TAR LAZIO-ROMA, SEZ. I TER - Sentenza 5 dicembre 2000 n. 11068 – Pres. Mastrocola, Rel. Tosti - D. L. (Avv.ti Giuseppe ed Orazio Abbamonte) c. Ministero dell’Interno (Avv. Stato Palmieri).
Pubblico impiego – Assunzione – Requisiti attitudinali – Verifica – Provvedimento sfavorevole al candidato - Onere di puntuale motivazione.
Giustizia amministrativa - Discrezionalità tecnica - Sindacabilità – Fattispecie in tema di requisiti attitudinali per l’accesso al pubblico impiego.
Qualora l’amministrazione, in sede di verifica dei requisiti psicoattitudinali di un concorrente (nella specie, a posti di agente di P.S.) esprima un giudizio sfavorevole, ha l’onere di fornire idonea motivazione.
Sono sindacabili il procedimento applicativo e la sufficienza delle operazioni poste a base di un giudizio psicoattitudinale sfavorevole (nel caso di specie, è stato annullato un giudizio negativo espresso con motivazione di stile ed in contrasto con l’esito di test per l’arruolamento di agenti di P.S.) (1).
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(1) La sentenza del TAR riapre la strada a numerosi concorrenti che si erano visti, in un concorso per l’accesso alla polizia di Stato, esclusi per carenza di requisiti attitudinali.
La motivazione della Commissione pareva inattaccabile perchè fondata su valutazioni di merito, ma risulta annullata dal ragionamento del Tar. Ritenendo carente la motivazione della Commissione, i giudici amministrativi ripercorrono una linea giurisprudenziale già adottata sindacando provvedimenti di revoca della patente di guida: l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato più volte ha sottolineato che il giudizio medico legale non è insindacabile (24 novembre 1989 n. 16; 6 giugno 1990 n. 5), in particolare quando si discute della rilevanza dell’abitualità del consumo di marijuana.
Un’evoluzione della giustizia amministrativa è avvenuta con riguardo alla riconducibilità a causa di sevizio di gravose situazioni di lavoro (Cons. Stato, Sez, IV, 9 aprile 1999 n. 601, relativa ad un infartuato; Id., 23 giugno 2000 n. 3544, relativa a t.b.c.). Un terzo e più lungo passo è stato compiuto dalla decisione della stessa IV Sezione, 26 giugno 2000 n. 3600, che turba i sonni delle amministrazione ce hanno liti in corso su destinazioni di PRG.
Osserva infatti la decisione 3605/2000 che gli apprezzamenti tecnici posti dal pianificatore a base di scelte regressive di utilizzo edilizio (da zona residenziale di completamento a verde privato) sono sindacabili sotto l’aspetto della discrezionalità tecnica: per di più tale sindacato può essere svolto con l’ausilio di un consulente tecnico che descriva i luoghi e dia una "indicazione prospettica delle modalità con cui le nuove scelte del Comune andranno ad incidere sull’utilizzo dei beni della parte".
Di rilievo è l’uso di una terminologia tridimensionale ("dimensione prospettica") nella descrizione rimessa al consulente: al tecnico si chiede una verifica dell’adeguata collocazione nello spazio e nel tempo, la comparazione con altre scelte possibili, la verifica del comportamento della p.a.
Questi quindi sono tutti elementi che dovevano e dovranno essere presenti nel provvedimento (ex lege 241/1990), prima che nel ragionamento del giudice (ex lege 205/2000) e non più solo nel cortile di Palazzo Spada (dove la prospettiva più frequentemente apprezzata era quella studiata dall’architetto Francesco Borromini e dal matematico Padre Giovanni Maria da Bitonto).
Oggi il piano del ragionamento "prospettico" è reso inclinato ed agevole dalla legge 205 (art. 1 comma 2 e soprattutto art. 7): grazie a tale meccanismo il TAR Lazio, con la sentenza 11068/2000 in commento, ammette un sindacato su materie oggetto di discrezionalità tecnica e quindi non solo verifica l’iter logico seguito nel valutare le qualità di un aspirante agente di p.s., ma verifica anche il procedimento applicativo, cioè l’esatto dosaggio delle operazioni che conducono al giudizio finale. Sicchè quando, come nel caso esaminato, l’attitudine all’impiego è rimessa a test e colloquio, si stabilisce che il colloquio non può - con motivazione stringata - ribaltare positive votazioni ottenute nei test.
Questo innovativo indirizzo è verosimilmente stimolato delle innovazioni introdotte dalla legge 205/2000, che con la consulenza tecnica di ufficio consente al giudice di conoscere il fatto in modo più approfondito ed adeguato all’introduzione generalizzata dell’esperibilità dell’azione risarcitoria (sul punto, A. Abbamonte, in Verso il nuovo processo amministrativo, Torino, 2000, pg, 225ss; F. Della Valle, in Caringella e altri, la nuova giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, Milano 2000, 555 ss.).
L’ampliarsi delle capacità di giudizio e (nella fase precedente ed indispensabile) di istruttoria con c.t.u. attua poi il principio della effettività della tutela giurisdizionale e della posizione di parità tra le parti, come vuole il giusto processo imposto dall’art. 111 della Costituzione. Se i nuovi mezzi istruttori, già solo con la loro astratta previsione, migliorano la profondità del sindacato del giudice, non c’è nemmeno il pericolo che il giudizio di legittimità si trasformi, per effetto della sola ammissione della c.t.u., in un giudizio di merito. Infatti la c.t.u. continua ad attenere all’accertamento dei presupposti di fatto del provvedimento impugnato, cioè alla valutazione secondo le regole della tecnica e della scienza, come sottolinea l’ordinanza Sez. IV, 2292/2000 (che rinvia alla Corte costituzionale la vecchia istruttoria nel processo amministrativo, con una pregevole ricostruzione di precedenti meccanismi).
Si avvicina quindi nuovo tipo di procedimento amministrativo, che deve essere "di qualità", come sottolinea un importante passaggio della sentenza TAR Lazio sulla chiusura a strappo delle lattine di Coca cola (Sez. I bis, 21 novembre 2000 n. 9886). Occorre perciò - sottolinea la sentenza in rassegna - abbandonare motivazioni stereotipe nel giudicare le attitudini di concorrenti, non diversamente da come (Cons. Stato, IV, 22 maggio 2000 n. 2915) occorre abbandonare giudizi sintetici di pochi minuti su complessi elaborati di esame.
(Guglielmo Saporito)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione prima ter) ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 2090/99 proposto da R. Di L., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giuseppe ed Orazio Abbamonte ed elettivamente domiciliato presso lo studio degli stessi, in Roma, via G.Porro, n. 8
c o n t r o
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato
per l'annullamento
del giudizio negativo pronunciato dalla Commissione nominata per l’accertamento dei requisiti attitudinali degli aspiranti all’arruolamento di 780 allievi agenti di polizia di Stato;
del decreto del Ministero dell’Interno in data 8/3/1999 n. 333-B/12M.3A(96)H che ha disposto l’esclusione del ricorrente dall’arruolamento;
Visto il ricorso con i relativi allegati ed in particolare i motivi aggiunti notificati in data 14 ottobre 1999;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 15 giugno 2000 l'Avv. Antonio Messina su delega dell’avv. Abbamonte per il ricorrente e l'Avv. dello Stato Palmieri per l'Amministrazione resistente;
Udito, inoltre, il relatore, Consigliere Lucia Tosti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
Il ricorrente ha partecipato al concorso per l’arruolamento di 780 posti di Allievo Agente di Polizia di Stato, indetto con D.M. 9/11/1996.
Avendo superato le prove scritte è stato sottoposto agli accertamento psico-fisici ed attitudinali e, in occasione della verifica del possesso dei requisiti attitudinali, è stato giudicato "non idoneo", avendo tale accertamento evidenziato "carenze nel livello evolutivo, nel controllo emotivo, nelle capacità intellettive, nell’adattabilità".
Ritenendo tale giudizio contraddittorio ed illogico, sia rispetto all’esito delle precedenti prove, sia rispetto ai suoi precedenti di impegno lavorativo (a parte i vari titoli di studio, lo stesso è stato iscritto nei quadri del personale volontario del Comando Provinciale dei vigili del Fuoco di Napoli, con D.M.5/7/1996 all’esito di prove attitudinali dello stesso genere di quelle contestate) lo ha impugnato deducendo i motivi - ed i motivi aggiunti - di:
Eccesso di potere per contraddittorietà. Violazione art. 4 DPR 904/83. Eccesso di potere per contrasto con i precedenti. Eccesso di potere per violazione delle regole che ispirano gli accertamenti tecnico discrezionali.
Illegittimità derivata, ulteriore violazione e falsa applicazione stesse norme . Violazione del giusto procedimento di legge, illogicità dell’azione amministrativa.
Sulla base degli atti esibiti dall’amministrazione sarebbe stata evidenziata la presenza di sommari e frettolosi giudizi sull’attitudine, espressi nei confronti del ricorrente nel corso di un colloquio durato solo cinque minuti e con la
presenza di un solo funzionario.
L’istanza cautelare del ricorrente è stata accolta con ordinanza n. 3134/1999 del 4 novembre 1999.
L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha depositato i fascicoli di parte contenenti una relazione della Direzione Centrale del Personale.
In prossimità dell’udienza del 15.6.2000 il ricorrente ha depositato memoria conclusiva.
D I R I T T O
Oggetto della controversia è il giudizio di non idoneità attitudinale formulato dei confronti del ricorrente da parte della Commissione, poi trasfuso nel decreto di esclusione del pari impugnato.
Il ricorso deve essere accolto.
Sulle modalità ed i contenuti degli accertamenti controversi - che formano oggetto di puntuali censure da parte del ricorrente (violazione del d.P.R. 904/1983, perché l’accertamento non è stato effettuato dall’organo collegiale, tra l’altro in un tempo esiguo, ma da un solo componente della Commissione, difetto di motivazione, in quanto il giudizio si fonda su affermazioni apodittiche e contraddittorietà con le prove superate (ad es: qualità psicosensoriali,17,500, analogie verbali 12, BCR-S 12,800) e con le positive valutazioni provenienti da strutture pubbliche - corpo dei vigili del fuoco) - questa Sezione si è già pronunciata all’udienza del 9 dicembre 1999 esaminando un gruppo di ricorsi proposti, avverso analoghi provvedimenti, da altri aspiranti all’arruolamento quali agenti allievi di Polizia che avevano partecipato allo stesso reclutamento.
Detti ricorsi sono stati accolti (v. sent. n. 1005/ 2000 e succ.) sulla base delle seguenti argomentazioni:
"Tutti questi giudizi, sinteticamente formulati, in genere, nella seguente frase "carenze nel livello evolutivo, nel controllo emotivo, nelle capacità intellettive e nell'adattabilità", si sostanziano in realtà in un insieme di considerazioni di contenuto assai simile, che non fanno altro che riecheggiare la formula all'uopo normativamente usata (art. 4 del D.P.R.23.12.1983 n.904), concretandosi in effetti in una sorta di motivazione di stile.
Ciò posto, pur volendo prescindere dall'innegabile tautologia che si riscontra in siffatti giudizi, risulta evidente che dette valutazioni si pongono in insanabile contrasto con tutti i precedenti accertamenti sia per quanto riguarda la prova culturale che per quanto riguarda l'esame psico-fisico effettuato con la presenza di medico specialista del settore e, talvolta, anche con gli stessi test che precedono il colloquio finale da cui scaturisce il giudizio in questione.
Ora, tenuto conto che il colloquio, sulla base delle risultanze documentali, è stato espletato, nell'arco di pochi minuti, non collegialmente, ed ha comportato un così grave effetto nella parte ricorrente (esclusione del concorso), risolvendosi per di più in apprezzamenti pesantissimi delle sue qualità personali, appare evidente che il giudizio espresso risulta non sorretto da una idonea motivazione, in stridente contrasto con i principi del buon andamento della P.A.."
Poiché il Collegio non ha motivo di discostarsi dalle precedenti deduzioni, il cui processo logico ha trovato conferma in recenti decisioni del giudice d’appello ( Cons. Stato IV 9/4/1999 n. 601), il ricorso in epigrafe va accolto, posto che l’accertamento dei requisiti attitudinali, pur essendo tipica manifestazione di discrezionalità tecnica ed essendo vincolato al rispetto dei criteri propri della scienza diretta all’analisi della personalità, deve comunque essere personalizzato e deve risultare, se posto in relazione con il complesso degli altri elementi del procedimento, esente da illogicità intrinseche .
Né a diverse conclusioni conduce la difesa sul punto dell’amministrazione che tende a dimostrare la correttezza formale del procedimento in relazione ai criteri fissati dalla legge e dalla Commissione.
Aderendo al recente orientamento in tema di discrezionalità tecnica espresso dal giudice d’appello (cfr. C. St. IV 9/4/99 cit, id. 22/6/2000 n.3544 e 26/6/2000n. 3600, quest’ultima relativa alla materia urbanistica, ma comunque confermativa del principio), è evidente infatti che nella specie la norma tecnica ha comportato la valutazione di fatti suscettibili di vario apprezzamento, contenendo concetti indeterminati e richiedendo apprezzamenti opinabili.
In tale ipotesi il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici può svolgersi non solo attraverso il controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito, ma anche attraverso la verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a "procedimento applicativo".
Ne consegue che il giudizio, in quanto fondato su operazioni insufficienti comporta un vizio di illegittimità dell’atto di esclusione.
Nella specie, senza voler o poter sindacare i contenuti sostanziali dei test, è sufficiente osservare che la norma giuridica dalla quale scaturisce la rilevanza diretta della norma tecnica, art. 31 DPR 903/83, riconoscendo al colloquio finale una mera funzione integrativa, preclude che le risultanze dello stesso possano arrivare ad incidere, come è oggettivamente accaduto, sugli esiti della procedura fino al punto da ribaltare la positiva votazione che il candidato ha ottenuto nei test, anche in considerazione delle modalità del suo svolgimento.
Il ricorso deve essere dunque accolto.
Le spese di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione prima ter, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 15 giugno 2000, con l'intervento dei Signori:
Cesare MASTROCOLA Presidente
Nicolina PULLANO Consigliere.
Lucia TOSTI Consigliere est.
Depositata il 5 dicembre 2000.