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n. 7/8-2002 - © copyright.

TAR LAZIO, SEZ. I – Sentenza 21 giugno 2002 n. 5711 Pres. Calabrò, Est. Modica de Mohac – Magri (Avv.ti A. e G. Pallottino) c. Comune di Roma (n.c.), S.T.E.I.A.M. s.p.a. (n.c.) e con l’intervento ad adjuvandum della Corrida s.r.l. (Avv.ti S. e M. Aureli) – (accoglie).

Espropriazione per p.u. – Dichiarazione di p.u. – Per implicito – Previsione dei necessari mezzi finanziari – Necessità – Previsione di un mutuo da contrarre successivamente – Insufficienza.

E’ illegittima una delibera con la quale si approva un progetto di una opera pubblica, delibera alla quale è riconnessa per implicito la dichiarazione di p.u. dell’opera stessa, la quale non preveda i necessari mezzi di finanziamento, essendo a tal fine insufficiente la previsione che le spese della procedura espropriativa saranno coperte con un mutuo ancora da contrarre (1).

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(1) Ha osservato il T.A.R. Lazio che secondo un principio generale della normativa contabile degli Enti Locali, le spese in conto capitale finanziate a mezzo mutuo possono considerarsi impegnate solamente per l'ammontare e fino alla concorrenza del mutuo già favorevolmente deliberato.

E’ stato rilevato inoltre che l'esecuzione del susseguente provvedimento di occupazione d'urgenza richiedeva l'immediata corresponsione dell'indennità di occupazione e la successiva tempestiva liquidazione di un acconto pari all'80% della indennità di esproprio e di occupazione, ragioni – queste - per le quali la spesa espropriativa deve trovare reale ed effettiva copertura finanziaria.

Alla stregua del principio la delibera con la quale era stata dichiarata per implicito la p.u. dell’opera è stata ritenuta illegittima per violazione dell'art. 3 della L. n. 1 del 1978 e dell'art. 72 della L. n. 2359 del 1865 nonché violazione dell'art.1 della L. n. 43 del 1978 e dell'art. 6 della L. n. 166 del 1975, e violazione dell'art. 11 della L. n. 865 del 1971.

 

 

FATTO

I ricorrenti sono proprietari in Roma, Via Tedeschi, di alcune aree della complessiva estensione di circa 5,370 mq, distinte in Catasto al foglio n.601 (part,lle nn.669, 673/r, 733, 734, 737 e 739).

Il P.R.G. di Roma del 1965 le contemplò come aree per pubblici servizi funzionalmente connesse al c.d. "Centro direzionale di Pietralata" (Zona I/1), e la loro destinazione di zona venne confermata nelle successive varianti.

In occasione dell'adozione dei vari strumenti urbanistici fino ad oggi susseguitisi, il Comune di Roma ha sempre manifestato e reiterato il proprio intendimento di procedere alla predisposizione ed adozione:

dei piani d'attuazione per i vari Centri direzionali già previsti (tra cui vi è quello sopra indicato);

e degli altri strumenti pianificatori ed esecutivi eventualmente necessari per la realizzazione delle opere infrastrutturali e di servizio funzionalmente connesse a detti Centri.

Taluni piani attuativi sono stati infine adottati, e nell'ambito di quelli concernenti le Zone I/1 sono state indicate le percentuali di insediamenti direzionali e residenziali, e dei servizi pubblici.

In particolare, l'art.12 n.4 delle vigenti N.T.A. del P.R.G. (Variante generale del 1974 -'79), nonché la relativa Tabella (B) delle superfici e cubature, stabiliscono - accanto alle percentuali di insediamenti direzionali, residenziali e per attività terziarie - anche la percentuale di spazi pubblici ("pubblici servizi" e "verde pubblico") occorrenti anche per rispondere al fabbisogno delle limitrofe zone territoriali omogenee di tipo "B" (fabbisogni esterni minimi previsti: 540.000).

Al riguardo, una delle ipotesi costantemente indicate dalle Norme Tecniche di Attuazione (cfr. art.13) per reperire le aree da destinare a servizi pubblici, è quella del "convenzionamento" con i privati proprietari (riuniti in consorzio), ai quali il Comune può concedere "edificabilità" (entro le percentuali previste) "in cambio" degli spazi occorrenti, spazi che pertanto possono venire acquisiti senza alcun onere finanziario a carico dell'Amministrazione.

In tale ottica, il Comune di Roma ha realizzato un ampio studio sulle zone direzionali di Roma, ed in particolare su quelle della parte orientale, al fine di indicare le soluzioni attuative più moderne ed efficaci.

Detto studio si è infine concretizzato nella delibera consiliare n.975 del 6.5.1981, denominata "Delibera-quadro per l'attuazione del Sistema direzionale orientale", che disciplina unitariamente i comprensori del Casilino, del Tiburtino, di Centocelle e - per quanto qui maggiormente interessa - quello di Pietralata.

La delibera indica in modo sistematico ed analitico:

le zone di massima concentrazione dei volumi edilizi, specificandone proporzioni, ed altezze;

le aree per servizi a beneficio dei quartieri vicini ai comparti direzionali;

ed i criteri di attuazione delle zone da attrezzare a Centri direzionali, individuando gli strumenti di esecuzione nei "piani di lottizzazione", nei cc.dd. "comparti edificatori" (di cui alla legge urbanistica fondamentale, e agli artt. 21 e 22 della L. reg. Lazio 28.7.1978 n.35) e nei "programmi pluriennali di attuazione".

Per quanto concerne il comprensorio di Pietralata, entro cui ricadono i terreni dei ricorrenti, la citata "delibera-quadro" ha però apportato una drastica ed illogica riduzione della superficie sia delle aree a destinazione direzionale e residenziale, sia - soprattutto - delle aree destinate a servizi pubblici ed a spazi pubblici per "fabbisogni esterni".

Tali "riduzioni" sono state indicate come "Aree da stralciare con separato provvedimento (…)" e sono state quantificate in "Ha 73.70 (compresi 24 ha circa spazi pubblici fabbisogni esterni)".

I "separati provvedimenti" con cui si è dato corso allo "stralcio", variando da "I/1" a "M/3" la destinazione di zona delle aree precedentemente localizzate per servizi pubblici, sono:

la delibera di C.C. n.944 dello stesso 6.5.1981, di adozione della variante del P.R.G. di Roma relativa alla V^ Circoscrizione;

la delibera di G.M. n.2932 del 7.5.1981 che, nell'indicare le aree per l'intervento scolastico, ha "automaticamente" disposto il mutamento della destinazione di quelle dei ricorrenti, ai sensi dell'art.10, co 4°, della L. 5.8.1975 n.412.

Ora, proprio a cagione di tali delibere - che si pongono in insanabile contrasto con quanto stabilito, in tema di "centri direzionali" e di connesse aree, sia dalle Norme Tecniche di Attuazione, sia dallo stesso P.R.G. (cfr., al riguardo, la "variante generale 1974 - '79") - il Comune di Roma si trova "costretto" ad intraprendere costose e lunghe procedure espropriative. In altri termini, anzicchè inserire il "Comprensorio di Pietralata" (con i suoi spazi liberi) nel recente Piano d'attuazione e sollecitare l'attività negoziale volta al "convenzionamento" con i privati per l'acquisizione gratuita delle aree da destinare a servizi pubblici (in cambio di edificabilità), il Comune ha "preferito" intraprendere la realizzazione del previsto complesso scolastico utilizzando, per il reperimento di dette aree, la procedura espropriativa.

Sembra che la predetta "manovra" fosse già in corso sin dalla fine degli anni settanta; e ciò in quanto già da allora con le delibere di G.M. n.3694/79 e n.5730/79 (e con le successive delibere di C.C. n.2535/80 e n.3129/80) il Comune aveva approvato il bando di gara e lo schema di convenzione-tipo per l'affidamento in concessione della progettazione e della costruzione delle opere relative a ben otto lotti di edilizia scolastica.

Per il resto, la sequenza procedimentale che ha condotto alla definitiva approvazione del progetto ed alla occupazione di urgenza delle relative aree, è stata la seguente:

in data ignota la Commissione per l'edilizia scolastica ha dichiarato l'idoneità delle aree;

il 25.10.1980 è stata sottoscritta la convenzione di concessione per il VI° lotto, concernente il complesso scolastico per cui è causa;

il 6.5.1981 il Comune ha deliberato la "variante circoscrizionale" (delibera di G.M. n.944) e la già menzionata "Delibera-quadro del Sistema direzionale orientale" (delibera di C.C. n.975);

il giorno successivo la Giunta (delibera di G.M. n.2932) ha deliberato la variante "specifica";

e con atto del 7.5.1981 (delibera di G.M. n.3253) ha approvato il progetto della scuola, con valore di dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza dei lavori, e ha disposto l'occupazione d'urgenza delle aree indicando come concessionario della esecuzione dei lavori un "raggruppamento temporaneo di imprese" del quale la società S.T.E.I.A.M. S.P.A. è la "capogruppo".

I ricorrenti lamentano che i predetti provvedimenti, e l'intero procedimento che di essi si compone, sono illegittimi; e ciò non soltanto per irrazionale, contraddittoria ed inutilmente costosa "strategia" generale che li ha ispirati (sopra descritta), ma anche perché intrinsecamente inficiati da altri specifici ed autonomi vizi sostanziali e procedimentali.

Li hanno pertanto impugnati con i ricorsi in esame, e ne chiedono l'annullamento lamentando:

eccesso di potere per difetto di motivazione e perplessità;

violazione e falsa applicazione degli artt.29, 31, 32 e 41 della L.17.8.1942 n.1150, dell'art.10 della L.5.8.1975 n.412 e dell'art.1 della L. 3.1.1978 n.1, nonché per eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà;

illegittimità derivata dai vizi precedentemente riscontrati;

violazione, per mancata applicazione, dell'art.10 della L. n.412 del 1975 e dell'art.5 della L. reg. n.59 del 1976; nonché violazione dell'art.1 della L. n.1 del 1978 ed eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti;

eccesso di potere sotto i profili della illogicità manifesta e del travisamento dei fatti;

eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti determinazioni e per contrarietà con l'interesse pubblico;

eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti determinazioni, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria;

violazione dell'art.31 della L. 17.8.1942 n.1150, degli artt. 1 e 4 della L. 28.1.1977 n.10 e dell'art.220 del T.U. n.1265, nonché eccesso di potere per difetto dei presupposti;

violazione dell'art.7. co II, della L. Reg. Lazio 26.6.1980 n.88, nonché eccesso di potere per incertezza e difetto di motivazione;

violazione dell'art.13 della L. reg. Lazio n.35/1978, ed eccsso di potere per contraddittorietà;

violazione, per mancata applicazione, dell'art.72 della L. n.2359 del 1865;

violazione dell'art.1, comma II, del D.L. 24.12.1977 n.946 conv. In L. 27.2.1978 n.43;

violazione degli artt.106 D.P.R. n.616/1977 e dell'art.4 della L. reg. n.79 del 1978, ed incompetenza;

illegittimità derivata dalla illegittimità costituzionale, per contrarietà all'art.97 Cost., dell'art.3 della L. n.1/1978;

eccesso di potere per travisamento dei fatti, errore ed ingiustizia;

violazione dell'art.11 della L. n.865 del 1971;

eccesso di potere per sviamento.

L'Amministrazione comunale e la ditta controinteressata, ritualmente intimati, non si sono costituiti in giudizio.

Con sentenza n.3240 del 26.11.1998 questo T.A.R. ha disposto la riunione dei ricorsi ed ha ordinato l'acquisizione di atti e documenti ritenuti necessari ai fini del decidere.

L'Amministrazione comunale non ha ottemperato agli incombenti istruttori.

Con ulteriori memorie depositate nel corso del giudizio, corredate da documentazione allegata, i ricorrenti hanno insistito per l'accoglimento del ricorso.

Infine, all’udienza del 23.1.2002, uditi i Procuratori delle parti, i quali hanno insistito nelle rispettive richieste, deduzioni ed eccezioni, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

1.1. Con i primi quattro motivi di gravame - che possono essere trattati congiuntamente in considerazione della loro connessione argomentativa - i ricorrenti lamentano eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento dei fatti perplessità, nonché violazione, per mancata applicazione dell'art.10 della L. n.412 del 1975 e dell'art.5 della L. reg. n.59 del 1976 e violazione dell'art.1 della L. n.1 del 1978, deducendo:

che la delibera di G.M. n.3253 del 7.5.1981 non specifica quale siano gli atti in forza dei quali sarebbe "in corso" la variante al P.R.G. che consente la realizzazione della scuola;

e che, in ogni caso, non risulta che tale variante si sia mai perfezionata.

La doglianza merita accoglimento.

1.1.1. Dal preambolo motivazionale della delibera in questione emerge:

che l'area sulla quale dovrebbe essere costruita la scuola è compresa in "Zona I/1" e dunque destinata alla realizzazione di "Centri direzionali";

che pertanto la realizzazione della predetta opera implica la preventiva "variante" del P.R.G., con trasformazione della zona da "Zona I/1" (destinata a Centri direzionali) a "Zona M/3" (destinata a "Servizi pubblici di quartiere");

e che tale variante "è in corso".

Senonchè non è dato comprendere, né il Comune ha fornito lumi al riguardo, se l'atto con cui si sarebbe perfezionata la variante di che trattasi sia:

la delibera di C.C. n.944 del 6.5.1981;

ovvero la delibera di G.M. n.2932 del 7.5.1981;

o, infine, la stessa delibera n.3253 del 7.5.1981, in quanto approvativa del progetto dell'opera pubblica (secondo la regola introdotta dall'art.1 della L.n.1/1978).

Tale indeterminatezza genera incertezza in ordine alla effettiva sussistenza del presupposto (rectius: della condicio juris) su cui dovrebbe fondarsi la delibera, la quale pertanto appare all'evidenza viziata in radice sotto il profilo dedotto nella censura in esame.

1.1.2. E ciò non senza considerare che il "procedimento di variante" appare, in ogni caso, imperfetto.

1.1.2.1. A ben guardare, infatti, la "variante" non poteva (e non può) considerarsi apposta né dalla delibera n.944 del 6.5.1981, né dalla delibera di CC n.2932 del 7.5.1981; e ciò in quanto alla data di adozione della delibera 3253 del 7.5.1981 la fase di integrazione dell'efficacia della prima (n.944/81) e la fase di approvazione della seconda (n. 2931/81) non erano (né potevano essere) ancora concluse.

1.1.2.2. Né può essere ignorato, al riguardo, che l'Amministrazione non ha fornito, non ostante le fossero stati richiesti con sentenza interlocutoria n.3240/98 di questo T.A.R., gli atti comprovanti la definitiva "approvazione" della variante in questione; comportamento processuale dal quale non può che concludersi che la stessa non si è mai perfezionata, ai sensi dell’art. 116, 2° comma, cod. proc. civ..

1.1.2.3. Infine, non si può neanche ritenere che la variante si sia perfezionata "automaticamente" in forza dell'art.1, co V, della L.n.1/1978. Il "meccanismo" di cui alla predetta norma supplisce, infatti, all'adozione della variante, ma non anche alla successiva "approvazione" della stessa, che resta atto necessariamente conclusivo dell'iter procedimentale.

1.2. Del pari fondato si appalesa il sesto motivo di gravame con cui i ricorrenti lamentano eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti determinazioni e per contrarietà con l'interesse pubblico, deducendo:

che anzicchè procedere all'acquisizione gratuita delle aree da destinare a servizi pubblici (mediante "convenzionamento" con i privati), con la delibera n.3253/1981 (e con quelle ad essa connesse) il Comune ha incongruamente "preferito" intraprendere la realizzazione del previsto complesso scolastico utilizzando la procedura espropriativa;

e che pertanto, a cagione di tali delibere - che si pongono in insanabile contrasto con quanto stabilito sia dalle Norme Tecniche di Attuazione, sia dallo stesso P.R.G., il Comune di Roma si trova "costretto" ad intraprendere costose e lunghe procedure espropriative.

La doglianza merita di essere condivisa.

Secondo le Norme tecniche d'attuazione del P.R.G. del Comune di Roma (Cfr. art.13), e secondo la "Delibera-quadro del Sistema direzionale orientale" (delibera di C.C. n.975 del 6.5.1981, che concerne specificamente anche le aree dei ricorrenti), i piani particolareggiati delle Zone I vanno realizzati mediante "convenzioni" in base alle quali le aree destinate a pubblici servizi vengono cedute al Comune dai privati proprietari (riuniti in Consorzi) "in cambio" di "edificabilità".

Ciò comporta per l'Amministrazione comunale la possibilità di acquisire le aree con celerità (ed evitando eventuali defatiganti contenziosi) e senza dover sopportare alcun onere (ed esborso) finanziario.

E poiché la diversa soluzione prescelta per la realizzazione delle opere per cui è causa (consistente nel procedere, invece, mediante la tradizionale espropriazione) contraddice - per un verso - la direttiva di fondo tracciata dai predetti atti amministrativi, e comporta - per altro verso - oneri finanziari a carico dell'Amministrazione (che sarebbero altrimenti evitabili), è evidente che la delibera attraverso cui tale scelta è stata formalizzata andava corredata di ampia ed esaustiva motivazione sul punto.

1.3. Anche le doglianze di cui al settimo, ottavo e nono motivo di gravame - che, per connessione argomentativa, meritano trattazione congiunta - si appalesano fondate.

Con i predetti motivi di gravame i ricorrenti lamentano eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti determinazioni, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria e di motivazione, nonché violazione dell'art.31 della L. 17.8.1942 n.1150, degli artt. 1 e 4 della L. 28.1.1977 n.10, dell'art.220 del T.U. n.1265, e dell'art.7. co II, della L. Reg. Lazio 26.6.1980 n.88, deducendo:

che "l'area da espropriare (…) sulla quale, secondo il progetto, dovrebbe sorgere un complesso scolastico di ben 48 aule per bambini di prima età (…) è completamente attraversata in senso diagonale dal tracciato della linea B della metropolitana di Roma"; che "la scelta di localizzazione degli edifici scolastici (…) proprio sopra il tracciato della metropolitana (…) è del tutto illogica (…)"; e che pertanto "risulta evidente l'omessa o carente istruttoria (…)" al riguardo;

che, non a caso, non risultano acquisiti al procedimento i pareri della Commissione edilizia comunale e dell'Ufficiale sanitario;

né i necessari ed opportuni rilievi geognostici (per i quali non appare stanziata alcuna somma).

Poiché i pareri sopra descritti sono effettivamente prescritti dalla calendata normativa, è evidente che il provvedimento impugnato (e l'intero procedimento che ad esso accede) non resiste alle censure.

Le quali appaiono maggiormente consistenti, tanto da integrare anche il vizio di eccesso di potere per carenza istruttoria (da omessa valutazione), ove si consideri che l'ubicazione della scuola al di sopra del tracciato della metropolitana potrebbe determinare problemi di sicurezza che certamente andavano vagliati e ponderati.

1.4. Parimenti fondati sono, infine, il nono, l'undicesimo, il dodicesimo ed il sedicesimo motivo di gravame con i quali i ricorrenti lamentano violazione dell'art.7, co II, della L. reg. 26.6.1980 n.88 (nono motivo), violazione, per erronea applicazione, dell'art.3 della L. n.1 del 1978 e, per mancata applicazione, dell'art.72 della L. n.2359 del 1865 (undicesimo motivo); nonché violazione dell'art.1 della L. n.43 del 1978 e dell'art.6 della L. n.166 del 1975 (dodicesimo motivo), e violazione dell'art.11 della L. n.865 del 1971 (sedicesimo motivo), deducendo rispettivamente che:

"la delibera di approvazione del progetto non prevede la spesa necessaria alla realizzazione dell'intervento";

"alcuna determinazione di indennità di occupazione";

ma "prevede esplicitamente che l'assunzione della spesa è condizionata all'ottenimento di mutui futuri ancora da richiedere";

e che anche la dichiarazione di pubblica utilità non indica la misura della indennità provvisoria.

Secondo un principio generale della normativa contabile degli Enti Locali, le spese in conto capitale finanziate a mezzo mutuo possono considerarsi impegnate solamente per l'ammontare e fino alla concorrenza del mutuo già favorevolmente deliberato.

A ciò si aggiunga che l'esecuzione del provvedimento di occupazione d'urgenza disposto con la delibera n.3253/81 richiede l'immediata corresponsione dell'indennità di occupazione e la successiva tempestiva liquidazione di un acconto pari all'80% della indennità di esproprio e di occupazione, ragioni -queste- per le quali la spesa espropriativa deve trovare reale ed effettiva copertura finanziaria.

E poiché dalla documentazione versata in atti emerge "per tabulas" che l'Amministrazione ha attivato la procedura per la concreta realizzazione dell'opera (occupazione d'urgenza) senza avere la certa disponibilità dei mezzi finanziari necessari, è evidente che la delibera impugnata non resiste ai profili di doglianza dedotti con il motivo in esame.

Il mancato deposito (non ostante il chiaro disposto, al riguardo, della sentenza interlocutoria n.3240/98) del piano finanziario relativo alle opere contemplate dalla delibera n.3253/81 (impugnata), e degli atti relativi all'eventuale assunzione ed erogazione del mutuo per il finanziamento dell'opera pubblica, ha poi confermato definitivamente la sussistenza del lamentato vizio di difetto di previsione e di copertura finanziaria, per la valutazione da trarsi dal comportamento processuale del Comune ai sensi dell’art. 116, 2° comma, cod. proc. civ..

2. In considerazione delle superiori osservazioni, i ricorsi riuniti indicati in epigrafe vanno accolti, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Si ravvisano giuste ragioni per compensare le spese.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. I^, accoglie i ricorsi riuniti indicati in epigrafe; ed annulla -per l’effetto- i provvedimenti impugnati.

Compensa le spese fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 23.1.2002, con l’intervento dei Signori Magistrati:

Corrado Calabrò, Presidente;

Alberto Novarese, Consigliere;

Carlo Modica de Mohac, Consigliere – estensore.

Depositata in cancelleria il 21 giugno 2002.

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