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n. 6-2003 - © copyright.

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. IV - Sentenza 3 giugno 2003 n. 7102 - Pres. Monteleone, Est. Sabbato - Montagnola (Avv.Bianco) c. Comune di Napoli (Avv.ti Ricci e Tarallo) - (respinge).

1. Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Per la trasformazione di una tettoia aperta, in un volume interamente chiuso - Nel caso in cui detta trasformazione si traduca nella creazione di un quid novi rispetto al precedente manufatto - Intervento di straordinaria manutenzione o di risanamento conservativo - Esclusione - Diniego - Legittimità.

2. Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Per la trasformazione di una tettoia aperta, destinata a ricovero per mezzi agricoli, in volume interamente chiuso, da destinare ad autorimessa - Nel caso di impegno del beneficiario della concessione edilizia originaria, a non modificare la destinazione d’uso del bene assentito - Diniego - Legittimità.

1. E’ legittimo il diniego opposto da un Comune in ordine ad una domanda di concessione edilizia finalizzata alla trasformazione di una tettoia aperta, in un volume interamente chiuso, nel caso in cui, da un lato, le norme di attuazione della variante di salvaguardia al P.R.G. dell’ente consentano solo interventi conservativi dei volumi legittimi esistenti, e, dall’altro, alla chiusura della tettoia medesima consegua la creazione di un quid novi rispetto alla consistenza strutturale e tipologica del manufatto già realizzato, che attribuisca una diversa caratterizzazione funzionale allo stesso, sì da sfuggire al concetto di mero completamento funzionale. Deve, pertanto, escludersi la possibilità di qualificare detto intervento come di straordinaria manutenzione o risanamento conservativo (1).

2. In materia urbanistica ed edilizia, è legittimo il diniego opposto da un Comune in ordine ad una domanda di concessione edilizia finalizzata alla trasformazione di una tettoia aperta, destinata a ricovero per mezzi agricoli, in un volume interamente chiuso, da destinare a garage, nel caso in cui il beneficiario dell’originario atto di assenso edificatorio, si sia, con atto d’obbligo allegato alla concessione edilizia, impegnato, nei confronti della P.A., a non modificare la destinazione d’uso del bene in precedenza assentito. Invero, le prescrizioni contenute in una concessione edilizia costituiscono un vincolo permanente, che non è consentito ai privati di rimuovere o modificare (2).

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(1) T.A.R. Lazio, Roma, Sez.II, 1-6-2001, n.4843; in I T.A.R. 2001, 7-8, I, 2164;

(2) Cass. Civ., Sez. II, 06-12-1996, n. 10883, in Mass. 1996 e in CED Cass., rv 501074; Tribunale di Napoli, 07-02-1994;in CED Cass., e in Rivista Giuridica dell’Edilizia, 1994, 764.

 

 

(omissis)

per l’annullamento

della disposizione dirigenziale n.622 del 17/7/2001, successivamente notificata, avente ad oggetto il diniego della richiesta di concessione edilizia per la chiusura di una tettoia con pannelli prefabbricati dell’immobile sito in Napoli alla via Trencia, n.28;

del parere contrario della Commissione edilizia espresso in data 05/07/01 in quanto l’intervento non sarebbe conforme con la nuova ed alterata destinazione d’uso iniziale non ché contraria all’art.20 della variante di salvaguardia;

della proposta motivata del responsabile del procedimento dell’11/7/01;

di ogni altro atto connesso, conseguente e presupposto all’atto impugnato, ove e per quanto lesivo del jus aedificandi della ricorrente.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Visti gli atti tutti di causa;

Data per letta alla pubblica udienza del 16 aprile 2003 la relazione del Referendario Dott. Giovanni Sabbato e uditi gli avv.ti S.Scatola, in sostituzione di M.Bianco, e B.Ricci;

Considerato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso depositato in data 4 dicembre 2001 la ricorrente impugna i provvedimenti di cui in epigrafe, chiedendone l’annullamento.

Essendo proprietaria dell’immobile sito in Napoli alla via Trencia 28, ottenuta la concessione edilizia n.177/93 per l’installazione di una tettoia per parcheggio autovetture ad uso privato ed agricolo del suddetto immobile, la ricorrente chiedeva nuova concessione per la chiusura perimetrale della tettoia con elementi prefabbricati, lasciando immutata, a suo dire, la destinazione d’uso preesistente ed autorizzata.

Poiché l’Amministrazione, con l’epigrafato provvedimento del 17/7/2001, respingeva l’istanza edificatoria, si instava questo giudice, rassegnando le seguenti censure:

1) violazione e falsa applicazione art.4 L.R. n.15/2000 – violazione e falsa applicazione artt.12, 17 e 20 variante di salvaguardia al PRG – violazione e falsa applicazione Legge 1902/52 e succ.mod. – violazione dei principi generali, regolanti l’esercizio del potere sanzionatorio in materia edilizia – difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto l’intervento richiesto di chiusura perimetrale di tettoia non incide sul volume, la sagoma o la destinazione d’uso della tettoia preesistente, di talché esso deve considerarsi ammissibile secondo le norme urbanistiche vigenti;

2) violazione e falsa applicazione della L.R. 15/2000 e della legge 28/2/1985 n.47, in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia – eccesso di potere per carenza di motivazione – erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto – difetto d’istruttoria – violazione dell’art.97 della Costituzione sul buon andamento della P.A., in quanto l’Amministrazione non ha indicato le effettive ragioni poste a fondamento del diniego;

3) violazione e falsa applicazione di legge (artt.31 e ss. della l.n.47/85; l.n.662/96; artt.3, 7 e 8 della l.n.241/90) – difetto di motivazione – eccesso di potere – violazione del giusto procedimento – insufficiente motivazione – carenza di istruttoria – carenza dei presupposti – perplessità – illogicità – sviamento – violazione del principio del buon andamento della P.A. (art.97 cost.), atteso che l’Amministrazione ha omesso pure di esternare l’interesse pubblico che giustifica il diniego ed ha omesso di comunicare il previo avviso di avvio del procedimento.

L’Amministrazione si costituiva in giudizio, resistendo.

In prossimità dell’udienza per la trattazione di merito del ricorso entrambe le parti depositavano memorie, insistendo per le rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 16 aprile 2003 il ricorso è ritenuto per la decisione.

DIRITTO

I. Il ricorso, ad avviso del Collegio, è infondato e pertanto va respinto.

II. Premesso che l’istanza edificatoria avanzata dal ricorrente attiene alla "chiusura di una tettoia con pannelli prefabbricati e il cambio di destinazione d’uso da ricovero mezzi agricoli ad autorimessa" (v.atto impugnato), il diniego fonda su di un duplice binario motivazionale, ed in particolare:

"le norme di attuazione citate (art.20 della variante di salvaguardia)… consentono solo interventi conservativi dei volumi legittimi esistenti, e non la realizzazione di nuovi volumi come nel caso in esame";

"la destinazione ad autorimessa viola l’atto d’obbligo, annesso alla concessione edilizia n.177/93…con il quale il concessionario si impegnava a non modificare la destinazione d’uso di ricovero per mezzi agricoli".

Tale ostensione delle ragioni poste a base del diniego, contrariamente a quanto assunto dal ricorrente, senz’altro consegue quel grado di verosimiglianza e quel nesso di conseguenzialità e proporzione delle varie conclusioni con gli atti effettivamente acquisiti al procedimento e con le premesse fattuali emergenti da ciascuno di essi (C. Stato, sez. IV, 16-03-1999, n. 287) in presenza dei quali può dirsi assolto l’onere del clare loqui, che la legge impone all’Amministrazione nell’emettere atti di natura provvedimentale. D’altro canto il provvedimento di diniego di istanza edificatoria è sufficientemente motivato attraverso l’esatta indicazione delle norme urbanistiche e/o edilizie che ostano all’accoglimento della domanda, senza che si imponga alcuna motivazione in ordine all'esistenza di un pubblico interesse, atteso che siffatta valutazione è richiesta invece per l'adozione del provvedimento di annullamento di atti concessori (T.A.R., Napoli, 24/7/2001, n.3540).

Orbene, in ordine al primo dei segnalati profili il ricorrente osserva che l’intervento, non essendo qualificabile di ristrutturazione, per non essere idoneo ad incidere sulle caratteristiche edilizie dell’immobile, va inteso come straordinaria manutenzione o risanamento conservativo e pertanto esso sarebbe ammissibile alla luce dell’art.20 delle norme di salvaguardia del PRG vigente che tale tipologia di interventi consente.

La censura è infondata.

La trasformazione di una tettoia aperta, peraltro in tal caso dalla considerevole superficie di 1400 mq., in un volume interamente chiuso si traduce nella creazione di un quid novi rispetto alla consistenza strutturale e tipologica del manufatto già realizzato e che attribuisce una diversa caratterizzazione funzionale allo stesso, sì da sfuggire al concetto di mero completamento funzionale (T.A.R. Roma, Sez.2, 1/6/2001, n.4843).

Del resto lo stesso ricorrente, consapevole di ciò aveva richiesto la concessione edilizia per realizzare l’intervento de quo, non necessaria ove lo stesso fosse qualificabile come mera manutenzione straordinaria.

Stante l’infondatezza di tale censura, del tutto ininfluente diviene lo scrutinio sulla fondatezza del motivo afferente alla seconda parte della motivazione dell’atto impugnato, atteso che l’eventuale declaratoria di illegittimità della stessa non importerebbe effetti caducanti sull’intero atto.

E’ del tutto pacifico che quando un provvedimento, come nel caso di specie, possiede un doppio binario motivazionale, per cui anche uno solo di essi è sufficiente a fondare la determinazione assunta, le censure di legittimità formulate possono comportare l’annullamento dell’atto solo ove su entrambi i versanti esse risultino fondate.

In altre parole, l’atto amministrativo sorretto da una pluralità di motivazioni autonome conserva la sua legittimità ed efficacia anche se uno solo dei suoi motivi resiste al sindacato di legittimità o, comunque, non abbia costituito oggetto di impugnazione (T.a.r. Latina, 6/6/2000, n.377).

Invero, anche a voler da ciò prescindere, emerge l’infondatezza pure della censura relativa a tale secondo corno motivazionale.

Parte ricorrente osserva che il venir meno della richiesta, da parte dei possessori di automezzi pertinenti ad attività agricole, non costituisce di per sé violazione dell’atto d’obbligo allegato alla concessione n.177/93 e comunque la zona, si dice, è stata riclassificata dalla variante generale come zona Bb – espansione recente.

Depone in senso contrario all’accoglimento della censura sì articolata innanzitutto la circostanza che le prescrizioni contenute in una concessione edilizia costituiscono un vincolo permanente, che non è consentito ai privati rimuovere o modificare (cfr. Cass., sez. II, 06-12-1996, n. 10883; T. Napoli, 07-02-1994), quando invece - come risulta dalla relazione del responsabile del procedimento del 3.12.2001 versata in atti – la prescrizione in parola è attualmente violata. Peraltro il sopravvenuto mutamento della disciplina urbanistica della zona interessata dai lavori a suo tempo assentiti non è potenzialmente destinata ad incidere sulle prescrizioni contenute in una concessione edilizia di dettaglio precedentemente rilasciata.

La censura relativa all’omessa comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento è infine da considerare destituita di fondamento, atteso che tale onere partecipativo non si pone per i procedimenti, come quello in oggetto, iniziati ad istanza di parte, nei quali quindi sin dall’inizio l’interessato ha la possibilità di interloquire con l’Amministrazione deputata all’emanazione del provvedimento terminale (ex multis, T.A.R.Parma, 6/9/2001, n.846).

Tanto premesso, il ricorso va respinto siccome del tutto infondato.

III. Sussistono giusti motivi per integralmente compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione IV di Napoli, respinge il ricorso n.12102/01, come da motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Napoli, nelle Camere di Consiglio del 16 aprile 2003.

Dott. Nicolò Monteleone - Presidente

Dott. Giovanni Sabbato - Estensore

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