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n. 10-2000 - © copyright.

TAR LAZIO, SEZ. I - Sentenza 2 novembre 2000 n. 8868 - Pres. Schinaia, Est. Panzironi - A. (Avv.ti Stella Tatangelo e Angelo Sforza) c. Ministero di Grazia e Giustizia (Avvocatura Generale dello Stato).

Pubblico impiego - Infermità e lesioni - Causa di servizio - Riconoscimento - Parere del C.P.P.O. - - Sindacabilità - Limiti.

Pubblico impiego - Infermità e lesioni - Causa di servizio - Riconoscimento - Contrasto tra parere del C.P.P.O. e della C.M.O. - Obbligo di motivazione circa l’adesione al parere meno favorevole - Non sussiste - Ragioni.

Pubblico impiego - Infermità e lesioni - Causa di servizio - Riconoscimento - Termini previsti dal D.P.R. n. 349/94 - Per emissione del parere del C.P.P.O. - Hanno natura ordinatoria.

Il giudizio espresso dal C.P.P.O., quale organo competente alla valutazione dell’esistenza o meno del nesso tra infermità e prestazione di servizio, oltre ad essere definitivo, non è soggetto a sindacato né verifica da parte della P.A., che adotta i provvedimenti consequenziali, oppure da parte del G.A., al quale spetta il riscontro della legittimità del procedimento volto alla definizione dell’istanza di equo indennizzo. Il suddetto giudizio, espresso dal C.P.P.O. sulla base di tutti gli elementi di giudizio, ivi compreso l’ambiente di lavoro, è sindacabile solo nel caso di macroscopici errori logici ovvero nel caso di palese travisamento dei fatti.

Stante la diversità e l’autonomia del procedimento da cui discende la declaratoria della dipendenza da causa di servizio delle infermità dei pubblici dipendenti rispetto a quello preordinato alla concessione dell’ equo indennizzo, la commissione medica ospedaliera è l’organo che l’amministrazione deve interpellare per acclarare il nesso di dipendenza ed è anche l’unico organo tecnico legittimato ad intervenire in tale procedimento, ma non in quello successivo nel quale la P.A. deve, a fronte dell’istanza volta ad ottenere la prestazione patrimoniale, acquisire il parere del C.P.P.O., unico organo consultivo in tale fase (1).

In presenza di pareri discordi sulla dipendenza della causa di servizio, l’amministrazione non ha alcun obbligo di motivare le ragioni della preferenza accordata a quello reso dal Comitato, atteso che l’ordinamento non mette a disposizione una serie di pareri resi da organi consultivi di diversa origine e competenza sui quali orientarsi, ma affida, secondo il procedimento, ad un solo organo la competenza ad esprimere la valutazione.

Il termine di un mese decorrente dal parere del CPPO ed il termine di 19 mesi dalla data di ricevimento della domanda, stabiliti dal D.P.R. n. 349/94, non hanno carattere perentorio, bensì meramente ordinatorio, e, quindi, la loro inosservanza non determina l’illegittimità dell’atto.

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(1) Cons. Stato, Sez. IV, 19-4-1999 n. 655; id., 6-6-1997 n. 616.

 

 

F A T T O

Con ricorso ritualmente notificato il sig. A., addetto ai servizi ausiliari presso l’archivio Notarile di A., ha impugnato il provvedimento in epigrafe, chiedendone l’annullamento per violazione e falsa applicazione di legge ed eccesso di potere.

Premetteva in fatto di essere stato assunto nei ruoli del Ministero di Grazia e Giustizia come "addetto ai servizi ausiliari" nel 1968 e di aver prestato servizio, fino al 1996, presso vari uffici con mansioni di pulizia dei locali e dei mobili, spolveratura scaffali, rimozione dei volumi e ricollocazione degli stessi a ricerca ultimata, vigilanza dell’accesso agli uffici, ritiro e spedizione della corrispondenza ed altre mansioni similari.

Come prima sede di lavoro al ricorrente veniva assegnato l’Archivio Notarile di A., sede considerata "disagiata" da un punto di vista climatico e logistico.

Con istanze del 5-3-1993 e 27-11-1995, il ricorrente chiedeva il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di alcune infermità ritenute in rapporto di causalità con i disagi climatici dei luoghi di lavoro, in particolare, per il lavoro svolto presso l’Archivio Notarile di Alessandria.

L’Ospedale Militare di R. C., in data 6-3-1997, sottoponeva il ricorrente a visita, conclusasi con diagnosi di "rinofaringolaringite catarrale cronica con sinusopatia cronica. Otite catarrale cronica con media ipoacusia bilaterale. Spondiloartrosi e note cliniche di artrosi nei piedi" e con giudizio medico legale favorevole al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di dette infermità.

Tale parere veniva condiviso dal dirigente generale dell’Ufficio Centrale degli Archivi Notarili del Ministero di Grazia e Giustizia, che, con provvedimento del 9-4-1997, accoglieva l’istanza di riconoscimento della causa di servizio.

Successivamente in sede di liquidazione dell’equo indennizzo, il Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie, con parere n. 20399/97, esprimeva, invece, parere negativo circa la dipendenza da causa di servizio delle infermità in argomento, trattandosi di affezioni non dovute ai disagiati eventi di servizio, che non hanno potuto influire neanche sotto il profilo concausale efficiente e determinante, in quanto l’ambiente lavorativo era sufficientemente illuminato, riscaldato e arieggiato ed il servizio è stato prestato in ambienti chiusi, nell’ambito delle mansioni di competenza, non caratterizzati da particolari e gravose condizioni di disagio.

L’Amministrazione con l’impugnato provvedimento, uniformandosi al parere del C.P.P.O., respingeva la richiesta di concessione di equo indennizzo.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, chiedendo il rigetto del ricorso siccome infondato.

All’udienza del 21-6-2000 la causa è stata trattenuta in decisione.

D I R I T T O

Il ricorrente lamenta la violazione di legge e l’eccesso di potere per motivazione contraddittoria e illogica e per travisamento dei fatti, in quanto il C.P.P.O., nel negare l’influenza, come concausa efficiente e preponderante nell’insorgenza e nel decorso delle infermità riscontrate, dell’ambiente di lavoro, ha applicato erroneamente le norme di legge che disciplinano la materia, ritenendo non sussistente il rischio professionale e la pericolosità delle condizioni di lavoro cui era stato sottoposto il dipendente.

Inoltre il C.P.P.O. non avrebbe adeguatamente considerato i disagi climatici ed ambientali cui è stata sottoposto il sig. A. nel corso del servizio prestato, limitandosi a affermare la natura costituzionale degenerativa delle infermità.

Da ultimo, l’istante lamenta la violazione dell’art. 9 II comma d.P.R. n. 349/94 per essere stato il provvedimento impugnato emesso oltre i termini di legge.

Le doglianze non meritano accoglimento, alla luce di un consolidato orientamento giurisprudenziale che il Collegio ritiene di condividere, per il quale, nel procedimento finalizzato al riconoscimento della dipendenza di una infermità da causa di servizio per l’erogazione dell’equo indennizzo, il C.P.P.O. è l’organo competente alla superiore valutazione dell’esistenza o meno del nesso tra infermità e prestazione di servizio.

Il Comitato ha il compito di rendere il proprio parere sulla base di tutti gli elementi di giudizio, ivi compreso l’ambiente di lavoro, senza incorrere in macroscopici errori logici ovvero in un palese travisamento dei fatti; tali vizi, infatti, sarebbero riscontrabili dall’Amministrazione e denunciabili nel giudizio di legittimità.

Al di fuori di siffatta ipotesi, viceversa, il giudizio del Comitato, oltre ad essere definitivo, non è soggetto a sindacato né verifica da parte della P.A., che adotta i provvedimenti consequenziali, oppure da parte del G.A., al quale spetta il riscontro della legittimità del procedimento volto alla definizione dell’istanza di equo indennizzo.

Le censure formulate nei confronti del parere sono, quindi, inammissibili poiché rivolte contro un giudizio tecnico, reso dall’ Organo cui compete per legge, insindacabile in questa sede, salvo che, come esposto in precedenza, per vizi di evidente illogicità od incompletezza, a parere del Collegio insussistenti.

Del pari infondati sono gli ulteriori motivi di ricorso.

Occorre evidenziare che, stante la diversità e l’autonomia del procedimento da cui discende la declaratoria della dipendenza da causa di servizio delle infermità dei pubblici dipendenti rispetto a quello preordinato alla concessione dell’ equo indennizzo, la commissione medica ospedaliera è l’organo che l’amministrazione deve interpellare per acclarare il nesso di dipendenza ed è anche l’unico organo tecnico legittimato ad intervenire in tale procedimento, ma non in quello successivo nel quale la P.A. deve, a fronte dell’istanza volta ad ottenere la prestazione patrimoniale, acquisire il parere del C.P.P.O., unico organo consultivo in tale fase ( Cons.St., IV 19-4-1999 n. 655; id. 6-6-1997 n. 616).

Pertanto, in presenza di pareri discordi sulla dipendenza della causa di servizio, come nel caso di specie, l’amministrazione non ha alcun obbligo di motivare le ragioni della preferenza accordata a quello reso dal Comitato, atteso che l’ordinamento non mette a disposizione una serie di pareri resi da organi consultivi di diversa origine e competenza sui quali orientarsi, ma affida, secondo il procedimento, ad un solo organo la competenza ad esprimere la valutazione.

Per quanto attiene, infine, la censura di illegittimità derivante dalla inosservanza del termine di un mese decorrente dal parere del CPPO e del termine di 19 mesi dalla data di ricevimento della domanda, il Collegio ritiene che tali termini, stabiliti dal D.P.R. n. 349/94, non abbiano carattere perentorio, bensì meramente ordinatorio, e, quindi, la loro inosservanza non determina l’illegittimità dell’atto.

Conclusivamente il Collegio respinge il ricorso siccome infondato.

Sussistono motivi di opportunità per la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione I, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21-6-2000.

Depositata il 2 novembre 2000.

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