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n. 4-1999 - © copyright.

TAR SICILIA-CATANIA, SEZ. III - Sentenza 28 aprile 1999 n. 754 - Pres. Zingales, Est. Anastasi - Agosta (Avv. D’Alessandro) c. Comune di Ispica (Avv. Monaca) e Contino (n.c.) - (respinge).

Contratti della P.A. - Gara - Esclusione - Nel caso di irregolarità formali - Non può essere disposta - Condizioni e limiti di tale regola - Individuazione.

Contratti della P.A. - Gara - Produzione di documento in copia fotostatica con a tergo dichiarazione a firma autenticata del richiedente - Non può essere considerata una copia autenticata ex art.14, 2° comma, della legge n. 15/1968 - Regolarizzazione postuma - Impossibilità.

Non può essere disposta l’esclusione di una ditta da una gara per l’aggiudicazione di un contratto di appalto a causa di irregolarità documentali di ordine puramente formali non determinanti sostanziali alterazioni del procedimento, a condizione che l’irrituale presentazione di documenti non si ponga in contrasto con chiare prescrizioni fissate dal bando di gara o dalla lettera di invito "a pena di esclusione", le quali, essendo essenziali per il proficuo svolgimento della gara, non ammettono deroga (1).

Secondo la ratio sottesa alla disposizione di cui all'art.14, 2° comma, della legge n. 15/1968, il rilascio di copie autentiche presuppone il riscontro di conformità con l'atto o documento originale, il quale deve, pertanto, essere esibito al pubblico ufficiale; ciò significa che il documento non autenticato da pubblico ufficiale è privo di valore giuridico (2).

E' pertanto legittima l'esclusione dalla gara di una ditta che abbia prodotto un documento prescritto dal bando (nella specie, autorizzazione sanitaria) in copia fotostatica, con a tergo la dichiarazione sostitutiva della conformità rispetto all’originale, a firma autenticata del titolare della ditta; la presentazione infatti di una dichiarazione proveniente dal titolare della ditta, sia pure con firma autenticata da funzionario competente (il quale, perciò, ha potuto attestare soltanto l’autenticità della provenienza della firma, ma non la conformità della copia esibita al documento originale) devesi ritenere come un fatto avente valore "equipollente" alla sua omessa presentazione entro il termine perentorio indicato dal bando di gara e, pertanto, non suscettibile di sanatoria mediante regolarizzazione (3).

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(1) Cons. Stato, Sez. VI, 28 aprile 1994, n. 600; Sez. VI, 25 maggio 1993 n. 377; Sez. VI, 2 maggio 1990 n. 501 e T.A.R. Palermo, Sez. I , 8 luglio 1996 n. 994.

(2) Cass. 25 luglio 1978 n. 3713; Cass. Pen., Sez. V, 1 luglio 1992 n. 3111.

(3) Cfr. T.A.R. Sicilia-Palermo, Sez. I, 16 marzo 1995 n. 206. 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Staccata di Catania (Sez.III°), composto dai signori:

dott. Vincenzo Zingales Presidente

dott. Biagio Campanella Consigliere

dott.ssa Concetta Anastasi I° Referendario Rel.Est.

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 706/97, proposto dalla ditta Agosta Giovanni, in persona del titolare omonimo, rappresentato e difeso dall'avv. Nicolò D’Alessandro ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso, in Catania, viale Ruggero di Lauria, n.29

CONTRO

il Comune di Ispica, in persona del suo Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Monaca del Foro di Ragusa ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Salvino Scalia, in Catania, via Padova, n.70

E NEI CONFRONTI

di Contino Rosetta, non costituita in giudizio

PER L'ANNULLAMENTO

1) della deliberazione della G.M. di Ispica n.35 del 7.1.1997, con la quale la ditta Agosta è stata esclusa dalla gara per la fornitura di pasti caldi per gli anni 1997 e 1998 nonché di aggiudicazione della fornitura alla ditta Contino Rosetta;

2) di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, ivi compresa la nota del 2.1.97 di comunicazione dell’esclusione e quelli di cui in narrativa.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Constatata la costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata;

Constatata la omessa costituzione in giudizio della controinteressata;

Visti gli atti tutti del giudizio;

Designato Relatore, alla pubblica udienza del 28 maggio 1997, il I° Referendario dott.ssa Concetta Anastasi;

Udit l'avv. Nicolò D’Alessandro per il ricorrente;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con atto notificato in data 1.2.1997, la ditta ricorrente premetteva che il Comune di Ispica, con bando del 23 ottobre 1996, aveva indetto una gara per la fornitura di pasti caldi per la refezione scolastica per la durata di anni due, per l’importo a base d’asta di £.577.298.800 oltre I.V.A., con un ribasso del 12,50%, con il sistema di cui all’art.16 del dlvo. 24.7.92 n.358.

Esponeva che il bando predetto indicava, tra la documentazione richiesta alle ditte, ai fini della partecipazione alla gara, "l’autorizzazione rilasciata dall’Assessore alla Sanità della Regione Siciliana o regioni competenti, ai sensi del D.P.R. n.327/80", cioè del "Regolamento di Esecuzione della legge 30.4.62 n.283 e successive modificazioni in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita di sostanze alimentari e delle bevande".

L’odierna ricorrente produceva, a tal uopo, copia del decreto del Medico Provinciale del 24.11.1989, che attestava l’idoneità aziendale del proprio stabilimento.

Celebrata la gara in data 18.12.1996, risultava aggiudicataria la ditta ricorrente, che aveva offerto il ribasso del 12,5%, per cui alla medesima veniva richiesta la presentazione dei documenti di rito nonché di copia autentica dell’autorizzazione sanitaria, in quanto non veniva ritenuta valida la copia prodotta, avvalorata da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà proveniente dal ricorrente.

Esponeva che, nella stessa data del 18.12.1996, l’autorità sanitaria aveva provveduto a rilasciare una nuova autorizzazione per lo stabilimento di produzione realizzato dalla ditta Agosta in contrada "Formiche"(zona Artigianale) di Vizzini, ove, medio tempore, l’azienda aveva trasferito i propri locali, per cui la ditta Agosta produceva tale nuova autorizzazione sanitaria in luogo della copia autenticata da pubblico ufficiale del documento già presente agli atti dell’amministrazione.

La ditta Agosta lamentava che, inopinatamente, veniva emanato l’impugnato provvedimento, dispositivo della sua esclusione della gara, avverso cui si vedeva costretta ad interporre l’odierno gravame, fondato sull’unico articolato motivo di diritto, che di seguito si enuncia:

1- violazione del bando di gara- Eccesso di potere per incongruenza manifesta.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso, con ogni conseguenziale statuizione anche in ordine alle spese.

Con memoria depositata in data 24 febbraio 1997, si costituiva l’intimata amministrazione, per resistere al presente ricorso.

Rilevava, in punto di fatto, che, a seguito dell’aggiudicazione della gara di che trattasi, alla ditta ricorrente era stato chiesto, con nota prot.29339 del 20.12.1996, di produrre, ai sensi e per gli effetti dell’art.15 del dlvo. 24.7.92 n.358, l’originale del documento (presentato in copia fotostatica, con una dichiarazione proveniente dallo stesso titolare della ditta, attestante a tergo la conformità con l’originale, con la firma autenticata), in forza dell’obbligo previsto dal punto 3.1.7. dell’allegato 1 del decreto dell’Assessorato alla Sanità del 20.6.96.

Ma la ditta ricorrente rispondeva producendo una diversa autorizzazione sanitaria, per cui ne veniva, infine, comminata, con nota prot.18 del 2.1.97, la esclusione dalla gara di appalto, che si concludeva, pertanto, con la disposta aggiudicazione in favore della ditta Contino Rosetta, odierna controinteressata.

Nel merito, contestava le argomentazioni svolte ex adverso e concludeva per il rigetto del ricorso, con ogni conseguenziale statuizione anche in ordine alle spese.

Questa, Sezione, a seguito di domanda di sospensione interinale dell’impugnato provvedimento, proposta dalla ditta Agosta, disponeva istruttoria, in esito alla quale risultava (decreto di citazione in giudizio n.7491/94 della Procura della Repubblica presso la Pretura Circondariale di Ragusa del 13.2.97), che l’originale dell’atto di autorizzazione sanitaria trovavasi sotto sequestro disposto dall’A.G., nell’ambito del procedimento penale a carico del titolare della ditta ricorrente, per il reato di truffa aggravata ai danni del Comune di Chiaramonte Gulfi, per aver prodotto l’atto di che trattasi in modo falso -dopo aver alterato l’autorizzazione sanitaria rilasciata in data 24.11.89 nonché dopo aver tratto in inganno il funzionario comunale incaricato (per consentire il rilascio di copia autentica diversa dall’originale)- ai fini della partecipazione alla gara d’appalto per la fornitura di pasti caldi nelle scuole materne del Comune.

Alla pubblica udienza del giorno 28 maggio 1997, il ricorso passava in decisione.

DIRITTO

1. Il bando di gara, indetto dal Comune di Ispica con G.M. N.926 del 3.10.96 - per l’appalto della fornitura di pasti caldi nell’ambito del servizio di refezione scolastica delle Scuole Materne Statali e Regionali e nelle Scuole Medie Statali di Ispica per gli anni 1997 e 1998, per l’importo complessivo a base d’asta di £.577.298.800, oltre I.V.A., con il sistema di cui all’art.16, comma 1°, lettera a) del D.L.vo n.352/92 - costituente la "lex specialis" del procedimento concorsuale per cui è causa, con l’art.16, punto 2, indica, fra i documenti richiesti, l’autorizzazione sanitaria, rilasciata dall’Assessorato alla Sanità, ai sensi del D.P.R. n.327/80.

Invero, il servizio di somministrazione di pasti caldi agli alunni di scuole materne ed elementari, pur concernendo la ristorazione, configura un'attività che, in quanto assume una particolare connotazione, va ricondotta nell'alveo della produzione e del commercio delle sostanze alimentari, ricadente sotto la normativa di cui alla legge 30 aprile 1962 n.283 e, quindi, del relativo regolamento di esecuzione emanato con il D.P.R. 26 marzo 1980 n.327, concernente la disciplina della produzione e del commercio delle sostanze destinate all'alimentazione.

Pertanto, il predetto documento, avente valore probatorio del requisito di igienicità dei locali, assume un rilievo fondamentale ai fini della valutazione dell’idoneità delle ditte partecipanti alla gara per la regolare esecuzione delle prestazioni, oggetto dell’appalto di che trattasi.

2. Nella specie, la parte ricorrente ha prodotto copia fotostatica della richiesta autorizzazione sanitaria, con a tergo la dichiarazione sostitutiva della conformità rispetto all’originale, a firma del ricorrente, autenticata.

Va premesso che il Collegio non ignora il principio giurisprudenziale – invocato dal ricorrente - secondo cui non può essere disposta l’esclusione di una ditta da una gara per l’aggiudicazione di un contratto di appalto a causa di irregolarità documentali di ordine puramente formali non determinanti sostanziali alterazioni del procedimento -a condizione che l’irrituale presentazione di documenti non si ponga in contrasto con chiare prescrizioni fissate dal bando di gara o dalla lettera di invito "a pena di esclusione"(Cons. Stato, Sez.VI°, 28.4.94, n.600; Sez. VI° 25.5.1993 n.377), le quali, essendo essenziali per il proficuo svolgimento della gara, non ammettono deroga (Cons. Stato, Sez. VI, 2.5.1990 n.501 e T.A.R. Palermo, Sez.I°, 8.7.1996 n.994)- ma ritiene che il predetto principio non si attagli alla fattispecie oggetto dell’odierno "thema decidendum".

Invero, l'art.2714, I° comma c.c., prevede che le copie di atti pubblici equipollenti, quanto a pubblica fede, agli originali, sono solo quelle "spedite nelle forme prescritte da depositari pubblici autorizzati". La norma, che va collegata alle disposizioni della legge notarile, esprime un principio ovvio ma essenziale: quello secondo cui la copia autentica può definirsi tale soltanto se proveniente dal soggetto abilitato a custodirne l'originale.

La disposizione contenuta nel II° comma del medesimo articolo 2714 c.c. sviluppa il principio di cui al comma precedente, prevedendo che anche la copia tratta da copia di atto pubblico possa fare fede alla stregua dell'originale, se spedita da depositario pubblico della stessa.

La ricordata disciplina civilistica, conforme alle disposizioni di cui alla legge notarile (art.67), non risulta modificata né attenuata, nelle sue linee essenziali nonché nel suo rigore, della legge n.15 del 1968, la quale (art.14, II° comma) si limita a prevede, semplicemente, con disposizione generale che non menziona espressamente gli atti pubblici, che l'autenticazione di copie possa essere fatta o dal pubblico ufficiale che abbia emesso il documento o che lo custodisce, o dal pubblico ufficiale presso il quale quel documento va prodotto, ovvero da notaio, cancelliere, segretario comunale o altro funzionario delegato dal Sindaco.

Ne consegue, che, secondo la "ratio" sottesa alla disposizione di cui all'art.14, II° comma, della legge n.15/1968, il rilascio di copie autentiche presuppone il riscontro di conformità con l'atto o documento originale, il quale deve, pertanto, essere esibito al pubblico ufficiale.

Ciò significa che il documento non autenticato da pubblico ufficiale è privo di valore giuridico (Cass. 25 luglio 1978 n.3713; Cass. Pen. V, 1.7.1992 n.3111), sicchè, nella specie, la presentazione di esso mediante dichiarazione proveniente dal titolare della ditta, sia pure con firma autenticata da funzionario competente (che, perciò, ha potuto attestare soltanto l’autenticità della provenienza della firma ma non la conformità della copia esibita al documento originale) devesi ritenere come un fatto avente valore "equipollente" alla sua omessa presentazione entro il termine perentorio indicato dal bando di gara e, pertanto, non suscettibile di sanatoria mediante regolarizzazione (conf.: T.A.R. Palermo, Sez. I° 16 marzo 1995 n.206).

La giurisprudenza civile non esprime alcuna indicazione nel senso auspicato dalla parte ricorrente, se non attraverso qualche occasionale temperamento del rigore dei principî, come nel caso di copia autentica già in possesso dell'amministrazione, della quale si ammette che possa essere rilasciata copia, se da utilizzare nell'ambito delle finalità istituzionali dell'amministrazione stessa (Corte Cass., 24 luglio 1971 n. 2478), ma, com’è evidente, non offre spunti che depongano in senso favorevole alla tesi della parte ricorrente, ai fini della soluzione delle questioni sottoposte all’esame del Collegio.

Premesso, infatti, che l’interpretazione della disposizione di gara (richiesta dell’originale o di copia autentica dell’autorizzazione sanitaria) non è in contestazione e che il documento presentato risulta, perciò, formalmente inidoneo rispetto alla prescrizione, devesi ritenere che l'esclusione della ditta ricorrente non possa non discendere, ineluttabilmente, dalla presenza della clausola che, con formula usuale ma non per questo di mero stile, prevedeva appunto l'esclusione per carenza o incompletezze o irregolarità nella documentazione.

Tale clausola, infatti, assegnando prevalenza al concorrente principio del favor verso l'ammissione delle ditte offerenti, introduce edittalmente una sanzione la cui mancata applicazione non può facilmente ipotizzarsi, se non in presenza di irregolarità del tutto prive di spessore probatorio o sostanziale (quale non può ritenersi quella verificatasi nella vicenda).

Invero, il Collegio non ignora il principio, di carattere generale, secondo cui la redazione di un documento non in bollo, di regola, concretizza una carenza di natura formale, in ordine alla quale incombe l’obbligo dell’Amministrazione di trasmettere il documento all’Ufficio Registro affinchè quest’ultimo provveda alla relativa regolarizzazione, ma tale principio non appare avere alcuna attinenza con il caso di specie, poiché, come già precisato, la fotocopia non autenticata dell’autorizzazione sanitaria richiesta non si può risolvere in una mera irregolarità sanabile, in quanto non concerne un aspetto estrinseco del documento, ma assume attinenza soltanto in riferimento agli effetti sostanziali dell’atto medesimo.

3. L’interesse pubblico, correlato all’interesse privato azionato dalla parte ricorrente, alla massima partecipazione delle ditte invitate alla gara va, infatti, necessariamente posto in correlazione nonché in ponderazione con gli altri interessi pubblici emergenti nella specie: "in primis" con quello prevalente e fondamentale a garantire la tutela della salute degli alunni (art.32 Cost.), poi con quello, concorrente, della tutela della "par condicio" dei concorrenti nello svolgimento della gara, -che, oltre ad imporre la valutazione caso per caso dell'inesatto adempimento, non consente di ammettere illimitatamente la possibilità di sanare il documento carente o invalido- nonché, infine, con quello complessivo alla "celerità" del procedimento amministrativo, ricollegabile all’art.97 Cost.

Appare di palmare evidente che, nella specie, l’esigenza di salvaguardia dell’interesse pubblico cui si collega la parte ricorrente si appalesi come "recessivo"(se non come immeritevole di tutela) rispetto agli altri interessi pubblici in contrapposizione, la cui indubbia prevalenza giustifica ampiamente il sacrificio dell’interesse alla massima partecipazione alla gara.

4. Dalle suesposte argomentazioni, si desume che l’amministrazione avrebbe già potuto escludere la ditta ricorrente in sede di esame della documentazione allegata alla domanda di partecipazione e che già la richiesta di integrazione del documento, a seguito dell'aggiudicazione, si sia risolta in una inutile dilatazione temporale del procedimento mediante un supplemento di istruttoria che, oltretutto, non avrebbe potuto servire alla parte ricorrente a comprovare la sostanziale conformità dell'originale del documento richiesto (oggetto di sequestro in procedimento penale) rispetto alla copia prodotta, con sacrificio dell’interesse pubblico alla celerità del procedimento, in palese contrasto con i principi di cui all’art.97 della Cost.

Conseguentemente, la parte ricorrente non può dolersi in alcun modo dell’operato dell’amministrazione, la quale, al contrario, le ha consentito di poter regolarizzare la propria documentazione, pur non essendovi tenuta dalla legge, che, infatti, ammette, per i soli appalti già disciplinati dalla legge n.584 del 1977, la facoltà di integrare i documenti riguardanti la sola capacità tecnica dell'imprenditore (art.18).

In conclusione, pertanto, l’operato dell’Amministrazione si applesa esente da censure ed il ricorso merita di essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia -Sezione Staccata di Catania (Sez.III°), definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo RIGETTA.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del presente giudizio, che liquida nella somma complessiva di £. 1.800.000 (lire unmilioneottocentomila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità Amministrativa.

Così deciso in Catania, nella camera di consiglio del 29 maggio 1997.

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Pubblicata il 28.4.1999.

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