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n. 3-2001 - © copyright.

TAR LAZIO, SEZ. I TER - Sentenza 28 febbraio 2001 n. 1545 - Pres. Mastrocola, Est. Tosti - L. Buchnick (Avv.ti A. Leone e S. Leone) c. Ministero dell'Interno (Avv.ra Stato).

Autorizzazione e concessione - Concessione costitutiva - Cittadinanza - Atto altamente discrezionale.

Autorizzazione e concessione - Concessione costitutiva - Cittadinanza - Diniego della domanda - Motivazione generica - Insufficienza e inadeguatezza.

La concessione della cittadinanza è atto altamente discrezionale (in ordine al quale si possono forse ravvisare aspettative, ma non certo diritti soggettivi) con il quale l’ordinamento attribuisce all’Amministrazione, oltre all’accertamento del possesso dei requisiti di legge, anche e soprattutto la funzione di valutare una serie di elementi e circostanze che concorrono a concretare un giudizio sostanzialmente positivo della persona che chiede di entrare a far parte della collettività nazionale. Tale esercizio del potere discrezionale, peraltro, deve essere effettuato in modo da riconoscere in capo all’istante sia l’esistenza di un’aspirazione al mutamento della cittadinanza di origine, o comunque all’acquisto della cittadinanza italiana, sia l’impegno e la possibilità di assumere gli obblighi derivanti dall’ammissione alla Comunità dello Stato, sia la serietà delle ragioni che inducono ad abbandonare la collettività di origine per scegliere la nazionalità italiana (1).

E' insufficiente e inadeguata la motivazione del provvedimento di diniego dell'istanza di concessione della cittadinanza, che si limiti soltanto ad affermare genericamente la non sussistenza di un interesse pubblico alla concessione (2).

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(1) Cfr., in tal senso, fra le tante, TAR Lazio, I Ter, 21 maggio 1996, n. 779. Alla stregua del principio nella specie il TAR Lazio ha respinto la censura relativa alla violazione della legge n. 555/1912 per non aver provveduto l’Amministrazione a concedere la cittadinanza italiana solo perché l’interessato aveva risieduto in Italia per un periodo superiore a cinque anni.

(2) Ha osservato in proposito il TAR Lazio che nella specie la ricorrente nella sua documentata istanza aveva rappresentato all’Amministrazione dell’Interno, oltre al fatto della residenza in Italia da oltre 27 anni, di essere titolare di un esercizio commerciale da un lungo periodo, "pagando tutti i contributi e le imposte relative".

A fronte di tale sua documentata istanza, l’Amministrazione avrebbe dovuto dimostrare di aver tenuto conto di tutti gli elementi forniti dall’interessata e di quelli specificamente emersi nel corso dell’istruttoria, eventualmente approfondendo l’indagine, per verificare se la potenzialità lavorative ed economiche dell’istante fossero o meno tali da far presumere, dato il suo lungo periodo di residenza in Italia e di attività commerciale ivi esercitata, un suo positivo apporto, anche in una prospettiva futura, alla collettività nazionale; e ciò in quanto col provvedimento di concessione della cittadinanza l’Amministrazione dispone del fondamentale interesse della collettività nazionale ad acquisire un ulteriore componente che deve essere comunque ben integrato e quanto meno in grado di contribuire positivamente allo sviluppo di quella Comunità nazionale alla quale si chiede di appartenere.

 

 

F A T T O

La ricorrente, cittadina israeliana nata da genitori italo-libici, residente in Italia dal 1965 e titolare di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato dal 1969, presentava in data 4.11.1988, secondo quanto emerge dagli atti del giudizio, domanda al Ministero dell'Interno volta al riconoscimento della cittadinanza italiana, ritenendo di essere in possesso dei requisiti a tal fine richiesti.

Tale domanda veniva, tuttavia, respinta dall’Amministrazione con l’atto impugnato, basato sul presupposto che dall’istruttoria esperita non risultavano elementi per la concessione della cittadinanza richiesta.

Nel censurare tale provvedimento negativo, la ricorrente espone che aveva aperto una posizione assicurativa presso l’INPS come commerciante per sé e per il suo coniuge, essendo titolare di un esercizio commerciale in Roma, e che aveva ritenuto legittimo chiedere, dopo oltre venti anni di residenza in Italia, la concessione della cittadinanza italiana, negata poi dall’Amministrazione intimata - con motivazione ”contraddittoria e frutto di erronea impostazione del problema” - perchè dalla istruttoria esperita non erano emersi elementi per la concessione del beneficio richiesto ai sensi dell’art.4 della legge 13.6.1912, n..555 e perchè, comunque, non sussisteva nel caso “un interesse pubblico” alla concessione dello stesso beneficio.

Questo il motivo dedotto a sostegno del gravame:

1) Eccesso di potere e contraddittoria motivazione.

In particolare, oltre alla violazione dell’art.4 della legge n.555/1912, l’interessata rileva che nel provvedimento impugnato - il quale indica come causa ostativa quella generica della mancanza di elementi derivati dalla istruttoria esperita e dell’insussistenza di un interesse pubblico alla concessione della cittadinanza - vi sarebbe, nella sostanza, una inadeguata e contraddittoria indicazione delle effettive ragioni poste alla base dell’atto di diniego in questione.

L'interessata conclude, quindi,  per l'accoglimento del gravame con ogni conseguenziale statuizione di legge.

L'Amministrazione dell'Interno, costituitasi in giudizio col patrocinio dell'Avvocatura Generale dello Stato, deposita una articolata memoria difensiva concludendo per l'infondatezza dell'impugnativa.

Con successive memorie, presentate in vista dell’udienza di trattazione del gravame, la ricorrente ribadisce le proprie tesi insistendo per l’accoglimento dell’impugnativa.

Alla pubblica udienza dell'11 gennaio 2001 il ricorso viene trattenuto in decisione.

D I R I T T O

1. Con il ricorso in esame l'istante impugna il provvedimento in epigrafe specificato con cui gli é stata negata la concessione della cittadinanza italiana sul presupposto del mancato riscontro in sede di istruttoria di elementi per la concessione della cittadinanza e, comunque, della insussistenza di "un interesse pubblico alla concessione dell’invocato beneficio".

2. Quanto al rilievo con il quale l’istante denuncia che il Ministero dell’Interno avrebbe assunto il provvedimento di cui trattasi in aperta violazione dell’art.4 della legge 13.6.1912 n.555 - che, a suo avviso, le consentirebbe di acquisire la cittadinanza italiana sul solo presupposto della residenza di almeno cinque anni nel territorio dello Stato italiano - il Collegio deve osservare innanzitutto, in via generale, che l'apposito regime procedimentale riguardante l'esame e, quindi, il rilascio o diniego della concessione della cittadinanza, concernendo il conferimento di uno status di rilevante importanza pubblicistica, é improntato necessariamente a valutazioni dell'Autorità competente, squisitamente discrezionali, volte a considerare sia la situazione privatistica particolare dell'istante, sia quella generale dell'interesse pubblicistico della collettività, procedimento questo il cui corretto esercizio trova limiti esteriori sindacabili soltanto nelle previsioni specifiche della corrispondente normativa, nonché nei principi generali riferiti allo svolgimento dell'attività amministrativa e deve rilevare, altresì, che nel nostro ordinamento, attesa la natura costitutiva e non ricognitiva dei provvedimenti attributivi allo straniero dello status civitatis, non si può dire che con il semplice compimento del periodo prescritto ovvero con la presenza degli altri requisiti di legge nonchè della sua specifica manifestazione di volontà al riguardo, lo straniero possa maturare un diritto soggettivo all’acquisto della cittadinanza.

La concessione del nostro status civitatis a chi ne faccia richiesta è, dunque, atto altamente discrezionale (in ordine al quale si possono forse ravvisare aspettative, ma non certo diritti soggettivi) con il quale l’ordinamento attribuisce all’Amministrazione, oltre all’accertamento del possesso dei requisiti di legge, anche e soprattutto la funzione di valutare una serie di elementi e circostanze che concorrono a concretare un giudizio sostanzialmente positivo della persona che chiede di entrare a far parte della collettività nazionale.

Tale esercizio del potere discrezionale, peraltro - come già rilevato da questa Sezione - deve essere effettuato in modo da riconoscere in capo all’istante sia l’esistenza di un’aspirazione al mutamento della cittadinanza di origine, o comunque all’acquisto della cittadinanza italiana, sia l’impegno e la possibilità di assumere gli obblighi derivanti dall’ammissione alla Comunità dello Stato, sia la serietà delle ragioni che inducono ad abbandonare la collettività di origine per scegliere la nazionalità italiana (cfr., in tal senso, fra le tante, TAR Lazio, I Ter, 21.5.1996, n.779).

Per le considerazioni generali ora svolte non può accogliersi, quindi, la censura relativa alla violazione della legge n.555/1912 per non aver provveduto l’Amministrazione a concedere la cittadinanza italiana solo perché l’interessata aveva risieduto in Italia per un periodo superiore a cinque anni.

3. E’, invece, fondata la censura relativa all’inadeguata e contraddittoria motivazione.

Ed invero, nel caso in esame, la ricorrente nella sua documentata istanza ha rappresentato all’Amministrazione dell’Interno, oltre al fatto della residenza in Italia da oltre 27 anni, di essere titolare di un esercizio commerciale da un lungo periodo, "pagando tutti i contributi e le imposte relative".

A fronte di tale sua documentata istanza, l’Amministrazione stessa avrebbe dovuto dimostrare di aver tenuto conto di tutti gli elementi forniti dall’interessata e di quelli specificamente emersi nel corso dell’istruttoria, eventualmente approfondendo l’indagine, per verificare se la potenzialità lavorative ed economiche dell’istante fossero o meno tali da far presumere, dato il suo lungo periodo di residenza in Italia e di attività commerciale ivi esercitata, un suo positivo apporto, anche in una prospettiva futura, alla collettività nazionale; e ciò in quanto col provvedimento di concessione della cittadinanza l’Amministrazione dispone del fondamentale interesse della collettività nazionale ad acquisire un ulteriore componente che deve essere comunque ben integrato e quanto meno in grado di contribuire positivamente allo sviluppo di quella Comunità nazionale alla quale si chiede di appartenere.

Tale dimostrazione non sembra, però, che nella fattispecie sia stata fornita dall’Amministrazione, dal momento che la stessa con il provvedimento in epigrafe si è in effetti limitata, del tutto genericamente, ad affermare soltanto che non si sarebbe dato corso all’istanza dell’interessata perché non erano emersi dall’istruttoria esperita elementi per la concessione della cittadinanza richiesta e perché non sussisteva un interesse pubblico alla concessione dell’invocato beneficio.

La motivazione ora ricordata, anche per le considerazioni che precedono, non sembra certamente al Collegio che sia adeguata e sufficiente; e ciò in palese contrasto con il generale principio secondo cui la funzione essenziale della motivazione è, per l’appunto, quella di rendere chiaro l'iter conoscitivo e valutativo seguito dall'Amministrazione nell'adozione del provvedimento, specialmente quando esso consista, come nella specie, in un atto di diniego.

La censura ora esaminata deve, pertanto, condividersi.

Per tutte le considerazioni svolte in relazione alla rilevata fondatezza dell’ultimo rilievo preso in esame, il ricorso deve essere, quindi, accolto e l’atto impugnato deve essere annullato, salvi restando gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Sussistono, peraltro, ragioni per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Prima Ter,

ACCOGLIE il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato, salvi restando gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio dell'11 gennaio 2001, con l'intervento dei Signori:

- Cesare MASTROCOLA Presidente

- Domenico CAFINI Consigliere, est.

- Lucia TOSTI Consigliere

Depositata il 28.02.2001

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