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T.A.R. SICILIA-CATANIA, SEZ. III - Sentenza 15 gennaio 1999 n. 70 - Pres.ff. Campanella - Est. Messina.

Processo amministrativo - Generalità - Tutela degli interessi legittimi formali - Limiti - Allorchè siano in contrasto con gli interessi legittimi sostanziali - Impossibilità.

Non può offrirsi tutela giurisdizionale a posizioni di interesse materiale che si trovino in irrimediabile contrasto con il diritto oggettivo che l' amministrazione è tenuta ad applicare nello svolgimento dell' azione amministrativa, a meno di non voler pervenire all' assurda conclusione che il giudice si renda complice del raggiungimento di un risultato illegittimo (1).

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(1) T.A.R. SICILIA-CATANIA, SEZ. II, sentt. nn. 119/1991 e 146/1993.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania (sez. III) - composto dai sigg. magistrati:

dott. Biagio CAMPANELLA

dott. Salvatore SCHILLACI

dott. Rosalia MESSINA

Presidente f.f.

Consigliere

Primo referendario rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 1571/86 R.G., proposto da RAGUSA Carlo, rappresentato e difeso dall’ avv. Salvatore Cittadino, presso il quale è elettivamente domiciliato in Catania, via Oliveto Scammacca, 23/c;

CONTRO

la COMMISSIONE PROVINCIALE DI CONTROLLO (oggi Co.re.co.), in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa ex lege dall’ Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria;

e nei confronti

del COMUNE DI VIAGRANDE, non costituito in giudizio;

PER

l' annullamento:

- della decisione GR.9 prot. n. 16714 del 27 marzo 1986, con cui la C.p.c. di Catania ha approvato la deliberazione del Consiglio comunale di Viagrande n. 21 del 27 febbraio 1986 eccetto che nella parte in cui viene statuito che al custode affossatore e giardiniere del cimitero deve essere attribuita la III qualifica funzionale anziché la IV come deliberato dall’ amministrazione comunale;

- di ogni altro atto antecedente, connesso o comunque conseguenziale a quello impugnato;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti tutti della causa, ed in particolare le precedenti sentenze interlocutorie di questa III sezione nn. 1085/1995 e 1587/1996;

Relatore la dott. Rosalia Messina;

Uditi per le parti, alla pubblica udienza del 15 dicembre 1998, gli avvocati S. Cittadino e Raffaela Barone (Avvocatura dello Stato);

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con il ricorso all' esame Carlo Ragusa, dipendente del Comune di Viagrande in qualità di custode affossatore e giardiniere del cimitero, ha impugnato la decisione tutoria meglio indicata in epigrafe, in forza della quale egli non ha ottenuto l’ attribuzione della IV q.f. deliberata dall’ amministrazione comunale, essendo stato annullato il relativo provvedimento - pure meglio indicato in epigrafe - proprio nella parte in cui disponeva la predetta attribuzione.

Deduce le censure di: 1) violazione dell’ art. 80 O.r.e.l. (L.r. n. 1671963 e succ. modd. ed intt), carenza assoluta di motivazione, eccesso di potere per sviamento; 2) violazione dell’ art. 80 O.r.e.l. (L.r. n. 1671963 e succ. modd. ed intt), carenza di potere, violazione dell’ art. 38 D.P. Reg. Sic. N. 3/1957; 3) violazione di legge per falsa applicazione dell’ art. 40/1, lett. a), D.P.R. n. 347/1983, eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti.

In sintesi, il ricorrente lamenta che la decisione tutoria impugnata, di sostanziale annullamento della deliberazione comunale indicata in epigrafe (almeno con riferimento alla parte riguardante la situazione del ricorrente medesimo), contrasta con l’ art. 80 O.r.e.l., che impone la motivazione degli atti di controllo negativi, in quanto del tutto priva di motivazione, con ciò apparendo anche inficiata da eccesso di potere per sviamento; che la ripetuta decisione tutoria è stata adottata oltre il termine di venti giorni decorrenti, ex art. 80 cit., dal ricevimento delle deliberazioni da parte della C.p.c. (oggi Co.re.co.); che l’ inquadramento del ricorrente è stato effettuato in base all’ art. 40 D.P.R. n. 347/1983, e dunque secondo il contenuto effettivo dei compiti affidatigli.

Con sentenze interlocutorie nn. 1085/1995 e 1587/1996 sono stati acquisiti documenti necessari alla definizione della controversia.

Alla pubblica udienza del 15 dicembre 1998 il ricorso in epigrafe è stato tratto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

In base alle risultanze istruttorie, ed in particolare al contenuto degli atti depositati dal Comune di Viagrande dopo la sent. interlocutoria n. 1085/1995, e dal Co.re.co. di Catania in adempimento dell’ ordine impartito con sent. interlocutoria n. 1587/1996, nonché della nota del Presidente di detto organo che accompagna il deposito, la decisione tutoria appare immune dai vizi denunciati con il ricorso in esame.

Quanto al difetto di motivazione (primo motivo di ricorso), si osserva che dal complessivo tenore dell’ atto impugnato, pur nella sua estrema stringatezza, emerge l’ iter logico seguito dall’ organo tutorio, che ha operato un raffronto tra le previsioni della deliberazione consiliare n. 21/1986 - con la quale è stato adottato dal Comune di Viagrande il Regolamento organico del personale dipendente, ed è stato recepito il D.P.R. n. 347/1983 - e le disposizioni di quest’ ultimo, ed ha rilevato la corrispondenza delle mansioni del custode affossatore e giardiniere del cimitero con quelle descritte dall’ allegato A) di detto D.P.R. per la terza q.f. (operatore), e non per la qualifica superiore attribuita dall’ ente.

Quanto alla censura di violazione dell’ art. 80 O.r.e.l. per inutile decorso del termine assegnato per legge all’ organo tutorio al fine di esercitare il potere di controllo (secondo profilo di doglianza), dall’ istruttoria è emerso che la deliberazione consiliare è stata ricevuta il 13 marzo 1986, vistata il 27 marzo successivo, e restituita il 4 aprile ancora successivo; pertanto, il potere di controllo è stato esercitato entro il termine prescritto dall’ art. 80 cit., mentre si ignora la data in cui è avvenuta la comunicazione imposta dalla medesima norma (la data su indicata del 4 aprile è da riferire non alla mera comunicazione del visto, bensì alla restituzione del plico contenente la deliberazione ed il provvedimento tutorio); del resto, poiché nulla di preciso sulle date dice il ricorrente, che formula la censura in modo in effetti estremamente generico, deve presumersi che la comunicazione sia stata effettuata nel termine.

Per altro, giova ricordare che, secondo la giurisprudenza di questo T.a.r., non sarebbe sufficiente la astratta fondatezza di una censura meramente procedimentale - quale quella appena esaminata - a far realizzare alla parte ricorrente le proprie (illegittime) pretese, dovendo comunque il ricorso pur sempre aver superato, preliminarmente, l’ esame inteso ad acclarare la sussistenza della prima delle condizioni fondamentali di ogni azione giurisdizionale civile o amministrativa, e cioè la posizione giuridica soggettiva (l' interesse legittimo nei giudizi amministrativi di annullamento) tutelata dall' ordinamento ed azionabile in giudizio (ovvero, alla stregua di diverse premesse o concezioni dogmatiche, la possibilità giuridica di ottenere la pronuncia richiesta al giudice). Secondo tale impostazione (per la compiuta esposizione della quale cfr. le sentt. della II sez. nn. 119/1991 e 146/1993), più volte applicata anche da questa III sez., non può offrirsi tutela giurisdizionale a posizioni di interesse materiale che si trovino in irrimediabile contrasto con il diritto oggettivo che l' amministrazione è tenuta ad applicare nello svolgimento dell' azione amministrativa, a meno di non voler pervenire all' assurda conclusione che il giudice si renda complice del raggiungimento di un risultato illegittimo.

Orbene, nella fattispecie, le pretese sostanzialmente azionate dal ricorrente sono palesemente infondate, perché non assistite da alcuna norma o principio giuridico, come deve ritenersi alla luce dell' interpretazione (ormai pacifica) dell’ art. 40 D.P.R. n. 347/1983, disposizione che impone l' inquadramento del dipendente in base alla qualifica posseduta, senza attribuire alcuna rilevanza alle mansioni di fatto svolte dal dipendente stesso; ciò significa che, in ogni caso, se pure parte ricorrente avesse comprovato la violazione di norme procedimentali - il che, come si è visto, non è - le pretese di cui trattasi si sarebbero comunque arenate sulla inammissibilità del gravame per carenza di situazione tutelata.

Quanto appena osservato vale ad escludere la fondatezza della terza ed ultima doglianza, con la quale parte ricorrente lamenta la violazione per falsa applicazione del già richiamato art. 40 D.P.R. n. 347/1983; esattamente l’ organo di controllo ha ritenuto che l’ inquadramento del ricorrente contrastasse con detto D.P.R., e con la qualifica ivi prevista per il dipendente che svolge compiti quali quelli inerenti al profilo professionale proprio del Ragusa.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza, e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania (sez. III) - rigetta il ricorso in epigrafe.

Spese a carico del soccombente, liquidate, complessivamente e forfettariamente in lire 2.500.000, in favore del Co.re.co. di Catania; nulla da disporre nei confronti del Comune di Viagrande, non costituitosi in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania, nella camera di consiglio del 16 dicembre 1998.

IL PRESIDENTE 

L' ESTENSORE

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