TAR LAZIO, SEZ. I – Sentenza 20 dicembre 2000 n. 12357 - Pres. Schinaia, Est. Gaviano - Mabellini (Avv.ti Camerini e Rossi) c. Ministero di Grazia e Giustizia (n.c.).
Pubblico impiego – Magistrati – Trattamento di missione – Nel caso di mutamento di sede che si accompagni all'assegnazione a diverse e più elevate funzioni giurisdizionali –Spetta – Fattispecie.
Va qualificato come trasferimento d'ufficio, ai fini della spettanza del trattamento di missione ai magistrati, il mutamento della sede di servizio che si accompagni all'assegnazione a diverse e più elevate funzioni giurisdizionali, segnatamente nelle ipotesi di nomina per la prima volta ad uffici direttivi o semidirettivi (1) o di conferimento delle funzioni di magistrato di cassazione (2), ipotesi quest’ultima a cui è da assimilare la fattispecie del conferimento delle funzioni di magistrato di appello (3).
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(1) Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 13 maggio 1994, n. 5, con la quale è stato ribadito che "può essere assimilato ad un trasferimento d'ufficio, quello in cui si tratti di conferire per la prima volta nuove funzioni".
Alla stregua del principio, nella specie, tenuto conto del fatto che il trasferimento del ricorrente aveva avuto decorrenza dal 17/6/1993, è stato riconosciuto il suo diritto a percepire l'indennità di missione di durata biennale secondo le disposizioni contenute nell'articolo 6 della legge n. 27 del 1981.
Al ricorrente è stata riconosciuto che le somme spettanti andavano incrementate tenendo conto degli interessi legali, dalla maturazione di ogni singolo rateo fino al soddisfo, mentre non è stato riconosciuto il suo diritto alla rivalutazione monetaria in considerazione del carattere indennitario, e non retributivo, dell'indennità in questione (in senso conforme cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 795 del 18/11/1989, n. 264 del 6 marzo 1996 e n. 3057 del 26/5/2000).
(2) Cons. Stato, Sez. IV, n. 285 del 2 maggio 1995 e n. 821 del 24 ottobre 1994. Il principio secondo il quale "l'indennità di missione ... spetta anche ai magistrati per i quali il mutamento di sede è conseguente alla assegnazione di funzioni nuove e superiori, e non solo a coloro che alla nuova sede siano stati assegnati d'autorità per mancanza di aspiranti al posto resosi vacante" è stato confermato, infine, anche da altre e più recenti pronunzie dello stesso Consesso (Sez. IV, 2 maggio 1995, n. 285, 8 settembre 1997, n. 960, e 26 maggio 2000, n. 3057).
(3) Cons. Stato, Sez. IV, n. 821 del 1994.
per la declaratoria
del diritto della ricorrente alla percezione dell’indennità di missione ai sensi dell’art. 13 della legge n. 97 del 2\4\1979 (e successive modifiche), in forza del trasferimento di cui in narrativa, con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria fino al soddisfo
e per la condanna
del Ministero di Grazia e Giustizia al pagamento degli importi conseguentemente dovuti.
VISTO il ricorso ed i relativi allegati;
VISTA la memoria presentata dalla parte ricorrente a sostegno delle sue difese;
VISTI gli atti tutti di causa;
UDITI alla pubblica udienza del 25\10\2000 il relatore ed altresì l’avv. Rossi ;
RITENUTO e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in epigrafe la ricorrente, magistrato ordinario dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina a magistrato di cassazione, e già in servizio con funzioni di presidente di sezione presso il tribunale di Brescia, premesso di essere stata trasferita presso la corte di cassazione quale consigliere a decorrere dal 17\6\1993, e di avere invano domandato all’Amministrazione, in forza di tale titolo, la corresponsione dell’indennità di missione, richiedeva a questo T.A.R. la declaratoria di tale suo diritto (con gli interessi fino al soddisfo), deducendo la sussistenza in proprio favore di tutti i presupposti all’uopo richiesti dalla legge.
Le ragioni della ricorrente venivano ribadite e sviluppate con una successiva memoria, con la quale si concludeva per l’accoglimento del ricorso.
L’Amministrazione intimata ometteva di costituirsi in giudizio.
Alla pubblica udienza del 25\10\2000 la causa è stata trattenuta in decisione.
D I R I T T O
1 Il presente ricorso è diretto al riconoscimento del diritto della ricorrente, magistrato ordinario, di percepire l'indennità di missione prevista dall'articolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 in ragione del trasferimento che lo ha interessato, in concomitanza con il conferimento di funzioni superiori.
Si può, quindi, prescindere dall'esame della nota con la quale il Ministero di Grazia e Giustizia ha negato tale diritto, atto privo di natura provvedimentale in quanto l'Amministrazione non dispone, in base alla normativa vigente, del potere di incidere unilateralmente sulla pretesa azionata in questa sede, con la conseguenza che la predetta nota esprime nient’altro che il semplice intendimento del Ministero di non riconoscere il diritto in questione.
2 Il ricorso è fondato.
Ricorda preliminarmente il Collegio che l'indennità continuativa di missione fu originariamente prevista per i magistrati ordinari dall'articolo 1 della legge 6 dicembre 1950 n. 1039, secondo il quale "ai magistrati promossi al grado terzo, destinati a sede diversa da quella in cui esercitavano le funzioni del grado inferiore, spetta per la durata di un anno dal giorno dell'assunzione delle funzioni, anche se entro detto periodo siano trasferiti ad altra sede, l'indennità di missione stabilita dal decreto legislativo 13 gennaio 1947, n. 7, e successive modifiche ed integrazioni ...".
Successivamente il legislatore, con l'art. 13 della legge 2 aprile 1979 n. 97 (come modificato dall'articolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27), ha esteso la portata soggettiva della norma, stabilendo che le disposizioni di cui agli artt. 1 e 3 della legge 6 dicembre 1950 n. 1039 si applicano agli uditori giudiziari destinati ad esercitare le funzioni giudiziarie (primo comma), e che l'indennità in parola spetta, con decorrenza 1° luglio 1980, anche ai magistrati trasferiti d'ufficio per motivi diversi dall'incompatibilità ambientale, in misura intera per il primo anno e ridotta alla metà per il secondo anno (secondo comma).
In seguito, l'articolo 22, comma 35°, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (sostituendo il comma 18° dell'articolo 16 della legge n. 537 del 24 dicembre 1993) ha previsto che "le disposizioni di cui all'articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'articolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, ... si applicano ai soli trasferimenti d'ufficio che comportano un effettivo spostamento da una ad altra sede di servizio sita in diversa località, purché il cambiamento di sede comporti un effettivo disagio da comprovare, anche mediante idonea documentazione, secondo i criteri e le modalità previsti in apposito regolamento, approvato con decreto del Presidente della Repubblica, da emanarsi su proposta del Ministro di Grazia e Giustizia, di concerto con i Ministri dell'interno, della difesa e del tesoro ...".
Infine, l'articolo 1, comma 36°, legge 28 dicembre 1995 n. 549 ha stabilito che "a decorrere dal 1° gennaio 1996 l'indennità continuativa di missione prevista dagli artt. 1 e 3 della legge 6 dicembre 1950 n. 1039, ... è corrisposta per un solo anno, in misura intera per i primi sei mesi ed in misura ridotta alla metà per il semestre successivo".
In relazione alle più recenti innovazioni legislative appena rammentate giovano alcune puntualizzazioni.
Con riguardo all’articolo 22, comma 35°, della legge n. 724 del 1994 la giurisprudenza ha respinto la tesi del suo carattere semplicemente interpretativo e della sua conseguente portata retroattiva, in quanto il dettato normativo contiene nuove caratteristiche e più rigorosi requisiti per fruire dell'indennità (Consiglio di Stato, sezione IV, n. 960 dell’8\9\1997). Quanto, poi, alla mancata adozione del regolamento che doveva disciplinare i criteri di rilevazione dell’ "effettivo disagio" dei magistrati trasferiti d'ufficio, è stato già precisato da questo Tribunale (Sez. I, n. 1246 del 31 luglio 1997 e n. 348 del 24\1\2000: ma si veda anche, nello stesso senso, C.d.S., IV, n. 3057 del 26\5\2000) che tale omissione non può costituire ostacolo al riconoscimento del diritto previsto dalla norma di legge. In mancanza dei criteri e delle modalità per stabilire la sussistenza del concreto disagio provocato dal cambiamento di sede, atteso che la normativa regolamentare appositamente prevista non è stata ancora adottata, può soccorrere la disciplina dell'ordinaria indennità di missione dei dipendenti pubblici. Poiché la missione viene normalmente corrisposta quando la distanza è di almeno di dieci chilometri, questo elemento può essere utilizzato, quindi, quale criterio attendibile per stabilire se nella singola fattispecie ricorra realmente il presupposto del disagio richiesto dalla nuova disposizione, essendo entrambe le indennità in discorso dirette a fronteggiare le particolari esigenze che l'espletamento del servizio fuori sede comporta.
3 Tutto ciò premesso, il problema che il Collegio è chiamato a risolvere è quello volto a determinare se con il conferimento al ricorrente, per la prima volta, delle funzioni superiori di cui in narrativa, sia stato disposto nei suoi confronti un vero e proprio trasferimento "a domanda", e dunque nell'interesse esclusivo del richiedente (come viene sostenuto dall’Amministrazione), ovvero un trasferimento d'ufficio, a seguito del semplice assenso dell’interessato.
3a Ora, come è noto, l’inamovibilità che garantisce l'indipendenza del magistrato preclude la possibilità di disporre autoritativamente -salve le eccezionali ipotesi di cui all'articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511- il suo trasferimento, dovendosi, perciò, necessariamente acquisire in ogni caso l'assenso dell'interessato al cambiamento della sede di servizio. Di conseguenza, l'esistenza di una manifestazione di assenso ad un trasferimento non può assumere, di per sé, rilievo determinante in ordine alla qualificazione da dare al trasferimento stesso (nel senso che la manifestazione del consenso o della disponibilità di un magistrato al proprio trasferimento non esclude che questo possa essere considerato come un trasferimento d’ufficio si veda, da ultimo, la legge 4 maggio 1998 n. 133, il cui art. 4 ha corrispondentemente modificato il testo dell’art. 13 della legge n. 97\1979).
D’altra parte, l'attribuzione di funzioni superiori non può che avere quale sua unica causa la soddisfazione delle esigenze funzionali proprie dell'Amministrazione, sì che la manifestazione di volontà del magistrato interessato viene ad assumere, in tale ipotesi, essenzialmente il significato di una prestazione di consenso al passaggio di funzioni, e, quindi, solo di mero assenso al relativo, e conseguente, trasferimento, il quale avviene, perciò, sostanzialmente nell’interesse pubblico.
Nel contesto di una manifestazione di volontà diretta precipuamente ad ottenere l'attribuzione delle funzioni superiori, dunque, l'istanza dell'interessato deve essere intesa come assenso preventivo all'eventuale assegnazione ad una nuova sede di servizio, e come mera indicazione preferenziale in ordine alle sedi di gradimento, e non già come una vera e propria domanda di trasferimento. Quest’ultimo, pertanto, essendo rivolto a soddisfare in via prioritaria esigenze di servizio proprie dell'amministrazione della giustizia, non può considerarsi trasferimento a domanda, bensì quale trasferimento d'ufficio.
Poiché, conseguentemente, nelle ipotesi in esame viene in rilievo un trasferimento che non può non essere qualificato d'ufficio, trova applicazione nella specie l'articolo 13, comma secondo, della legge n. 97 del 1979 (e successive modifiche), per cui il ricorrente ha pieno titolo al riconoscimento della richiesta indennità di missione continuativa.
3b Questa conclusione, del resto, è pienamente conforme al pacifico orientamento della giurisprudenza amministrativa di appello, la quale definisce quale trasferimento d'ufficio, ai fini della spettanza del trattamento di missione, il mutamento della sede di servizio che si accompagni all'assegnazione a diverse e più elevate funzioni giurisdizionali, segnatamente nelle ipotesi di nomina per la prima volta ad uffici direttivi o semidirettivi (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 5 del 13 maggio 1994) o di conferimento delle funzioni di magistrato di cassazione (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 285 del 2 maggio 1995 e n. 821 del 24 ottobre 1994), a cui è stata assimilata la fattispecie del conferimento delle funzioni di magistrato di appello (Consiglio di Stato, IV, n. 821 del 1994).
L'elemento al quale il Giudice Amministrativo di Appello ha costantemente annesso rilievo discriminante, difatti, attiene alla circostanza della parità o meno del livello delle funzioni esercitate nell'ufficio di provenienza, rispetto alle funzioni da esercitare in quello di destinazione (C.d.S., Sez. IV, 15 luglio 1992, n. 686).
La IV Sezione del Consiglio di Stato già vari anni or sono ha rilevato, invero, quanto segue: "si può ravvisare, semmai, una certa distinzione fra il caso in cui si tratti di conferire per la prima volta nuove funzioni (nomina ad uffici direttivi o semi direttivi; passaggio dalla qualifica di consigliere di tar a quella di consigliere di stato), ovvero di trasferire semplicemente un magistrato da una ad un'altra sede, a parità di funzioni".
"Nel primo caso, infatti, si può dire che assume un certo spessore la valutazione delle attitudini, di fronte alla quale le aspirazioni soggettive e personali degli interessati non possono che passare in secondo piano. E non è indifferente per l'Amministrazione avvalersi delle prestazioni del magistrato nelle une o nelle altre funzioni; sicché si può fare riferimento al tradizionale assioma secondo cui le promozioni sono disposte nel prevalente interesse dell'Amministrazione".
"Mentre nel caso di mero trasferimento a parità di funzioni si può presumere che per l'Amministrazione sia indifferente avvalersi delle prestazioni dell'interessato nell'una o nell'altra sede; e d'altra parte la valutazione delle attitudini, se non proprio assente, occupa necessariamente uno spazio limitato e marginale, dato che il soggetto ha già superato il relativo vaglio ed è attualmente nell'esercizio di quelle funzioni. È perciò giocoforza concludere che nel caso di trasferimento a parità di funzioni viene in considerazione, prevalentemente se non esclusivamente, l'interesse del magistrato a conseguire la sede preferita" (sentenza n. 686\1992 cit.).
Queste indicazioni sono state confermate dal Consiglio di Stato con la sentenza della Sez. IV 24 ottobre 1994 n. 821, e l’orientamento ha poi trovato avallo anche da parte dell'Adunanza Plenaria con la decisione 13 maggio 1994 n. 5, la quale ha ribadito che "può essere assimilato ad un trasferimento d'ufficio, quello in cui si tratti di conferire per la prima volta nuove funzioni".
Il principio secondo il quale "l'indennità di missione ... spetta anche ai magistrati per i quali il mutamento di sede è conseguente alla assegnazione di funzioni nuove e superiori, e non solo a coloro che alla nuova sede siano stati assegnati d'autorità per mancanza di aspiranti al posto resosi vacante" è stato confermato, infine, anche da altre e più recenti pronunzie dello stesso Consesso (Sez. IV, 2 maggio 1995, n. 285, 8 settembre 1997, n. 960, e 26 maggio 2000, n. 3057).
4 Tali essendo le ferme conclusioni alle quali è pervenuta la giurisprudenza, il Collegio deve escludere che esse possano trovare confutazione attraverso l’argomento, consueto alla difesa erariale in fattispecie simili, secondo il quale i magistrati si distinguono tra loro, in base al dettato costituzionale, soltanto per la diversità di funzioni, oppure attraverso il rilievo che la legge n. 306 del 1992 (articolo 21 sexies) ha introdotto l'istituto della reversibilità delle funzioni giurisdizionali, in forza del quale i magistrati che ricoprono un ufficio con funzioni di legittimità -o equiparate- possono essere assegnati, a domanda, ad un ufficio con funzioni di merito.
I principi così richiamati, infatti, non fanno venir meno la circostanza che la struttura organizzativa della Giustizia si basa pur sempre su uffici giudiziari collocati a livelli diversi, e che l'assegnazione del magistrato ad un ufficio di più alto livello si accompagna all'espletamento di funzioni superiori. Quanto all’istituto della reversibilità delle funzioni, poi, non si può che concordare con l’interpretazione secondo la quale l’indennità in discussione spetta esclusivamente in occasione della prima assegnazione a funzioni di appello, di cassazione o superiori, e pertanto non può essere riconosciuta nei casi di ulteriore assegnazione alle stesse funzioni del magistrato che si sia avvalso della nuova facoltà di cui al citato art. 21 sexies (C.d.S., IV, n. 3057 del 26\5\2000).
5 In conclusione, tenuto conto del fatto che il trasferimento della ricorrente ha avuto decorrenza dal 17\6\1993, va senz’altro riconosciuto il suo diritto a percepire l'indennità di missione di durata biennale secondo le disposizioni contenute nell'articolo 6 della legge n. 27 del 1981.
Al ricorrente compete anche l’attribuzione sulle relative somme degli interessi legali, dalla maturazione di ogni singolo rateo fino al soddisfo, mentre non può essere riconosciuto il suo diritto alla rivalutazione monetaria in considerazione del carattere indennitario, e non retributivo, dell'indennità in questione (in conformità cfr. C.d.S., IV, n. 795 del 18\11\1989, n. 264 del 6 marzo 1996 e n. 3057 del 26\5\2000).
Le spese processuali possono essere equitativamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione I, accoglie per quanto di ragione il ricorso in epigrafe, e per l’effetto dichiara il diritto del ricorrente di percepire la richiesta indennità di missione con gli interessi legali, e condanna il Ministero di Grazia e Giustizia ad effettuare i conseguenti pagamenti.
Spese compensate.
La presente decisione sarà eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 25\10\2000.
Depositata il 20 dicembre 2000.