss.uu., 25/11/1992, n. 12546; 20/1/1998, n. 494; 26/1/1998, n. 761; Corte cost., 23/5/1995, n. 188).

Tanto premesso, nella specie è da osservare che, ai sensi dell’art. 2697 c.c., mentre l’attore ha l’onere di provare i fatti posti a fondamento del diritto fatto valere in giudizio, la controparte ha invece l’onere, in primo luogo, di eccepire l’eventuale modificazione o estinzione del diritto controverso nonché di provare gli elementi costitutivi dell’eccezione stessa.

Dunque, se per ipotesi il diritto di proprietà dei ricorrenti (ripristinato dall’annullamento degli atti illegittimi) si fosse estinto a seguito dell’acquisizione del suolo da parte dell’amministrazione per accessione invertita, non vi è dubbio che quest’ultima avrebbe l’onere di allegare e provare l’esistenza di tale acquisto e, quindi, la cessazione dell’obbligo di restituirlo al precedente proprietario.

Senonché sull’argomento l’amministrazione nulla eccepisce (e tanto meno prova), laddove i ricorrenti prospettano l’esecuzione di accertamenti istruttori tendenti a verificare l’eventuale realizzazione dell’opera.

Invero, nel processo amministrativo la legge attribuisce al giudice amministrativo ampi poteri per l’acquisizione del materiale istruttorio utile ai fini della decisione. Tuttavia tale potestà è giustificata essenzialmente dall’esigenza di sopperire allo squilibrio tra la parte pubblica e quella privata nella disponibilità della documentazione amministrativa.

Nondimeno il processo amministrativo resta comunque dominato dal principio dell’iniziativa e dell’impulso di parte.

Pertanto la parte che vi abbia interesse conserva l’onere di produrre la documentazione di cui sia in possesso nonché di allegare le circostanze e di indicare gli elementi che non possono essere provati senza l’intervento del giudice.

In mancanza, il giudice non ha il potere-dovere di surrogarsi all’inerzia della parte interessata (nella specie dell’amministrazione comunale) che non ha ritenuto di sollevare eccezioni in ordine allo stato dei lavori, né tanto meno di fornire elementi probatori sull’argomento (elementi che sarebbero stati nella piena disponibilità dell’ente appaltante). Anzi, dal comportamento processuale dell’amministrazione si può evincere semmai che l’opera non è stata realizzata o, comunque, non vi è interesse al suo mantenimento, una volta che sia annullata la dichiarazione di pubblica utilità.

Alla luce di quanto precede va perciò disposta la restituzione dei suoli ai proprietari, nello stato di fatto e di diritto esistente anteriormente all’esecuzione della annullata occupazione.

Corrispondentemente è assorbita la domanda, proposta dai ricorrenti in via subordinata, di risarcimento dei danni conseguenti alla perdita del bene.

5. I ricorrenti chiedono, infine, il risarcimento dei danni derivanti dalla illegittima occupazione.

Al riguardo, gli interessati non formulano specifiche allegazioni in ordine alla consistenza dei danni subiti e, del resto, come si è detto, il ripristino dello stato dei luoghi spetta direttamente all’amministrazione come obbligo conformativo consequenziale alla demolizione degli atti impugnati.

Pertanto, per il periodo di tempo compreso tra la data dell’immissione nel possesso e quella della restituzione dei suoli, il danno per la illegittima occupazione dei medesimi va computato, in via equitativa ai sensi degli artt. 2065 e 1226 c.c., in misura percentuale pari al saggio degli interessi legali per ciascun anno di occupazione, da rapportare al valore di mercato dei terreni all’epoca dell’immissione nel possesso (cfr. Cass., sez. I, 21/11/1998, n. 11791).

Per quanto riguarda la concreta quantificazione della somma dovuta a titolo risarcitorio, va rilevato che l’art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998 consente al giudice amministrativo di stabilire i criteri in base ai quali l’amministrazione debitrice è poi tenuta a proporre agli aventi titolo il pagamento entro un congruo termine, fermo restando l’intervento del giudice stesso, in sede di ottemperanza, nel caso di mancato raggiungimento dell’accordo tra le parti.

In tale ottica va precisato che la stima del valore di mercato dei suoli andrà stabilita dal Comune obbligato al risarcimento, in contraddittorio con i ricorrenti, sulla base degli elementi in possesso della stessa amministrazione e di quelli che verranno forniti dalla controparte, nonché delle informazioni che potranno essere acquisite dagli uffici periferici dell’amministrazione finanziaria dello Stato, in ordine ai prezzi ed alle valutazioni desumibili da atti di cessione, da accordi comunque intervenuti, da procedimenti relativi alla applicazione di imposte e tributi ovvero da procedimenti in sede giudiziaria, riguardanti suoli ubicati nella zona ed aventi analoghe caratteristiche (avuto riguardo alla destinazione urbanistica, ai vincoli gravanti, all’utilizzazione, allo stato ed alla conformazione dei luoghi), in un arco temporale coincidente (o quanto più prossimo) al periodo dell’occupazione.

Relativamente alla richiesta di rivalutazione monetaria è da osservare che la quantificazione del danno dipende da una valutazione equitativa riferita agli attuali valori di mercato in relazione ad un periodo di occupazione illegittima risalente a meno di un anno, sicché non emergono sostanzialmente i presupposti per l’apprezzamento di un diminuito potere di acquisto della moneta.

Spettano, invece, ai danneggiati gli interessi legali, come ristoro del mancato guadagno provocato dal ritardato pagamento delle somme dovute.

Per il calcolo occorre considerare che il credito risarcitorio si riferisce ad un illecito di carattere permanente, consistente nella detenzione senza titolo dei suoli, che inizia con l’immissione nel possesso e si protrae nel tempo finché perdura la situazione antigiuridica (cfr. Cass., sez. III, 17/2/1997, n. 1439; sez. I, 20/11/1993, n. 11474).

Pertanto, poiché l’illecito comportamento dell’occupante abusivo si rinnova di giorno in giorno per tutto il periodo dell’occupazione illegittima, la decorrenza degli interessi (che non richiede la costituzione in mora ex art. 1219 c.c., trattandosi di debito da fatto illecito: cfr. Cass., sez. II, 27/1/1996, n. 637) può essere computata dal momento intermedio di tale periodo e fino al pagamento.

6. Le spese di causa vanno poste a carico dell’amministrazione soccombente nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione quinta, riuniti i giudizi, in accoglimento per quanto di ragione dei ricorsi n. 3724/00 e n. 6378/00, così provvede:

- annulla gli atti impugnati;

- ordina la restituzione dei suoli;

- condanna l’amministrazione al risarcimento dei danni derivanti dall’occupazione illegittima, da liquidare con i criteri di cui in motivazione.

Condanna il Comune di Marano di Napoli al pagamento, in favore delle ricorrenti, delle spese di giudizio, liquidate in lit. 5.000.000 (cinquemilioni).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli, addì 8 febbraio 2001, in camera di consiglio con l’intervento dei signori:

Italo Vitellio Presidente

Fabio Donadono consigliere estensore

Giovanni Pascone 1° referendario

Il Presidente

L’estensore

Depositata il 13 marzo 2001.

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