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n. 9-2001 - © copyright.

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I - Sentenza 6 settembre 2001 n. 3997 - Pres. Coraggio, Est. Carpentieri - Casale (Avv.ti F. Scotto e C. Russo) c. Comune di Caserta (Avv. Camillo Lerio Miani) e Verzillo (Avv. O. Abbamonte).

Comune e Provincia - Collegio dei revisori - Nomina dei componenti da parte del Consiglio comunale - Candidati collocatisi ex aequo all’esito della votazione - Ballottaggio tra i candidati - Impossibilità - Ragioni - Rinnovazione delle elezioni - In mancanza di apposite previsioni statutarie - Va disposta.

Il consiglio comunale, nel procedere alla nomina dei nuovi componenti del collegio dei revisori, a fronte del risultato di parità scaturito dalla votazione, non può ricorrere ad una seconda votazione di ballottaggio tra i due candidati più votati che, con riferimento alla medesima categoria professionale (concorrendo, dunque, al medesimo posto), abbiano riportato un numero pari di preferenze; il ricorso al ballottaggio, infatti, non è previsto da alcuna norma di legge ed è una soluzione che, in assenza di una espressa disciplina legislativa per l’evenienza in esame, contrasta con la ratio della istituzione e delle funzioni dell’organo di revisione contabile. In tale ipotesi, in assenza di apposite previsioni statutarie, deve procedersi al rinnovo della votazione (1).

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(1) Ha osservato il TAR Campania che la sottoposizione a ballottaggio dei candidati collocatisi ex aequo all’esito della votazione introduce un irreparabile vulnus al sistema del voto limitato voluto dalla legge e, quindi, ai principi ordinatori dell’organizzazione amministrativa in tema di composizione e formazione dell’organo di revisione contabile.

Prevede in proposito l’articolo 234, commi 1 e 2, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, introdotto con il d.lg. 267 del 2000, che: 1. I consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane eleggono con voto limitato a due componenti, un collegio di revisori composto da tre membri. 2. I componenti del collegio dei revisori sono scelti: a) uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, il quale svolge le funzioni di presidente del collegio; b) uno tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti; c) uno tra gli iscritti nell'albo dei ragionieri.

La regola del voto limitato denuncia la volontà del legislatore di sganciare l’organo di revisione contabile dalla maggioranza consiliare, assicurando nel seno di esso una (possibile) rappresentanza alla minoranza.

Tale esigenza deriva dal fatto che il collegio dei revisori dei conti, per le funzioni che è chiamato a svolgere (articolo 239), richiede una posizione di sostanziale indipendenza dalla maggioranza politica che esprime gli organi di governo dell’ente locale. Le funzioni consultive e di controllo sui bilanci, sui programmi e i progetti, di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione delle entrate e delle spese, dell’attività contrattuale, dell’amministrazione dei beni etc., assolvono infatti a finalità di garanzia nell’interesse oggettivo e generale dell’equilibrio della gestione economica dell’ente locale. N

el solco di una tradizionale e stabilizzata linea di tendenza nell’organizzazione amministrativa, all’organo di controllo contabile devono essere assicurate quell’autonomia e quella indipendenza dall’amministrazione attiva necessarie per consentire un giusto adempimento della funzione di controllo [cfr. ad esempio il d.lg. 30 luglio 1999, n. 286 (Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59) dove, a proposito dell’attività di controllo di regolarità amministrativa e contabile, viene operato un rinvio (tramite l’articolo 17, comma 1, della legge 59/1997) ai principi dettati in tema di attività di controllo della Corte dei conti (articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20)].

Se la conclusione è univoca, ad avviso del TAR Campania, nel senso della non conformità a legge del rimedio del ballottaggio adottato nella specie dal comune, non altrettanto può dirsi in ordine alla diversa soluzione prospettata dal ricorrente (criterio cd. della decananza). Una siffatta soluzione, secondo il TAR Campania, potrebbe non illegittimamente essere prefigurata dallo statuto dell’ente o da altra fonte regolamentare promanante dall’ente locale (non interferendo negativamente con il criterio della tendenziale terzietà dell’organo di revisione).

Tuttavia, in mancanza di tale fonte secondaria, il TAR Campania ritiene che non possa essere esclusa una diversa soluzione che, facendo salva la regola della inscindibile unitarietà delle votazioni con voto limitato per la designazione di soggetti membri di organi elettivi, rimetta in discussione l’intera procedura e disponga nel senso di una sua integrale rinnovazione.

V. sul punto la sentenza dello stesso TAR Campania, Sez. I di Napoli, 6 settembre 2001 n. 3998, riportata dopo il testo della sentenza in rassegna, che esamina una disposizione regolamentare prevista per il Comune di Napoli.

 

 

per l'annullamento

«della deliberazione del Consiglio Comunale n. 153 del 13/11/2000, pubblicata dal 17/11/2000 al 02/12/2000, con la quale si è proceduto alla nomina dei componenti del Collegio dei Revisori dei Conti del Comune di Caserta, nonché di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente che sia comunque lesivo dell’interesse del ricorrente alla nomina a componente del Collegio dei Revisori dei Conti come membro iscritto all’Ordine dei Commercialisti».

(omissis)

FATTO

            Con il ricorso in esame – ritualmente notificato e depositato in segreteria – il dott. Casale Alessandro impugna la delibera riportata in epigrafe con la quale il consiglio comunale di Caserta, nel procedere alla nomina dei nuovi componenti del collegio dei revisori, a fronte del risultato di parità scaturito dalla votazione del 29 novembre 2000 per la designazione del componente con qualifica di dottore commercialista tra il ricorrente dott. Casale e il controinteressato dott. Verzillo (entrambi avevano conseguito 12 punti), ha disposto una nuova votazione di ballottaggio tra i due suddetti candidati che avevano riportato lo stesso numero dei voti, ed ha quindi designato il dott. Verzillo (che ha ottenuto in seconda votazione 17 voti contro i 3 voti del ricorrente).

            Lamenta il ricorrente – che vanta una maggiore anzianità anagrafica – che il ricorso al suddetto “atipico rimedio” del ballottaggio, in luogo del criterio oggettivo dell’anzianità anagrafica, avrebbe “creato il presupposto perché la nomina dei componenti dell’organo di revisione economico finanziaria venisse irreversibilmente connotata da significati esclusivamente partitici”.

            Si sono costituiti ed hanno resistito in giudizio sia il comune di Caserta che il controinteressato dott. Verzillo, concludendo per l’infondatezza e per il rigetto del ricorso di controparte.

            Alla pubblica udienza del 23 maggio 2001 la causa è stata chiamata e introitata per la decisione.

DIRITTO

            Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

            Il ricorso ad una seconda votazione di ballottaggio tra i due candidati più votati che, con riferimento alla medesima categoria professionale (concorrendo, dunque, al medesimo posto), abbiano riportato un numero pari di preferenze, non è previsto da alcuna norma di legge, né di regolamento dell’ente locale (punto, quest’ultimo, non contestato tra le parti) ed è una soluzione che, in assenza di una espressa disciplina legislativa per l’evenienza in esame, contrasta con la ratio della istituzione e delle funzioni dell’organo di revisione contabile.

            Prevede l’articolo 234, commi 1 e 2, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, introdotto con il d.lg. 267 del 2000, che 1. I consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane eleggono con voto limitato a due componenti, un collegio di revisori composto da tre membri. 2. I componenti del collegio dei revisori sono scelti: a) uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, il quale svolge le funzioni di presidente del collegio; b) uno tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti; c) uno tra gli iscritti nell'albo dei ragionieri.

            La regola del voto limitato denuncia la volontà del legislatore di sganciare l’organo di revisione contabile dalla maggioranza consiliare, assicurando nel seno di esso una (possibile) rappresentanza alla minoranza.

            Tale esigenza deriva dal fatto che il collegio dei revisori dei conti, per le funzioni che è chiamato a svolgere (articolo 239), richiede una posizione di sostanziale indipendenza dalla maggioranza politica che esprime gli organi di governo dell’ente locale. Le funzioni consultive e di controllo sui bilanci, sui programmi e i progetti, di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione delle entrate e delle spese, dell’attività contrattuale, dell’amministrazione dei beni etc., assolvono infatti a finalità di garanzia nell’interesse oggettivo e generale dell’equilibrio della gestione economica dell’ente locale. Nel solco di una tradizionale e stabilizzata linea di tendenza nell’organizzazione amministrativa, all’organo di controllo contabile devono essere assicurate quell’autonomia e quella indipendenza dall’amministrazione attiva necessarie per consentire un giusto adempimento della funzione di controllo [cfr. ad esempio il d.lg. 30 luglio 1999, n. 286 (Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59) dove, a proposito dell’attività di controllo di regolarità amministrativa e contabile, viene operato un rinvio (tramite l’articolo 17, comma 1, della legge 59/1997) ai principi dettati in tema di attività di controllo della Corte dei conti (articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20)].

            La sottoposizione a ballottaggio dei candidati collocatisi ex aequo all’esito della votazione introduce un irreparabile vulnus al sistema del voto limitato voluto dalla legge e, quindi, ai suindicati principi ordinatori dell’organizzazione amministrativa in tema di composizione e formazione dell’organo di revisione contabile. Ed invero, in una fattispecie siffatta il ricorso al ballottaggio vanifica il voto limitato e consente alla maggioranza di ricompattarsi sul nome di uno dei due candidati collocatisi in posizione di parità, così di fatto determinando con la sua forza anche la terza designazione. Ciò che rileva, nel ricercare in via sussidiaria una regola giuridica che riempia la lacuna della previsione normativa, è la conformità in astratto della soluzione proposta rispetto alla ratio legis e alla finalità dell’istituto, conformità che invero, per quanto detto, deve escludersi nel caso del ricorso al ballottaggio, trattandosi di un sistema almeno in astratto capace di impedire alla minoranza di esprime la designazione ad essa sostanzialmente riservata dal meccanismo del voto limitato voluto dalla legge.

            A sostegno della tesi di parte ricorrente – e contro la soluzione adottata dal comune di Caserta e oggetto di contestazione – milita altresì l’ulteriore argomento dell’assoggettamento (potenziale) del componente eletto all’esito del ballottaggio a logiche di schieramento politico interne al consiglio comunale. Ed infatti, il meccanismo del ballottaggio, per sua natura e per le modalità del suo funzionamento, si presta all’interferire (peraltro del tutto lecito e, ove tale sistema è applicabile, del tutto fisiologico) di accordi e di negoziazioni in seno ai diversi gruppi politici in seno all’organo assembleare, che potrebbero costituire una sfavorevole ipoteca sulla reale indipendenza dei componenti poi chiamati a far parte dell’organo di controllo.

            Se la conclusione è univoca nel senso della non conformità a legge del rimedio del ballottaggio adottato dal comune resistente, non altrettanto può dirsi in ordine alla diversa soluzione prospettata dal ricorrente (criterio cd. della decananza). Una siffatta soluzione potrebbe invero non illegittimamente essere prefigurata dallo statuto dell’ente o da altra fonte regolamentare promanante dall’ente locale (non interferendo negativamente con il criterio della tendenziale terzietà dell’organo di revisione), ma, in mancanza di tale fonte secondaria, ritiene il Collegio che non possa essere esclusa una diversa soluzione che, facendo salva la regola della inscindibile unitarietà delle votazioni con voto limitato per la designazione di soggetti membri di organi elettivi, rimetta in discussione l’intera procedura e disponga nel senso di una sua integrale rinnovazione. Restano dunque irrilevanti le questioni dibattute tra parte ricorrente e parti resistenti circa la attualità di un principio di favor per la maggiore anzianità anagrafica in caso di parità, o circa le ragioni asseritamente solo pratico-organizzative che sorreggerebbero tale criterio, poiché oggetto di decisione nella presente sede è la questione se il ricorso al ballottaggio sia legittimo, e non se la regola giusta sia quella del favore per il candidato con la maggiore anzianità anagrafica.

            Nondimeno rimane integro l’interesse processuale del ricorrente – idoneo a sorreggere l’ammissibilità del ricorso – poiché egli, ancorché abbia in prima battuta reclamato per sé la designazione in quanto anagraficamente più anzino rispetto all’avversario, come candidato classificatosi ex aequo per la designazione a componente dell’organo revisionale comunale, nell’ambito della categoria dei dottori commercialisti, vanta comunque un idoneo interesse strumentale alla caducazione della nomina attribuita al diretto controinteressato, salve le rideterminazioni che verranno discrezionalmente assunte dall’amministrazione.

            Per le esposte ragioni il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente annullamento della delibera impugnata.

            La novità della questione giustifica la integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA, SEZIONE I^, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, annullala deliberazione del consiglio comunale di Caserta n. 153 del 13 novembre 2000, nei limiti dell’interesse del ricorrente, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 23 maggio 2001.

Il Presidente

Il Relatore

Depositata il 6 settembre 2001.

 

 

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I - Sentenza 6 settembre 2001 n. 3998 - Pres. Coraggio, Est. Carpentieri - De Leva (avv. G. Montefusco) c. lAmministrazione Provinciale di Napoli (Avv. S. Aceto di Capriglia) e Ghilardi, (Avv. P. K. Mazuy).

 

per l'annullamento

<<1) della deliberazione del Consiglio Provinciale di Napoli n. 61 del 30.10.2000, pubblicata il 7.11.2000, con la quale il Consiglio ha proceduto alla nomina dei componenti del Collegio dei Revisori dei Conti per il triennio 2000/2003 ai sensi dell’art. 234 del T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, degli atti presupposti, preordinati e conseguenti a detta deliberazione e in particolare del parere emesso dal segretario provinciale nel corpo della delibera stessa>>.

            VISTI il ricorso ed i relativi allegati;

            VISTI gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Napoli e della controinteressata, con le annesse produzioni;

            VISTE le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

            VISTI gli atti tutti di causa;

            UDITI alla pubblica udienza del 23 maggio 2001 - relatore il Magistrato Dr. Carpentieri – gli avv.ti riportati a verbale;

            RITENUTO e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

            Con il ricorso in trattazione – ritualmente notificato e depositato in segreteria – il dott. Giovanni De Leva impugna la delibera indicata in epigrafe con la quale il consiglio provinciale di Napoli, nel procedere alla nomina dei nuovi componenti del collegio dei revisori per il triennio 2000-2003, a fronte del risultato di parità della votazione del 30 novembre 2000 per la designazione del componente con qualifica di dottore commercialista tra il ricorrente dott. De Leva e la controinteressata dott.ssa Ghilardi (entrambi avevano conseguito 10 punti), ha disposto la nomina di quest’ultima perché più anziana, anziché procedere ad una nuova votazione di ballottaggio tra i due suddetti candidati che avevano riportato lo stesso numero di voti.

Tale determinazione sarebbe illegittima, secondo parte ricorrente, perché assunta in asserita violazione del regolamento provinciale per il funzionamento degli organi di governo e adottata senza adeguata motivazione.

            Si sono costituiti ed hanno resistito in giudizio sia l’amministrazione provinciale di Napoli che la controinteressata dott.ssa Ghilardi, concludendo per l’infondatezza e il conseguente rigetto del ricorso di controparte.

            Alla pubblica udienza del 23 maggio 2001 la causa è stata chiamata e introitata per la decisione.

DIRITTO

            Il ricorso è infondato e andrà come tale rigettato.

Prevede l’articolo 234, commi 1 e 2, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, introdotto con il d.lg. 267 del 2000, che 1. I consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane eleggono con voto limitato a due componenti, un collegio di revisori composto da tre membri. 2. I componenti del collegio dei revisori sono scelti: a) uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, il quale svolge le funzioni di presidente del collegio; b) uno tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti; c) uno tra gli iscritti nell'albo dei ragionieri.

            La regola del voto limitato è stata introdotta dal legislatore al fine di sganciare l’organo di revisione contabile dalla maggioranza consiliare, assicurando in esso una (possibile) rappresentanza della minoranza.

            Tale esigenza deriva dal fatto che il collegio dei revisori dei conti, per le funzioni che è chiamato a svolgere (articolo 239), richiede una posizione di sostanziale indipendenza dalla maggioranza politica che esprime gli organi di governo dell’ente locale. Le funzioni consultive e di controllo sui bilanci, sui programmi e i progetti, di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione delle entrate e delle spese, dell’attività contrattuale, dell’amministrazione dei beni etc., assolvono infatti a finalità di garanzia nell’interesse oggettivo e generale dell’equilibrio della gestione economica dell’ente locale. E ciò nel solco di una tradizionale e stabilizzata linea di tendenza nell’organizzazione amministrativa, secondo la quale all’organo di controllo contabile devono essere assicurate quell’autonomia e quella indipendenza dall’amministrazione attiva necessarie per consentire un giusto adempimento della funzione di controllo [cfr. ad esempio il d.lg. 30 luglio 1999, n. 286 (Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59) dove, a proposito dell’attività di controllo di regolarità amministrativa e contabile, viene operato un rinvio (tramite l’articolo 17, comma 1, della legge 59/1997) ai principi dettati in tema di attività di controllo della Corte dei conti (articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20)].

            La legge nulla dice in ordine alle modalità della elezione dei componenti del collegio di revisione nel caso di parità di voti tra candidati appartenenti alla stessa categoria professionale e dunque concorrenti al medesimo posto di revisore contabile.

            Parte ricorrente sostiene che in tale evenienza debba farsi ricorso al ballottaggio tra i due candidati in lizza e a sostegno di tale tesi invoca soprattutto le disposizioni del regolamento per il funzionamento degli organi di governo, adottato dalla Provincia di Napoli con delibera consiliare n. 28 del 1999 (e successive di modifica). Tale regolamento imporrebbe espressamente, a detta del ricorrente, il ricorso al ballottaggio in caso di esito dubbio o infruttuoso per parità delle votazioni (articoli 83, comma 2, 85 e 86, comma 2).

In realtà, secondo un criterio di specialità, l’articolo pertinente cui fare riferimento è solo l’86, relativo alla votazione per le nomine, il quale, al comma 2 (richiamato dal ricorrente), prevede effettivamente il ricorso al ballottaggio quando dopo due votazioni per le nomine e le designazioni di cui al comma precedente non si sia raggiunta la maggioranza assoluta, sicché Risulta nominato o designato il candidato che, nella votazione di ballottaggio, riporta il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si intende eletto il più anziano di età. L’articolo 86, tuttavia, prende in separata considerazione la speciale ipotesi in cui si debba procedere con il voto limitato, prevedendo al successivo comma 3, che quando la legge prescrive che, tra i nominati dal Consiglio Provinciale, sia compresa una rappresentanza delle minoranze, si procede con voto limitato. Risulteranno eletti coloro che avranno riportato il maggior numero di voti. In tal caso risulteranno eletti, in rappresentanza delle minoranze, coloro che, dalla stessa designati, hanno riportato il maggioro numero di voti. Il comma 3, dunque, nulla dispone, per i casi di voto limitato, in ordine all’ipotesi di parità di voti tra due candidati. Vero è che il successivo comma 4 dell’articolo 86 in commento dispone nel senso che la procedura di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo si applica ogni qual volta si debba procedere a votazioni con voto limitato a due o più persone, in forza di disposizioni di legge (sicché la lettera della disposizione sembra riferire all’ipotesi del voto limitato anche la regola di cui al comma 2, della doppia votazione e del successivo ricorso al ballottaggio, in caso non sia stata raggiunta la maggioranza assoluta). Ma, come condivisibilmente osservato dalla difesa della parte controinteressata, una simile lettura del dato normativo regolamentare condurrebbe a conclusioni illogiche e inapplicabili, poiché il sistema del comma 2 (doppia votazione e successivo ballottaggio) presuppone necessariamente per la sua applicabilità che si tratti di designazioni per le quali sia richiesta la maggioranza assoluta (solo in caso di mancato raggiungimento della maggioranza assoluta pur dopo la seconda votazione, infatti, secondo la norma in esame, deve farsi ricorso al ballottaggio), mentre esso è inapplicabile al caso – che ricorre nella fattispecie – di elezione con voto limitato, per la quale, per definizione, è sufficiente il conseguimento del maggior numero di voti (si veda il comma 3 dell’articolo 86). Ne consegue che il richiamo ai commi precedenti operato dal comma 4 per il caso in cui si debba procedere a votazioni con voto limitato deve (e può) valere con esclusivo riferimento al comma 3 e all’ultimo periodo del comma 2, ove è prevista, come regola di chiusura, quella dell’anzianità (In caso di parità di voti si intende eletto il più anziano di età).

Il ricorso ad una seconda votazione di ballottaggio tra i due candidati più votati che, con riferimento alla medesima categoria professionale (concorrendo, dunque, al medesimo posto), abbiano riportato un numero pari di preferenze, non è dunque previsto da alcuna norma di legge, né, a ben vedere, di regolamento di autonomia locale (posto che la norma da applicare, secondo un criterio di specialità, è l’articolo 86, comma 3 e comma 2, ultimo periodo, del regolamento provinciale del 1999) ed è una soluzione che si pone in contrasto con la ratio della disciplina e delle funzioni dell’organo di revisione contabile, come sopra tratteggiate.

            La sottoposizione a ballottaggio dei candidati collocatisi ex aequo all’esito della votazione introduce un irreparabile vulnus al sistema del voto limitato voluto dalla legge e, quindi, ai suindicati principi ordinatori dell’organizzazione amministrativa in tema di composizione e formazione dell’organo di revisione contabile. Ed invero, in una fattispecie siffatta, il ricorso al ballottaggio vanifica il voto limitato e consente alla maggioranza di ricompattarsi sul nome di uno dei due candidati collocatisi in posizione di parità, così di fatto determinando con la sua forza anche la terza designazione. Ciò che rileva, nel ricercare in via sussidiaria una regola giuridica che riempia la lacuna della previsione normativa, è la conformità in astratto della soluzione proposta rispetto alla ratio legis e alla finalità dell’istituto, conformità che invero, per quanto detto, deve escludersi nel caso del ricorso al ballottaggio, trattandosi di un sistema almeno in astratto capace di impedire alla minoranza di esprime la designazione ad essa sostanzialmente riservata dal meccanismo del voto limitato voluto dalla legge.

            A sostegno della tesi di parte resistente – e contro la soluzione del ballottaggio perorata dal ricorrente – milita altresì l’ulteriore argomento dell’assoggettamento (potenziale) del componente eletto all’esito del ballottaggio a logiche di schieramento politico interne all’organo consiliare. Ed infatti, il meccanismo del ballottaggio, per sua natura e per le modalità del suo funzionamento, si presta all’interferire (peraltro del tutto lecito e, ove tale sistema è applicabile, del tutto fisiologico) di accordi e di negoziazioni in seno ai diversi gruppi politici in seno all’organo assembleare, che potrebbero costituire una sfavorevole ipoteca sulla reale indipendenza dei componenti poi chiamati a far parte dell’organo di controllo.

            Trattandosi non già di scelta provvedimentale discrezionale di regolamento di interessi in sede di amministrazione attiva, ma di mera questione di interpretazione del dettato normativo regolamentare e legislativo in relazione alle modalità applicative delle regole di funzionamento e di deliberazione dell’organo collegiale, la soluzione interpretativa adottata non abbisognava di speciale motivazione. Sotto tale profilo anche il motivo di difetto di motivazione si rivela dunque infondato.

            Per le esposte ragioni il ricorso deve giudicarsi infondato e va conseguentemente respinto.

            La novità della questione giustifica la integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA, SEZIONE I^, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo respinge.

Spese compensate.

Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 23 maggio 2001.

Il Presidente

Il Relatore

Depositata il 6 settembre 2001.

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