Igiene e sanità – Prodotti farmaceutici – Informazione scientifica – Direttive regionali – Legittimità.
Sono legittime le determinazioni della Regione Campania in tema di disciplina dell’informazione medico scientifica nei presidi e nei servizi delle aziende sanitarie locali. In particolare va escluso che la Regione, razionalizzando l’assistenza farmaceutica al fine di contrarre la spesa, abbia voluto creare un filtro tra aziende produttrici e singoli medici: infatti non risultano compressi i diritti delle imprese farmaceutiche, quali dal legislatore riconosciuti e nel contempo destinati a convivere armonicamente con i diritti dei soggetti gestori del servizio sanitario (1).
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(1) La Regione Campania, come la Regione Toscana, aveva deliberato che le aziende sanitarie dovessero:
1 - concordare contenuti e le modalità dell’intervento delle aziende farmaceutiche alle politiche formative aziendali;
2 - mettere a disposizione spazi attrezzati dedicati all’informazione medico scientifica;
3 - redigere un calendario degli incontri;
4 - concordare con le organizzazioni sindacali mediche cadenze degli incontri, modalità di svolgimento e modelli organizzativi, nonché consentire ai singoli sanitari di organizzare autonome iniziative in collaborazione con aziende farmaceutiche, dandone solo preventiva comunicazione alla direzione sanitaria;
5 - organizzare, in collaborazione con le organizzazioni mediche delle aziende farmaceutiche, periodici incontri su aree tematiche specifiche, anche nei momenti di aggiornamento obbligatorio. Unico divieto era quello secondo il quale nessuna attività di informazione scientifica fosse consentita al di fuori dei locali e dei tempi all’uopo individuati.
La sentenza precisa che le misure imposte appaiono legittimamente tese ad evitare il notorio ricorrente andirivieni di rappresentanti nelle divisioni di degenza o in altri servizi sanitari senza ordine alcuno e con pregiudizio per l’attività dei medici, tenuti in primo luogo a svolgere compiutamente - sotto i profili qualitativi e quantitativi - le funzioni loro attribuite nell’ambito del rapporto che li lega all’azienda.
Sul tema si vedano anche: Cons. Stato, Sez. 1, parere su quesito Ministero Sanità 22/1/82 n. 2250, secondo il quale dall’art. 29 della legge 833/1978 e dal DM 23.6.1981 (informazione sui farmaci) emerge la finalità, per cosi dire «garantista» dell'informazione scientifica sui farmaci e la sua precipua funzione di tutela dell'interesse sanitario della collettività e non di quello commerciale delle imprese: a salvaguardia, cioè, della salute e del benessere e non dell'incremento delle vendite. Questo è lo scopo fondamentale dell'informazione per cui, fra l'altro, la legge istitutiva del servizio sanitario nazionale vieta ogni forma di propaganda e pubblicità dei farmaci sottoposti ad obbligo di ricetta medica e, comunque, contenuti nel prontuario terapeutico (art. 31, secondo comma).
Sul rapporto tra notizie esposte nel foglio illustrativo accluso alla confezione medica (destinato al paziente consumatore) ed il «riassunto delle caratteristiche del prodotto» (destinato ai medici), TAR Milano 28 ottobre 1998 n. 2416. In tema di sanzioni penali riguardanti la violazione di norme sulla pubblicità dei farmaci presso gli operatori sanitari, spettando alla discrezionalità del Legislatore l'apprezzamento della gravità del pericolo o del danno alla salute pubblica, ossia del presupposto previsto dalla legge delegante per legittimare la previsione dell'arresto in aggiunta all'ammenda, vedi Corte Cost., ord.za 3 giugno 1999 n. 209.
Sull’illegittimità del divieto di pubblicazione di materiale informativo di medicinali, atteso che la problematicità dell'impiego terapeutico di un farmaco non rileva nella fase della pubblicità bensi' in quella della immissione in commercio, vedi TAR Lazio I , 3 febbraio 1992 n. 135. Infine, si segnala Tar Lazio I, 18 maggio 1991 n. 673 sui criteri per dedurre dal reddito (delle aziende farmaceutiche) le spese per l’organizzazione dei convegni scientifici (deve ritenersi «rilevante» il convegno che supera la mera attività informativa, ponendo le basi di uno studio o di riflessione nuova indirizzata ad approfondire lo stato di conoscenza del prodotto farmaceutico).
per l’annullamento, previa sospensiva
della deliberazione della Giunta regionale della Campania n. 5592 del 27 ottobre 2001, pubblicata sul Burc n. 62 del 27 novembre 2001, recante la: "Disciplina dell’informazione medico-scientifica sui farmaci nei presidi e servizi delle Aziende sanitarie locali. Direttive sulle modalità di espletamento";
- nonché di tutti gli atti connessi e collegati, anteriori e conseguenti e, in particolare, occorrendo, della delibera di Giunta regionale della Campania n. 3513 del 20 luglio 2001;
(omissis)
FATTO
Le parti ricorrenti, che producono e commercializzano farmaci in Italia, a mezzo dei gravami in esame si dolgono delle determinazioni assunte dalla Regione Campania per disciplinare l’informazione medico-scientifica nei presidi e servizi delle Aziende sanitarie locali.
Nella prospettazione attorea, comune a tutti i gravami, l’intervento regionale di cui alle deliberazioni di G.R.C. n. 5592/2001 e n. 3513/2001 si sostanzia in un inammissibile vulnus al diritto di informazione che l’ordinamento (in particolare, d.l.vo 30.12.1992, n. 541 e d.l.vo 18.2.1997, n. 44) riserva alle aziende produttrici dei farmaci, creando in sintesi un filtro fra queste ed i singoli medici, essi -e non le aziende- destinatari dell’informazione scientifica.
Peraltro, la delibera n. 5592/2001, impugnata in via principale, sarebbe ulteriormente affetta da eccesso di potere per errore nei presupposti e difetto di motivazione, non essendo dato ricavare dai suoi contenuti in quale modo l’imposta organizzazione dell’attività informativa in questione sia idonea a conseguire il risultato di razionalizzare l’assistenza farmaceutica aziendale al fine di contrarne la spesa, come da obiettivo contenuto nella pregressa delibera n. 3513/2001.
La regione Campania si è costituita in giudizio a sostegno del proprio operato ed ha replicato nel merito alle deduzioni attoree, sostenendo la sussistenza del potere esercitato. In via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità dei ricorsi in quanto i provvedimenti regionali, a natura meramente programmatica (recanti linee-guida per le aziende sanitarie), non recherebbero alcuna lesione concreta ed attuale; in tesi, la lesione potrebbe essere recata solo dagli emanandi provvedimenti aziendali.
Identiche memorie conclusionali sono state depositate dalle parti attrici in data 24 maggio 2002.
Alla pubblica udienza del 5 giugno 2002, i ricorsi sono stati assunti in decisione, presenti i procuratori delle parti che hanno insistito sulle rispettive conclusioni.
DIRITTO
1- La riunione dei ricorsi e l’oggetto del giudizio.
In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe, oggettivamente connessi, sì da definirli con un’unica pronuncia.
Oggetto del giudizio è l’intervento spiegato dalla regione Campania per disciplinare l’informazione medico-scientifica nei presidi e servizi delle Aziende sanitarie locali.
Secondo l’articolata prospettazione attorea, identica per tutti i gravami, i contenuti dei provvedimenti regionali (delibera di G.R.C. n. 5592 del 27.10.2001 e presupposta delibera n. 3513 del 20.7.2001) che hanno introdotto, e solo per via amministrativa, la disciplina contestata recherebbero un inammissibile vulnus al diritto di informazione che l’ordinamento (d.l.vo 30.12.1992, n. 541 e d.l.vo 18.2.1997, n. 44) riserva alle aziende produttrici dei farmaci. In particolare, loro tramite verrebbe a crearsi un filtro fra queste ultime ed i singoli medici, essi -e non le aziende- destinatari dell’informazione scientifica; e ciò senza peraltro chiarire in che modo la disciplina imposta contribuirebbe al contenimento della spesa.
Di contrario avviso la resistente regione Campania che nega ogni carattere lesivo alle statuizioni regionali asseritamente adottate nel corretto esercizio del potere di cui all’art. 31, comma 1, l. 833/1978.
2- I profili di rito.
Pregiudizialmente, la regione eccepisce l’inammissibilità dei ricorsi, alla stregua della natura meramente programmatica dei deliberati regionali abbisognevoli di provvedimenti attuativi a livello aziendali, essi soli nel caso suscettibili di ledere le posizioni giuridiche attoree.
L’eccezione dell’amministrazione resistente è infondata nei sensi di cui appresso.
Alcun dubbio può sussistere sul fatto che la deliberazione n. 5592/2001, avente natura di atto amministrativo generale recante direttive sulle modalità di espletamento della disciplina dell’informazione medico-farmaci nei presidi e servizi delle aziende sanitarie, contenga statuizioni dirette e ad immediata efficacia in ordine all’attività informativo-promozionale sui farmaci, delle quali sono destinatarie sia le aziende sanitarie locali che le imprese farmaceutiche.
E dunque, in relazione a tali statuizioni, deve essere ammessa la tutela giurisdizionale qui richiesta da parte di soggetti dalle stesse incisi.
Ciò non significa che le imprese farmaceutiche non possano essere lese in appresso dai provvedimenti attuativi demandati alle singole aziende; non di meno, in tal caso la lesione giuridicamente rilevante sarà connotata da propria autonomia, in quanto possibile solo nella misura in cui i provvedimenti aziendali sopravvengano a comprimere i diritti delle prime a mezzo di previsioni assunte in dispregio alle determinazioni regionali (che abbiano superato il vaglio giurisdizionale qui richiesto).
Per esaurire i profili di rito, appare opportuno precisare come, per le considerazioni di cui al successivo punto 4, i contenuti della presupposta deliberazione di Giunta regionale n. 3513/2001, ed in particolare del punto B 10 dell’allegato, non possono essere ritenuti di per sé già lesivi.
3- Il merito. La normativa asseritamene violata.
Quanto al merito, avute presenti le precisazioni di cui appresso, i ricorsi sono infondati.
L’equivoco di fondo sul quale si regge la costruzione attorea è quello che la regione Campania sia intervenuta a regolamentare l’informazione scientifica sui farmaci e l’attività degli informatori scientifici quali riservate alla legge dello Stato dall’art. 29 della l. 23.12 1978, n. 833; così non è, l’intervento regionale ha il più limitato -e circoscritto- fine di disciplinare l’informazione medico-farmaci nei presidi e servizi delle aziende sanitarie e, pertanto, non vulnera né la cennata disposizione legislativa (cui ha fatto seguito il d.m. 23 giugno 1981), né i contenuti dei sopravvenuti decreti legislativi 30 dicembre 1992, n. 541 e 18 febbraio 1997, n. 44 (di attuazione di direttive CEE in tema di pubblicità dei medicinali per uso umano).
Sia la primigenia previsione di diritto interno che la normativa sopravvenuta in attuazione delle regole comunitarie son volte a regolamentare, su scala nazionale, i requisiti da possedersi dagli informatori ed il tipo di rapporto loro assegnato (art. 29, lettera g, l. 833, art. 6 d.m. del 1981 ed art. 9 d.l.vo n. 541), nonchè la pubblicità dei medicinali, individuando i farmaci che è possibile pubblicizzare, le caratteristiche ed il contenuto della medesima pubblicità a seconda che sia rivolta al pubblico, ai farmacisti o agli operatori sanitari ed i divieti cui tale attività è soggetta (restanti lettere dell’art. 29 l. 833/1978 e restanti articoli del d.m. del 1981 e del d. l.vo n. 541/1992).
Gli stessi servizi scientifico (art. 14 d.l.vo n. 541/192) e di farmacovigilanza (art. 3 d.l.vo n. 44/1997), da istituirsi da ogni impresa, sono previsti in relazione agli obblighi ed alla responsabilità delle ditte titolari delle autorizzazioni ministeriali.
In tale quadro, l’esercizio delle funzioni -soprattutto autorizzative- demandate al Ministro della sanità (oggi della salute) dalla legislazione in commento è riferito agli obblighi ed oneri previsti in capo alle aziende farmaceutiche, quali dalla normativa riferiti all’attività richiesta a monte per fornire una corretta informazione.
E’ peraltro pacifico che non potrebbe diversamente essere, non potendo ipotizzarsi che in sede locale, anche a livello regionale, siano disciplinati i requisiti generali (oggettivi e soggettivi) della pubblicità e le sue caratteristiche e contenuti possibili.
Ma ciò non esclude, nella fase del controllo, interventi degli organismi periferici del servizio sanitario nazionale. L’art. 31 della l. 833/1978 demanda al servizio sanitario nazionale (del quale fanno parte, ai diversi livelli di attribuzioni di funzioni, sia organi nazionali che regionali e locali) compiti di informazione scientifica sui farmaci e di controllo sull’attività di informazione scientifica delle imprese titolari delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei farmaci.
La norma, cioè, consente di per sé un’ingerenza sull’attività di informazione, fermo restando che la stessa, sempre nel rispetto dei diritti delle aziende farmaceutiche, avrà connotati diversi a seconda del livello operativo degli organismi deputati alla gestione del servizio sanitario nazionale e delle specifiche attribuzioni di ciascuno di essi.
4- La disciplina recata dai provvedimenti impugnati.
In ogni modo, tale premessa è servita solo per chiarire il quadro normativo invocato dalle parti.
Ed invero, la disciplina introdotta dalla regione Campania si colloca a valle dell’esercizio delle funzioni ministeriali e delle posizioni di diritto acquisite dalle aziende farmaceutiche, in ordine alle quali ha ingresso la fase di controllo innanzi indicata dal legislatore. E fra dette posizioni giuridiche protette non rientra quelle di poter prescindere, nell’esercizio del proprio diritto ad informare, dalle potestà organizzative interne di soggetti pubblici.
Potestà queste ultime di cui soprattutto ha fatto concreto utilizzo l’amministrazione, come reso palese sia dall’oggetto assegnato al provvedimento n. 5592/2001 sia dai suoi contenuti che, come in avanti chiarito, non comprimono i diritti propri delle imprese farmaceutiche quali dal legislatore riconosciuti e nel contempo destinati a convivere armonicamente con i diritti dei terzi (dei soggetti gestori del servizio sanitario) quali anch’essi normativamente riconosciuti.
L’equivoco è stato reso possibile dall’incipit del deliberato regionale: il soggetto titolare dell’informazione medico scientifica e l’Azienda sanitaria e non i singoli operatori. Non a caso, la rappresentanza processuale attorea stigmatizza l’affermazione ed alla stessa lega le doglianze prospettate.
Se non che, la portata della affermazione (impropria se escludesse i singoli operatori) va interpretata alla luce delle concrete disposizioni poi dettate che si sostanziano nelle previsioni secondo le quali le aziende sanitarie dovranno:
- concordare, previa contrattazione con le aziende farmaceutiche, i contenuti e le modalità dell’intervento delle stesse aziende (farmaceutiche) alle politiche formative aziendali;
- mettere a disposizione spazi attrezzati dedicati all’informazione medico scientifica, emanando un regolamento per la fruizione di detti spazi da parte delle aziende farmaceutiche;
- redigere un calendario degli incontri, tenendo conto sia delle richieste delle aziende farmaceutiche che delle esigenze degli operatori sanitari e darvi adeguata pubblicità;
- concordare con le organizzazioni sindacali mediche maggiormente rappresentative cadenze degli incontri, modalità di svolgimento e modelli organizzativi, nonché consentire ai singoli sanitari di organizzare autonome iniziative in collaborazione con aziende farmaceutiche, dandone solo preventiva comunicazione alla direzione sanitaria;
- organizzare, in collaborazione con le organizzazioni mediche delle aziende farmaceutiche, periodici incontri su aree tematiche specifiche, anche nei momenti di aggiornamento obbligatorio.
Unico divieto contenuto nel deliberato è quello secondo il quale nessuna attività di informazione scientifica è consentita al di fuori dei locali e dei tempi all’uopo individuati.
E dunque le misure imposte, fermo che anche l’azienda in sé ha un suo spazio proprio di titolarità dell’informazione, sia pur riempito attraverso l’apporto dei sanitari dalla stessa dipendenti: cfr. art. 28, comma 3^, l. 23.12.1978, n. 833, si traducono in un tentativo (peraltro tardivo) di recupero di efficienza che non conculca i diritti delle aziende farmaceutiche; questi ultimi sono assicurati anche sotto il profilo, che più può interessare le ricorrenti, del riconoscimento di loro iniziative proprie: alle richieste delle aziende farmaceutiche dovrà esser dato corso ed al calendario degli incontri dovrà essere data adeguata pubblicità all’interno della struttura sanitaria.
Né è senza rilievo la previsione di consentire alle ripetute aziende farmaceutiche di partecipare attivamente alle politiche formative aziendali, posto anche che esse devono ritenersi riferite non solo ai medici, ma anche ai farmacisti, ai biologi, etc,. ossia a tutto il personale destinatario potenziale dell’informazione farmaceutica.
Ha buon gioco quindi la difesa regionale a sostenere che il deliberato non interferisce nel rapporto fra medico ed informatore: lungi dall’impedire il contatto diretto tra questi, lo presuppone, favorendo, al contempo, gli incontri collettivi (pag. 4 della memoria depositata).
La preclusione (unica) ad incontri in tempi non prefissati ed in luoghi non preindividuati si appalesa come misura legittima tesa ad evitare il notorio ricorrente andirivieni di rappresentanti (cfr., sul punto, pag. 5 della memoria della resistente amministrazione) nelle divisioni di degenza o in altri servizi sanitari senza ordine alcuno e con pregiudizio per l’attività dei medici, tenuti in primo luogo a svolgere compiutamente -sotto i profili qualitativi e quantitativi- le funzioni loro attribuite nell’ambito del rapporto che li lega all’azienda.
Né la misura lede il diritto dei sanitari all’aggiornamento professionale, come visto tutelato da apposita previsione del deliberato regionale, fermo comunque che lo stesso, nella sua specificità, rientra nella sfera di appartenenza giuridica dei sanitari, sicchè la sua eventuale vulnerazione potrebbe essere fatta valere solo da chi ne è titolare.
5- Le conclusioni rispetto alle censure proposte.
Tirando le fila, in primo luogo le statuizioni contestate non violano il riparto costituzionale delle competenze fra Stato e regioni; come si è visto, esse non travalicano in alcun modo previsioni normative e principi fondamentali contenuti nella legislazione statale e, quindi, correttamente sono state dettate con provvedimenti amministrativi nel sostanziale esercizio del potere organizzatorio di cui pacificamente le regioni sono titolari.
Di poi, esse non vulnerano il diritto all’esercizio della libera impresa nel suo multiforme significato (per quanto qui riguarda, nei suoi aspetti di diritto alla pubblicità ed alla concorrenza).
Fermo quanto innanzi considerato in via generale, occorre qui ricordare che l’informazione scientifica sui farmaci trova la sua precipua funzione nella tutela dell’interesse sanitario della collettività e non di quello commerciale delle imprese: il suo scopo fondamentale è cioè a salvaguardia della salute e del benessere e non nell’incremento delle vendite. Così, Cons. Stato, sez. 1^, parere n. 2250 del 22 gennaio 1982, argomentando ex previsioni art. 31 l. 833/1978 e d.m. 23 giugno 1981.
Un eventuale lesione giuridicamente apprezzabile, anche per i suoi profili contrari al diritto comunitario, si sarebbe potuta avere sol quando fosse stato vietato indiscriminatamente, a tutti o a maggior ragione solo ad alcuni, la possibilità di pubblicizzare farmaci all’interno delle aziende ove operano i soggetti, insieme ai medici liberi professionisti, destinatari della informazione. In tal caso, ma solo in tal caso, si sarebbe posta (per essere risolta negativamente) la questione se il servizio pubblico potesse, come consentito al medico privato presso il suo studio professionale, escludere tout court l’accesso agli informatori farmaceutici.
Quanto innanzi, ossia la libertà di accesso -solo regolamentata- a qualsivoglia struttura sanitaria, appare sufficiente anche a fugare, per quanto può rilevare a tutela dei diritti delle aziende farmaceutiche, ogni preoccupazione in ordine ad una disparità di trattamento fra sanitari, in tesi possibili destinatari di un’informazione discriminata a seconda della struttura sanitaria con la quale ciascuno è in rapporto (di dipendenza o di convenzionamento).
5.1- Infine, alla specifica denuncia di eccesso di potere per carenza di presupposti e difetto di motivazione va opposto che il dichiarato intento di ottimizzazione delle risorse e razionalizzazione dei servizi è in tutto sufficiente a giustificare l’esercizio del potere. Peraltro, il conseguimento del fine del risparmio, a sua volta fatto oggetto di espressa indicazione, è legato in rapporto diretto alle due prime ragioni giustificative dell’intervento; basti osservare al riguardo come, non precluse iniziative individuali, il favorire l’informazione mirata e collettiva può contribuire non poco al contenimento dei costi consentendo l’apporto contestuale delle diverse professionalità ed esperienze sì da pervenire all’individuazione del farmaco più rispondente per le diverse patologie e di costo più contenuto. Né ciò pone in discussione la libertà di proposta delle singole aziende farmaceutiche ovvero quella (comunque non assoluta) del singolo sanitario a prescrivere i farmaci che ritiene più rispondenti agli specifici casi; collegialità significa fruire delle esperienze e professionalità altrui, nel mentre contestualità comporta anche invitare altre aziende ad informare tempestivamente (prima dell’inserimento nella farmacopea interna) sull’esistenza di prodotti concorrenziali rispetto a quelli da taluno offerti.
Non può dimenticarsi infatti che la spesa farmaceutica incide in misura rilevantissima su quella complessiva del servizio sanitario nel suo insieme (e non va sottaciuto che il medico ospedaliero prescrive anche farmaci utilizzati dai pazienti nei periodi immediatamente successivi alla degenza, nonché nei casi di spedalizzazione a domicilio), sicchè le regioni, tenute a far fronte con risorse proprie a sforamenti di spesa (d.l.vo n. 56/2000), hanno non solo il diritto, ma il dovere di intervenire per razionalizzare il sistema; il che, per quanto può rilevare, è quanto è stato fatto da altre regioni a mezzo di provvedimenti che, sotto i profili formali e contenutistici, sostanzialmente non si discostano da quello adottato dalla regione Campania (come è dato evincere da una lettura della deliberazione di Giunta regionale Toscana 22.10.2001, n. 1155, versata agli atti del giudizio instaurato da altre sei industrie farmaceutiche con ricorso n. 788/2002, avente lo stesso oggetto qui esaminato e la cui trattazione è stata differita alla prossima adunanza su richiesta di parte).
In conclusione, ferme le precisazioni fatte e la loro portata ordinatorio-prescrittiva, i ricorsi esaminati vanno respinti con le conseguenziali statuizioni di cui in dispositivo.
Quanto alle spese processuali, le stesse possono essere compensate fra le parti, tenuto conto delle riferite locuzioni utilizzate dall’amministrazione che, sia pur erroneamente, hanno potuto ingenerare il convincimento della lesività dei contenuti precettivi dei deliberati.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania- Sezione Prima, riunisce i ricorsi in epigrafe e tutti li respinge.
Compensa le spese di giudizio.
Depositata in cancelleria in data 1° luglio 2002.