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n. 9-2001 - © copyright.

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA  – Ordinanza 31 agosto 2001 n. 107  - Pres. ff. ed Est. Di Sciascio -  Di Bartolomeo (Avv. L. Di Pasquale) c. Azienda Ospedaliera S. Maria della Misericordia di Udine (Avv.ti B. Barel e S. Grillone).

Giurisdizione e competenza - Pubblico impiego - Regime transitorio previsto dall’art. 45, 17° comma, del D. Lgs. n. 80/1998 - Decadenza prevista per le controversie proposte successivamente al 15 settembre 2000 - Questione di legittimità costituzionale - Va sollevata con riferimento agli artt. 76, 77, 1° comma, 3 e 24 Cost.

Va sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 45, 17° comma, del D. Lgs. 31.3.1998 n. 80 (il quale prevede che le controversie in materia di pubblico impiego c.d. privatizzato “relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998 ... debbono essere proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000”), in riferimento agli artt. 76, 77, 1° comma, 3 e 24 Cost., sotto il profilo che:

a) in violazione della norma delegante, introduce un termine di decadenza per ricorsi dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche rimessi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;

b) rende più gravoso per meri motivi organizzativi, attraverso la compressione dei termini relativi, al dipendente far valere i propri diritti patrimoniali, se sorti prima del 30 giugno 1998;

c) introduce infine una disciplina irragionevolmente differenziata e vessatoria rispetto agli altri dipendenti per quelli i cui diritti sono sorti nel periodo anzidetto.

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Commento di

CLAUDIA MICELLI (Avvocato)

L’ordinanza in rassegna fornisce l’occasione per alcune riflessioni sui problemi insorti per effetto della norma transitoria di cui all’art. 45 comma 17 D.Lgs. 31/3/1998 n. 80.

Tale disposizione stabilisce che le controversie in materia di pubblico impiego c.d. privatizzato, “relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998”, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, mentre in via transitoria le controversie concernenti questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data continuano ad essere decise dal giudice amministrativo nel contesto della propria giurisdizione esclusiva “e debbono essere proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000”.

Nel caso preso in esame dal TAR Friuli Venezia Giulia, le pretese avanzate dalla ricorrente riguardavano il periodo del rapporto di lavoro antecedente al 30 giugno 1998, pertanto risultava corretto il promuovimento del gravame avanti al giudice amministrativo. Solo che il ricorso veniva notificato prima della scadenza del predetto termine di decadenza, ma depositato a termine ormai scaduto, senza tener conto che il giudizio amministrativo, a differenza di quello civile, può ritenersi proposto non con la mera notificazione bensì solo con la vocatio iudicis, che si attua attraverso il deposito del ricorso presso la Segreteria del TAR, che dà vita al rapporto giuridico processuale ed investe il giudice del potere-dovere di pronunciarsi sulla domanda [1].

Nel caso di specie quel Collegio non si è però limitato a dichiarare l’inammissibilità del gravame per intervenuta decadenza, ma, dando prova di particolare sensibilità per le possibili conseguenze pregiudizievoli per la ricorrente, correlate ad una preclusione di qualsiasi forma di tutela giurisdizionale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del più volte citato art. 45. E ciò tanto sotto il profilo della violazione degli artt. 76 e 77 1° comma della Costituzione per eccesso di delega ed in subordine per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Carta costituzionale.

L’ordinanza del TAR Friuli Venezia Giulia qui esaminata si colloca sulla stessa linea seguita dal TAR Catania sez. III, che con l’ordinanza n. 149/01 aveva già sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 comma 17 D.Lgs 80/98, sotto il profilo però della sola violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione [2].

La motivazione dell’ordinanza è quanto mai completa e convincente.

Vale però la pena richiamare per un opportuno confronto tutta una serie di sentenze con le quali vari TAR, aditi da ricorrenti che chiedevano tutela per diritti maturati in relazione a periodi del rapporto lavorativo anteriori al 30/6/98, con ricorsi parimenti notificati entro il 15/9/2000, ma depositati a termine decadenziale ormai scaduto [3], oppure con ricorsi notificati e depositati posteriormente a detto termine in quanto relativi a provvedimenti concernenti la fase del rapporto lavorativo antecedente il 30/6/98, ma adottati successivamente al 15/9/2000 [4], hanno ritenuto di limitarsi a dichiarare il proprio difetto di giurisdizione.

In particolare la decisione del TAR per l’Abruzzo - sezione Pescara n. 511/01 risulta emblematica di un diverso orientamento rispetto a quello seguito dal TAR Friuli Venezia Giulia e dal TAR Catania. Quel Collegio ha infatti escluso la possibilità di sollevare in tale sede questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 comma 17 per lesione del diritto di difesa, “in quanto tale questione presuppone che il dipendente pubblico non possa adire dopo il 15 settembre 2000 il giudice ordinario e che tale giudice debba in merito dichiarare il proprio difetto di giurisdizione o respingere le richieste per intervenuta prescrizione o decadenza.

Sul punto deve, però, osservarsi che la soluzione di tali questioni appartiene di certo oggi alla giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, al quale sono oggi devolute in via generale <tutte> le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (art. 68 , I comma, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29); per cui soltanto tale giudice, ove investito dalla parte interessata, potrà in ipotesi ed ove ritenga di non poter accogliere le richieste del pubblico impiegato, interpretando sfavorevolmente la predetta espressione <a pena di decadenza>, sollevare questione di legittimità costituzionale della normativa in parola”.

In realtà il TAR per l’Abruzzo non ha tenuto presente che l’art. 45 D.Lgs 80/98 non consente in alcun modo di sottoporre al giudice ordinario questioni relative alla fase del rapporto lavorativo antecedente al 30/6/1998 e che la lettera del primo periodo del comma 17 non lascia spazio a diversa interpretazione della norma, di talché non potrà mai verificarsi l’occasione di una rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità da parte del Giudice Ordinario, privo com’è - ratione temporis - della giurisdizione su quelle controversie.

Quanto mai attesa sarà quindi una pronunzia, auspicabilmente di accoglimento, da parte delle Corte Costituzionale su una norma che, avendo introdotto un termine di decadenza per il promuovimento in via transitoria delle liti inerenti tali questioni avanti al giudice amministrativo, è destinata a riflettersi negativamente sui giudizi in corso e non, con una portata allo stato non misurabile, se solo si considera che tale norma andrebbe a precludere di fatto ogni forma di tutela giurisdizionale sia in relazione a ricorsi tardivamente proposti per errore, sia a quelli comunque non prima proponibili perché conseguenti ad un provvedimento adottato successivamente al 15/9/2000, ma riferentesi ad una fase del rapporto di impiego antecedente al 30/6/1998 [5].

[1] Cfr P. Virga, Diritto amministrativo, Atti e ricorsi, Milano 1997, pag. 303

[2] TAR Catania sez. III, ord. 5/4/2001 n. 149, in www.diritto.it

[3] TAR per l’Abruzzo - sez. Pescara, 10/5/2001 n. 511; TAR Puglia Bari – sez. I, 19/4/2001 su ric. N. 2738/00; TAR Puglia Bari – sez. I, 19/4/2001 su ric. N. 2438/00; TAR Sicilia sez. II 23/1/2001 n. 413; TAR Sicilia sez. II, 23/1/2001 n. 340;

[4] TAR Puglia-Bari, sez. I, 7/2/2001; TAR Campania, sez. III, 22/2/2001; TAR Calabria sez. Reggio Calabria 24/1/2001 su ric. N. 2372/00; TAR Calabria sez. Reggio Calabria 24/1/2001 su ric. N. 2368/00; TAR Lazio 8/2/2001 n. 280; TAR Calabria sez. I 22/2/2001 n. 344; TAR Sicilia sez. II 22/2/2001 n. 814; TAR Sicilia sez. II 9/2/2001 n. 522. Le sentenze sono reperibili per esteso in Internet sul sito ufficiale dei TAR.

[5] Sulla preclusione di tutela correlata al mancato rispetto del termine del 15/9/2000 per questioni relative al rapporto lavorativo ante 30/6/1998, si ritiene che non vada ad incidere la nuova formulazione della relativa disposizione, ora contenuta nell’art. 69 comma 7 D.Lgs 30/3/2001 n. 165, che contiene le “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.

Tale disposizione, che nel primo periodo riproduce sostanzialmente il testo del previgente art. 45 comma 17 D.Lgs 80/98, nel suo secondo periodo così recita: “Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data (id est 30/6/1998) restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000”.

A parere di chi scrive, la mutata formulazione del disposto rivestirebbe carattere meramente formale e non sostanziale, in quanto il confermato richiamo alla decadenza precluderebbe comunque la proposizione avanti al giudice ordinario di questioni relative alla fase del rapporto di lavoro anteriore al 30/6/1998 non tempestivamente promosse avanti al giudice amministrativo.

 

 (omissis)

per l’accertamento

in via principale del diritto alla restituito in integrum, con l’obbligo di corresponsione di tutti gli emolumenti dovutile dal 18.11.1987 al 3.12.1987, con ricostruzione del rapporto in base alla normativa succedutasi nel tempo e, da ultimo, in base al C.C.N.L. vigente al momento della cessazione del rapporto, dell’indennità di buonuscita, con conseguente regolarizzazione contributiva, con condanna a corrispondere le somme dovute, con gli accessori di legge;

in via subordinata del diritto a vedersi corrispondere le medesime somme a titolo di risarcimento del danno in forma specifica;

in via ulteriormente subordinata e allo stesso titolo, del diritto al risarcimento del danno per equivalente, nel medesimo ammontare o in quello giudicato equo dal giudice;

infine del diritto al risarcimento di ogni altro danno (perdita di chance, compromissione dell’immagine professionale ecc.) conseguente ai fatti di causa nell’ammontare ritenuto equo dal giudice.

Visto il ricorso, notificato il 13.9.2000 e depositato il 10.10.2000 presso la Segreteria generale con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;

Visti gli atti tutti di causa;

Data per letta alla pubblica udienza del 26 gennaio 2001 la relazione del Presidente f.f. Enzo Di Sciascio ed uditi altresì i difensori delle parti costituite;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

La ricorrente rappresenta di aver prestato servizio come medico presso l’U.S.L. n. 7 Udinese dal 1972, di essere rimasta assente dal servizio per motivo di salute in periodi degli anni 1986 e 1987 e di aver ripreso servizio il 4.5.1987, dopo aver superato la visita per la verifica dell’idoneità al servizio, avendo il Presidente disposto la sua assegnazione al Centro Immunotrasfusionale. Peraltro il 16.5.1987 è stata collocata in aspettativa senza assegni e quindi, in data 30.12.1987 è stata disposta la sua dispensa dal servizio per inidoneità fisica.

Il provvedimento è stato impugnato dinanzi all’adito T.A.R., che l’ha annullato con sentenza n. 222/93.

L’annullamento della dispensa comporta la permanenza del rapporto di impiego della ricorrente con l’U.S.L., ma, nonostante il passaggio in giudicato della sentenza, questa ha continuato a tenerla senza affidarle alcun lavoro. L’ha quindi sottoposta, in seguito a sua richiesta di riprendere servizio, in data 4.11.1994 a nuova visita medica per l’accertamento dell’idoneità.

Non essendosi la Di Bartolomeo presentata fu iniziato nei suoi confronti un procedimento disciplinare, poi abbandonato.

L’Azienda sanitaria intimata, succeduta all’U.S.L., l’invitò a nuova visita in data 4.12.1995.

Non essendosi la ricorrente nuovamente presentata fu iniziato procedimento disciplinare che, senza tener conto delle sue giustificazioni, si è concluso con la destituzione dall’impiego con effetto retroattivo e senza retribuzione.

In seguito a ricorso dell’interessata l’adito T.A.R., con sentenza n. 770 del 4.11.1997, ha provveduto all’annullamento degli atti impugnati. Nemmeno avverso questa pronunzia è stato proposto appello.

Il 2.12.1997 la ricorrente ha presentato le dimissioni dal servizio, accolte, con conseguente cessazione consensuale del rapporto di lavoro in data 3.12.1997.

Peraltro l’Azienda datrice di lavoro non ha corrisposto alla ricorrente alcun emolumento, spettantele in virtù del precorso rapporto di lavoro dall’1.12.1987 al 3.12.1997, né l’indennità di buonuscita, né ha provveduto a regolarizzare la posizione contributiva e nemmeno alla ricostruzione del rapporto e alla conseguente restituito in integrum.

Con il presente gravame si richiede pertanto:

1)              la cennata ricostruzione, che spetta alla ricorrente in quanto, in violazione dell’art. 97 Cost. e della normativa di settore (e, da ultimo della L. n. 29/93 e successive modifiche ed integrazioni e del C.C.N.L. del personale medico dipendente dal S.S.N. dd. 12.9.1996, che hanno abrogato l’art. 56, 1° e 2° comma del D.P.R. n. 761/79 in tema di dispensa dal servizio e dei suoi effetti) l’Azienda intimata non ha illegittimamente provveduto a farle riprendere servizio dall’1.12.1987 al 3.12.1997, il che rende necessaria la sua condanna alla corresponsione degli emolumenti e corrispettivi dovutile, dell’indennità di buonuscita, nonché la regolarizzazione contributiva, con interessi e rivalutazione;

2)              in subordine la corresponsione delle stesse somme a titolo di risarcimento del danno in forma specifica, per il forzato mancato esercizio della professione medica, per la perdita di chances derivante dalla mancata possibilità di carriera e di partecipazione ai concorsi banditi dall’amministrazione, per la lesione del prestigio professionale e per le sofferenze psichiche che gliene sono derivate, che si sono aggiunte alle precedenti, già riconosciute come aventi origine allo stato di stress per le condizioni di lavoro;

3)              in ulteriore subordine al risarcimento del danno per equivalente, in misura corrispondente alle somme, di cui sopra.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, che ha preliminarmente eccepito la decadenza dal diritto al ricorso da parte della ricorrente.

Invero, riguardando il gravame fatti anteriori al 30 giugno 1998, troverebbe applicazione l’art. 45, 17° comma, del D. Lgs. 31.3.1998 n. 80, a mente del quale “le controversie relative a questioni attinenti il periodo del rapporto anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e debbono essere proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000” mentre, nella specie, il ricorso in esame è stato depositato (ed è con il deposito che il giudizio amministrativo si intende proposto) appena in data 10 ottobre 2000.

Ha quindi controdedotto nel merito ai motivi di gravame, che ritiene infondati.

Nella discussione orale, parte ricorrente ha sostenuto, in via principale, che la proposizione del ricorso avviene con la notificazione, regolarmente effettuata in data 13 settembre 2000, e, in via subordinata, qualora detta tesi non venisse accettata dal Collegio, ha proposto questione di legittimità costituzionale dell’art. 45, 17° comma, del D. Lgs. n. 80/98.

DIRITTO

Il Collegio condivide l’eccezione, proposta dall’amministrazione resistente, in quanto il giudizio amministrativo, a differenza di quello civile, che inizia con la vocatio in ius dell’altra parte, si instaura, e può quindi ritenersi proposto, solo con la vocatio iudicis, che avviene a mezzo del deposito del ricorso nella segreteria del giudice adito.

Da qui l’indubbia rilevanza dell’applicazione al presente gravame dell’art. 45, 17° comma, del D. Lgs. n. 80/98, che ne comporterebbe la declaratoria di inammissibilità per decadenza, essendo stato il ricorso proposto in data successiva a quella indicata come limite dalla norma in parola.

L’esplicita comminatoria di decadenza, sancita dalla disposizione in esame, vieta inoltre al Collegio di prendere in considerazione l’interpretazione, pur talora avanzata, che i ricorsi del pubblico impiego privatizzato, proposti dopo il 15 settembre 2000 possano essere esaminati dal giudice ordinario: la conseguenza dell’inosservanza del termine per adire il giudice amministrativo, indicato come fornito di giurisdizione, è espressamente sancita e consiste nella estinzione per decadenza del diritto a ricorrere dinanzi a qualsiasi giudice.

Dubita peraltro il Collegio, per ragioni sia proposte dalla parte ricorrente sia rilevate d’ufficio, della legittimità costituzionale della norma in parola, la cui rilevanza ai fini della risoluzione del presente giudizio è stata appena esposta.

Richiama al riguardo, in primo luogo, l’art. 11 della L. 15.3.1997 n. 59, norma delegante il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi ispirati, tra l’altro, come esplicitato dal successivo 4° comma, lett. g), al seguente criterio direttivo:

“ devolvere, entro il 30 giugno 1998, al giudice ordinario, tenuto conto di quanto previsto dalla lettera a), tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni … prevedendo misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenziosoprevedendo altresì un regime processuale transitorio per i procedimenti pendenti”.

Ritiene il Collegio che l’art. 45, 17° comma, del D. Lgs. n. 80/98 abbia inteso attuare questo criterio della legge delega, in quanto prevede con norma transitoria delle misure processuali atte a diminuire il numero dei ricorsi pendenti, e rileva pertanto, in primo luogo, la violazione degli artt. 76 e 77, 1° comma, Cost. per eccesso di delega da parte del Governo, in quanto la predetta norma del decreto delegato non trova fondamento nella norma delegante.

Invero le “misure organizzative e processuali, atte a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso” previste dalla legge delega, in quanto derivanti dalla necessità di “devolvere … al giudice ordinario … tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni” intendono venir incontro al notevole aumento di carico di lavoro del giudice ordinario in seguito all’estensione della sua giurisdizione.

Non trova perciò sostegno nella legge di delega la norma transitoria dell’art. 45, 17° comma, del D. Lgs. n. 80/98 che, attraverso la previsione della decadenza dei ricorsi, attinenti a periodi del rapporto di lavoro anteriori al 30 giugno 1998, non proposti entro una certa data, mira invece a sgravare il giudice amministrativo, alla cui giurisdizione esclusiva è ricondotta la cognizione del predetto contenzioso, (giudice che, fra l’altro, in quanto non conosce più di controversie che costituivano una notevole percentuale di quelle pendenti davanti a lui, certo non compensata dalla attribuzione della giurisdizione su altre materie, prevista dal medesimo D. Lgs. n. 80/98, non ha certo necessità di vedersi diminuito il carico di lavoro) onde l’art. 11, 4° comma, lett. g) della L. n. 59/97 non ha previsto che il Governo dovesse emanare norme in tal senso.

Da qui l’incostituzionalità, per eccesso di delega, della norma denunziata.

In subordine, qualora si ritenesse che, in base alla norma delegante, il Governo è autorizzato anche ad assumere misure organizzative e processuali nei confronti del giudice amministrativo, per evitare sovraccarichi del contenzioso, deve egualmente ritenersi l’illegittimità costituzionale dell’art. 45, 17° comma, del D. Lgs. n. 80/98 per violazione degli artt. 3 e 24 Cost.

Il passaggio della giurisdizione dall’uno all’altro giudice e le conseguenti modifiche dell’assetto processuale ed organizzativo non possono, infatti, essere legittime occasioni per incidere sul diritto alla difesa del cittadino, costituzionalmente garantito, diminuendo o, addirittura, estinguendo la possibilità di far valere i propri diritti soggettivi od interessi legittimi per le controversie, il cui fatto generatore è anteriore al 30 giugno 1998.

Nel caso in esame invece la riorganizzazione delle competenze fra giudice ordinario ed amministrativo ha condotto ad un’ingiustificata compressione del diritto alla difesa della ricorrente (e di tutti i dipendenti i cui diritti sono maturati anteriormente alla data indicata) che, volendo far valere diritti patrimoniali nascenti dal rapporto di pubblico impiego, in via principale o consequenziale a pronunzia di annullamento, per il quale è sempre stato sufficiente gravarsi notificando il ricorso nel termine di prescrizione quinquennale e depositandolo in segreteria entro un mese dall’ultima notifica, si trova esposta alla decadenza del diritto di azione, pur fatto valere tempestivamente, solo perché la norma sospettata di incostituzionalità prevede, per ragioni organizzative, un limite di tempo per il deposito.

Il citato art. 45, 17° comma, del D. Lgs. n. 80/98 introduce, oltre ad un’ingiustificata compressione del diritto di difesa, anche un’irragionevole discriminazione fra soggetti che agiscono per la tutela delle stesse posizioni soggettive.

L’applicazione della disciplina in esame comporterebbe, i casi come quello oggetto di gravame, un’irragionevole, (perché dovuto solo alla mera casualità dell’essersi il credito o il diritto al risarcimento, derivanti da rapporti di lavoro con la P.A., maturati ad una certa data) riduzione degli ordinari termini prescrizionali, che, rimanendo integri per i soggetti che debbono agire per la tutela di detti diritti dinanzi al giudice ordinario, in quanto maturati in data successiva al 30 giugno 1998, ovvero per coloro che, in via ordinaria e permanente, debbono farli valere dinanzi al giudice amministrativo, a’ sensi dell’art. 2, 4° comma, del D. Lgs. n. 29/93, verrebbero invece, soltanto per coloro che si trovano nella situazione della ricorrente, ridotti dal limite cronologico di sbarramento fissato dalla norma denunziata per farli valere, il cui trascorrere impedirebbe al dipendente in detta condizione di agire sia dinanzi al giudice ordinario che al giudice amministrativo.

La norma denunziata pertanto, facendo decadere i dipendenti, i cui diritti sono maturati anteriormente al 30 giugno 1998, dal diritto di azione se il loro ricorso non è depositato entro il 15 settembre 2000, aggraverebbe irragionevolmente, in base a fatti meramente casuali, la possibilità di far valere i loro diritti soggettivi o interessi legittimi, a differenza di tutti gli altri dipendenti della P.A., in violazione degli artt. 3 e 24 Cost.

In conclusione, essendo stata ritenuta, ai fini della decisione del presente ricorso, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 45, 17° comma, del D. Lgs. 31.3.1998 n. 80, per la violazione degli artt. 76 e 77, 1° comma, 3 e 24 Cost. il Collegio deve disporre la sospensione del giudizio e la remissione degli atti alla Corte costituzionale, affinché si pronunci in proposito.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia, visti gli artt. 134 Cost., 1 della L. cost. 9.2.1948 n. 1, 23 e segg. della L. 11.3.1953 n. 87, sospende il giudizio e rimette gli atti alla Corte costituzionale per l’esame della questione di legittimità costituzionale dell’art. 45, 17° comma, del D. Lgs. 31.3.1998 n. 80 in quanto, in violazione della norma delegante, introdurrebbe un termine di decadenza per ricorsi dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche rimessi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, renderebbe più gravoso per meri motivi organizzativi, attraverso la compressione dei termini relativi, al dipendente far valere i propri diritti patrimoniali, se sorti prima del 30 giugno 1998, e introdurrebbe infine una disciplina irragionevolmente differenziata e vessatoria rispetto agli altri dipendenti per quelli, i cui diritti sono sorti nel periodo anzidetto, in violazione degli artt. 76, 77, 1° comma, 3 e 24 Cost. nei termini di cui in narrativa.

Trieste, 26 gennaio e 19 luglio 2001.

Enzo Di Sciascio, Presidente f.f., estensore.

Depositata nella segreteria del Tribunale il 31 agosto 2001.

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