TAR LAZIO, SEZ. II – Sentenza 20 dicembre 2000 n. 12355 - Pres. Elefante, Est. Landi - De Paolis (Avv. Frascaroli) c. Comune di Ardea (Avv. Porcelli).
Atto amministrativo – Avviso di inizio del procedimento – Nel caso di adozione di un atto di autotutela – Necessità – Mancanza – Illegittimità – Fattispecie.
Giustizia amministrativa – Giurisdizione esclusiva – Risarcimento del danno – Domanda – Nel caso in cui non sia stata fornita prova del danno subito da parte del ricorrente – Inammissibilità – Ragioni.
Ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/90, l’Amministrazione, ogniqualvolta emani un atto d’autotutela, è tenuta a darne preventivo avviso al soggetto destinatario, salvo che sussistano particolari esigenze di celerità, richiamate nel provvedimento, ovvero che l’interessato sia stato posto comunque in condizioni di partecipare al procedimento (1); la violazione di tale obbligo determina la illegittimità del provvedimento conclusivo (alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto illegittimo un provvedimento con il quale, senza alcun avviso di inizio del procedimento, il Consiglio comunale aveva revocato una precedente delibera con la quale la stessa Amministrazione comunale aveva approvato un progetto in deroga per ampliamento locali di servizio per la Caserma dei Carabinieri, locali di comproprietà del ricorrente).
Va dichiarata inammissibile una richiesta di risarcimento del danno proposta ai sensi dell’art. 35 del D.L.vo n. 80/1998, nel caso in cui non sia stata fornita alcuna prova del danno che si assume subito da parte del ricorrente, pur essendo la prova della sussistenza del danno nella sua disponibilità. Né il giudice è tenuto ad integrare le carenze probatorie delle parti nei casi in cui la prova della fondatezza della pretesa sia nella loro esclusiva disponibilità (2).
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(1) Cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 23 aprile 1998, n. 474.
(2) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 23 marzo 1995, n. 466.
per l’annullamento
della delibera del Consiglio Comunale n. 36 del 31 maggio 1999 e, ove possa occorrere, della allegata proposta di delibera n. 14 del 26 maggio 1999, di revoca della precedente delibera n. 57 del 30 marzo 1990, con la quale la stessa Amministrazione Comunale aveva approvato il progetto in deroga per ampliamento locali di servizio per la Caserma dei Carabinieri, locali di comproprietà del ricorrente, nonché di ogni altro atto ad essi presupposto, connesso e/o conseguente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Vista la memoria prodotta dalla parte resistente a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore alla pubblica udienza del 12 luglio 2000 il Consigliere dott. D. Landi e uditi, altresì, l’Avv. Frascaroli per il ricorrente e l’Avv. Porcelli per l’amministrazione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
Con atto notificato il 10 settembre 1999, depositato nei termini, il Sig. Marcello De Paolis ha chiesto l’annullamento della delibera del Consiglio Comunale n. 36 del 31 maggio 1999 ed, ove possa occorrere, della allegata proposta di delibera n. 14 del 26 maggio 1999, atti di cui si è venuti a conoscenza con la comunicazione prot. 16185 del 2 giugno 1999, notificata il 3 giugno 1999, che si impugna ugualmente, di revoca della precedente delibera n. 57 del 30 marzo 1990, con la quale la stessa Amministrazione Comunale aveva approvato il progetto in deroga per ampliamento locali di servizio per la Caserma dei Carabinieri, locali di comproprietà del ricorrente, nonché di ogni altro atto ad essi presupposto, connesso e/o conseguente.
Il ricorrente fa presente che il Comune di Ardea, con delibera n. 57 del 30 marzo 1990, autorizzava il Sindaco al rilascio della concessione in deroga per la costruzione dell’edificio per alloggi di servizio e ampliamento parcheggio della già esistente Caserma dei Carabinieri di Ardea. Successivamente il ricorrente inoltrava, in data 10 ottobre 1997, istanza volta ad ottenere la concessione edilizia in deroga per poter effettuare, ai sensi della delibera sopracitata, gli interventi suddetti. Ma l’Amministrazione Comunale ha adottato i provvedimenti impugnati rilevando, sostanzialmente, che la attuale ubicazione della Caserma così come originariamente individuata, non risponderebbe alle reali esigenze dell’Arma, ma anzi comporterebbe pericolo per coloro che frequentano gli uffici stessi ed inoltre l’area su cui insiste il manufatto in questione sarebbe sottoposta a vincolo idrogeologico.
A sostegno del gravame il ricorrente deduce le seguenti censure:
a)Violazione di legge (artt. 3 legge 241/90); eccesso e sviamento di potere per erroneità nei presupposti; ingiustizia manifesta e difetto di motivazione.
Non è dato comprendere, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 della legge n. 241/90, dalla motivazione fornita dall’Amministrazione nei provvedimenti impugnati, se la stessa abbia adeguatamente ponderato gli interessi pubblici con quelli dei privati prima di adottare i provvedimenti stessi. L’Amministrazione infatti non ha motivato in merito alle ragioni che le avrebbero consentito di revocare dopo diversi anni la delibera n. 57/90, anche e soprattutto con riferimento agli interessi dei privati conseguenti e radicali a seguito della stessa delibera.
2) Violazione e falsa applicazione artt. 7 e 8 legge 241/90. Ulteriore eccesso e sviamento di potere per erroneità nei presupposti, contraddittorietà manifesta, travisamento dei fatti e difetto di motivazione.
Si sostiene che è stata omessa da parte dell’Amministrazione qualsiasi comunicazione al ricorrente interessato dall’avvio del procedimento amministrativo che ha portato all’adozione dei provvedimenti impugnati, impedendo in tal modo al medesimo di far valere le proprie ragioni in sede amministrativa.
3) Ulteriore eccesso e sviamento di potere per erroneità nei presupposti, ingiustizia manifesta, travisamento dei fatti e difetto di motivazione.
Si contestano le ragioni adottate dall’Amministrazione comunale per giustificare la revoca della precedente deliberazione n. 57 del 30 marzo 1990.
4) Violazione art. 41 quater legge 1150/1942 così come introdotto dall’art. 16 della legge 765/1967. Eccesso di potere per erroneità e contraddittorietà manifesta, travisamento dei fatti e difetto di motivazione.
Si sostiene che gli interventi in questione sono di pubblica utilità e/o pubblico interesse e quindi del tutto legittima è la domanda del ricorrente ad ottenere la concessione in deroga ai sensi dell’art. 41 quater legge urbanistica per realizzare gli stessi.
Il ricorrente conclude chiedendo, ai sensi e per gli effetti del D.L.vo n. 80/98, il risarcimento dei danni subiti e conseguenti il comportamento posto in essere dall’Amministrazione.
Si è costituito in giudizio il Comune di Ardea, la cui difesa contesta le ragioni dell’impugnativa ed insiste per il rigetto del ricorso in quanto infondato.
Alla pubblica udienza del 12 luglio 2000 la causa è passata in decisione.
D I R I T T O
Oggetto della presente impugnativa è la deliberazione del Consiglio Comunale di Ardea n. 36 del 31 maggio 1999, con la quale si provvedeva alla revoca della precedente deliberazione consiliare n. 57 del 20 marzo 1990 relativa alla approvazione del progetto in deroga per ampliamento locali di servizio per la Caserma dei Carabinieri del Comune di Ardea.
Come meglio esplicitato in fatto, la suddetta caserma insiste su terreni di proprietà del ricorrente, il quale, in data 15 dicembre 1987, presentava apposita istanza per la realizzazione di un nuovo corpo da adibirsi a servizio della caserma e per ampliare il parcheggio già esistente.
Con deliberazione consiliare n. 57 del 20 marzo 1990 il Sindaco di Ardea veniva autorizzato al rilascio della concessione in deroga per la realizzazione dei suddetti interventi edilizi; successivamente il ricorrente, in data 10 ottobre 1997, presentava una istanza rivolta ad ottenere la concessione edilizia in deroga, ma l’Amministrazione Comunale, con il provvedimento impugnato, revocava la precedente deliberazione n. 57/090, rilevando che la attuale ubicazione della caserma non risponderebbe alle reali esigenze dell’Arma, ed inoltre che l’area su cui insiste il manufatto sarebbe sottoposta a vincolo archeologico.
Per ragioni di priorità logica va esaminata, dapprima, la seconda censura dedotta, con la quale si lamenta la violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90, in quanto è stata omessa da parte dell’Amministrazione qualsiasi comunicazione al ricorrente dell’avvio del procedimento amministrativo che ha portato all’adozione dei provvedimenti impugnati.
La doglianza si appalesa fondata.
L’art. 7 della legge n. 241/90 stabilisce, come è noto, che, ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, dell’avvio di questo è data comunicazione ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti. Tale disposizione trova applicazione, secondo il ricorrente, anche nell’esercizio del potere di autotutela nei confronti del destinatario di un provvedimento sfavorevole, onde consentire allo stesso di prospettare gli elementi utili alla salvaguardia del proprio interesse. Invero, secondo la giurisprudenza ormai consolidata da cui il Collegio non trova ragioni per discostarsi, "l’Amministrazione, ogniqualvolta emani un atto d’autotutela, è tenuta a darne preventivo avviso al soggetto destinatario, salvo che sussistano particolari esigenze di celerità, richiamate nel provvedimento, ovvero che l’interessato sia stato posto comunque in condizioni di partecipare al procedimento" (cfr. tra le tante Cons.Stato – Sez. V – n. 474 del 23 aprile 1998): e la violazione di tale obbligo determina la illegittimità del provvedimento conclusivo.
Nel caso di specie l’Amministrazione Comunale non ha proceduto a comunicare al ricorrente l’avvio del procedimento, impedendo così all’interessato di rappresentare le proprie ragioni e comunque di partecipare al procedimento stesso. Infatti il ricorrente aveva una legittima aspettativa ad ottenere il rilascio della concessione edilizia in deroga per l’ampliamento della caserma dei Carabinieri sulla base della più volte richiamata deliberazione consiliare n. 57 del 1990, per cui l’Amministrazione, una volta determinatasi ad adottare una revoca della suddetta deliberazione, aveva l’obbligo di comunicare al ricorrente l’avvio del procedimento per consentire allo stesso di presentare le proprie osservazioni a tutela del suo qualificato interesse.
La fondatezza della censura testè esaminata comporta l’accoglimento del ricorso con il conseguente annullamento degli impugnati provvedimenti, assorbite le ulteriori censure.
La richiesta di risarcimento del danno, proposta dal ricorrente ai sensi dell’art. 35 del D.L.vo n. 80/1998, va invece dichiarata inammissibile, in difetto di ogni prova del danno che si assume subito da parte del ricorrente, pur essendo la prova della sussistenza del danno nella sua disponibilità (sull’onere del principio di prova cfr. Cons. Stato Sez. IV – n. 931 del 28 agosto 1997; Cons. Stato – Sez. V – n. 80 del 23 gennaio 1998). Né il giudice è tenuto ad integrare le carenze probatorie delle parti nei casi in cui la prova della fondatezza della pretesa sia nella loro esclusiva disponibilità (cfr. Cons.Stato – Sez. IV – n. 466 del 23 marzo 1995).
Quanto alle spese di giudizio, si rinvengono giusti motivi per disporne la integrale compensazione tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Seconda, accoglie il ricorso meglio specificato in epigrafe e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati, mentre dichiara inammissibile la richiesta di risarcimento dei danni.
Dichiara compensate tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 12 luglio 2000 con l’intervento dei Sig.ri Magistrati:
Agostino ELEFANTE Presidente
Domenico LANDI Consigliere estensore
Francesco GIORDANO Consigliere
Depositata il 20 dicembre 2000.