T.A.R. SICILIA-CATANIA, SEZ. III - Sentenza 8 giugno 1999 n. 1097 - Pres. Zingales, Est. Anastasi .- "Mediterranea Catering s.r.l. (Avv. De Luca) c. Azienda Speciale per lAeroporto di Catania (Avv.ti Modica e DAlessandro), Società per lAeroporto Catania (Avv. D'Alessandro) e Turisthotel s.r.l. (Avv.ti Scuderi e Barreca).
La concessione-contratto della gestione dell'aeroporto di Catania alla "A.S.A.C." (successivamente trasformata in "S.A.C. s.r.l.") da parte del Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione Civile, abilita il precitato soggetto a gestire i servizi essenziali dell'aeroporto nonché quelli collaterali d'assistenza ai viaggiatori in transito, con facoltà anche di affidarli a terzi, entro i limiti e le modalità che ne circoscrivono la sfera di autonomia gestionale, con la conseguenza che l'aspetto funzionale assume un rilievo netto e prevalente nelleconomia della concessione ministeriale, in quanto il godimento del bene demaniale si qualifica soltanto come un elemento del contratto di servizio.
Questo tratto caratteristico contraddistingue nettamente la concessione di servizi aeroportuali dalle concessioni direttamente attinenti al bene demaniale, nelle quali il conferimento presuppone soltanto che l'Amministrazione concedente attui una scelta tra più soggetti aspiranti, in modo da ottenere il massimo di convenienza amministrativa, nell'ambito di un sistema che si atteggia a concorso fra una pluralità di soggetti aspiranti ad un'unica concessione (1).
La gestione dei servizi aeroportuali affidata in concessione può comportare, fra laltro, che il concessionario possa anche (sotto la propria responsabilità) affidare sub-concessioni parziali a terzi, restando salvo, ovviamente, il rispetto della normativa di carattere generale statuente la previa autorizzazione per l'attivazione di particolari servizi, quale quello dato dall'esercizio di un'attività commerciale (utilizzandosi, a tal fine, i sistemi in uso per i contratti ad evidenza pubblica). Pertanto, la subconcessione data dal concessionario gestore di servizi aeroportuali ad un terzo per l'attivazione di un esercizio commerciale, concernendo la messa a disposizione dei locali in cui attivare l'esercizio, richiede - per essere valida - l'assenso ministeriale.
L'atto di "assenso" del Ministero dei Trasporti - sia che venga qualificato come atto di controllo successivo di una convenzione (id est: subconcessione-contratto) già perfetta (e, quindi, come requisito di efficacia della medesima), sia che venga qualificato come presupposto di legittimità della convenzione (da perfezionare successivamente) si profila, comunque, come espressivo di un potere discrezionale dell'Amministrazione, il cui mancato intervento assume la valenza di un fatto impeditivo dell'ulteriore perfezionamento della fattispecie negoziale (subconcessione-contratto) intercorsa tra il soggetto concessionario dei servizi da parte della P.A. ed il soggetto subconcessionario (2).
Prima che intervenga l'approvazione di un contratto (o di un sub-contratto) con la p.a., è da escludersi l'insorgenza di un qualsiasi diritto soggettivo a favore del privato contraente, e ciò anche se il contratto (o il sub-contratto) abbia avuto per molto tempo esecuzione, in coerenza con il principio secondo cui l'approvazione - quale atto formale del procedimento negoziale - non ammette equipollenti, in quanto se essa potesse trovare un valido surrogato nell'esecuzione si finirebbe con lo snaturarne l'essenza e la portata (3).
I provvedimenti di riesercizio o di rinnovazione del potere amministrativo emanati dall'autorità intimata in giudizio, in esecuzione di unordinanza cautelare c.d. "propulsiva" o "sollecitatoria" del giudice amministrativo, costituiscono unattività dovuta soltanto in ordine allan, e non anche in ordine al quid, e sono, pertanto, idonei a provocare improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse ad agire ex art.100 c.p.c., del giudizio avente ad oggetto i precedenti provvedimenti, nel cui ambito era stata pronunciata lordinanza cautelare "propulsiva" (4).
Le controversie relative al rapporto di subconcessione (e, quindi, anche quelle concernenti le subconcessioni di locali demaniali siti nellarea aeroportuale da destinare ad esercizi commerciali) che, comè noto, postulano tanto nella fase genetica che in quella attuativa, e, a volte, in quella estintiva, lesercizio, da parte del concessionario, di poteri pubblicistici sostanzialmente analoghi a quelli tipici connessi alle analoghe fasi dei rapporti concessori tra la P.A. concedente ed il soggetto (privato o pubblico) concessionario - devono ritenersi devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo prevista dallart.5, I° comma e 7, 2° comma, della legge 6.12.1971 n.1034, per le controversie in materia di concessione di beni o di servizi pubblici (5).
Sussiste la giurisdizione dellA.G.O. in ordine alle controversie relative ad un procedimento di aggiudicazione di un appalto posto in essere da un ente pubblico economico, che agisca in proprio ed in posizione di parità con gli aspiranti allaggiudicazione, mentre sussiste la giurisdizione del Giudice amministrativo nel caso in cui lente pubblico economico (od il privato) appaltante agisca quale concessionario di un ente pubblico istituzionale in virtù di provvedimento traslativo di pubblici poteri, e, quindi, quale organo indiretto della P. A. (6).
Una clausola del bando che impone alle imprese lapposizione nella busta contenente l'offerta di un sigillo "a scelta dellimpresa", senza nulla prevedere in ordine alle caratteristiche di tale sigillo, va interpretata secondo un criterio richiedente lordinaria diligenza delluomo comune che, scevro di cognizioni giuridiche, può ben ritenere che lesatto adempimento delle predette prescrizioni possa aver luogo anche mediante lapposizione di un sigillo di uso comune, come si desume dallinciso "a scelta dellimpresa". È pertanto illegittimo il provvedimento di esclusione di una offerta nella cui busta limpronta del sigillo sia costituita da una moneta (nella specie, era stata ultilizzata una moneta da 50 lire) (7).
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(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 27 novembre 1970 n. 782; id., 31 ottobre 1972 n. 696.
(2) Cons. Stato Sez. IV, 13 febbraio 1995 n. 77, punto 4 della motivazione.
(3) Cfr. Corte Conti Sez. Contr., 29 gennaio 1997, n. 16.
(4) Cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 25.2.1989 n. 178; T.A.R. Campania-Napoli, Sez. I, 9.11.1995 n. 402; T.A.R. Basilicata, 13.5.1991 n. 55; T.A.R. Sicilia- Catania, Sez. III, 12.10.1998 n. 1692, 12.2.1998 n. 205 e 2.5.1994 n. 756.
(5) Cfr., fra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 29.4.1991 n. 262
(6) Cfr. da ult. Cass. Sez. Unite, sentenza n. 6225/1997; nello stesso senso, fra le tante, cfr. Cass. Sez. Un., 15.10.1992 n. 11264; 18.3.1992 n. 3359; 29.12.1990 n. 12221.
(7) Come si dà atto lealmente nella motivazione della sentenza, il T.A.R. Catania aveva in un primo tempo respinto la domanda di sospensione, "aderendo alla tesi espressa dal Consiglio di Stato, Sez. IV°, con ord. caut. n. 2291 del 20.11.1996 recepita, successivamente, anche dal T.A.R. Latina, con sent. n.60/98 del 3.2.1998 - secondo cui, in sostanza, non può essere ritenuto come apposto il sigillo sulle buste contenenti lofferta di una ditta in una gara di appalto nel caso in cui limpronta sia costituita da una moneta, in quanto segno di uso comune o derivante dalla utilizzazione di cose egualmente comuni, poiché, in tali ipotesi, verrebbe a mancare il requisito della inequivocabile riferibilità dellimpronta al soggetto che lha imposta". Tuttavia, un più approfondito ripensamento della fattispecie - anche attraverso la disamina dellulteriore documentazione versata in atti nonché degli scritti difensivi delle parti - ha indotto il T.A.R. Catania, re melius perpensa, a rivedere la propria posizione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Staccata di Catania (Sez.III°), composto dai signori:
dott. Vincenzo Zingales -Presidente
dott. Biagio Campanella -Consigliere
dott.ssa Concetta Anastasi -I° Referendario Rel.Est.
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi riuniti n.1223/97, n.2921/97 e n. 642/98 R.G., proposti da "Mediterranea Catering s.r.l.", con sede in Catania -in persona dell'amministratore unico Giovanni Li Voti- rappresentata e difesa dall'avv. Donato De Luca ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso, in Catania, Via Lago di Nicito n.14;
CONTRO
1) quanto ai ricorsi n.1223/97 e n.2921/97: "A.S.A.C." (Azienda Speciale per lAeroporto di Catania) in persona del Presidente pro-tempore del C.d.A. dott. Giuseppe Scuderi- rappresentata e difesa, unitamente e disgiuntamente, dagli avv.ti Riccardo Modica e Nicolò DAlessandro ed elettivamente domiciliata presso lo studio di questultimo, in Catania, viale Ruggero di Lauria, n.29;
2) quanto al ricorso n.642/98: "S.A.C. s.r.l."(Società per lAeroporto Catania) - in persona del Presidente del C.d.A. Dott. Ugo Colajanni, autorizzato alla lite con delibera del 17.2.1998- rappresentata e difesa dall'avv. Nicolò D'Alessandro ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso, in Catania, Piazza Lanza, 18/A;
E NEI CONFRONTI
quanto ai ricorsi n.2921/97 e n.642/98: della "Turisthotel s.r.l." -in persona del legale rappresentante pro-tempore Nunzia Rizzo- rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Scuderi e Lino Barreca ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Catania, via Vincenzo Giuffrida, n.37;
PER L'ANNULLAMENTO
1)quanto al ricorso n.1223/97: delle deliberazioni sconosciute con le quali lA.S.A.C. ha indetto la gara per lassegnazione in concessione del locale destinato alla vendita di tabacchi, giornali e souvenir nellaeroporto "Fontanarossa"di Catania ed ha rigettato listanza della ricorrente, intesa ad ottenere la proroga della stessa concessione; se del caso, del silenzio sullistanza di rinnovo avanzata dalla ricorrente;
2)quanto al ricorso n.2921/97: del provvedimento contenuto nel verbale di gara del 6.6.97 per notar Carlo Saggio, di esclusione della ricorrente dalla gara per laggiudicazione della subconcessione del locale per la rivendita di tabacchi, giornali e riviste e di aggiudicazione del relativo contratto alla controinteressata;
3)quanto al ricorso n.642/98: del verbale di gara del 4.12.97 per notar Carlo Saggio, nella parte in cui ha disposto l'esclusione della gara della ricorrente e la conferma dell'aggiudicazione in favore della controinteressata, per la subconcessione del locale destinato alla rivendita di tabacchi, giornali ed altro, sito nell'aerostazione di Catania; di ogni altro atto o provvedimento presupposto o conseguenziale a quello impugnato.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della "A.S.A.C." (nei primi due giudizi) e della "S.A.C. s.r.l." (nel terzo ed ultimo giudizio);
Vista la costituzione in giudizio della controinteressata "Turisthotel s.r.l." nei ricorsi n.2921/97 e n.642/98;
Visti gli atti tutti dei tre giudizi riuniti;
Designato Relatore, alla pubblica udienza del 29 aprile 1998, il I° Referendario dott.ssa Concetta Anastasi;
Uditi l'avv. Donato De Luca per la parte ricorrente, lavv. Nicolò DAlessandro per la parte resistente, nonché gli avv.ti Andrea Scuderi e Lino Barreca per la parte controinteressata;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Ricorso n.1223/97. Con atto notificato in data 7.3.97, la "Mediterranea Catering s.r.l." premetteva di essere stata assegnataria, con contratto del 26.3.1985 -a seguito di licitazione privata indetta dalla "A.S.A.C.", concessionaria a titolo precario dellaeroporto di Fontanarossa- della subconcessione di un locale, sito allinterno dellaerostazione, da destinare alla vendita di giornali, tabacchi e souvenir, per la durata di anni cinque, precisando altresì che, allepoca, la società ricorrente era denominata "Li Voti e Privitera s.r.l.".
Esponeva che, con istanza del 6.5.1996 ed allegato progetto di massima, aveva chiesto allA.S.A.C. di poter essere autorizzata a ristrutturare i locali nei quali svolgeva la propria attività commerciale nonché di poter ottenere la proroga della subconcessione in corso, per ulteriori anni cinque anni, come da clausola inserita nel contratto accessivo.
A seguito di un sollecito inoltrato dalla ricorrente in data 25.6.1996, il Direttore dellA.S.A.C. rispondeva con nota interlocutoria prot. n.1799 del 5.9.1996, per cui la ricorrente, permanendo lulteriore silenzio da parte dellA.S.A.C., si vedeva costretta a proporre successivamente la diffida, notificata in data 27.12.1996, nella quale, fra laltro, rilevava la sussistenza dellobbligo della parte intimata a determinarsi circa la proroga della concessione, tenuto altresì conto che, nelle more, erano state rinnovate altre concessioni coeve a quelle della ricorrente, in favore di altre società commerciali, esercenti nei locali dellaerostazione di Catania.
Inoltre, lesponente -al fine di rendere più conveniente il rinnovo della proroga- si dichiarava, nel contempo, disponibile altresì a corrispondere alla concessionaria, oltre che il canone (quale risultava ammontare a seguito dei prescritti aggiornamenti), anche una percentuale sugli incassi.
Tuttavia, lA.S.A.C., con bando del 21.2.97, procedeva allindizione della gara per la subconcessione del locale per cui è causa, destinato alla rivendita di prodotti di monopolio, degli articoli di cui allallegato 1 del D.L. 17.9.96 n.561, di giornali e riviste nellaerostazione di Catania, con ciò rigettando implicitamente le istanze di parte ricorrente.
Ciò premesso, la società ricorrente impugnava tali determinazioni dellA.S.A.C., deducendo i seguenti due motivi di diritto, che di seguito si enunciano:
1) eccesso di potere sotto il profilo della disparità di trattamento.
2) Violazione dellobbligo di provvedere.
Concludeva per laccoglimento del ricorso, con ogni conseguenziale statuizione anche in ordine alle spese.
Si costituiva la parte intimata ed eccepiva preliminarmente linammissibilità del presente ricorso per omessa notifica al Ministero dei Trasporti, cui è attribuito il potere di vigilanza sulle concessioni e subconcessioni dellaerostazione, come risulta dall'espressa clausola, contenuta nell'art.4, 7° comma, della convenzione n.4295 del 20.3.91, intervenuta fra detto Ministero e lA.S.A.C. (richiamata espressamente nella seconda subconcessione stipulata il 30.4.1992 fra le parti del presente giudizio), secondo cui : "È facoltà del "concessionario" subconcedere a terzi i servizi commerciali, previo nulla-osta "dellAmministrazione concedente" anche ai fini dellapprovazione dei canoni di concessione".
Nel merito, contestava le argomentazioni svolte ex adverso e concludeva per la reiezione del gravame, con ogni conseguenziale statuizione anche in ordine alle spese.
A seguito dellacquisizione della documentazione richiesta dal Presidente di questa Sezione con O.P.I. n.11/97 del 19.5.1997, la parte ricorrente presentava motivi aggiunti, notificati in data 23.5.1997 ed insisteva nelle già prese conclusioni.
Con memoria depositata in data 27.5.1997, lA.S.A.C. replicava alle nuove argomentazioni della parte ricorrente, rilevando, fra laltro, che dalla documentazione acquisita era altresì emersa la carenza del prescritto nulla-osta del competente Ministero e ciò con gravi refluenze in ordine alla sussistenza della legittimazione attiva della parte ricorrente alla presente azione.
Concludeva per la reiezione del ricorso, con vittoria di spese.
Questa Sezione, con ordinanza n.1429/97 del 4.6.1997, rigettava la domanda di interinale sospensione degli impugnati provvedimenti, accogliendo leccezione svolta dalla parte resistente circa la carenza di legittimazione attiva della "Mediterranea Catering s.r.l." alla presente azione giurisdizionale, per lomesso intervento del prescritto nulla-osta da parte del Ministero dei Trasporti sulla subconcessione a suo tempo assentito alla parte ricorrente.
Ricorso n.2921/97. Con atto notificato in data 16.6.1997, la ricorrente società premetteva che, successivamente, lA.S.A.C., aveva proceduto allespletamento della gara indetta con bando del 21.2.97 per la subconcessione del locale destinato alla rivendita di prodotti di monopolio, articoli di cui allallegato 1 del D.L. 17.9.96 n.561, giornali e riviste, nellaerostazione di Catania.
La ricorrente esponeva che aveva presentato domanda di partecipazione alla gara, ma che, con verbale del 6.6.1997, ne era stata esclusa con la motivazione secondo cui "non si ravvisano esistenti i presupposti di cui al punto 6, lettera b), della pag.2 del bando di gara coordinato con la lettera b) delle avvertenze di cui alla pag.5 del medesimo bando" (e, cioè, in sostanza, a causa della ritenuta difformità della chiusura del "piego sigillato" rispetto alle prescrizioni contenute nel bando, a pena di nullità).
Ciò premesso, di tale provvedimento di esclusione dalla gara la società ricorrente ha chiesto lannullamento, svolgendo i motivi di diritto, che di seguito si enunciano:
1) violazione dellart.3 della legge 7.8.90 n.241;
2) violazione dei principi in tema di interpretazione dei bandi di gara e di esclusione dei concorrenti dala gara stessa.
Concludeva per laccoglimento del gravame, con vittoria di spese.
Si costituiva lintimata amministrazione per sostenere, in sintesi, che il sigillo apposto sulla ceralacca, costituito da una moneta di £.50, sarebbe invisibile, per cui legittimamente sarebbe stata disposta lesclusione della ricorrente società, come espressamente comminato in sede di bando di concorso.
Concludeva per la reiezione del gravame, con ogni conseguenziale statuizione anche in ordine alle spese.
Si costituiva in giudizio anche la controinteressata "Tuuristhotel s.r.l.", aggiudicataria della gara, per controdedurre alla tesi di parte ricorrente, concludendo per linfondatezza del ricorso, con vittoria di spese.
Questa Sezione, a seguito di verificazione ed accertamenti istruttori, con ordinanza n.1769 del 27.6.1997, rigettava la domanda di sospensione dellimpugnato provvedimento.
Ricorso n.642/98. Con atto notificato in data 2.2.98, la ricorrente società premetteva di essere stata riammessa alla gara, a seguito dellordinanza cautelare del C.G.A. n.695 del 25.7.1997, che, annullando lordinanza di rigetto di I° grado di questa Sezione n.1769 del 27.6.1997, disponeva la interinale sospensione degli effetti del provvedimento di esclusione impugnato con il ricorso n.2921/97, in ottemperanza alla successiva ordinanza del C.G.A. n.936 del 17.11.1997, con la quale veniva disposta lesecuzione della precedente ordinanza n.695/97, alla quale lA.S.A.C. non aveva ottemperato.
Con questo nuovo gravame, lamentava, però, che, dopo essere stata riammessa alla procedura concorsuale, ne era stata nuovamente esclusa con limpugnato verbale del 4.12.1997.
Conseguentemente, anche avverso questultimo provvedimento di esclusione, la ricorrente insorgeva, deducendo eccesso di potere sotto vari profili.
Concludeva per laccoglimento del ricorso, con ogni conseguenziale statuizione anche in ordine alle spese.
Si costituiva la "S.A.C. s.r.l." (Società Aeroporto di Catania), sorta a seguito di trasformazione della "A.S.A.C." (Azienda Generale per lAeroporto di Catania) in società commerciale e rilevava che il sigillo utillizzato dalla "Mediterranea Catering s.r.l.", oltre ad essere assolutamente casuale (appunto, una moneta di £.50), sarebbe altresì assolutamente inidoneo ad integrare una valida impronta.
Si opponeva, inoltre, alla richiesta istruttoria inerente lacquisizione di rilievo fotografico dellimpronta, avanzata dalla parte ricorrente, ritenendola di nessuna conducenza probatoria ai fini del presente giudizio.
Pertanto, insisteva per la reiezione del ricorso.
Si costituiva anche la controinteressata società ed eccepiva preliminarmente il difetto di giurisdizione, poiché la "S.A.C.", quale soggetto gestore di servizi aeroportuali di Fontanarossa, si troverebbe in posizione corrispondente a quella di un ente pubblico economico svolgente attività di produzione di beni e servizi, con la conseguenza che, non esercitando alcun potere di supremazia ed agendo come privato imprenditore, si porrebbe, in sostanza, su di un piano paritetico con i soggetti con cui viene in relazione e richiamava, a sostegno della propria tesi, giurisprudenza della Cassazione a Sezione Unite.
Nel merito, contestava la fondatezza del ricorso.
Questa Sezione, con ordinanza n.563/98 del 26.2.1998, rigettava la domanda di ammissione al mezzo di prova fotografico, formulata dalla parte ricorrente.
Alla pubblica udienza del giorno 29.4.1998, il ricorso passava in decisione.
DIRITTO
1. Va innanzi tutto disposta la riunione dei ricorsi n.1223/97, n.2921/97 e n.642/98, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 52 r.d. 17 agosto 1907, n.642 e 19 della legge 6 dicembre 1971, n.1034, per le evidenti ragioni di connessione soggettiva, oggettiva e procedimentale, che ne consigliano la decisione con un'unica sentenza.
2.1. In relazione al primo ricorso (n.1223/97), devono essere preliminarmente esaminate le eccezioni proposte dallA.S.A.C., di inammissibilità per difetto di legittimazione attiva della parte ricorrente a causa della carenza del prescritto nulla-osta del Ministero dei Trasporti in ordine alla stipulazione della subconcessione del 1985, e, quindi, anche per omessa notifica al suddetto Ministero.
La risposta alla prima di tali eccezioni postula la preliminare delibazione in ordine alla natura dei poteri (pubblicistici o privatistici) esplicati dal soggetto che ha indetto la gara, in ordine alla posizione del medesimo (cioè se autoritativa o paritetica) rispetto alle imprese partecipanti alla gara, nonché in ordine allambito di estensione dei poteri di vigilanza del Ministero dei Trasporti.
Al fine di effettuare tale delibazione, occorre innanzi tutto rilevare che dagli atti acquisiti al presente giudizio, risulta che lA.S.A.C. (Azienda Speciale per lAeroporto di Catania), azienda speciale costituita ai sensi dellart.32, I° comma, n.4 R. D. 20.9.1934 n.2011, con atto pubblico notarile del 23.3.1981, mediante la convenzione stipulata con il Ministero dei Trasporti in data 20.3.1991 (rep. N. 4295) è stata dotata di una certa autonomia funzionale per soddisfare specificatamente esigenze di interessi generali, sicchè, anche a seguito della sua recente trasformazione in "S.A.C. s.r.l." (con rogiti notarili del 23.4.1997 e del 4.7.1997) divenuta operante con decorrenza 1.1.98 (e, quindi, nelle more tra lemanazione, in data 4.12.97, dellimpugnato verbale dellA.S.A.C. e la data 2.2.98, di proposizione del ricorso n.642/98) può essere agevolmente annoverata nella categoria degli "Enti che gestiscono impianti aeroportuali in base a concessione rilasciata a norma dell'art.694 Cod. nav.", fra laltro espressamente indicati dalle direttive comunitarie n.90/531 e n.93/38 (cosiddetti "settori esclusi").
La precitata convenzione del 20.3.1991 evidenzia, in modo inequivocabile, un notevole potere di vigilanza del Ministero dei Trasporti sugli atti della parte concessionaria, i cui punti di emersione -per quel che rileva ai fini del presente giudizio- sono: a) la potestà di sub-concessione dei vari servizi commerciali soltanto "previo nulla osta dellAmministrazione concedente, anche ai fini dellapprovazione dei canoni di subconcessione" (art.4, commi 7° e seg. della convenzione stipulata il 30.4.92: pag.7 e segg.); b) lobbligo in base al quale la "A.S.A.C.", "per un più proficuo coordinamento delle attività gestionali, dovrà redigere il bilancio industriale con le caratteristiche ivi indicate e dovrà trasmettere al Ministero i bilanci ed i piani finanziari trimestrali" (pag.9 e 10); c) il divieto di apportare modifiche agli immobili salvo autorizzazione preventiva del ministero (pag.15); d) lobbligo di ottenere lapprovazione ministeriale prima di fissare o modificare le tariffe (pag.19 e 20); e) la previsione, alquanto significativa, secondo cui il collegio sindacale della concessionaria deve essere composto da membri designati dal Ministero (pag.29 e 30).
In sintesi, la concessione-contratto della gestione dell'aeroporto di Catania alla "A.S.A.C." (successivamente trasformata in "S.A.C. s.r.l.") da parte del Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione Civile, abilita il precitato soggetto a gestire i servizi essenziali dell'aeroporto nonché quelli collaterali d'assistenza ai viaggiatori in transito, con facoltà anche di affidarli a terzi, entro i limiti e le modalità che ne circoscrivono la sfera di autonomia gestionale, con la conseguenza che -ad avviso del Collegio- l'aspetto funzionale assume un rilievo netto e prevalente nelleconomia della concessione ministeriale, in quanto il godimento del bene demaniale si qualifica soltanto come un elemento del contratto di servizio.
Infatti, il Ministero conferisce il servizio con la sua sede demaniale tecnica, ma la concessione del bene demaniale aeronautico (a norma del combinato disposto degli artt. 694 e 692 c.n.) è soltanto uno strumento per l'esercizio del servizio, mentre il bene è vincolato nell'uso ad una funzione e destinazione che il concessionario non può mutare, soprattutto alla luce dell'interesse pubblico cui la concessione è sottesa, che, ovviamente, non è correlato "strictu sensu" al godimento del bene demaniale come tale, ma, in prevalenza, al servizio che il concessionario si impegna a rendere all'Amministrazione o ai terzi (utenti) attraverso la sua organizzazione.
Questo tratto caratteristico contraddistingue nettamente la concessione di servizi aeroportuali dalle concessioni direttamente attinenti al bene demaniale, nelle quali il conferimento presuppone soltanto che l'Amministrazione concedente attui una scelta tra più soggetti aspiranti, in modo da ottenere il massimo di convenienza amministrativa, nell'ambito di un sistema che si atteggia a concorso fra una pluralità di soggetti aspiranti ad un'unica concessione (cfr.: Cons. Stato, VI, 27 novembre 1970 n.782; VI, 31 ottobre 1972 n.696).
Ciò spiega altresì le ragioni in base a cui la gestione dei servizi aeroportuali affidata in concessione può comportare, fra laltro, che il concessionario possa anche (sotto la propria responsabilità) affidare sub-concessioni parziali a terzi, restando salvo, ovviamente, il rispetto della normativa di carattere generale statuente la previa autorizzazione per l'attivazione di particolari servizi, quale quello dato dall'esercizio di un'attività commerciale (utilizzandosi, a tal fine, i sistemi in uso per i contratti ad evidenza pubblica).
Pertanto, la subconcessione data dal concessionario gestore di servizi aeroportuali ad un terzo per l'attivazione di un esercizio commerciale, concernendo la messa a disposizione dei locali in cui attivare l'esercizio, richiede l'assenso ministeriale ad esplicarlo.
Nella specie, tenuto conto soprattutto della già menzionata potestà di subconcessione di cui allart.4 della convenzione del 20.3.1981, del contenuto e delle peculiari caratteristiche del bando di gara in questione, nonché del contenuto intrinseco (più che del mero "nomen iuris") dei precedenti atti di subconcessione del 1985, del 1992 e del 1993 (prodotti in giudizio dal ricorrente agli atti del primo ricorso n.1223/97) non può, in alcun modo dubitarsi che lassegnazione del locale destinato alla vendita di tabacchi, giornali, riviste e "souvenir" nellaeroporto "Fontanarossa" di Catania debba necessariamente configurarsi e qualificarsi come subconcessione, in quanto i rapporti giuridici e lassetto complessivo degli interessi voluti, perseguiti e concreamente realizzati dalle parti esulano dagli schemi privatistici del contratto di appalto (di servizi) e/o del contratto di locazione, e/o di altri negozi misti affini.
Ed invero, la natura dellatto con il quale il concessionario dei servizi aeroportuali, avvalendosi del potere di subconcessione espressamente conferitogli con il provvedimento concessorio ed il relativo contratto, e previa autorizzazione della P.A. concedente, dia in uso a terzi, a titolo oneroso, beni del demanio aeronautico al fine di impiegarli per attività inerenti ai servizi aeroportuali (sicchè il terzo venga a trovarsi in posizione analoga a quella del concessionario), è sicuramente riconducibile alla figura della subconcessione (di beni e/o servizi), in quanto la causa o funzione economico-sociale di tale dazione in uso a terzi esorbita da quella tipica dei cennati schemi contrattuali (cfr. fra le tante: Cass. Civ. Sez.I°, 7.11.1989 n.4645 e 6.5.1985 n.2823; con la precisazione che sullesattezza della qualificazione in termini di subconcessione e non di locazione, etc.- non incide in alcun modo, ovviamente, la circostanza che nelle controversie definite in Cassazione con le citate pronunzie non risulta essere stata sollevata, a istanza di parte o dufficio, la questione del difetto di giurisdizione dellA.G.O. in materia di concessioni, ai sensi dellart.5, I° comma, della legge 6.12.1971 n.1034).
Ciò posto, ad avviso del Collegio, l'atto di "assenso" del Ministero dei Trasporti -sia che venga qualificato come atto di controllo successivo di una convenzione (idest: subconcessione-contratto) già perfetta (e, quindi, come requisito di efficacia della medesima) sia che venga qualificato come presupposto di legittimità della convenzione (da perfezionare successivamente) si profila, comunque, come espressivo di un potere discrezionale dell'Amministrazione, il cui mancato intervento assume la valenza di un fatto impeditivo dell'ulteriore perfezionamento della fattispecie negoziale (subconcessione-contratto) intercorsa tra il soggetto concessionario dei servizi da parte della P.A. ed il soggetto subconcessionario (sostanzialmente, in tal senso, Cons. Stato Sez. IV°, 13 febbraio 1995 n.77, punto 4 della motivazione).
2.2. Ne consegue che la mancata attivazione delle parti in giudizio al fine di consentire l'esercizio del potere ministeriale, impedendo il legittimo perfezionamento dell'atto autoritativo, ha inciso anche in ordine allinsorgenza di diritti ed obblighi scaturenti dal sinallagma di cui allaccordo contrattuale accessivo alla subconcessione, cristallizzando la posizione della ricorrente società in una posizione "di pendenza", non molto dissimile da quella di un aggiudicatario di una gara ad evidenza pubblica in attesa dellapprovazione del contratto.
E comè noto, prima che intervenga l'approvazione di un contratto con la p.a. è da escludersi l'insorgenza di un qualsiasi diritto soggettivo a favore del privato contraente, e ciò anche se il contratto, come nella specie, abbia avuto per molto tempo esecuzione, in coerenza con il principio secondo cui l'approvazione -quale atto formale del procedimento negoziale- non ammette equipollenti, in quanto "se essa potesse trovare un valido surrogato nell'esecuzione si finirebbe con lo snaturarne l'essenza e la portata" (cfr. Corte Conti Sez. Contr., 29 gennaio 1997, n.16).
Nella specie, la peculiarità della situazione giuridica scaturente dal mancato perfezionamento del sinallagma contrattuale incide sullinteresse legittimo (e, conseguentemente, sulla legittimazione attiva) della parte ricorrente ad avanzare la pretesa al rispetto del diritto soggettivo di rinnovo ed impedisce altresì il diretto richiamo allapplicazione della norma di cui all'art. 37, ultimo comma, C.N., che "per le concessioni di durata non superiore al quadriennio e che non importino impianti di difficile sgombero" accorda "la preferenza al precedente concessionario", e solo in mancanza di tale possibilità prevede lespletamento della licitazione privata.
Pertanto, il primo ricorso (n.1223/97) deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse legittimo e di legittimazione attiva in capo alla parte ricorrente, posto che linteresse azionato in tale primo giudizio deve in realtà configurarsi e qualificarsi come "interesse di mero fatto", come tale non suscettibile, ovviamente, di poter essere tutelato in sede giurisdizionale.
Resta, conseguentemente, precluso al Collegio lingresso nel merito per lesame delle doglianze di parte ricorrente, con cui si rileva, in sostanza, lillegittimità delle determinazioni dellazienda aeroportuale di indire un nuovo esperimento di aggiudicazione della subconcessione, senza neanche lenunciazione di quelle ragioni di interesse pubblico che sole avrebbero potuto giustificare siffatta determinazione.
2.3. La rilevata carenza di interesse legittimo e di "legitimatio ad causam" in capo alla parte ricorrente, facendo venir meno due delle condizioni generali dellazione giurisdizionale proposta con il primo ricorso, rende superflua la delibazione in ordine alla connessa eccezione di inammissibilità per omessa notifica del ricorso al Ministero dei Trasporti, svolta dalla parte resistente.
3. Passando, ora, allesame del secondo ricorso (n.2921/97), occorre preliminarmente valutare la questione circa la permanenza o meno dellinteresse della parte ricorrente ex art.100 c.p.c. ad ottenere una decisione di tale ricorso.
Ciò, in quanto, a seguito dellordinanza cautelare del C.G.A. del 25.7.97 n.695, emessa nel presente ricorso - la quale, ritenendo che: "sussiste il danno grave derivante dallesecuzione del provvedimento, originariamente impugnato di esclusione dalla gara", ha, per leffetto, sospeso "lefficacia dellesclusione dalla gara della società appellante" [cioè della "Mediterranea Catering s.r.l.]-, ed in ottemperanza alla successiva ordinanza del C.G.A. n.936 del 17.11.1997, con la quale veniva disposta lesecuzione della predetta ordinanza n.695/1997, alla quale lA.S.A.C. non aveva ottemperato, veniva rinnovata la gara, riprendendo le operazioni dallesame della busta e procedendo immediatamente "a verificare la conformità della busta alle prescrizioni del Bando" (pag.3 del verbale del 4.12.1997, penultimo capoverso).
E, con il sopravvenuto provvedimento, veniva reiterata lesclusione della ricorrente società -con la motivazione secondo cui "ritenendosi violati il punto 6 lettera b) del bando ed il punto b) delle avvertenze al medesimo, in quanto, si ripete, i segni rinvenuti non possono qualificarsi idonee impronte di sigillo a scelta dellimpresa, si ritiene di non dover procedere alla apertura della busta e di escludere la ditta "Mediterranea Catering s.r.l." dalla gara- e veniva altresì riconfermata laggiudicazione della gara medesima alla ditta "Turisthotel come dal verbale del 6 giugno 1997" (pag.4/5 del verbale del 4.12.1997).
In sostanza, occorre preliminarmente verificare se la sopravvenienza di tale ultimo provvedimento amministrativo - oggetto dellimpugnativa proposta dalla stessa parte con il successivo ricorso n.642/98- possa costituire un fatto idoneo a determinare la improcedibilità del presente giudizio per sopravvenuta carenza di interesse della parte ricorrente ex art.100 c.p.c. ad ottenere una decisione finale, ancorchè la relativa attività amministrativa sia stata espletata in esecuzione dellordinanza cautelare del C.G.A. del 17.11.97 n.936.
Ad avviso del Collegio, generalmente, quando nel processo amministrativo viene sospeso un provvedimento con ordinanza cautelare, facendo obbligo allamministrazione di emanare un secondo atto di riesame, questo secondo provvedimento accede al primo, integrandolo, con la conseguenza che il "nuovo" atto può anche non essere impugnato con separato ricorso, ma, in quanto adduca nuove ragioni a sostegno della misura adottata, può ben essere censurato attraverso la proposizione di motivi aggiunti, ferme restando le originarie censure dedotte contro il primo atto.
Nel caso di specie, il contenuto dello "iussum" scaturente dal dispositivo della predetta ordinanza del C.G.A. n.695/1997 (e da quello della successiva ordinanza del C.G.A. n.936/1997, che, in esecuzione della prima, ha imposto un "facere" alla parte intimata, delimitando in tal modo il potere discrezionale amministrativo con riferimento alla fattispecie concreta) è costituito dallobbligo di rinnovare la gara, per cui la integrale realizzazione del predetto "comando giurisdizionale" comporta lesplicazione di una ulteriore attività amministrativa in ordine allassetto giuridico del rapporto, che è costituita da una parte "vincolata" (reiterazione parziale della gara) nonché da una parte "discrezionale" (determinazione in ordine alla validità dellofferta formulata dalla "Mediterranea Catering s.r.l.").
E, nellambito della discrezionalità (tecnica), connessa allesercizio della funzione amministrativa, lA.S.A.C. si è determinata nel senso di reitare lesclusione della ditta ricorrente per violazione delle prescrizioni del bando, ma avrebbe ben potuto rideterminarsi sul punto in senso difforme, ammettendo alla gara lofferta della "Mediterranea Catering s.r.l." e, perciò, concludendo in senso satisfattivo degli interessi sottesi, sul piano sostanziale, alla pretesa dedotta in giudizio dalla parte ricorrente.
Per le suindicate ragioni, ad avviso del Collegio, il "nuovo" provvedimento di esclusione, contenuto nel verbale del 4.12.97, essendo stato emanato a seguito di nuova valutazione discrezionale, che ha presupposto il riesame della fattispecie, va ritenuto non essere parte integrante del primo provvedimento di esclusione di cui al verbale del 6.6.97, ma una nuova determinazione dellamministrazione sullintera fattispecie, del tutto sostitutiva della precedente, ancorchè di contenuto, nella sostanza, analogo e non corrispondente, perciò, ad una soluzione satisfattiva degli interessi azionati con il presente giudizio.
Ed invero, i provvedimenti di riesercizio o di rinnovazione del potere amministrativo emanati dall'autorità intimata in giudizio, in esecuzione di unordinanza cautelare c.d. "propulsiva" o "sollecitatoria" del giudice amministrativo, costituiscono unattività dovuta soltanto in ordine all"an", e non anche in ordine al "quid", di guisa che non assumono una rilevanza limitata al mero piano processuale, ma rivestono altresì una piena valenza sul piano giuridico sostanziale, essendo assimilabili anche alesercizio dei poteri di autotutela che vengono esplicati nei provvedimenti di secondo grado, e sono, pertanto, idonei a provocare improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse ad agire ex art.100 c.p.c., del giudizio avente ad oggetto i precedenti provvedimenti, nel cui ambito era stata pronunciata lordinanza cautelare "propulsiva" (in tal senso, fra le tante, Cons. Stato, Sez. VI° 25.2.1989 n.178; T.A.R. Campania-Napoli, Sez. I° 9.11.1995 n.402; T.A.R. Basilicata, 13.5.1991 n.55; T.A.R. Sicilia- Catania, Sez. III°: 12.10.1998 n.1692, 12.2.1998 n.205 e 2.5.1994 n.756); e ciò tenuto conto che lattività dovuta in ottemperanza alla misura cautelare propulsiva si arresta, appunto, al momento o alla fase dell"an", vale a dire alla mera determinazione volitiva di procedere al riesame della fattispecie concreta, mentre il "quid", vale a dire il contenuto (satisfattivo o nuovamente sfavorevole per linteressato) del nuovo provvedimento si configura, ovviamente, come un autonomo atto di esercizio della potestà amministrativa, non essendo la P.A. in alcun modo vincolata in ordine al contenuto del nuovo provvedimento, ad eccezione, naturalmente, dei soli limiti insiti nella delibazione sommaria di fondatezza dei motivi di ricorso, così come esplicitati nella misura cautelare propulsiva, e, quindi, dei conseguenti divieti (sia pure impliciti) di porre in essere nuovi provvedimenti illegittimi, a causa della reiterazione (totale o parziale) degli stessi vizi rilevati con lordinanza cautelare.
Alla stregua di tali principi, devesi, quindi, ritenere che, nel caso di specie, lintervento del verbale del 4.12.1997 ha costituito un fatto idoneo a provocare la sopravvenuta improcedibilità del presente giudizio avente ad oggetto il verbale primigenio di esclusione del 6.6.97, nel cui ambito era stata pronunziata l'ordinanza cautelare propulsiva.
Sicchè, in conclusione, va dichiarata limprocedibilità di tale secondo ricorso (n.2921/97) per sopravvenuta carenza dell interesse processuale prescritto dallart.100 c.p.c., come condizione fondamentale di ogni azione giurisdizionale.
4.1. Lesame, infine, del terzo ed ultimo ricorso (n.642/98) richiede la preventiva delibazione delleccezione preliminare di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sollevata dalla controinteressata "Turisthotel s.r.l.", aggiudicataria della gara in questione, sotto il duplice profilo della natura di ente pubblico economico propria dellA.S.A.C., con le relative conseguenze in materia di giurisdizione relativamente alle controversie concernenti le gare di appalto indette dagli enti pubblici economici (giurisdizione che, secondo le invocate pronunzie delle Sezioni Unite della Cassazione, appartengono allA.G.O.), e della natura di ente privato della "S.A.C. s.r.l." (succeduta allA.S.A.C.), di guisa che " almeno lultimo ricorso, notificato il 2.2.98 ed iscritto a ruolo il 13.2.98, inciderebbe oggi sullattività economico-imprenditoriale di gestione di una persona giuridica privata che non è pù soggetta in alcun modo alla giurisdizione amministrativa" (così, in particolare, a pag.7 della memoria depositata il 18.4.1998).
Leccezione è infondata.
Ed invero, le controversie relative al rapporto di subconcessione (e, quindi, anche quelle concernenti le subconcessioni di locali demaniali siti nellarea aeroportuale da destinare ad esercizi commerciali) che, comè noto, postulano tanto nella fase genetica che in quella attuativa, e, a volte, in quella estintiva, lesercizio, da parte del concessionario, di poteri pubblicistici sostanzialmente analoghi a quelli tipici connessi alle analoghe fasi dei rapporti concessori tra la P.A. concedente ed il soggetto (privato o pubblico) concessionario - devono ritenersi devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo prevista dallart.5, I° comma e 7, 2° comma, della legge 6.12.1971 n.1034, per le controversie in materia di concessione di beni o di servizi pubblici (cfr., fra le altre, Cons. Stato, Sez. VI° 29.4.1991 n.262).
E ciò deve affermarsi pure con riferimento al periodo successivo alla avvenuta trasformazione della "A.S.A.C." (Azienda Speciale Aeroporto di Catania) in "S.A.C. s.r.l." (Società Aeroporto Catania), posto che tale trasformazione divenuta operante, come anche espressamente affermato nella memoria depositata il 18.4.1998 dalla controinteressata in data 1.1.1998 e, quindi, dopo la data (4.12.1997) di emanazione da parte della "A.S.A.C." e non della "S.A.C. s.r.l." del provvedimento di esclusione impugnato al terzo ed ultimo dei tre ricorsi in esame (ricorso n.642/98, notificato il 2.2.1998)- non ha, ovviamente, determinato lestinzione del rapporto di concessione fra il Ministero dei Trasporti e la "A.S.A.C." (ora "S.A.C. s.r.l.") per la gestione dei servizi aeroportuali, di guisa che la conseguenziale (e non contestata) permanenza della qualità di concessionario nella "S.A.C. s.r.l." rende assolutamente ininfluente, ai fini della sussistenza e continuità della giurisdizione esclusiva dellA.G.A. in materia di concessioni e subconcessioni (con riferimento anche a questultimo ricorso), lintervenuto mutamento della natura giuridica (da pubblica a privata) del medesimo soggetto concessionario.
Ai fini, infatti, dellindividuazione e dellaffermazione della sussistenza della giurisdizione esclusiva nella singola fattispecie astrattamente sussumibile nel novero delle materie attribuite a tale cognizione esclusiva del giudice amministrativo, è irrilevante stabilire ed accertare leffettiva consistenza della situazione giuridica dedotta in giudizio, dato che, proprio a ragione della stessa finalità di fondo (o della stessa "ratio") dellattribuzione ad un unico giudice di tutte le controversie relative a determinate materie, vale a dire per lobiettiva (ed, a volte, grave ed insuperabile) difficoltà di distinguere diritti soggettivi ed interessi legittimi (su tale ragione di fondo, cfr., fra le altre, T.A.R. Lazio Latina n.95/1981 e T.A.R. Abruzzo- Pescara n.526/1986) e, quindi, per la conseguenziale devoluzione allA.G.A., logicamente ed ontologicamente connessa alla scelta legislativa dellattribuzione ad un unico giudice di determinati rapporti giuridici amministrativi) della cognizione anche di tutte le questioni relative a diritti (art. 7, 3° comma, in relazione al precedente 2° comma della legge 6.12.1971 n.1034 ed art.30, I° comma T.U.C.S. 26.6.1924 n.1054, in relazione al precedente art.29), nessuna indagine preliminare sulla consistenza della siutazione azionata potrebbe mai sottrarre la questione alla sfera di cognizione e di decisione del giudice amministrativo (in tal senso, fra le altre, Cass. Sez. Un. 20.7.1979 n.4304).
Sicchè in tali materie, quandanche si ritenesse inconfigurabile od inesistente, nella fattispecie concreta, lesercizio di potestà amministrative (il che, peraltro, nella fase genetica delle concessioni e delle subconcessioni di beni e servizi pubblici deve decisamente escludersi) e si trattasse di questioni attinenti a diritti soggettivi e non già ad interessi legittimi, la cognizione della controversia spetterebbe, comunque, al giudice amministrativo, per il solo fatto di essere attinente a materia ricompresa per legge nellambito della giurisdizione esclusiva (fermo restando, ovviamente, che la rilevanza fra le due situazioni giuridiche protette diritto soggettivo ed interesse legittimo- riemerge ai fini della distinzione fra atti autoritativi ed atti paritetici e, conseguentemente, ai fini di stabilire il termine di decadenza o di prescrizione per la proposizione del ricorso, i differenti poteri del G.A., in relazione alle diverse categorie di situazioni, etc..).
Le cennate argomentazioni, che conducono il Collegio allaffermazione della sussistenza, nella fattispecie, della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non vengono in alcun modo scalfite dal richiamo ai principi asseritamente contrari elaborati dalla giurisprudenza invocata dalla controinteressata nel controricorso relativo al terzo giudizio (n.642/98) e nellunica memoria conclusiva del 18.4.1998.
In particolare, rileva il Tribunale che contrariamente a quanto sostenuto dalla controinteressata in base ad alcuni soltanto dei principali enunciati motivatori delle sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione n.10616 del 28.11.1996 e n.6225 del 9.7.1997 (parzialmente riportati alle pagg. 2 e 3 del controricorso), il cui disegno complessivo, in ordine ai profili ricostruttivi del riparto di giurisdizione in materia, viene ad essere evidentemente trascurato- la sentenza n.10616/1996 delle Sezioni Unite, esplicitamente condivisa e confermata dalla successiva sentenza n.6225/1997 delle stesse Sezioni Unite (al punto IV della motivazione), ha sottolineato la differenza tra la fattispecie del procedimento di aggiudicazione di un appalto posto in essere da un ente pubblico economico, che agisca in proprio ed in posizione di parità con gli aspiranti allaggiudicazione, e la ben diversa fattispecie in cui lente pubblico economico (od il privato) appaltante agisca quale concessionario di un ente pubblico istituzionale in virtù di provvedimento traslativo di pubblici poteri, e, quindi, quale organo indiretto della P. A., affermando la giurisdizione dellA.G.O. nella prima ipotesi e, ovviamente, quella del giudice amministrativo nella seconda (nello stesso senso, fra le tante, cfr. Cass. Sez. Un.: 15.10.1992 n.11264; 18.3.1992 n.3359; 29.12.1990 n.12221).
4.2. Entrando, ora, nel merito di questultimo ricorso, deve esaminarsi la questione centrale su cui si concentra limpugnativa, in correlazione allo specifico interesse della parte ricorrente.
La disposizione legislativa primigenia, in tema di "segretezza" delle offerte nelle gare ad evidenza pubblica, è costituita dall'art.75 R.D. 23 maggio 1924 n.827 (Regolamento per l'Amministrazione del Patrimonio e per la Contabilità Generale dello Stato), secondo cui nelle procedure concorsuali per laggiudicazione degli appalti pubblici, le offerte devono essere presentate in "piego sigillato", a pena di nullità. Viene così "cristallizzato" il duplice obbligo, in capo alle ditte partecipanti alle gare ad evidenza pubblica, di apporre la sottoscrizione ed il sigillo sulla busta contenente lofferta, allo scopo di assicurare la provenienza ed insostituibilità dellofferta stessa, in modo da rendere impossibili (o per lo meno difficili) eventuali sostituzioni e/o manomissioni senza lasciare traccia.
In particolare, il sigillo è richiesto proprio allo scopo di evitare abusive aperture delle buste ed eventuali sostituzioni del contenuto, per cui va posto con materiali (di solito di ceralacca) che aderiscono ai lembi in modo tale da impedire che il plico possa essere aperto senza che ne resti visibile traccia.
Invero, la esigenza di tutela della "segretezza" dellofferta, connessa alla generale formalità della "doppia busta" (una contenente l'offerta segreta e l'altra i documenti) -prevista dal medesimo art.75 R.D. n.827/1924 allo scopo di consentirne alla commissione la verifica della completezza e/o regolarità- risponde allinteresse pubblico fondamentale di realizzare la "par condicio" dei concorrenti, per cui condiziona aprioristicamente la partecipazione di una ditta alla gara prima della conoscenza della stessa offerta formulata (conf. ex multis: T.A.R. Piemonte, Sez. II, 3 aprile 1987 n.132).
Perciò, la precitata disposizione normativa di cui allart.75 R.D. n. 827/1924, al di là del mero tenore letterale, postula uninterpretazione in senso evolutivo con riferimento alla "ratio" della medesima - che, come già precisato, è quella di realizzare la "segretezza" dell'offerta e di eliminare il rischio di manomissioni - senza ricadere in meri "formalismi", che potrebbero collidere con il principio della massima partecipazione alla gara.
Il termine "sigillo" deriva dal latino "sigillum", a sua volta diminuitivo di "signum"(che si traduce con la parola "segno") ed indica unimpronta su materia molle, specialmente cera, metallo e simili, ottenuta con una matrice incisa in negativo.
In assenza di una specifica definizione legislativa, il sigillo può essere costituito da qualsiasi segno esteriore e percettibile (bollo, timbro in ceralacca, strisce di carta, cartelli, fili di ferro e così via) che, in modo anche simbolico (e quindi senza necessità di rendere inaccessibile o di racchiudere in congegni materiali la "res serbanda"), valga a manifestare la volontà pubblica di intangibilità di una determinata cosa mobile o immobile, al fine di assicurarne la conservazione, l'identità e la consistenza oggettiva.
La intangibilità della "res serbanda" risulta penalmente sanzionata con l'art.349 c.p., ai cui effetti per "sigillo" occorre intendere qualsiasi dispositivo o congegno applicato da una pubblica autorità su una cosa al fine di assicurarne la conservazione e l'identità.
Pertanto, agli effetti penali, il sigillo può essere costituito sia da un bollo o da un timbro applicato con ceralacca o su piombo, sia da strisce di carta incollata con la firma dei pubblici ufficiali procedenti, perchè anche tali strisce rappresentano un segno visibile e tangibile, attraverso il quale si manifesta la volontà della pubblica autorità di tutelare la "res" di cui interessa conservare l'identità nonché la consistenza oggettiva.
Invero, il delitto di violazione di sigilli si perfeziona non solo nel caso di rottura o di rimozione dei sigilli propriamente detti, ma anche quando la condotta dellagente infrange il divieto che i sigilli simboleggiano e, cioè, quando essa sia idonea a rendere frustranea l'assicurazione della cosa e ad escludere il vincolo di immodificabilità che su di essa è imposto.
Ne consegue che il "sigillo" può essere costituito da una qualsiasi impronta o segno che sia idoneo ad assicurare la chiusura orginaria e, nello stesso tempo, a confermarne l'autenticità in quanto proveniente dal mittente, al fine di evitare manomissioni di sorta del contenuto del piego o della busta.
4.3. Nel caso di specie, il bando di gara, costituente la "lex specialis" del procedimento, al punto 8) prevede, fra laltro, che:
1) "lofferta" deve essere contenuta in apposita busta chiusa con ceralacca e controfirmata sui lembi di chiusura, nella quale oltre allofferta non devono essere inseriti altri documenti.
Sulla ceralacca deve essere impressa limpronta di un sigillo a scelta dellimpresa".
Fra le "Avvertenze" di cui alla parte finale del bando viene previsto che "saranno esclusi dalla gara i plichi privi di chiusura con ceralacca nonché i plichi che, pur forniti della chiusura di ceralacca, non rechino sulla stessa ceralacca limpronta del sigillo come precedentemente descritto"(lettera b).
Le clausole del bando non costituiscono oggetto di interposto gravame da parte della ricorrente società.
Secondo un principio generale, allorquando in sede di gara siano richiesti taluni adempimenti formali a pena della inammissibilità delle offerte (espressamente previste) non è dato accertare se lottemperanza a questi ultimi debba essere considerata essenziale o meno per il corretto svolgimento della gara attraverso unindagine sulle finalità dei predetti adempimenti, né tanto meno è dato - qualora siasi pervenuti alla conclusione della inessenzialità di un tale accertamento - ritenere che si possa escludere lapplicazione della sanzione prescritta dalla "lex specialis" del procedimento.
Ciò in quanto un siffatto giudizio risulta essere già stato reso in anticipo dalla stessa Amministrazione in sede di predisposizione della disciplina della gara, con la conseguenza che, successivamente, esso non può più essere modificato, anche al fine di garantire la "par condicio" fra i concorrenti che hanno ottemperato ai prescritti adempimenti e ne hanno subito i relativi oneri, confidando, nel contempo, in analoga (onerosa) ottemperanza da parte degli altri.
Pertanto, occorre premettere uninterpetazione letterale e sistematica delle norme (del bando), rilevanti ai fini dellodierno "thema decidendum", che dia prevalenza alle espressioni letterali in esso contenute, senza alcuna possibilità di attribuire rilevanza, attraverso procedure ermeneutiche ed integrative, a significati inespressi nel testo del bando stesso (Cons. Stato Sez. V°, 1 giugno 1992 n. 472).
Lobbligo prescritto dal bando e sanzionato a pena di esclusione riguarda: 1) la chiusura della busta, controfirmata sui lembi, con ceralacca e lapposizione dellimpronta di un sigillo a scelta dellimpresa sulla stessa ceralacca.
Questa Sezione, con lordinanza cautelare n.1769 del 27.6.1997, emessa sul ricorso n.1223/97, aveva rigettato la domanda di interinale sospensione dellimpugnato provvedimento, con ciò aderendo alla tesi espressa dal Consiglio di Stato, Sez. IV°, con ord. caut. n.2291 del 20.11.1996 recepita, successivamente, anche dal T.A.R. Latina, con sent. N.60/98 del 3.2.1998- secondo cui, in sostanza, non può essere ritenuto come apposto il sigillo sulle buste contenenti lofferta di una ditta in una gara di appalto nel caso in cui limpronta sia costituita da una moneta, in quanto segno di uso comune o derivante dalla utilizzazione di cose egualmente comuni, poiché, in tali ipotesi, verrebbe a mancare il requisito della inequivocabile riferibilità dellimpronta al soggetto che lha imposta.
Tuttavia, un più approfondito ripensamento della fattispecie -anche attraverso la disamina dellulteriore documentazione versata in atti nonché degli scritti difensivi delle parti- ha indotto il Collegio, "re melius perpensa" a rivedere la propria posizione, proprio a partire dalle norme disciplinanti il bando di concorso.
Il bando, infatti, impone lapposizione di un sigillo "a scelta dellimpresa", senza nulla prevedere in ordine alle caratteristiche di tale sigillo, cioè senza precisare se esso debba essere costituito dallimpronta di un oggetto specificatamente riconducibile al soggetto che lha apposto (es.: marchio di impresa, inziali della ragione sociale, del titolare, etc.), ovvero se esso possa essere costituito anche da un oggetto di uso comune (quale può essere, infatti una moneta) riferibile, perciò, a chiunque.
Una tale disposizione incerta e generica della "lex specialis" del procedimento, sanzionata con la previsione dellesclusione della gara per la mancata ottemperanza, come, nel caso di specie, va inevitabilmente interpretata secondo un criterio richiedente lordinaria diligenza delluomo comune che, scevro di cognizioni giuridiche, può ben ritenere che lesatto adempimento delle predette prescrizioni possa aver luogo anche mediante lapposizione di un sigillo di uso comune, come si desume dallinciso "a scelta dellimpresa" (e, comunque, anche dal principio ermeneutico "ubi lexit voluit dixit").
Ed invero, le superiori considerazioni inducono il Collegio a non interpretare le succitate clausole del bando in modo particolarmente rigoroso (che potrebbe anche esorbitare il dato letterale ed oggettivo), ma secondo il criterio della loro finalità volta alla tutela degli interessi pubblici perseguiti, che, come precisato, sono quelli intesi ad evitare manomissioni di sorta del contenuto del piego o della busta nonché a realizzare la tutela della segretezza dellofferta.
Ciò anche al fine di consentire la realizzazione del principio della massima partecipazione dei soggetti alla gara, anche in correlazione con il principio della tutela dellinteresse della stessa amministrazione ad ottenere un risultato globalmente il più vantaggioso possibile.
Del resto, è già stato ritenuto (C.G.A., sent. 20 dicembre 1988 n. 223) che non è necessario che il sigillo rechi una particolare impronta caratteristica, bastando l'apposizione della ceralacca in modo tale di impedire che il plico possa essere aperto senza che ne resti traccia visibile ed è stato altresì affermato che (Cons. Stato, Comm. spec., par., 15 novembre 1982 n.5/1206), ai sensi dell'art.75 quarto comma R.D. 23 maggio 1924 n. 827, per "plico sigillato" deve intendersi un piego recante sulla chiusura una impronta impressa su materiale plastico.
Appare, inoltre, particolarmente significativa la circostanza secondo cui anche la stessa parte intimata, cioè la "S.A.C. s.r.l.", ammette che vi è "totale accordo sul fatto che limpresa poteva scegliere qualsiasi impronta (e di ciò si da atto nel verbale di gara), come vè accordo sul fatto che più imprese potevano utilizzare la medesima impronta. Il concetto di riferibilità dellimpronta allimpresa va, infatti, inteso alla luce del concetto di riproducibilità"(pag.6 e 7 della memoria depositata in data 26.2.98).
4.4. Premesso, quindi, che, nella specie, la finalità del "sigillo" -inteso come strumento di garanzia dell'autenticità della chiusura originaria della busta contenente l'offerta di una ditta partecipante ad una gara d'appalto- non può dirsi elusa solo perché il segno impresso sulla ceralacca (concorrendo le ulteriori precauzioni) non è costituito dal nome sotto il quale l'impresa mittente svolge la propria attività, occorre esaminare laltro punto in contestazione e, cioè, quello eccepito ex adverso, secondo cui limpronta apposta dalla "Mediterranea Catering s.r.l." sulla ceralacca non avrebbe i requisiti della "visibilità", secondo lordinaria diligenza, per cui sarebbe da considerare come non apposta.
Ed invero, come è risultato allesito della verificazione compiuta nellambito del ricorso 2921/97, pur se nel sigillo apposto dalla parte ricorrente non è riprodotta in modo perfetto limpronta usata della moneta da £.50, tuttavia, non è neanche dato affermare, al contrario, che i segni parzialmente visibili e riconducibili alla scritta "Repubblica Italiana", apposta in rilievo a "corona" su detta moneta, possano essere considerati "tamquam non essent" od oggettivamente idonei a generare il dubbio di una eventuale manomissione subita dalla busta (cosa che, del resto, non risulta dai documenti acquisiti agli atti del presente giudizio e che non è neppure adombrata ex adverso).
Come correttamente osservato dalla parte ricorrente, nel primo sigillo è chiaramente rinvenibile, oltre alla lettera "A", anche la lettera "N", nel secondo è rinvenibile non una linea curva, ma una linea rotonda, nel terzo è rinvenibile linciso "ANA"; nel quarto si nota una linea rotonda, oltre alla quale sono chiaramente percepibili le lettere "BLIC"; nel sesto, è visibile la lettera "ITA", se riportata alla rovescia.
Infatti, attraverso le lettere rinvenute, la loro collocazione al di sotto del cerchio, gli spazi esistenti fra le lettere ed segni rotondi, risulta provato che tali lettere concorrono a formare la scritta "REPUBBLICA ITALIANA" esistente lungo la corona di una moneta da 50 lire, che è stata usata per imprimere il sigillo.
Invero, se la "ratio" della prescrizione contenuta nell'art. 75, comma 4, R.D. 23 maggio 1924 n.827 deve essere quella di realizzare la tutela del duplice scopo di garantire la "segretezza" dellofferta nonché di confermare l'autenticità della chiusura originaria proveniente dal mittente, al fine di evitare manomissioni di sorta nel contenuto del piego, non vi è dubbio che, nel caso di specie, il sigillo apposto può definirsi, nel complesso, esaustivo della funzione che è chiamato ad assolvere.
Al contrario, la tesi opposta, se portata alle sue estreme conseguenze, potrebbe comportare la ricaduta in inutili formalismi, esorbitanti rispetto alla funzione stessa dellimpronta, che non è certo quella di realizzare "esteticamente" una perfetta copia in rilievo delloggetto adoperato come sigillo.
Invero, tale tesi non può essere condivisa perché essa richiederebbe, sul piano speculare, altresì, linaccettabile conseguenza secondo cui anche le firme apposte sui lembi della busta dovrebbero essere riprodotte in "bella calligrafia", o, comunque, in modo tale da essere perfettamente leggibili "ictu oculi" con il nome ed il cognome dellapponente: ma è evidente che una siffatta esigenza, oltre ad essere esorbitante rispetto alla funzione che la legge intende assegnare alle firme, si pone, comunque, in palese contrasto con il principio di celerità del procedimento amministrativo, riconducibile alla norma di cui allart.97 Cost.
Ed invero, ocorre in proposito rilevare che, pur essendo indiscutible che per scrittura privata deve intendersi qualunque documento enunciativo che non provenga da un pubblico ufficiale in tale sua qualità e che sia sottoscritto dalle parti che lo pongono in essere, e che tale sottoscrizione (elemento o requisito essenziale della scrittura privata e della sua efficacia probatoria: art.2702 c.c.) consiste nellapposizione della firma autografa (che assolve ad una funzione indicativa dellautore o degli autori del documento e ad una funzione dichiarativa di assunzione di paternità del documento) tuttavia non è necessario che la firma, in quanto segno autografo mediante il quale il soggetto fa proprio il contenuto del testo, sia apposta per esteso (come invece è prescritto per latto pubblico e per le scritture private autenticate: art.51, n.10, legge 16.2.1913 n.899, essendo sufficiente che contenga il cognome del sottoscrivente od anche la sigla, e, cioè, lespressione grafica sintetica del cognome.
Alla stregua, infatti, del consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, deve ritenersi che sulla validità della sottoscrizione di un documento contrattuale non incide lillegibilità della firma, qualora il relativo segno grafico contenga un minimo di individuabilità, così da non consentire lautomatica riproducibilità ad opera di chiunque, e da evidenziare la volontà di un certo soggetto di rendersene autore (Cass. 11.9.1979 n.4746) potendo la sottoscrizione essere sostituita da una sigla (più o meno) intellegibile ed attribuibile ad un determinato soggetto (Trib. Napoli, 22.1.85 e App. Napoli, 9.1.70), di guisa che la sua autenticità può essere contestata soltanto nei modi e nei termini previsti per la sottoscrizione (App. Napoli, cit.), e cioè con la querela di falso per falsità materiale (art.2702 c.c.; art.221 sg. c.p.c.), al fine di rompere il collegamento, quanto a provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione (cfr., fra le tante, Cass. 13.4.1987, n.3667) o con il disconoscimento della scrittura privata (art.214 c.p.c.), da effettuarsi nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione in giudizio a pena di riconoscimento tacito della scrittura stessa (art.215, I° comma, n.2 c.p.c.).
Inoltre, nella specie, lammissione dellofferta della parte ricorrente, realizzando il principio della massima partecipazione delle ditte invitate alla gara, appare anche funzionale allo stesso interesse dell'Amministrazione di pervenire, eventualmente, ad un'aggiudicazione economicamente più vantaggiosa, posto che non si ravvisano gli estremi per la declaratoria dellinesatto adempimento alle prescrizioni del bando, da parte della ditta ricorrente.
In conclusione, nel caso di specie, va ritenuto che il "piego sigillato", prodotto dalla "Mediterranea Catering s.r.l.", sia oggettivamente e sufficientemente idoneo ad escludere, comunque, la possibilità di una manomissione indebita dei plichi e che, pertanto, esso debba essere considerato satisfattivo degli interessi pubblici perseguiti con la "ratio legis" sottesa alla disposizione generale di cui all'art.75 r.d. 23 maggio 1924 n.827.
Pertanto, il ricorso merita accoglimento e, per leffetto, va posto lobbligo, in capo alla "S.A.C. s.r.l." di riammettere la "Mediterranea Catering s.r.l." alla gara di che trattasi e di rinnovarla, valutando, in base al bando di gara, la relativa offerta formulata dalla ricorrente.
Le spese di lite, stante la reciproca soccombenza, possono essere compensate, in applicazione dell'art.92, I° capv.c.p.c.-
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia -Sezione Staccata di Catania (Sez.III°), definitivamente pronunciando sui tre ricorsi di cui in esame, così statuisce:
1) riunisce i tre ricorsi n.1223/97, n.2921/97 e n.642/98;
2)dichiara il ricorso n.1223/97 INAMMISSIBILE per carenza di interesse legittimo e di legittimazione attiva;
3)dichiara il ricorso n.2921/97 IMPROCEDIBILE per sopravvenuta carenza di interesse processuale;
4) ACCOGLIE il ricorso n.642/98 e, per leffetto, dichiara lobbligo della concessionaria "S.A.C. s.r.l." (costituitasi a seguito della trasformazione delloriginaria concessionaria "A.S.A.C." in società di capitali) di riammettere la "Mediterranea Catering s.r.l." alla gara di che trattasi e di rinnovarla, valutando in base al bando di gara la relativa offerta formulata a suo tempo dalla ricorrente;
5) dispone lintegrale compensazione fra le parti delle spese e degli onorari di tutti e tre i giudizi riuniti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità Amministrativa.
Così deciso in Catania, nelle camere di consiglio del 29 aprile 1998 e del 15 aprile 1999.
IL PRESIDENTE Zingales
L'ESTENSORE Anastasi
Depositata l'8.6.1999.