TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. IV - Sentenza 21 ottobre 1999 n. 2707
- Pres. Corsaro, Est. Gaudieri - Comune di Casagiove c. Provincia di Caserta e Condominio Parco S. VincenzoEdilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Annullamento ex art. 27 L. urbanistica - Competenza - E’ del dirigente dell’ufficio - Annullamento disposto dal Presidente della Regione (o dalla Provincia, se delegata) - Illegittimità.
Deve ritenersi che, dopo la data di entrata in vigore del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, anche i provvedimenti di annullamento di concessioni edilizie ex art. 27 L. 17 agosto 1942 n. 1150, come modificato dall’art. 7 L. 6 agosto 1967 n. 765, rientrino nella competenza dei dirigenti; è pertanto illegittimo, per incompetenza, un provvedimento di annullamento di una concessione edilizia emesso ai sensi delle norme sopra citate, dopo l’entrata in vigore del D.L.vo n. 80/1998, dal Presidente della Regione (o dalla Provincia, se delegata) e non già dal dirigente (1).------------------------
(1) V. in senso diverso Consiglio di Stato, sentenza 22 aprile 1997 n. 660, secondo cui, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 3 del D.Lg.vo n. 29/93, spetta al Presidente della Giunta regionale e non ai dirigenti degli uffici la competenza all’annullamento delle concessioni di costruzioni illegittimamente assentite dal Comune, in considerazione della particolare natura del potere esercitato dalle Regioni in materia.
FATTO
In data 6/5/1997, il Comune di Casagiove rilasciava al Rev. Don Pasquale D’Anna, legale rappresentante della Parrocchia S. Michele Arcangelo, la concessione edilizia n. 25/97 per la realizzazione di opere di ministero pastorale, avversata dal condominio Parco S. Vincenzo, con apposita richiesta inviata all’Amministrazione provinciale di Caserta ex art. 27 L. n. 1150/1942. Aconclusione del relativo procedimento, la Giunta provinciale provvedeva ad annullare la menzionata concessione.
Avverso quest’ultimo provvedimento è insorto il Comune di Casagiove deducendo, con l’atto notificato il 4/12/1998, depositato il 16/12/1998 (ric. n. 13271), le censure di violazione del PRG, dei principi in materia di annullamento, nonché dell’art. 51 della L. 8 giugno 1990 n. 142. La deliberazione di annullamento della concessione edilizia è stata impugnata anche dalla Parrocchia S. Michele Arcangelo che, con l’atto notificato il 2/12/1998, depositato il 23/12/1998 (Ric. n. 13560/98) ha gravato l’atto in questione con censure sostanzialmente analoghe.
Resiste in entrambi i giudizi l’amministrazione intimata.
In entrambi i giudizi è intervenuto ad opponendum il Condominio Parco S. Vincenzo. Infine, con l’atto notificato il 2/12/1998, depositato il 23/12/1998 (Ric. n. 13561/98) la Parrocchia S. Michele Arcangelo ha impugnato il provvedimento dirigenziale di sospensione dei lavori, per illegittimità derivata, gravandolo con censure identiche a quelle rassegnate nel ricorso sub 2).
DIRITTO
1) Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi in esame ai sensi dell’art. 52 R.D. 17 agosto 1907 n. 642, richiamato dall’art. 19 L. 6 dicembre 1971 n. 1034, attesa la loro evidente connessione soggettiva ed oggettiva, afferente ad un’unica vicenda intercorsa tra le medesime parti.
2) È controversa nel presente giudizio la legittimità della deliberazione della Giunta Provinciale di Caserta n. 740 del 24/9/1998, recante annullamento - ex art. 27 L. 17 agosto 1942 n. 1150, come modificato dall’art. 7 L. 6 agosto 1967 n. 765 - della concessione edilizia n. 25 del 6/5/1997 rilasciata dal Comune di Casagiove al legale rappresentante della Parrocchia S. Michele Arcangelo per la realizzazione di opere di ministero pastorale.
Pregiudiziale ed assorbente si rivela la censura relativa all’incompetenza dell’organo giuntale all’adozione dell’atto in questione ex art. 51 L. 8 giugno 1990 n. 142 e successive modificazioni ed integrazioni, in forza delle cui previsioni i poteri di indirizzo e di controllo spettano agli organi elettivi, mentre la gestione amministrativa spetta ai dirigenti in conformità all’art. 3 del D.Lg.vo 3 febbraio 1993 n. 29.
2.a) Non ignora il Collegio che il Consiglio di Stato, con decisione n. 660 del 22 aprile 1997, ha ritenuto che anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 3 del D.Lg.vo n. 29/93 spetta al Presidente della Giunta regionale e non ai dirigenti degli uffici, la competenza all’annullamento delle concessioni di costruzioni illegittimamente assentite dal Comune.
Ha giustificato le rassegnate conclusioni con la particolare natura del potere esercitato dalle Regioni, asserendo che «si tratta dello stesso potere che l’art. 27 L.U. del 1942 attribuiva al Presidente della Repubblica, traslato nell’ordinamento regionale, del quale non v’è motivo per ritenere che, nel trasferimento dall’uno all’altro ordinamento, abbia dismesso quei caratteri di straordinarietà ed ampia discrezionalità che lo distinguevano in precedenza. Uguale qualificazione di specialità, inoltre, va riconosciuta alle norme che detto potere prevedono e disciplinano in considerazione dell’incidenza che il suo esercizio ha comunque sull’autonomia costituzionalmente garantita al Comune. Per la natura del potere in questione e per la specialità delle norme relative, quindi, deve escludersi che riguardo ad esso possa trovare applicazione il citato art. 3 D.Lg. vo 3 febbraio 1993 n. 29 che, con disposizione a carattere generale, attiene all’ordinaria attività amministrativa».
In sostanza, la menzionata giurisprudenza radica la persistenza in capo all’organo politico del potere di annullamento ex art. 27 della citata normativa:
a) alla natura del potere esercitato;
b) alla specialità della norma in esame;
c) alla circostanza che detta attività esula dall’ordinaria amministrazione devoluta a dirigenti e funzionari.
Non resta al Collegio che darsi carico delle rassegnate conclusioni per accertare se le medesime, anche alla luce della sopravvenuta normativa, possano ancora condividersi.
3) La dottrina è orientata a ritenere, e la giurisprudenza appare consolidata in senso conforme, che la potestà di annullamento delle licenze (oggi: concessioni) di cui all’art. 27 L.U. vada mantenuta distinta dalla potestà di annullamento ex art. 6 T.U.L.C.P. degli atti illegittimi, nonostante alcune affinità procedimentali ed il richiamo a tale ultima norma nella prima contenuta.
Ha chiarito al riguardo l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (3 luglio 1973 n. 7) che l’autonomia e la diversità di tali poteri - che pure coesistono nell’ordinamento e possono trovare applicazione nei riguardi delle licenze illegittime (Cons. St., Sez. II, 21 maggio 1980 n. 923/76) - rendono non contraddittorio che l’uno sia ancora di spettanza dell’Amministrazione statale e l’altro sia di competenza delle regioni.
L’intrinseca diversità degli istituti in esame è altresì desumibile dalla ricorrenza dei diversi presupposti utili a radicarne l’esercizio: l’annullamento governativo non incontra limiti di tempo e richiede comunque la sussistenza dell’interesse pubblico attuale accanto al vizio di legittimità; l’annullamento regionale, invece, soggiace a precisi limiti temporali e non risulta caratterizzato anche dall’onere di valutazione dell’interesse pubblico concreto ed attuale, essendo finalizzato allo scopo di ricondurre le amministrazioni comunali al rigoroso rispetto di tutta la normativa edilizia (Cons. St. - Sez. V - 30 settembre 1980 n. 801; TAR Puglia 27 agosto 1981 n. 186).
Il primo è posto a tutela dell’unità dell’ordinamento, mentre il secondo attiene all’esercizio dei poteri di vigilanza e di controllo (Cons. St. - Sez. V - 3 gennaio 1992 n. 6).
Il potere di annullamento governativo, d’altronde, permane ancora oggi anche dopo l’entrata in vigore della L. 8 giugno 1990 n. 142: esso, infatti, non solo non contrasta con i principi costituzionali relativi all’organizzazione amministrativa dello Stato e delle autonomie locali, ma si inserisce nel sistema, concepito dall’art. 5 Cost., nel quale il decentramento organico e istituzionale è stabilito in modo da non contrastare con il carattere unitario dello Stato (Corte Cost. 5 maggio 1959 n. 23).
Trattasi, in definitiva, di un potere di alta amministrazione, ampiamente discrezionale, azionabile per vizi particolarmente gravi, nei confronti degli atti di qualunque Amministrazione, ad eccezione delle Regioni (Corte Cost., sent. n. 229 del 1989), di carattere straordinario, attribuito ad un organo costituzionale a tutela dell’unità dell’ordinamento.
Simili connotazioni non sussistono nella fattispecie dell’annullamento delle concessioni edilizie ad opera delle Regioni (o della Provincia, se delegata), la cui natura, dunque, va mantenuta ontologicamente distinta dal potere ex art. 6 T.U.L.C.P., nonché riconducibile a quella concorrente potestà pianificatoria che assegna alla Regione il potere di modificare, in sede di approvazione e nei limiti di cui all’art. 10 della L. 17 agosto 1942 n. 1150, lo strumento urbanistico.
4) La conclamata diversità degli istituti in esame, consente di sottoporre a disamina l’ulteriore elemento contenuto nel percorso argomentativo della citata decisione, relativo alla specialità dell’art. 27 L.U. ed alla sua immanenza all’ordinamento di settore siccome impermeabile alla successiva normazione a decorrere dall’art. 3 D.Lg.vo, a mente delle cui previsioni gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, mentre ai dipendenti spetta l’adozione degli atti e provvedimenti che impegnano l’Amministrazione verso l’esterno, nonché la responsabilità della gestione.
Osserva il Collegio che il percorso di razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’art. 2 della L. 23 ottobre 1992 n. 421, ha conosciuto in questi ultimi anni una significativa evoluzione con una netta demarcazione tra programmazione (affidata agli organi elettivi) e gestione (affidata ai dirigenti).
Come ha precisato la Corte Costituzionale «a partire dal nuovo ordinamento delle autonomie locali (legge 8 giugno 1990 n. 142) e dalla riforma del procedimento amministrativo (legge 7 agosto 1990 n. 241) il legislatore, attraverso una molteplicità di interventi si è indirizzato verso un nuovo modello di organizzazione volto ad alleggerire progressivamente l’apparato amministrativo del suo carico di vincoli sostanziali e procedimentali» (sent. n. 313 del 18/25 luglio 1996). In tale contesto si inserisce la delega di cui all’art. 2 della L. n. 421/1992, fondata, tra l’altro, anche sulla previsione della separazione della programmazione dalla gestione, che troverà nell’art. 3 del D.Lg.vo n. 29/93 la sua canonizzazione per tutto il pubblico impiego.
Detto principio è stato ripreso e riaffermato dall’art. 3 del D.Lg.vo 31 marzo 1998 n. 80 - emanato anche in attuazione della delega contenuta nella L. 15 marzo 1997 n. 59 - con l’espressa indicazione che i dirigenti sono responsabili "in via esclusiva" dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.
L’esclusività dell’attribuzione è stata quindi presidiata, precisando, al comma3 della medesima disposizione, che «le attribuzioni dei dirigenti indicati dal comma 2 possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative».
Il menzionato decreto, portando a compimento il processo di separazione tra programmazione e gestione (con l’attribuzione della prima agli organi di governo e della seconda ai funzionari) anche con la specifica indicazione, esemplificativa e non esaustiva, delle funzioni di rispettiva competenza, ha consentito di ritenere superata quell’originaria incertezza legata alla prima stesura dell’art. 3 del D.Lg.vo n. 29/93.
È stato, infatti, espressamente precisato che resta nella sfera di attribuzioni dell’organo politico «quanto previsto dall’art. 2, comma 3, lett. p) della legge 23 agosto 1988 n. 400; quanto previsto dall’art. 6 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza... dall’articolo 10 del relativo regolamento... il potere di annullamento ministeriale per motivi di legittimità». Né tale previsione può ritenersi inoperante a fronte della specialità dell’art. 27 L. n. 1150 del 1942.
Osserva il Collegio che il principio lex posterior generalis non derogat priori speciali richiede, quanto alla sua operatività, l’eadem ratio; identità che qui non ricorre essendo la normativa contenuta nel D.Lg. vo n. 80/98 ispirata ad un criterio di distinzione tra livello politico ed amministrativo del tutto nuovo rispetto a quello previgente.
Vero è piuttosto, che il potere di annullamento ex art. 27 L. n. 1150 del 1942, espresso dalla Regione (dalla Provincia, se delegata) non impegna valutazioni di natura politico-amministrativa, essendo piuttosto - in quanto finalizzato allo scopo di ricondurre le amministrazioni comunali al rigoroso rispetto di tutta la normativa edilizia - espressione di valutazioni di ordine tecnico riconducibili nella sfera di attività di gestione amministrativa del
dirigente generale, al pari di quanto avviene in materia di annullamento delle autorizzazioni ex art. 7 L. 29 giugno 1939 n. 1497, della cui appartenenza alla sfera dirigenziale nessuno più dubita (Cons. Stato, Sez. II, 27 maggio 1998).5) Neppure può dirsi, per radicare il potere di annullamento in capo all’organo politico, che l’esercizio del potere coinvolge rapporti soggettivi tali da incidere su prerogative di enti, dotati di autonomia costituzionalmente garantita e come tale esula dalle attribuzioni dirigenziali.
Anche a voler prescindere dall’assorbente rilievo che i valori dell’autonomia, che pure si esplica nell’ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica, attengono essenzialmente alla capacità dell’ente di costituire il proprio ordinamento con l’emanazione di norme interne nonché di determinare il proprio indirizzo politico-amministrativo, non sembra al collegio che l’annullamento di una concessione edilizia illegittima (tanto se operata dal funzionario quanto dall’organo politico) possa ritenersi una turbativa dell’autonomia, costituzionalmente garantita, dell’ente esponenziale degli interessi della comunità locale. Vero è piuttosto che il potere di annullamento s’inscrive in quella concorrente competenza dell’Autorità regionale in materia urbanistica, che nella trama organizzatoria della pianificazione comunale vede entrambi gli enti cointeressati e partecipi nella regolamentazione dell’intero territorio comunale.
Se a tutto ciò si aggiunge, infine, la circostanza, non irrilevante, che la lett. f) del secondo periodo del comma 3 dell’art. 51 L. 8 giugno 1990 n. 142, nel testo novellato dall’art. 6 L. n. 127/97, attribuisce al dirigente il rilascio delle autorizzazioni e concessioni edilizie, mentre la lett. f-bis) aggiunta al comma in esame dall’art. 2 L. n. 191/1998, attribuisce parimenti al funzionario i provvedimenti di abbattimento e riduzione in pristino delle opere abusive nonché i poteri di vigilanza edilizia, dovrà convenirsi che nell’attuale ordinamento delle autonomie locali il potere di annullamento delle concessioni edilizie illegittime ex art. 27 L.U., ha per oggetto non più provvedimenti sindacali bensì dirigenziali, e come tali di gestione dell’attività di trasformazione del territorio, onde non incide in alcun modo sui valori costituzionali delle autonomie e tanto meno sul potere di programmazione dell’indirizzo politico-amministrativo dell’ente.
Anzi, a ben vedere, detto potere appare preordinato alla tutela dei valori espressi dall’art. 97 Cost. e come tale non necessita di alcuna particolare ponderazione dell’interesse pubblico da ritenersi in re ipsa. Tali conclusioni, ad avviso del Collegio, appaiono coerenti con la lettura che la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha dato del nuovo sistema delle autonomie locali introdotto dalla L. n. 142 del 1990.
Ha chiarito il Giudice delle Leggi che la citata normativa, nel disciplinare l’ordinamento delle autonomie locali in una prospettiva di maggiore aderenza all’art. 5 della Costituzione ed attuativa della IX disposizione transitoria e finale, tende ad un tempo a dotare gli enti territoriali infraregionali di più ampia autonomia ed assicura un più organico raccordo funzionale tra essi e le regioni, nelle quali individua il centro propulsore e di coordinamento dell’intero sistema delle autonomie locali.
Tale qualificata posizione delle regioni emerge, in particolare, dall’art. 3 della L. n. 142/90 che affida alla legge regionale il compito di disciplinare i rapporti con gli altri enti ivi compresi gli obiettivi generali di programmazione e della pianificazione territoriale dei comuni (Sentenza n. 343 del 15/7/1991). In un simile contesto, dove i valori delle autonomie locali risultano attuati mediante un disegno di programmazione concertata tra regioni ed enti locali, come metodo di raccordo dei vari livelli di governo nonché degli interessi e delle competenze che in essi si esprimono (Corte Cost. sentenza n. 87 del 28/3/1996), non appare ragionevolmente configurabile alcun vulnus ai valori delle autonomie locali dall’esercizio di siffatto potere di annullamento delle concessioni illegittime ad opera del dirigente.
Per tutte le suesposte considerazioni può concludersi che il potere di annullamento delle concessioni edilizie ex art. 27 L. n. 1150 del 1942, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lg.vo 31 marzo 1998 n. 80, rientra nel novero delle attribuzioni dirigenziali, in quanto atto di gestione, ancorché pertinente ad atti di altra amministrazione, le cui prerogative non risultano affatto invase.
Poiché nella specie l’atto impugnato è successivo all’entrata in vigore del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80 ed è stato adottato dalla giunta provinciale e non dal dirigente, deve ritenersi viziato sotto il profilo esaminato e come tale va annullato.
6) Le ulteriori censure possono ritenersi assorbite.
7) La novità della questione trattata impone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sede di Napoli, Sez. IV, accoglie, previa riunione, i ricorsi in epigrafe e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Depositata il 21 ottobre 1999.