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n. 9-2002 - © copyright.

TAR EMILIA ROMAGNA-BOLOGNA, SEZ. I - Sentenza 21 agosto 2002 n. 1092 - Pres. Perricone, Est. Calderoni - Passerini Pietro ed altri (Avv. De Bellis) c. Comune di Cesena (Avv. Ghezzi) e Romagna Acque S.p.A. (Avv.ti Lombardo e Sbaiz Vandelli) – (respinge).

1. Edilizia ed urbanistica – Reti di distribuzione acqua – Realizzazione – Verifica della compatibilità urbanistica o modifica dello strumento urbanistico – Non occorre.

2. Edilizia ed urbanistica – Reti di distribuzione acqua – Realizzazione – In zona a verde agricolo – Possibilità.

3. Espropriazione per p.u. – Dichiarazione di p.u. – Per implicito – Ex L. n. 1/78, mediante approvazione del progetto – Adempimenti garantistici previsti dall’art. 10 L. 865/71 – Vanno effettuati preventivamente.

4. Espropriazione per p.u. – Dichiarazione di p.u. – Fissazione dei termini iniziali e finali per le espropriazioni e per i lavori – Va effettuata contestualmente alla dichiarazione di p.u. – Fissazione successiva in via di convalida o sanatoria – Impossibilità.

1. Poichè le reti di distribuzione dell'acqua non fanno parte del contenuto né dei piani regolatori comunali (generali o particolareggiati), né dei programmi di fabbricazione (1), la loro realizzazione non richiede la preventiva verifica della loro compatibilità urbanistica con le norme del piano regolatore generale o la modifica degli strumenti urbanistici.

2. In ogni caso la destinazione urbanistica di una zona a coltivazioni agricole non costituisce ostacolo alla costruzione di un acquedotto (2).

3. Poiché l’approvazione del progetto ex lege n. 1/1978 costituisce il primo atto della procedura espropriativa (3), è prima di tale approvazione che devono essere effettuati gli adempimenti di garanzia previsti dall’art. 10 della legge n. 865 del 1971, con la previa comunicazione, unitamente al deposito degli atti, e la facoltà per il privato di presentare le opportune osservazioni (4).

4. Secondo un costante indirizzo giurisprudenziale (5), la fissazione dei termini iniziali e finali delle procedure ablatorie e dei lavori deve avvenire nello stesso atto avente ex lege valore di dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, senza che tale onere possa essere assolto mediante atti successivi di convalida o sanatoria.

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(1) Cfr. in tal senso Tribunale sup.re acque, 26 ottobre 1992, n. 88; T.A.R. Sicilia-Catania, 11 settembre 1990, n. 671.

(2) Cfr. Tribunale sup.re acque, 20 novembre 1989 n. 96.

(3) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 5 luglio 2000, n. 3733.

(4) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10 luglio 2000, n. 3850.

(5) V. per tutte Cons. Stato, Sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2936 e 8 giugno 2000, n. 3246.

 

 

per l’annullamento

- del progetto di derivazione delle acque del Savio, approvato con deliberazione Giunta comunale 6.2.2001, n. 58;

- della nota dirigenziale 29.6.2000, n. 1266;

- della nota 21.8.2000, n. 20759 del Sindaco di Cesena;

- del decreto di occupazione d’urgenza 21.3.2001, n. 705;

- dell’atto di immissione in possesso 2.4.2001, n. 3427;

- della concessione edilizia 23.8.2000, n. 332;

(omissis)

FATTO

I. Con l’atto introduttivo del giudizio, i ricorrenti, proprietari di aree interessate dal 1° lotto del progetto in epigrafe, espongono in fatto che:

- la prima comunicazione dagli stessi ricevuta in proposito è stata la nota 29 giugno 2000 del Comune di Cesena;

- successivamente hanno ricevuto notifica dell’avviso di deposito degli atti di esproprio relativi al progetto (definitivo) di cui sopra, con invito alla formulazione di osservazioni, dagli stessi tempestivamente presentate;

- infine, hanno ricevuto notifica della deliberazione giuntale 6.2.2001 del Comune di Cesena, di controdeduzioni alle predette osservazioni e di approvazione del progetto ex art. 1 legge n. 1/1978.

In diritto, i ricorrenti deducono le seguenti censure:

1) violazione dell’art. 7 legge n. 241/1990; eccesso di potere per falso ed erroneo presupposto di fatto e di diritto, violazione del giusto procedimento, essendo l’avvio del procedimento stato comunicato quando il progetto era già stato approvato e tenuto conto che il progetto depositato è quello esecutivo;

2) violazione degli artt. 10 e ss. legge n. 865/1971, artt. 1 e ss. legge n. 2359/1865 ed art. 1 legge n. 1/1978; eccesso di potere per falso ed erroneo presupposto di fatto e di diritto, nell’assunto che la deliberazione giuntale n. 58/2001 non sarebbe il primo atto della procedura;

3) violazione degli artt. 6 e ss. legge n. 167/1962; difetto di presupposto; eccesso di potere per falso ed erroneo presupposto di fatto e di diritto, non costituendo l’approvazione del progetto variante allo strumento urbanistico e non essendo di conseguenza il progetto conforme al medesimo strumento;

4) violazione dell’art. 13 legge n. 2359/1865; eccesso di potere per falso ed erroneo presupposto di fatto e di diritto, essendo stato il termine di inizio delle procedure espropriative indicato a sanatoria nell’atto deliberativo 6.2.2001;

5) eccesso di potere per falso ed erroneo presupposto di fatto e di diritto; difetto di motivazione e di istruttoria, illogicità, travisamento, contraddittorietà, risultando illogica ed apodittica la scelta delle aree da espropriare od asservire, con particolare riferimento al rigetto delle osservazioni di tutti i ricorrenti e all’incidenza dell’intervento sulla realtà produttiva della società ricorrente;

6) violazione dell’art. 1 D.P.R. 12.4.1996; difetto di istruttoria; eccesso e sviamento di potere, non essendo l’opera stata sottoposta a valutazione di impatto ambientale;

7) violazione dell’art. 20 legge n. 865/1971 ed artt. 71 e ss. legge n. 2359/1865; eccesso di potere per falso ed erroneo presupposto di fatto e di diritto: gli atti impugnati sarebbero illegittimi, in quanto privi della presupposta dichiarazione di pubblica utilità e della dichiarazione di indifferibilità ed urgenza dell’opera; ed in quanto la deliberazione di approvazione del progetto, riguardando area non destinata a pubblico servizio, avrebbe dovuto seguire l’iter di approvazione delle Varianti urbanistiche.

II. Comune di Cesena e controinteressata Romagna Acque S.p.A. si sono costituiti in giudizio ed hanno contestato la fondatezza nel merito delle censure avversarie.

III. Con successivo atto di motivi aggiunti, depositato l’8 maggio 2001, i ricorrenti hanno impugnato il decreto di occupazione d’urgenza 21.3.2001, l’avviso di immissione in possesso in data 2.4.2001 e la concessione edilizia 23.8.2000, n. 332, rilasciata a Romagna Acque S.p.A., deducendo le seguenti, ulteriori censure:

8) Illegittimità derivata del decreto di occupazione d’urgenza e dell’avviso di immissione in possesso;

9) violazione dell’art. 20 legge n. 865/1971 ed artt. 71 e ss. legge n. 2359/1865; eccesso di potere per falso ed erroneo presupposto di fatto e di diritto: vengono rivolte avverso i suddetti atti le medesime censure di cui al settimo motivo del ricorso introduttivo;

10) violazione dell’art. 3 legge n. 1/1978; eccesso di potere per travisamento e falso ed erroneo presupposto di fatto e di diritto, in quanto la norma richiamata non sarebbe applicabile alla presente fattispecie, ove la realizzazione dell’opera avviene a cura di soggetto privato;

11) violazione dell’art. 7 legge n. 241/1990; eccesso di potere per falso ed erroneo presupposto di fatto e di diritto, avendo la controinteressata esplicitato l’intenzione di valutare le osservazioni nell’ambito del procedimento espropriativo ed ottenuto la concessione edilizia, prima del deposito degli atti di esproprio e dell’esame delle osservazioni;

12) violazione degli artt. 4 e ss. legge n. 10/1977; eccesso di potere per falso ed erroneo presupposto di fatto e di diritto: la concessione edilizia è illegittima, poiché all’atto del suo rilascio non sussisteva alcuna previsione di opera pubblica o comunque di opera della rete dei servizi.

IV. Con Ordinanza 9 maggio 2001, n. 365, questa Sezione ha respinto, in punto di danno, l’istanza cautelare presentata contestualmente al ricorso.

V. In vista del passaggio in decisione della causa, tutte le parti hanno prodotto rispettive memorie conclusive: i ricorrenti hanno, altresì, dimesso perizia tecnica giurata.

DIRITTO

1. Le censure dedotte tanto nel ricorso introduttivo, quanto nell’atto di motivi aggiunti non possono essere condivise per le ragioni di seguito indicate.

2.1. Con il primo e l’undicesimo motivo (aggiunto) si deduce la violazione dell’art. 7 legge 241/1990, nell’assunto che l’avvio del procedimento sarebbe stato notificato ai ricorrenti, rispettivamente dopo l’approvazione del progetto "da considerarsi definitivo e quindi esecutivo" e dopo il rilascio della concessione edilizia a Romagna Acque.

2.2. Circa il primo profilo concernente la natura del progetto de quo, il Collegio rileva l’erroneità della tesi dei ricorrenti, poiché – come esattamente replicato anche dalla difesa di Romagna Acque nella memoria di costituzione – l’art. 16 della legge n. 109/1994 distingue tre stadi progettuali, cui Romagna Acque mostra di essersi attenuta, prevedendo espressamente (cfr. pag. 38 della Relazione, dalla stessa prodotta come doc. 6) dopo la redazione del progetto definitivo, oggetto di approvazione da parte della deliberazione giuntale 6 febbraio 2001, n. 58, una "successiva fase progettuale esecutiva".

I ricorrenti commettono, dunque, una forzatura, laddove identificano tout court il progetto definitivo di cui si tratta con quello esecutivo.

2.3. Circa il secondo profilo, il Collegio deve nuovamente convenire con le difese conclusive di Romagna Acque (e con quelle, consonanti, del Comune di Cesena) in ordine alla completa autonomia funzionale e procedimentale tra il suddetto titolo autorizzatorio edilizio e i contestati atti ablatori, nonché alla possibilità dell’Ente titolare di chiedere successive varianti al primo, correttive del tracciato.

2.4. La preoccupazione esplicita che muove i ricorrenti (con riferimento sia al progetto, sia alla concessione ad edificare) è, infatti, quella della inutilità della partecipazione procedimentale attivata, stante la presunta immodificabilità della localizzazione, così come cristallizzata negli atti progettuali ed edilizi.

Ma una simile preoccupazione è infondata in diritto, poiché tali atti non pregiudicano affatto una modifica delle scelte progettuali sino a quel momento compiute, residuando per un verso ampi margini di correzione, in relazione all’eventuale accoglimento di osservazioni presentate nell’ambito del procedimento espropriativo, tanto in sede di progettazione esecutiva (come espressamente è detto proprio nel passo della relazione innanzi citato); quanto in sede di autorizzazione edilizia, mediante l’utilizzo, per l’appunto, dello strumento delle Varianti.

La stessa preoccupazione si è, del resto, mostrata infondata in punto di fatto, giacché né la redazione del progetto definitivo né il rilascio della concessione edilizia hanno frustrato le concrete chances partecipative degli interessati, di cui sono state, al contrario, complessivamente accolte circa la metà delle proposte alternative, con conseguente, seppur lieve, modifica del progetto (definitivo) inizialmente depositato (cfr. Relazione gennaio 2001 di Romagna Acque, allegata alla citata deliberazione giuntale n. 58/2001).

Le censure in esame devono, pertanto, essere disattese.

3. Identica sorte deve seguire il secondo mezzo del ricorso introduttivo, con cui si denuncia la violazione degli artt. 10 e ss. legge 865/1971, poiché, contrariamente a quanto ivi si afferma, proprio l’approvazione del progetto ex lege n. 1/1978 costituisce il primo atto della procedura espropriativa (cfr. in termini: Cons. Stato, Sez. IV, 5 luglio 2000, n. 3733) e, dunque, è prima della suddetta approvazione del progetto che devono essere effettuati - così come è avvenuto nella fattispecie - gli adempimenti di garanzia previsti dall’art. 10 della legge n. 865 del 1971, con la previa comunicazione, unitamente al deposito degli atti, e la facoltà per il privato di presentare le opportune osservazioni (idem, Sez. V, 10 luglio 2000, n. 3850).

4.1. Parimenti da disattendere è il terzo motivo dell’atto introduttivo del giudizio, in quanto tale censura mostra di non tener adeguatamente conto della specifica natura e consistenza dell’opera pubblica di cui si tratta (posa di una condotta idrica); mentre invece, per la localizzazione di tali impianti, la giurisprudenza, tanto del Tribunale Superiore delle acque pubbliche, quanto del Giudice amministrativo:

- esclude che si ponga un problema di compatibilità urbanistica con le norme del piano regolatore generale o di modificazione degli strumenti urbanistici, perché le reti di distribuzione dell'acqua non fanno parte del contenuto né dei piani regolatori comunali (generali o particolareggiati), né dei programmi di fabbricazione (T.S.A.P. 26 ottobre 1992, n. 88; T.A.R. Sicilia, Catania, 11 settembre 1990, n. 671);

- ed in ogni caso (Tribunale sup.re acque, 20 novembre 1989 n. 96) ritiene che la destinazione urbanistica di una zona a coltivazioni agricole, come nel caso di specie, non costituisca ostacolo alla costruzione di un acquedotto.

Infine, come ancora condivisibilmente osservato dalle difese delle parti resistente e controinteressata, le specifiche destinazioni per le reti dei servizi sono contemplate dalla recente L.R. Emilia-Romagna n. 20/2000 solo per i PRG approvati successivamente alla sua entrata in vigore, per cui il PRG del Comune di Cesena, approvato in epoca ampiamente anteriore, non ricade in tale previsione.

4.2. Conseguentemente, devono essere rigettate anche le censure di cui al settimo mezzo di impugnazione nonché ai successivi motivi (aggiunti) nono e dodicesimo, in quanto tutte poggiano sul medesimo presupposto della necessità di una Variante ad hoc dello strumento urbanistico, cui, viceversa, per le ragioni appena dette, non occorre affatto por mano.

Quanto al presunto difetto della dichiarazione di p.u., indifferibilità ed urgenza dell’opera, essa risulta correttamente contenuta nella più volte citata deliberazione di approvazione del progetto.

5. Neppure sussiste l’ulteriore violazione formale-procedimentale dedotta con il quarto mezzo del ricorso introduttivo, poiché i ricorrenti mostrano di equivocare la portata della retrodatazione del termine di inizio delle procedure espropriative (di cui alla medesima deliberazione giuntale n. 58/2001), assimilandola ad una convalida o sanatoria successiva, quando invece si tratta - come bene ha spiegato il Comune di Cesena nel proprio controricorso - di una corretta identificazione dell’anzidetto termine di inizio, con quello del primo atto procedimentale compiuto (deposito atti di esproprio, avvenuto il 4 ottobre 2000).

Tra l’altro, osserva il Collegio che, in tal modo, viene - doverosamente - "anticipato" anche il termine finale per la conclusione della stessa procedura espropriativa (termine, a differenza di quello iniziale, perentorio - cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 18 marzo 2002, n. 1562 - e posto a vantaggio dei privati incisi): cosicché, riesce anche difficile scorgere il reale interesse a dedurre un preteso vizio circa la decorrenza di un termine ordinatorio ed il cui effetto ultimo è, comunque, quello di abbreviare invece la durata di un termine perentorio.

In conclusione, risulta non appropriatamente richiamato il costante indirizzo giurisprudenziale (cfr. la decisione citata ed i precedenti ivi richiamati della IV Sezione: 22 maggio 2000, n. 2936 e 8 giugno 2000, n. 3246), secondo cui la fissazione dei termini iniziali e finali delle procedure ablatorie e dei lavori deve avvenire nello stesso atto avente ex lege valore di dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, senza che tale onere possa essere assolto mediante atti successivi di convalida o sanatoria, giacché nella fattispecie non si è in presenza di alcun atto successivo di sanatoria, contenendo l’atto dichiarativo della pubblica utilità tutti i termini richiesti a pena di legittimità.

6. Quanto alle censure di illogicità, genericità e apoditticità - rivolte con il quinto motivo avverso la scelta progettuale compiuta e le controdeduzioni alle osservazioni presentate dai ricorrenti -, esse non trovano corrispondenza nel tenore degli atti contestati. Invero:

a) la Relazione generale facente parte integrante - come elaborato 1 - del progetto approvato dalla Giunta comunale di Cesena con l’atto n. 58/2001, dedica un apposito ed articolato paragrafo (il 5.1.) alla illustrazione dei criteri adottati per la definizione del tracciato, criteri che appaiono tutt’altro che illogici (minimizzazione della lunghezza; prossimità alle strade; affiancamento della condotta acquedottistica al collettore fognario di vallata; posizionamento al margine delle proprietà e preferibilmente su terreni interessati da colture poco pregiate);

b) le controdeduzioni alle osservazioni (contenute nella citata, specifica Relazione, allegata sub A alla medesima deliberazione) sono, a loro volta, niente affatto generiche ed apodittiche, giacché, al contrario, risultano - come peraltro si può evincere dagli stessi brani testuali riportati nel corpo del quinto motivo all’esame - puntualmente differenziate e tecnicamente motivate, in ragione delle distinte situazioni prospettate in ogni singola osservazione:

- l’osservazione Passerini non è accolta, per la ragione che lo spostamento proposto presuppone "un tracciato a ridosso dell’esistente metanodotto di media pressione della SNAM, per il quale è prevista una inderogabile distanza di rispetto che impedisce di realizzare quanto richiesto";

- l’osservazione CO.GE.RO non è accolta, perché la variante proposta interessa terreni di maggior pregio e consistenza e dove l’esecuzione degli scavi risulterebbe più difficile e pericolosa per le maestranze ed andrebbe a interferire con aree di altre proprietà. Per quanto riguarda il futuro intervento di regimazione delle acque, si precisa che esso non risulta approvato dal Servizio provinciale difesa del Suolo e che, comunque ed in linea di massima, una tubazione di quel diametro non è compatibile con la realizzazione di casse di espansione per piene del fiume Savio; mentre il tracciato di progetto ha già ottenuto le necessarie autorizzazioni da parte del medesimo Servizio provinciale;

- l’osservazione Del Vecchio ed altri non è accolta, in quanto il tracciato proposto interesserebbe aree con maggiori problematiche di posa per le interferenze con diversi sottoservizi, tra cui un impianto di distribuzione carburante; mentre il tracciato di progetto corre lungo il confine di proprietà sul terreno del vicino, quindi la fascia di inedificabilità (m. 4,50 per parte dell’asse della condotta) è comunque minore della distanza dai confini privati, stabiliti in caso di edificazione.

Né alcun nuovo ed effettivo elemento in contrario viene addotto dalla perizia tecnica giurata, prodotta dai ricorrenti in prossimità della decisione della causa: perizia che attesta soprattutto l’attuale praticabilità (anche in considerazione del non avvenuto inizio dei lavori) delle soluzioni alternative da questi prospettate in sede di osservazioni; ma che non contiene concrete dimostrazioni della scarsa attendibilità delle scelte di progetto e/o della maggior coerenza complessiva delle modifiche richieste dai ricorrenti in quella sede.

7. Il sesto mezzo di impugnazione (con cui si deduce la mancanza di V.I.A.) non tiene, in realtà conto che, come pertinentemente ancora una volta replicato dalle difese avversarie, con deliberazione 2 novembre 1999, n. 1997 la Giunta regionale Emilia-Romagna ha attivato al riguardo la procedura di verifica (screening) prevista dalla vigente legislazione regionale in materia, ha controdedotto alle osservazioni presentate ed ha, infine, stabilito (cfr. punto 1 del dispositivo) "di escludere, ai sensi degli artt. 10, comma 1 e 32, comma 3 della legge regionale 21 maggio 1999, n. 9, in considerazione del limitato rilievo degli interventi previsti e dei conseguenti impatti ambientali, il progetto di costruzione di un acquedotto con derivazione dal fiume Savio ad uso potabile, presentato da Romagna Acque S.p.A., dalla ulteriore procedura di VIA", dettando in proposito una serie di prescrizioni.

A fronte dell’ampio esame compiuto dalla Giunta regionale in relazione ad un’opera obiettivamente di non immediata incidenza ambientale, la censura de qua rivela tutta la sua genericità, in quanto si limita a denunciare, in via di mera petizione di principio, l’assenza di V.I.A., senza misurarsi con tale disamina.

8. Dall’infondatezza, sin qui acclarata, di tutti i motivi di cui al ricorso introduttivo discende la evidente insussistenza del vizio di illegittimità derivata, dedotto con il primo mezzo dell’atto introduttivo del giudizio (ottavo in ordine di successione).

9. Infine, anche la residua censura di violazione dell’art. 3 legge n. 1/1978 (decimo motivo, aggiunto) non coglie nel segno, poiché i ricorrenti pongono una questione di natura privata del soggetto realizzatore dell’opera, quando invece la norma da essi invocata mostra – attraverso il rinvio al precedente art. 1 – di assumere come esclusivo riferimento:

- sul piano soggettivo, la qualità pubblica (statale, regionale, territoriale) e la competenza dell’organo, dell’ente che approva il progetto;

- sul piano oggettivo, la sicura appartenenza dei lavori alla categoria delle opere pubbliche in senso proprio, tant’è che, sino alle recenti decisioni "estensive" dell’Adunanza Plenaria n. 6 e n. 9 del 2000, si dibatteva in giurisprudenza unicamente se il predetto art. 3 fosse o meno applicabile anche agli interventi di edilizia residenziale pubblica, affidati agli I.A.C.P. (poi ammessi dalle medesime pronunce).

Ebbene, tutti gli anzidetti presupposti, soggettivi ed oggettivi, per consentire la redazione posticipata dello stato di consistenza, risultano ricorrenti nella fattispecie, in cui l’approvazione del progetto è stata deliberata da una Giunta comunale e l’occupazione di immobili è finalizzata alla realizzazione di un’opera certamente pubblica, strumentale come è alla effettuazione di un servizio pubblico, quale la erogazione di acqua potabile alle popolazioni di una determinata zona.

10. Per tutte le considerazioni sin qui esposte, il ricorso deve essere respinto.

La controversia presenta, tuttavia, tratti di peculiarità sufficienti a consentire la compensazione, tra tutte le parti in causa, delle spese e competenze di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo per l’Emilia-Romagna, Sezione I, RESPINGE il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna, nella Camera di consiglio del 6 giugno 2002.

f.to Bartolomeo Perricone Presidente

f.to Giorgio Calderoni Cons.rel.est.

Depositata in Segreteria in data 21 agosto 2002.

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