T.A.R. LAZIO - SEZIONE II BIS - Sentenza 21 giugno 1999 n. 1521
- Pres. Bianchi, Est. Conti - Confedilizia c. Ministero dei Lavori pubblici e altriGiustizia amministrativa – Legittimazione attiva – Della Confedilizia – In ordine a controversia che riguarda singoli proprietari che hanno realizzato abusi edilizi in aree soggette a vincolo paesaggistico – Non sussiste.
Edilizia ed urbanistica – Condono edilizio – In zona soggetta a tutela paesaggistica – Rilascio di nulla osta – Impedisce l’applicazione della sanzione ex art. 15 L. n. 1497/39.
Ambiente – Beni vincolati – Vincolo paesaggistico – Violazione – Sanzioni ex art. 15 L. n. 1497/39 – Natura e funzione.
Ambiente – Beni vincolati – Vincolo paesaggistico – Violazione – Sanzione ex art. 15 L. n. 1497/39 – Irrogazione – Nei confronti di opere che non comportano un danno ambientale – Illegittimità.
(L. 29 giugno 1939 n. 1497, art. 15)
Non sussiste la legittimazione attiva della Confedilizia allorché siano stati impugnati alcuni provvedimenti che non riguardano la generalità dei proprietari di fabbricati di cui la Confedilizia costituisce l'ente esponenziale, ma soltanto singoli proprietari e specificamente coloro che hanno realizzato abusi edilizi in aree soggette a vincolo paesaggistico, poi condonati.
L'indennità risarcitoria di cui all'art. 15 della legge 29 giugno 1939 n. 1497 è inapplicabile nel caso in cui il parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico in ordine alla domanda di condono accerti l'assenza di pregiudizio ai valori paesaggistici.
L'art. 15 della legge 29 giugno 1939 n. 1497 non mira sanzionare i meri abusi formali, ma soltanto quelli sostanziali che abbiano prodotto un danno ambientale, la cui rilevanza determina poi la scelta della sanzione applicabile: la demolizione, nell'ipotesi di incompatibilità assoluta dell'opera con la tutela del vincolo, ovvero l'applicazione dell'indennità risarcitoria allorchè la stessa non venga ritenuta assolutamente incompatibile.
L'indennità risarcitoria di cui all'art. 15 della L. n. 1497/1939 presuppone l'esistenza ed il conseguente accertamento del danno ambientale, se pure non di tale rilevanza da richiedere la demolizione delle opere realizzate. E’ pertanto illegittimo il decreto del Ministero dei Beni culturali e ambientali 26 settembre 1997 nella parte in cui prevede l'applicazione dell’indennità ex art. 15 cit. anche nell'ipotesi di assenza di danno ambientale.
FATTO
Con il ricorso in trattazione, notificato il 7 ottobre 1998 e depositato il successivo 22 ottobre - richiamato il contenuto dell'art.2, comma 46, della legge n. 662/96, come integrato dall'art. 10 del D.L. n. 669/96 convertito nella L. n. 30/97 - i ricorrenti espongono:
- che la predetta norma ha avuto attuazione con decreto 26/09/1997, recepito dal Comune di Firenze con deliberazione del Consiglio Comunale n. 125/40 del 23/02/1998, che ne avrebbe ampliato il contenuto con ulteriore regolamentazione della sanzione;
- che il ricorso comprende anche l'impugnazione dello specifico provvedimento sanzionatorio adottato nei confronti del ricorrente Cresti, non potendosi ritenere detta impugnazione preclusa dalla possibilità di contestare l'entità della sanzione mediante procedimento arbitrale (art. 15 L. n. 1497/1939), trattandosi di procedimento amministrativo che si svolge in funzione di un provvedimento non avente natura giurisdizionale;
- che la Confedilizia (unitamente ai ricorrenti destinatari della sanzione) è legittimata alla impugnazione in esame, in quanto associazione maggiormente rappresentativa dei proprietari di fabbricati e, quindi, dei soggetti colpiti dai provvedimenti impugnati e quale ente esponenziale degli interessi della intera categoria.
Ciò esposto chiedono l'annullamento (previa sospensione dell'esecuzione, la cui istanza cautelare è stata riunita al merito) dei provvedimenti indicati in epigrafe, deducendo al riguardo i seguenti motivi di gravame così dai medesimi ricorrenti paragrafati:
1) Violazione dell'art. 2, comma 46 legge n. 662/96 e successive modificazioni;
- violazione dell'art. l5 legge n. 1497/39; eccesso di potere per illogicità ed esclusione dei presupposti necessari per la quantificazione della sanzione, del pregiudizio ambientale;
- eccesso di potere per sviamento a causa delle finalità esclusivamente finanziarie dei provvedimenti impugnati, nonché per illogicità e manifesta ingiustizia.
2) Ulteriore violazione dell'art. 2, comma 46 legge n. 662/96 e successive modificazioni, per attribuzione di retroattività alla applicazione della indennità risarcitoria;
3) Illegittimità derivata da illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 46, della legge n. 662/1996 e successiva integrazione per violazione dell'art. 3 Cost.;
4) Violazione dell'art. 35, comma 15 e succ. legge n. 47/1985 e successive modificazioni; (in ipotesi) violazione dell'art. 5 D.M. 26/09/1997 del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali;
5) Violazione dell'art. 2946 c.c.; applicazione della sanzione in presenza di prescrizione del diritto.
Si sono costituiti per resistere il Comune ed i Ministeri intimati.
Il primo, con l'atto di costituzione e con successiva memoria ha opposto il difetto di legittimazione della ricorrente Confedilizia di Firenze e, comunque, l'infondatezza del gravame.
I secondi con memoria del 26/03/1999 hanno parimenti opposto il difetto di legittimazione della menzionata Comfedilizia e l'infondatezza del ricorso.
La causa è stata quindi chiamata e posta in decisione all'udienza pubblica dell'8 aprile 1999, nel corso della quale le parti hanno ulteriormente precisato le proprie tesi difensive.
DIRITTO
Il ricorso è volto ad ottenere l'annullamento del Decreto del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali del 26/09/1997 e della delibera del Consiglio Comunale di Firenze n. 125/40 del 23/02/1998, con i quali sono state fissate le norme per la determinazione dell'indennità risarcitoria di cui all'art. 15 della legge 29/06/1939 n. 1497 per le opere abusive oggetto di condono edilizio.
Il ricorso ha per oggetto altresì il singolo provvedimento del Comune di Firenze con il quale, in applicazione delle predette norme regolamentari statali e comunali, è stata determinata la misura dell'indennità in questione nei confronti del ricorrente Cresti.
Va preliminarmente esaminata l'eccezione di difetto di legittimazione della ricorrente Confedilizia - Associazione della Proprietà Edilizia di Firenze, sollevata dalle parti resistenti.
L'eccezione è condivisa dal Collegio ed il ricorso, nella parte in cui è proposto dalla predetta Associazione va, pertanto, dichiarato inammissibile.
Al riguardo si osserva che - pur volendo ritenere la citata Associazione, come sostenuto dalla medesima e non contestato dalle parti resistenti, quale maggiormente rappresentativa dei proprietari di fabbricati - la questione è che detti provvedimenti non riguardano la generalità dei proprietari di fabbricati di cui la ricorrente Confedilizia costituisce l'ente esponenziale, ma soltanto singoli proprietari e specificamente coloro che hanno realizzato abusi edilizi in aree soggette a vincolo paesaggistico, poi condonati.
Anzi è da ipotizzare un contrasto di interessi nell'ambito della generale categoria dei proprietari di fabbricati, tra coloro che hanno commesso l'abuso e non ritengono di sottostare al regime sanzionatorio ovvero indennitario di cui ai provvedimenti impugnati e coloro che, invece, tale abuso non hanno commesso e ritengono perfettamente legittimi i medesimi provvedimenti.
A tale stregua, riguardando i menzionati provvedimenti i soli singoli associati autori di abusi edilizi in zone sottoposte a vincolo paesaggistico e non anche l'intera categoria dei proprietari - nell'ambito della quale è ipotizzabile un contrasto di interessi con gli altri associati non autori dei medesimi abusi - va negata all'associazione ricorrente la legittimazione ad impugnare i provvedimenti di cui è causa.
Nè si appalesano conferenti i richiami giurisprudenziali di parte ricorrente, atteso che i medesimi si riferiscono a determinazioni in materia di aliquota dell'imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) e comunque, a provvedimenti riguardanti, diversamente dal caso di specie, la "generalità" dei proprietari di fabbricati e non già singoli proprietari in quanto autori di abusi edilizi in zona vincolata, rispetto ai quali, come evidenziato, può ragionevolmente ipotizzarsi un contrasto di interessi con i proprietari dei fabbricati non autori di tali abusi.
In altri termini, i provvedimenti impugnati si riferiscono non già ai proprietari in quanto tali, ma in relazione alla loro posizione di autori degli abusi di cui sopra e, pertanto, sono estranei alla generalità dei proprietari.
Peraltro, la stessa norma statutaria dell'associazione (art. 1) individua lo scopo di quest'ultima in quello di "tutelare gli interessi generali della proprietà edilizia", e non quello particolare di coloro che hanno commesso abusi edilizi in zone vincolate.
Il ricorso, nella parte in cui è proposto dalla Confedilizia - Associazione della Proprietà Edilizia di Firenze, va pertanto dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva della medesima.
Non sussistono invece problemi sulla legittimazione del singolo ricorrente destinatario del provvedimento applicativo nei suoi confronti delle norme regolamentari di cui trattasi, in quanto soggetto direttamente inciso dai provvedimenti impugnati e, pertanto, il ricorso in parte qua va dichiarato ammissibile.
Può passarsi pertanto all'esame del merito del ricorso medesimo.
Con il primo motivo di gravame il singolo ricorrente deduce le seguenti graduate censure, che possono così sintetizzarsi:
a) inapplicabilità dell'indennità risarcitoria di cui all'art. 15 della legge 29/06/1939 n. 1497 in caso di intervenuto parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico in ordine alla domanda di condono;
b) in subordine, inapplicabilità di detta indennità nel caso in cui il parere di cui sopra accerti l'assenza di pregiudizio ai valori paesaggistici.
Al riguardo è opportuno richiamare brevemente il quadro legislativo di riferimento.
Con l'art. 31 della legge 28/02/1985 n. 47 è stata con sentita la sanatoria degli abusi edilizi (c.d. condono edilizio) per le opere ultimate entro la data del 1°/10/1983, parzialmente estesa con l'art. 39 della legge 23/12/1994, n. 724 e quelle ultimate entro il 31/12/1993.
La predetta sanatoria è stata altresì consentita, dal successivo art. 32 della legge n. 47/1985, per le opere realizzate su aree sottoposte a vincolo, ivi compreso quello paesaggistico-ambientale di cui alla legge 29/06/1939, n. 1497 e al D.L. 27/06/1985, n. 3 12, come convertito dalla L. 8/08/1985 n. 431 (esclusa l'ipotesi di vincoli comportanti l'inedificabilità assoluta), subordinatamente al parere favorevole dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo stesso.
L'art. 34 della stessa legge n. 47/85 prevede, altresì, che si ha titolo al rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria previo il pagamento di una oblazione, che, ai sensi del successivo art. 38, estingue i reati attinenti all'abuso stesso.
Tale ultima norma prevede poi che, "concessa la sanatoria non si applicano le sanzioni amministrative".
In tale contesto è intervenuta successivamente la legge 23/12/1996, n. 662, che all'art. 2, comma 46, ha precisato, con espresso riferimento alle opere realizzate in aree sottoposte a vincolo ai sensi della legge n. 1497/1939 e n. 431/1985, che "il versamento dell'oblazione non esime dall'applicazione dell'indennità risarcitoria prevista dall'art. 15 della citata legge n. 1497del 1939".
Con la stessa norma (come integrata dall'art. 10 del D.L. 31/12/1996, n. 669, conv. in L. 28/2/1997 n. 30), è stato previsto che: "Allo scopo di rendere celermente applicabile la disposizione di cui al presente comma ai soli fini del condono edilizio è stato demandato al Ministro per i beni culturali ed ambientali, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, di determinare, con apposito decreto parametri e modalità per la qualificazione della indennità risarcitoria prevista dall'art. 15 della L. 29 giugno 1939 n. 1497, con riferimento alle singole tipologie di abuso ed alle zone territoriali oggetto del vincolo".
Il citato art. 15, a sua volta, dispone al primo comma che, indipendentemente dalle sanzioni comminate dal codice penale, "chi non ottempera agli obblighi ed agli ordini di cui alla presente legge è tenuto, secondo che il Ministero dell'Educazione nazionale ritenga più opportuno, nell'interesse della protezione delle bellezze naturali e panoramiche, alla demolizione a proprie spese delle opere abusivamente eseguite o al pagamento di una indennità equivalente alla maggior somma tra il danno arrecato ed il profitto conseguito mediante la commessa trasgressione".
Gli obblighi ai quali fa riferimento il predetto art. 15 riguardano, per quanto qui interessa, quello di non distruggere il bene vincolato e di non introdurre "modificazioni che rechino pregiudizio a quel suo esteriore aspetto che è protetto dalla presente legge", con la previsione, a tal fine, dell'obbligo di "presentare i progetti dei lavori che vogliano intraprendere alla competente soprintendenza e astenersi dal mettervi mano sino a tanto che non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione".
In attuazione di quanto disposto dal richiamato art. 2, comma 46, della L. n. 662/96 è stato quindi emanato l'impugnato D.M. 26/09/1997, al quale hanno fatto poi seguito l'adozione della deliberazione consiliare del Comune di Firenze n. 125/40 del 23/02/1998 ed il conseguente provvedimento dirigenziale applicativo nei confronti del ricorrente dell'indennità risarcitoria di cui
all'art. 15 della legge n. 1497/1939.Alla luce del richiamato quadro normativo va preliminarmente osservato che le parti sono concordi nel riconoscere il carattere non innovativo, ma meramente chiarificatore, dell'art. 2, comma 46, della legge n. 662/96 e che con tale norma, quindi, il legislatore ha voluto dirimere qualsiasi dubbio sull'applicabilità dell'indennità risarcitoria anche nell'ipotesi di concessione della sanatoria, chiarendo pertanto che la stessa non rientra tra quelle ulteriori sanzioni amministrative conseguenti all'abuso edilizio commesso che l'art. 38, quarto comma, della L. n. 47/85 prevede non applicabili allorchè è stata "concessa la sanatoria".
Ne consegue che è alla normativa previgente che occorre fare riferimento al fine di individuare le modalità ed i termini per l'applicazione dell'indennità risarcitoria di cui trattasi ed in particolare all'art. 15 della legge n. 1497/1939 che la prevede.
Con la predetta norma, il cui contenuto è stato in precedenza già richiamato, deve ritenersi che il legislatore abbia inteso disciplinare due distinte ipotesi, ma entrambe accomunate da un unico presupposto che è il danno ambientale.
Nella prima ipotesi si fa riferimento ad un danno ambientale che, a giudizio discrezionale dell'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo medesimo, sia assolutamente incompatibile con l'interesse della protezione delle bellezze naturali e panoramiche, per cui è necessario procedere alla "demolizione", a spese dell'autore dell'abuso, delle opere così realizzate.
Nella seconda ipotesi, invece, si ipotizza il caso in cui il danno ambientale prodotto non sia incompatibile in maniera assoluta con il vincolo, ma lo sia soltanto in limitata misura; di modo che, sempre nell'interesse di cui sopra, appaia preferibile la conservazione dell'opera realizzata, ma ponendo a carico del trasgressore una speciale "indennità equivalente alla maggior somma tra il danno arrecato ed il profitto conseguito mediante la commessa trasgressione", onde impedire tra l'altro al trasgressore la realizzazione di un ingiusto profitto.
In altri termini la menzionata disposizione non mira sanzionare i meri abusi formali, ma soltanto quelli sostanziali che abbiano prodotto un danno ambientale, la cui rilevanza determina poi la scelta della sanzione applicabile: la demolizione, nell'ipotesi di incompatibilità assoluta dell'opera con la tutela del vincolo, ovvero l'applicazione dell'indennità risarcitoria allorchè la stessa non venga ritenuta assolutamente incompatibile.
A tale interpretazione il collegio è indotto in primo luogo dal tenore letterale della disposizione medesima, la quale espressamente utilizzando il termine "indennità" in luogo di quello di "sanzione", non può che presupporre un "danno" da risarcire.
In secondo luogo si osserva che la ratio della norma è quella di tutelare il bene vincolato da modificazioni incompatibili, in via assoluta o relativa, con il vincolo stesso.
Come emerge infatti dall'art. 7, primo comma, della stessa legge n. 1497/1939, scopo della disciplina in essa contenuta è quello di impedire che i beni vincolati siano oggetto di distruzione o di modificazioni "che rechino pregiudizio a quel suo esteriore aspetto", risultando il successivo obbligo della preventiva autorizzazione di cui al comma seguente meramente strumentale per la realizzazione dello scopo essenziale della legge, che è quello, si ripete, di impedire il "pregiudizio" al bene vincolato, e quindi precludere la possibilità di produrre un danno ambientale.
Ne consegue che il danno ambientale è il presupposto stesso dell'applicazione dell'indennità risarcitoria, atteso che in sua assenza non può evidentemente parlarsi di incompatibilità dell’opera, sia essa assoluta che relativa.
La circostanza poi che il citato art. 15 preveda espressamente la possibilità di consentire la conservazione di opere già realizzate, anche in presenza di un danno ambientale, non assolutamente incompatibile con il vincolo, conferma altresì la possibilità che il nulla-osta di cui all'art. 7 della legge medesima possa essere rilasciato successivamente alla realizzazione dell'opera non assolutamente incompatibile con il vincolo ambientale ed, ovviamente, a maggior ragione, nell'ipotesi in cui le stesse risultino pienamente compatibili.
Peraltro tale possibilità, per quanto riguarda la fattispecie in esame, è espressamente prevista dall'art. 32 della legge n. 47/85 seppure in tale sede il c.d. nulla-osta venga formalmente denominato "parere".
Alla stregua della normativa sopra richiamata, a fronte di opere realizzate in zona sottoposta a vincolo, per le quali sia stato richiesto il c.d. condono edilizio, l'autorità preposta alla tutela del vincolo medesimo può:
a) valutare le opere pienamente compatibili con la tutela del vincolo, in quanto ritenute inidonee a procurare un qualsiasi pregiudizio - danno ambientale - eventualmente imponendo specifiche prescrizioni, e rilasciare quindi il "parere favorevole";
b) considerare le opere assolutamente incompatibili, in quanto produttive di un danno ambientale così rilevante da richiedere la demolizione delle opere, ed esprimere parere totalmente negativo: il che comporterà il diniego del condono richiesto;
c) ritenere le opere non assolutamente incompatibili, in quanto, pur realizzando le medesime un danno ambientale (e sul punto dovrà essere fornita adeguata motivazione), questo non è valutato di tale rilevanza da richiedere la demolizione, atteso che in una valutazione comparativa dell'interesse della protezione delle bellezze naturali e panoramiche e di quello privatistico, alla luce della circostanza che le opere stesse sono state già realizzate, appare più rispondente alla tutela dell'interesse pubblico la conservazione delle stesse; in tal caso verrà rilasciato il richiesto parere in senso favorevole, subordinatamente all'applicazione a carico dell'autore dell'abuso, della indennità risarcitoria di cui all'art. 15 della legge n. 1497/1939.
Sulla base della ricostruzione normativa e provvedimentale di cui sopra si appalesa, pertanto, infondata la censura sub a) secondo la quale il parere favorevole ex art. 32 della legge n. 47/85 renderebbe "sempre" inapplicabile l'indennità risarcitoria di cui all'art. 15 della L. n. 1497/1939.
Vero è che il predetto parere favorevole ben può essere rilasciato, anche in presenza di danno ambientale, seppure, come evidenziato, di rilevanza tale da non richiedere la demolizione delle opere, e quindi subordinatamente all'applicazione dell'indennità risarcitoria.
Del resto la tesi di parte ricorrente, come evidenziato dalla difesa del Comune resistente, renderebbe concretamente inapplicabile la disposizione di cui all'art. 2, comma 46, della legge n. 662/1996, atteso che, ai fini del rilascio del condono edilizio è richiesto il "parere favorevole" dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.
In altri termini affermare che il rilascio del parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo escluda "sempre" l'applicabilità dell'indennità risarcitoria di cui all'art. 15 della legge n. 1497/1939 equivale a rendere inapplicabile l'art. 2, comma 46, della legge n. 662/1996 e presuppone l'impossibilità per l'amministrazione di rilasciare il parere favorevole anche in presenza di un danno ambientale allorchè questo non venga valutato di tale rilevanza da richiedere la demolizione delle opere, circostanza questa in precedenza esclusa.
Da tutte le considerazioni che precedono risulta, invece, fondata la censura sub b), con la quale si sostiene l'inapplicabilità dell'indennità risarcitoria di cui trattasi nell'ipotesi di accertata – espressa o implicita – assenza di danno ambientale.
Come in precedenza evidenziato, infatti, l'indennità risarcitoria di cui all'art. 15 della L. n. 1497/1939 presuppone l'esistenza ed il conseguente accertamento del danno ambientale, se pure non di tale rilevanza da richiedere la demolizione delle opere realizzate.
Nè può condividersi la tesi delle Amministrazioni resistenti, secondo la quale, alla luce dei pareri espressi dal Consiglio di Stato, l'applicazione dell'indennità risarcitoria di cui trattasi prescinderebbe dall'esistenza di un danno ambientale, la cui rilevanza emergerebbe soltanto ai fini della determinazione del quantum dell'indennità stessa.
Si è infatti in precedenza precisato che il danno ambientale costituisce specificamente il presupposto di quella che il legislatore, non già impropriamente, ha definito "indennità", mirando la norma (art. 15) a colpire l'illecito sostanziale e non quello meramente formale.
Lo stesso orientamento del Consiglio di Stato in sede consultiva richiamato dalle parti resistenti non sembra peraltro univoco, se è vero che lo stesso organo consultivo (v. parere della Commissione speciale 9/05/1977, n. 5), richiamato dai ricorrenti, ha ritenuto inapplicabile I'indennità risarcitoria in assenza di danno ambientale.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, risultano pertanto illegittimi i provvedimenti impugnati (D.M. 26/09/1997 e deliberazione C.C. 23/02/1998 n. 125/40) nelle parti in cui - nel disciplinare i parametri e le modalità per la quantificazione (deve ritenersi infatti mero errore materiale l'utilizzazione negli stessi del termine "qualificazione" in luogo di "quantificazione") dell'indennità risarcitoria di cui all'art. 15 della legge n. 1497/1939 - hanno previsto la sua applicazione anche nell'ipotesi di assenza di danno ambientale, ovvero come si esprime l'art. 4 del citato D.M. nell'ipotesi che "il parametro danno sia pari a zero".
Conseguentemente risulta illegittimo il singolo provvedimento dirigenziale del Comune di Firenze che, in applicazione delle predette previsioni, ha concretamente determinato nei confronti del ricorrente la misura dell'indennità risarcitoria, pur in assenza di accertato danno ambientale.
Il ricorso in parte qua, va, pertanto, accolto e per l'effetto gli impugnati provvedimenti (D.M. 28/09/1997 e deliberazione C.C. 23/02/1998 n. 125/40) vanno annullati nella parte in cui prevedono l'applicazione della indennità risarcitoria di cui trattasi anche nell'ipotesi di assenza di danno ambientale.
Conseguentemente va annullato il provvedimento dirigenziale del Comune di Firenze che ha determinato a carico del ricorrente proprietario la misura dell'indennità di cui trattasi in assenza di accertato danno ambientale e ciò in applicazione delle disposizioni di cui sopra già dichiarate illegittime.
L'accoglimento del ricorso del singolo ricorrente destinatario dei provvedimenti impugnati per le ragioni di cui sopra, dispensa il collegio dall'esaminare gli ulteriori profili di censura proposti in via subordinata che, pertanto, possono dichiararsi assorbiti.
Valutati tutti gli elementi della vicenda contenziosa, sussistono tuttavia giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio, ivi compresi onorari e competenze.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sezione II - bis), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe n. 12731/98, lo dichiara inammissibile nella parte in cui è proposto dalla Confedilizia-Associazione della proprietà edilizia di Firenze, mentre per il resto lo accoglie e, per l'effetto, annulla in parte qua gli impugnati provvedimenti, come meglio specificato in motivazione.