T.A.R. CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I - Sentenza 3 giugno 1999 n. 1532 - Pres. Coraggio, Est. Carpentieri - S.p.A. Interporto Sud Europa (ISE) (Avv. Colapinto) c. Ministero dei Beni Culturali e ambientali (Avv.ra Stato), Provincia di Caserta (Avv. Ferraiuolo), Comune di Maddaloni (Avv. Della Peruta), con intervento ad adiuvandum di Foglia (Avv. Rampetta) ed altri (n.c.) -(accoglie).
Demanio e patrimonio – Beni vincolati – Imposizione di vincolo archeologico – Su un intero comprensorio – In presenza di reperti ritrovati solo in una piccola parte del comprensorio – Illegittimità.
E’ illegittima la sottoposizione a vincolo archeologico di interi comprensori in presenza di reperti individuati soltanto su di una piccola parte dell'intera area interessata dal provvedimento impositivo del vincolo (1).
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(1) Cons. Stato, Sez. VI, 17 aprile 1997 n. 610; 1° ottobre 1996 n. 1275; 11 ottobre 1996 n. 1316; 19 luglio 1996 n. 950. Alla stregua del principio, nella specie, il T.A.R. campano ha annullato il decreto di vincolo, tenuto conto del fatto che "dall'esame degli atti si ricava il convincimento che il provvedimento di vincolo costituisca non già il futuro di una completa e attenta valutazione - compiuta anche nella comparazione con gli assai rilevanti interessi incisi - della indeclinabilità della misura rispetto alle emergenze attuali di cose di interesse archeologico già accertate come esistenti nel sito, bensì il mezzo per conseguire il diverso fine della sottoposizione a più stringente controllo dell'attività di realizzazione delle opere in un'area che, per i riferimenti esplicitati nella motivazione dell'atto (coincidenza del sito con gli assi della centuriazione agraria dell'ager campanus del 131 e dell'89 a.C.) potrebbe rivelare in futuro l'emergenza di cose di interesse archeologico tali da imporre il vincolo".
DIRITTO: Con un primo gruppo di censure parte ricorrente deduce la tardività del provvedimento rispetto al "consolidamento" degli atti localizzativi dell'intervento (atti degli enti locali e accordo di programma ex articolo 27 legge 142 del 1990 pubblicato sul b.u.r.C. del 14 ottobre 1996), nonché il conseguente vizio di "incompetenza assoluta" dell'atto, che sarebbe inidoneo a incidere sull'efficacia delle suddette deliberazioni già perfezionate.
La censura è priva di fondamento, poiché gli atti concernenti la localizzazione dell'interporto, l'approvazione del progetto e del piano particellare delle espropriazioni, le varianti urbanistiche intervenute e l'accordo di programma menzionato (al quale non risulta peraltro aver partecipato l'amministrazione dei beni culturali) non pregiudicano in alcun modo il normale esercizio dei poteri di vincolo ex lege 1089 del 1939, né ne determinano la consumazione, non trattandosi di potere soggetto a termini perentori di esercizio.
Né di assume essere intervenuta, nella fattispecie, la conferenza di servizi di cui all'articolo 14, comma 4, della legge 241 del 1990, con determinazione di conclusione del procedimento da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, che sola avrebbe potuto "superare" il dissenso dell'amministrazione intimata. Ogni altra considerazione circa l'affidamento insorto nei soggetti realizzatori, in relazione allo stadio assai avanzato dei procedimenti, potrà tutt'al più assumere rilievo sul diverso piano dell'eccesso di potere denunciato con le successive censure contenute nel ricorso introduttivo.
Va peraltro osservato che la posizione assunta dall'amministrazione intimata trova corrispondenza nell'avviso espresso nel'lambito della precedente procedura di valutazione di impatto ambientale dell'opera interportuale (i cui esiti peraltro non si evincono dal fascicolo), come si ricava dagli atti depositati dalla difesa erariale (cfr. nota ministeriale prot. 5899/97 del 25 febbraio 1997 e nota della Soprintendenza archeologica delle province di Napoli e Caserta n. prot. 34931 del 14 novembre 1996 ivi citata, ove si esprimeva l'avviso della necessità che il progetto venisse rimodellato in modo da non "stravolgere gli orientamenti centuriali, dominanti il passaggio storicizzato e rispettarne le linee principali" e che il parere sulle compatibilità archeologiche potesse essere espresso solo dopo una più puntuale conoscenza del territorio mediante indagine topografica con i metodi della ricognizione, delle prospezioni geofisiche, delle trincee esplorative etc., "da espletarsi a cura e a spese degli interessati alla realizzazione delle opere e su progettazione e direzione scientifica della Soprintendenza").
Fondato e assorbente di ogni altra censura si rivela invece il motivo di eccesso di potere per sviamento, per illogicità, contraddittorietà e sproporzione della misura adottata.
Dall'esame degli atti si ricava il convincimento che il provvedimento di vincolo costituisca non già il futuro di una completa e attenta valutazione - compiuta anche nella comparazione con gli assai rilevanti interessi incisi - della indeclinabilità della misura rispetto alle emergenze attuali di cose di interesse archeologico già accertate come esistenti nel sito, bensì il mezzo per conseguire il diverso fine della sottoposizione a più stringente controllo dell'attività di realizzazione delle opere in un'area che, per i riferimenti esplicitati nella motivazione dell'atto (coincidenza del sito con gli assi della centuriazione agraria dell'ager campanus del 131 e dell'89 a.C.) potrebbe rivelare in futuro l'emergenza di cose di interesse archeologico tali da imporre il vincolo.
Il dato storico costituito dalla accertata preesistenza in situ degli assi della centuriazione dell'epoca repubblicana, e la probabilità indotta anche da altre circostanze (l'avvenuta scoperta in area limitrofa dei resti di una villa romana della medesima epoca), pur nell'assenza attuale di ritrovamenti nella vasta zona oggetto del vincolo, ha dunque indotto l'amministrazione, pur nell'apprezzabile fine pubblico di meglio salvaguardare con un'azione preventiva i possibili futuri ritrovamenti, ad anticipare l'imposizione del vincolo medesimo, trasformando il provvedimento da strumento finale di tutela a mezzo volto sostanzialmente a imporre tecniche e modalità di scavo, nella realizzazione dell'opera, atte conseguire una più puntuale e approfondita indagine preventiva sui luoghi propedeutica a successive azioni di tutela.
Ne risulta un provvedimento sovradimensionato rispetto allo stesso fine dichiarato dall'amministrazione e perciò sproporzionato rispetto allo stato attuale delle risultanze di interesse archeologico del sito e rispetto alla corrispondente assai gravosa compressione degli interessi della parte ricorrente (nonché degli altri interessi pubblici sicuramente presenti nella realizzazione dell'importante opera pubblica di che trattasi).
Occorre sul punto porre l'attenzione sul fatto che il decreto di vincolo non si limita agli "assi stradali sopradescritti (assi della centuriazione agraria dell'ager campanus del 131 e dell'89 a.C.), così come indicati "nell'elenco A - viabilità - individuati nella planimetria catastale con tratto di colore blu", ma si estende anche a tutte "le aree sulle quali essi insistono, individuate nell'Elenco B - "particellare", e con tratteggio obliquo nella planimetria catastale", così investendo - come è agevole rilevare dall'esame della planimetria allegata al provvedimento - una vastissima area, comprendente quasi nella sua interezza il sito di realizzazione dell'interporto. Oggetto di vincolo, dunque, non sono soltanto i cardi e i decumani (che sarebbero in parte ancora visibili) costituenti le maglie centuriali, ma le intere centurie, ovvero anche i vasti compendi di terreno agricolo ricompresi nelle suddette "maglie". E non v'è dubbio che, allo stato, e nella stessa prospettazione dell'amministrazione, tali vaste aree sono affatto prive di emergenze di come di interesse storico archeologico che possano giustificare l'imposizione del vincolo. La giurisprudenza amministrativa ha peraltro in più occasioni giudicato illegittima la sottoposizione a vincolo archeologico di interi comprensori in presenza di reperti individuati soltanto su di una piccola parte dell'intera area riguardata dal provvedimento (Cons. Stato, Sez. VI, 17 aprile 1997 n. 610; 1° ottobre 1996 n. 1275; 11 ottobre 1996 n. 1316; 19 luglio 1996 n. 950).
Dal carteggio intercorso con la società ricorrente emerge peraltro che, in prossimità dell'avvio dei lavori di realizzazione del primo lotto (raccordo e terminal ferroviario, piazzali, capannoni per magazzino merci, palazzina uffici e servizi, su 900.000 mq.), la Soprintendenza pretese una serie di verifiche a spese del Consorzio, circa "eventuali situazioni di interesse archeologico", e che una volta resasi conto della resistenza opposta da quest'ultimo, pervenne al convincimento della necessità di promuovere la procedura per l'imposizione del vincolo al fine di assicurarsi il controllo delle trasformazioni del territorio.
Emerge, dunque, per tabulas, dall'esame degli atti di causa, che lo scopo perseguito dall'amministrazione mediante l'apposizione del vincolo non è stato soltanto quello di preservare le cose di interesse archeologico già accertate come esistenti (gli assi della centuriazione, in parte ancora "visibili"), bensì - anche e soprattutto - quello di sottoporre al proprio controllo preventivo, mediante potere autorizzatorio ex articolo 18 della legge 1089 del 1939, tutte le singole opere che la società ricorrente dovrà realizzare per la costruzione dell'interporto. L'amministrazione, dunque, non mira tanto a proteggere le maglie centuriali, in sé considerate, come pure si afferma nella relazione storico-artistica, ma vuole in via preventiva indurre un'organizzazione dei lavori - che essa stessa dichiara di non voler impedire - tale da consentire adeguate indagini archeologiche preventive atte a preservare eventuali e futuri ritrovamenti.
Vi è pertanto contraddizione nelle posizioni espresse dall'amministrazione, che nella relazione storico-artistica di proposta del vincolo di …leggibile e "in quanto l'intervento previsto sconvolge in maniera radicale i luoghi, cancellando una vasta area di territorio nella quali totalità ancora a sfruttamento agricolo, rendendo in futuro impossibile ogni ulteriore accertamento di natura archeologica"; mentre negli atti interlocutori intercorsi con la controparte e nella stessa memoria difensoriale dichiara invece di non ritenere la realizzazione dell'interporto incompatibile con la conservazione dei segni della centuriazione romana, di non voler affatto impedire, pertanto, i lavori dell'interporto, come progettati, ma si voler usare il vincolo al fine di sottoporre le singole opere a specifico nulla osta previa adeguata indagine geognostica archeologica con esito negativo.
Emerge pertanto una dichiarata eccedenza del mezzo rispetto al fine perseguito.
E' opportuno precisare che la presente pronuncia non investe il punto - attinente al merito insindacabile delle scelte amministrative - della meritevolezza di tutela dei cardi e dei decumani delle maglie centuriali, ancora in parte visibili. Ma attiene alla proporzionalità e alla completezza motivazionale del provvedimento adottato, che, alla stregua delle risultanze di causa, avrebbe dovuto essere coerentemente limitato agli "assi stradali indicati nell'elenco A - viabilità - individuati nella planimetria catastale con tratto di colore blu", e non essere illogicamente esteso anche alle "aree sulle quali essi insistono, individuate nell'elenco B - particellare - e con tratteggio obliquo nella planimetria catastale"; ed avrebbe dovuto essere altresì sorretto da più puntuale e adeguata motivazione, autonoma e indipendente dalla considerazione della possibilità di pervenire a ulteriori (futuri ed eventuali) ritrovamenti nelle aree interessate dal vincolo.
Il Collegio rileva pertanto la presenza di sintomi rilevanti di perplessità, di contraddittorietà e illogicità degli atti, che esprimono un vizio di eccesso di potere per sproporzione e inadeguata ponderazione dei presupposti della fattispecie, anche in relazione alla posizione titolata della società ricorrente a procedere alla realizzazione dell'opera pubblica in questione.
Per le esposte ragioni il ricorso deve giudicarsi fondato, con conseguente annullamento dell'atto impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione intimata.
Ricorrono giusti motivi per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese di causa.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA, SEZIONE I, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il decreto di vincolo oggetto di impugnativa, salvi gli ulteriori atti dell'amministrazione.
Compensa per intero tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Napoli nelle Camere di Consiglio del 10 febbraio e del 14 aprile 1999.