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n. 4-2002 - © copyright.

TAR LAZIO, SEZ. II – Ordinanza 15 gennaio 2002 n. 126 (in G.U. n. 13 del 27 marzo 2002) - Pres. Marzano, Est. Calveri - Francione (Avv. G. Abbamonte) c. Mistero delle Finanze ed altro (Avv.ra distr. Stato).

Pubblico impiego - Guardia di finanza - Reclutamento - Requisito del celibato, nubilato o vedovanza - Previsto dall’art. 7, punto 3, L. n. 64/1942 e dall’art. 2, comma 2°, D.L.vo n. 24/2000 - Irragionevole limitazione di diritti fondamentali della persona - Questione di legittimità costituzionale - Va sollevata - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 332/2000.

L. 29 gennaio 1942, n. 64, art. 7, punto 3

D.lgs. 31 gennaio 2000, n. 24, art. 2

Costituzione, artt. 2, 3, 4, 29, 30, 31, 35, 51 e 97

Va sollevata questione di legittimità costituzionale - per contrasto con i principi costituzionali desumibili dagli artt. 2,3, 4, 29, 30, 31, 35, 51 e 97 Costituzione - dell'art. 7, punto 3, della legge 29 gennaio 1942, n. 64 e dell'art. 2, secondo comma, del decreto legislativo 31 gennaio 2000, n. 24, nella parte in cui includono, tra i requisiti necessari rispettivamente per essere reclutati nel Corpo della Guardia di finanza e per la partecipazione ai concorsi per l'ammissione ai corsi regolari delle accademie e di quelli degli istituti e delle scuole di formazione, lo stato di celibato o di nubilato o di vedovanza (1).

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(1) Nella motivazione dell’ordinanza si richiama in particolare la sentenza della Corte Costituzionale 14 luglio 2000 n. 332 (in questa Rivista, pag. http://www.giustamm.it/corte/ccost_2000-332.htm), che aveva dichiarato in precedenza costituzionalmente illegittime le norme per il reclutamento della Guardia di Finanza nella parte in cui prevedevano, tra i requisiti per la partecipazione alle procedure concorsuali, l'essere senza prole.

Ha rilevato il T.A.R. Lazio con l’ordinanza in rassegna che l'art. 7, punto 3 della legge 29 gennaio 1942, n. 64 e l'art. 2, secondo comma, del d.lgs. 31 gennaio 2000, n. 24, nel prevedere tra i requisiti necessari per essere reclutati nel Corpo della Guardia di finanza lo stato di "celibe (o nubile) e vedovo", impone una decisiva limitazione del diritto di contrarre matrimonio che appare priva di ragionevole giustificazione e comporta certamente una grave interferenza nella sfera privata e familiare del soggetto che aspiri al reclutamento nella struttura militare.

Una tale limitazione - che si risolve nel divieto di pervenire al vincolo coniugale, sia pure ai limitati fini dell'arruolamento militare - urta con i fondamentali diritti della persona, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2 della Cost.), che sono insuscettibili di essere degradati da esigenze sia pur socialmente rilevanti quali quelle connaturate alla delicata fase del reclutamento e dell'addestramento militare.

In quest'ultima infatti, come nella precedente situazione oggetto di scrutinio di costituzionalità, è posta pur sempre una grave limitazione di status del cittadino, che lungi dall'apparire come ragionevole requisito attitudinario ai fini dell'arruolamento nell'istituzione militare, sì traduce in un'indebita limitazione dei fondamentali diritti della persona e della sua libertà di autodeterminarsi nella vita privata.

 

 

Per l'annullamento, previa sospensione:

a) del provvedimento del Comando provinciale della Guardia di finanza di Napoli prot. n. 56050/1311 del 17 ottobre 2000 con cui è stata comunicata l'archiviazione della domanda del ricorrente, intesa a partecipare al concorso per l'arruolamento di duecento allievi nel Corpo della Guardia di finanza per l'anno 2001;

b) del bando di dello concorso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 68 del 1 settembre 2000 per quanto richiede lo stato di nubile o vedova per partecipare a detto concorso (determinazione n. 249797 del 16 agosto 2000);

c) di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale comunque lesivo dell'interesse della ricorrente.

(omissis)

FATTO

La sig.ra Simona Francione in data 30 settembre 2000, ha chiesto di partecipare al concorso per l'arruolamento di duecento allievi finanzieri.

La sua domanda è stata, però, archiviata per mancanza del requisito del nubilato o della vedovanza, previsto dall'art. 2, punto 10, del bando di concorso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 1 settembre 2000. Avverso il provvedimento di archiviazione l'interessata ha proposto ricorso, notificato tra il 10 e il 13 novembre 2000, deducendone l'illegittimità per violazione di una serie di norme di rango costituzionale (artt. 2, 3, 4, 29, 30, 31, 35, 51 e 97 Cost.).

Ha dedotto, altresì, eccesso di potere per perplessità del provvedimento adottato (archiviazione della domanda) in quanto l'asserito difetto di un requisito per la partecipazione alla procedura concorsuale avrebbe più correttamente postulato l'esclusione da quest'ultima.

Infine, il provvedimento, in quanto adottato dal comandante provinciale della guardia di finanza di Napoli, sarebbe stato assunto da organo incompetente. Trattandosi, infatti, di concorso a carattere nazionale, la relativa potestà dispositiva doveva intendersi riservata ad organi di corrispondente dimensione esercitanti, appunto, competenze di carattere generali, quali il comandante generale della guardia di finanza o il ministro delle finanze.

Le amministrazioni intimate non si sono costituite in giudizio.

Alla pubblica udienza del 12 dicembre 2001, sulle conclusioni della parte deducente, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. - È impugnato il provvedimento del comando provinciale della guardia di finanza di Napoli prot. n. 56050/1311 del 17 novembre 2000, con il quale è stata "archiviata" la domanda, in data 30 settembre 2000, presentata dalla signora Simona Francione per la partecipazione al concorso per l'arruolamento di duecento allievi finanzieri nel Corpo della guardia di finanza per l'anno 2001.

Il provvedimento che ha disposto l'archiviazione (rectius: la reiezione) della domanda di anmissione alla procedura concorsuale reca la seguente, testuale motivazione: "per mancanza del requisito dello stato civile di cui all'art. 2 punto 10 determinazione nr. 249797 del 16 agosto 2000 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - 4a serie speciale - n. 68 del 1 settembre 2000".

2. - Gravando il provvedimento di esclusione dalla procedura concorsuale e la disposizione del relativo bando di arruolamento la ricorrente deduce la non conformità a Costituzione del fondamento normativo sul quale essi poggiano, e cioè: dell'art. 7, punto 3 della legge 29 gennaio 1942, n. 64 ("Modificazioni alle leggi di ordinamento della regia guardia di finanza") che, tra i requisiti necessari per il reclutamento nel corpo della guardia di finanza, include lo stato di "celibe o di vedovo senza prole"; dell'art. 2, secondo comma, del decreto legislativo 31 gennaio 2000, n. 24 (Disposizioni in materia di reclutamento su base volontaria, stato giuridico e avanzamento del personale militare femminile nelle Forze armate e nel corpo della guardia di finanza, a norma dell'art. 1, secondo comma, della legge 20 ottobre 1999, n. 380) nella parte in cui include, tra i requisiti necessari per la partecipazione ai concorsi per l'ammissione ai corsi regolari delle accademie e di quelli degli istituti e delle scuole di formazione lo stato di "celibi o nubili, vedovi o vedove e senza prole".

Rammenta la ricorrente che dette disposizioni legislative sono già state sottoposte al vaglio della Corte costituzionale e dichiarate costituzionalmente illegittime in ordine alla previsione, tra i requisiti per la partecipazione alle procedure concorsuali de quibus, dell'essere senza prole (sentenza n. 332 del 12-14 luglio 2000). Soggiunge come in quel giudizio la Corte abbia fatto esplicito riferimento anche alle restanti parti delle disposizioni qui denunciate (includenti l'ulteriore requisito per il reclutamento nel corpo della guardia di finanza del requisito del celibato e del nubilato o dello status vedovile) per farne trasparire l'illegittimità costituzionale (ovviamente non dichiarata, nè dichiarabile, perché non prospettata dal giudice a quo).

Tanto premesso, la ricorrente sostiene che le norme legislative che fungono da fondamento positivo agli atti impugnati, e che frappongono una cosi grave limitazione allo stato di coniugato ai fini del reclutamento nel Corpo della Guardia di finanza e dell'ammissione ai relativi reparti di istruzione, confliggano:

a) con gli artt. 3 e 51 della Costituzione, che sanciscono l'uguaglianza di tutti i cittadini, anche di fatto, per l'accesso agli uffici pubblici e alle relative procedure di ammissione;

b) con gli artt. 2, 3,4, 29, 30, 31 e 35 della Costituzione, venendo compromessa la situazione di eguale accesso al lavoro (artt. 3 e 4) e il diritto inviolabile di ciascuno di formare la propria famiglia (artt. 2, 29 e 31) nella completezza della sua composizione (art. 30), senza dover subire trattamenti deteriori rispetto ai non coniugati e ai vedovi;

c) con l'art. 97 della Costituzione, perché, avendo la Corte (precitata sentenza n. 332/2000) dichiarato l'illegittimità di tutte le norme che condizionavano l'accesso ai concorsi in questione "all'essere senza prole", deriverebbe - agli effetti dell'interesse pubblico, riguardato sotto il profilo dell'impegno nell'adempimento dei doveri di ufficio - che l'assunzione di un vedovo con prole configura ipotesi funzionalmente meno produttiva rispetto all'assunzione di una madre, potendo questi essere coadiuvata dal marito nell'adempimento dei doveri familiari.

3. - Ad avviso della Sezione le questioni di legittimità costituzionale, come prospettate, appaiono rilevanti e assistite da sicuri elementi di fondatezza.

Esse vanno esaminate con priorità rispetto ai motivi ulteriormente dedotti (i quali involgono la perplessità del provvedimento di "archiviazione" adottato e l'incompetenza dell'autorità procedente) dal momento che sono le norme sospettate di incostituzionalità a costituire il presupposto logico e giuridico dei provvedimenti impugnati.

3.1. - In punto di rilevanza, è agevole osservare come il bando di concorso e il provvedimento di esclusione da quest'ultimo trovano il loro esclusivo fondamento positivo nelle norme legislative sospettate di incostituzionalità. Con la conseguenza che un apprezzamento favorevole del vaglio di costituzionalità si ripercuoterebbe, in via caducante, sugli atti impugnati.

3.1. - Quanto alla non manifesta infondatezza delle proposte questioni di legittimità costituzionale, si rileva quanto segue.

La disposizione in primis denunciata, e cioè l'art. 7, punto 3 della legge 29 gennaio 1942, n. 64 (l'ulteriore norma che viene in considerazione - l'art. 2, secondo comma, del d.lgs. 31 gennaio 2000, n. 24 - appartiene al novero di una serie di disposizioni legislative di contenuto analogo a quella impugnata, tralatiziamente iterative del requisito qui in contestazione), che tra i requisiti necessari per essere reclutati nel Corpo della Guardia di finanza include lo stato di "celibe (o nubile) e vedovo", cosi imponendo una decisiva limitazione del diritto di contrarre matrimonio, appare priva di ragionevole giustificazione e pone certamente una grave interferenza nella sfera privata e familiare del soggetto che aspiri al reclutamento nella struttura militare.

Una tale limitazione - che si risolve nel divieto di pervenire al vincolo coniugale, sia pure ai limitati fini dell'arruolamento militare - urta con i fondamentali diritti della persona, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2 della Cost.), che sono insuscettibili di essere degradati da esigenze sia pur socialmente rilevanti quali quelle connaturate alla delicata fase del reclutamento e dell'addestramento militare.

È stata la stessa Corte costituzionale, peraltro, ad aver puntualizzato, nella precitata decisione n. 332/2000, come la compressione della sfera privata e familiare della persona non può, "sul piano dei principi costituzionali, ritenersi giustificata dall'intensità e dall'esigenza di tendenziale esclusività del rapporto di dedizione che deve legare il militare in fase di istruzione al corpo di appartenenza".

Nella decisione si rammentano alcuni punti fermi della giurisprudenza costituzionale, e in particolare: che "la Costituzione repubblicana supera radicalmente la logica istituzionalistica dell'ordinamento militare e riconduce anche quest'ultimo nell'ambito del generale ordinamento statale, particolarmente rispettoso e garante dei diritti sostanziali e processuali di tutti i cittadini" (sentenza n. 278 del 1987); che la garanzia dei diritti fondamentali di cui sono titolari i singoli cittadini militari non recede di fronte alle esigenze della struttura militare (sentenza n. 449 del 1999).

Del resto - e come condivisibilinente riferito in ricorso, con attenzione alla questione all'esame - nell'attuale comunità fortemente articolata il livello di evoluzione sociale è pervenuto a un grado di maturazione tale da superare logiche e impostazioni tradizionali che pongano una qualche limitazione alla concreta possibilità per le donne coniugate, madri e non, di esercitare attività pubbliche.

Nè potrebbe ritenersi - come pure in ipotesi ipotizzabile - che l'incompatibilità dello stato di coniugato/a risponderebbe ad un'esigenza di razionalità del sistema normativo inteso a garantire l'inserimento del neo-arruolato in una realtà così peculiare come quella militare. Intanto, sarebbe da dimostrare - proprio sotto il profilo della logica comune, prima di quella giuridica - come l'assenza di legami familiari possa costituire un requisito tipico della formazione e dell'addestramento iniziale del personale militare, dovendo la pur affermata e necessaria continuità nella frequenza dei corsi di addestramento trovare assicurazione e garanzia in regole e rimedi diversi dalla limitazione di contrarre matrimonio.

È in tale quadro di considerazioni ulteriori che le norme legislative denunciate si espongono a tutte le censure di legittimità costituzionale denunciate in ricorso e che il Collegio fa interamente proprie. Peraltro, come evidenziato nel ricorso medesimo, la Corte costituzionale - nella già menzionata sentenza n. 332/2000, che ha espunto dalle norme legislative all'esame, ai fini del reclutamento nel Corpo della Guardia di finanza, il requisito dell' "essere senza prole" - ha fatto esplicito riferimento anche alla questione di legittimità afferente l'ulteriore "requisito del celibato o dello stato di vedovo".

Nell'occasione la Corte ha fatto presente di non poter estendere la declaratorio di incostituzionalità "all'intera disposizione denunciata", nella considerazione che "il collegio remittente non aveva prospettato dubbi costituzionalità in merito". Tanto autorizza a ritenere che le argomentazioni di fondo precedentemente svolte dal giudice delle leggi siano riferibili in toto alle medesime disposizioni legislative nella specifica parte qui denunciata.

In quest'ultima infatti, come nella precedente situazione oggetto di scrutinio di costituzionalita, è posta pur sempre una grave limitazione di status del cittadino, che lungi dall'apparire come ragionevole requisito attitudinario ai fini dell'arruolamento nell'istituzione militare, sì traduce in un'indebita limitazione dei fondamentali diritti della persona e della sua libertà di autodeterminarsi nella vita privata.

4. - Alla stregua di tutte le considerazioni che precedono si solleva la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, punto 3, della legge 29 gennaio 1942, n. 64 e dell'art. 2, secondo comma, del decreto legislativo 31 gennaio 2000, n. 24, nella parte in cui includono, tra i requisiti necessi rispettivamente per essere reclutati nel Corpo della Guardia di finanza e per la partecipazione ai concorsi per l'ammissione ai corsi regolari delle accademie e di quelli degli istituti e delle scuole di formazione, lo stato di celibato o di nubilato o di vedovanza, per contrasto con i principi costituzionali desumibili dagli artt. 2,3, 4, 29, 30, 31, 35, 51 e 97 Costituzione.

Si dispone, pertanto, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con conseguente sospensione del presente giudizio ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia sulla legittimità costituzionale della predette norme.

P.Q.M.

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, punto 3, della legge 29 gennaio 1942, n. 64 e dell'art. 2, secondo comma, del decreto legislativo 31 gennaio 2000, n. 24, nelle parti enunciate in motivazione, per contrasto con i principi costituzionali desumibli dagli artt. 2,3, 4, 29, 30, 31, 35,51 e 97 Costituzione.

Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente giudizio; Ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 dicembre 2001.

Il Presidente: Marzano

Il consigliere relativo estensore: Calveri

Depositata il 15 gennaio 2002.

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