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TAR LAZIO, SEZ. II BIS – Sentenza 8 ottobre 2001 n. 8271 - Pres. Bianchi, Est. De Michele - Immobiliare Edilizia Nuova Foligno s.r.l. (Avv.ti F. Mannucci e S. Duranti) c. Comune di Roma (Avv. G. Scotto).

1. Atto amministrativo - Procedimento - Comunicazione di avvio - Nel caso di approvazione ex art. 1 L. n. 1/78 di una opera pubblica in variante al vigente P.R.G. - Occorre.

2. Atto amministrativo - Procedimento - Comunicazione di avvio - Esclusione - Prevista nei casi in cui sussistano ragioni di urgenza - Applicabilità solo nel caso in cui sussista un’urgenza qualificata.

3. Atto amministrativo - Procedimento - Comunicazione di avvio - Esclusione - Prevista nei casi in cui sussistano ragioni di urgenza - Applicabilità nel caso di ordinanze contingibili ed urgenti o cause elettorali - Inapplicabilità nel caso di procedimento ex art. 1 L. n. 1/78 (approvazione del progetto di oo.pp. in variante al P.R.G.).

1. Un procedimento tendente alla approvazione ex art. 1 L. n. 1/78 del progetto di una opera pubblica in variante al vigente P.R.G. deve essere preceduto - a pena d’illegittimità - da apposita comunicazione di inizio ex artt. 7 e 8 L. n. 241/90, da inviare ai proprietari delle aree interessate (1).

2. Non basta qualsiasi esigenza acceleratoria per legittimare la deroga al generale obbligo di comunicazione dell’inizio del procedimento ex art. 7 L. 241/90, richiedendosi un’urgenza qualificata, tale da non consentire la suddetta comunicazione, senza che risulti compromesso il soddisfacimento dell’interesse pubblico, cui il provvedimento finale è rivolto (2).

3. La esigenza di celerità – certamente invocabile, ad esempio, in materia di ordinanze contingibili ed urgenti, cause elettorali o situazioni, da individuare con adeguata motivazione caso per caso – non sussiste in via generale per la procedura di cui alla legge n. 1/78, in rapporto alla quale l’apporto partecipativo dei potenziali destinatari appare non solo tecnicamente compatibile con i tempi - accelerati ma non brevissimi - della procedura stessa, ma anche idoneo ad assicurare scelte più consapevoli e potenzialmente non controverse (3).

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(1) Ha osservato il TAR Lazio che l’art. 13 della legge n. 241/90 (il quale esclude la comunicazione di cui trattasi per gli "atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione") non può trovare applicazione in rapporto alla procedura ex art. 1 L. n. 1/78, che ha fondamentalmente finalità espropriative in rapporto a determinte aree, pur potendo implicare per le medesime anche modifica della pianificazione urbanistica.

Diversa, infatti, è la ratio sottesa alla preclusione, di cui al citato art. 13, rispetto a quella che fa ricadere la procedura, ex art. 1 L. n. 1/78 nell’ambito applicativo dell’art. 7 L. n. 241/90: in rapporto agli atti di pianificazione in senso lato; infatti, l’ampio numero dei soggetti, titolari di interessi qualificati anche contrapposti, nonché la presenza di interessi diffusi e di Enti esponenziali dei medesimi renderebbe la partecipazione al procedimento fattore presumibile di apporti sovrabbondanti, anche di segno opposto, con probabile sostanziale ostacolo per la speditezza dell’azione amministrativa, tenuto conto dell’ampia discrezionalità delle scelte in questione; in rapporto a procedure che – come quella espropriativa – siano destinate ad incidere in modo puntuale su singoli interessi protetti, la partecipazione dell’interessato al procedimento può fornire, al contrario, utile apporto per una migliore conoscenza della situazione di fatto e degli elementi argomentativi che potrebbero influire sul merito di scelte, rapide e meno soggette al rischio di travisamento, nonchè di conseguenti procedure contenziose.

Nella procedura in questione, preordinata all’occupazione d’urgenza, le ragioni da ultimo indicate risultano prevalenti, rispetto a quelle connesse alla pianificazione urbanistica in senso lato, sussistendo nella situazione in esame solo una variante, corrispondente in via esclusiva alla logica di localizzazione dell’opera pubblica, in rapporto alla quale è ben configurabile un apporto partecipativo del proprietario dell’area, nei termini sopra indicati.

(2) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 25 marzo 1996, n. 368; sez. V, 29 gennaio 1996, n. 111.

(3) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 novembre 1997, n. 1365.

 

 

per l'annullamento

della delibera consiliare n. 200 del 30.11.2000, comunicata con nota n. prot. 141/2001, pervenuta il 9.1.2001, concernente l’approvazione del progetto preliminare per i lavori di costruzione di una scuola materna, di un centro socio-culturale-sportivo e di un parco attrezzato in variante al vigente P.R.G., nella zona di via Roccaraso-via Cortina d’Ampezzo;

e per la condanna

dell’Amministrazione al risarcimento dei danni, ai sensi e per gli effetti dell’art. 7 L. n. 205/2000;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avv.ra Com.le;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 5 luglio 2001, il Consigliere G. De Michele e uditi, altresì, gli Avv.ti F. Mannucci e S. Duranti per la società ricorrente e G. Scotto per il Comune di Roma;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Attraverso il ricorso in esame, notificato il 26.2.2001, si impugna la delibera consiliare n. 200 del 30.11.2000, comunicata ai sensi degli articoli 7 e 8 L. n. 241/90 con nota n. 559 del 3.1.2001, pervenuta il 9.1.2001, concernente l’approvazione del progetto preliminare – in variante al P.R.G. – per lavori di costruzione di una scuola materna, di un centro socio-culturale-sportivo e di un parco attrezzato, in un’area compresa tra via Roccaraso e viale Cortina D’Ampezzo.

Nell’ambito di detta area sono compresi terreni di proprietà dell’attuale ricorrente – Immobiliare Edilizia Nuova Foligno s.r.l. – già interessati da un progetto edificatorio, per il quale era stata rilasciata la concessione edilizia n. 641/c del 7.7.1998, successivamente annullata in via di autotutela dal Comune di Roma, con atto n. prot. 301 del 26.2.1999; quest’ultimo provvedimento – impugnato davanti a questo Tribunale – risultava a sua volta annullato con sentenza parziale n. 5934 del 17.7.2000, sulla quale pende giudizio di appello.

Tenuto conto della situazione anzidetta, avverso la nuova pianificazione urbanistica comunale vengono prospettati, nell’impugnativa ora in esame, i seguenti motivi di gravame:

violazione degli articoli 7 e 8 L. n. 241/90, nonché dell’art. 97 della Costituzione sul buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta, in quanto non risulta comunicato agli interessati l’avvio del procedimento, concernente la localizzazione delle nuove opere, dirette ad incidere sulla proprietà e sullo ius aedificandi della ricorrente;

eccesso di potere per sviamento, ingiustizia manifesta, violazione dell’art. 10 L. n. 205/2000, in considerazione della vicenda concessoria ben nota all’amministrazione ed alla possibilità di localizzare altrove le opere in questione, senza incidere su una proprietà, già per oltre trenta anni sottratta all’edificazione, attraverso un regime vincolistico ormai decaduto;

violazione degli articoli 7 e seguenti della legge urbanistica n. 1150/1942 e della legge n. 241/90; eccesso di potere per carenza di motivazione e di istruttoria, contraddittorietà ed illogicità, non essendo state valutate possibilità alternative di localizzazione, peraltro in un’area già inserita nell’elenco delle zone, fornite dei necessari standards urbanistici;

ancora violazione della legge urbanistica ed eccesso di potere sotto vari profili, con riferimento all’esistenza di aree abbandonate di proprietà comunale, che con minore onere potrebbero essere destinate a scopi di pubblica utilità, come l’edilizia sclastica ed il centro socio-culturale di cui si discute;

violazione degli articoli 14 e 16 della legge 11.2.1994, n. 109, in relazione agli articoli 1 e seguenti della L. reg. n. 878/90; violazione della legge n. 241/90; ancora eccesso di potere sotto vari profili, essendo state sostanzialmente revocate le deliberazioni, assunte in sede di bilancio 2000 e di programmazione delle opere pubbliche per il periodo 1999- 2000, con distrazione di somme stanziate per il finanziamento di altre pubbliche già programmate (interventi di recupero e sostegno delle periferie: centri polifunzionali per giovani ed anziani all’interno delle zone O") senza che ricorressero i presupposti per l’eventuale modifica del programma triennale e senza che risulti operato alcun bilanciamento di interessi, rispetto alle aree sacrificate, da decenni in attesa di recupero urbanistico;

in via subordinata, violazione dell’art. 10 L. n. 412/75 e dell’art. 4 L. n. 23/96, non risultando osservate le leggi speciali in materia di edilizia scolastica.

Il Comune di Roma, costituitosi in giudizio, sottolinea come la concessione edilizia n. 641/c del 7.7.98 sia tuttora sospesa a seguito di impugnativa proposta da terzi avverso la medesima, mentre le nuove opere – oggetto dell’atto in questa sede impugnato – corrisponderebbero ad "esigenze della collettività residente", che ne avrebbe "ripetutamente fatto richiesta all’amministrazione comunale, anche con petizioni a firma di centinaia di abitanti locali".

La comunicazione effettuata ex artt. 7 e 8 L. n. 241/90, inoltre, non risulterebbe tardiva, in quanto l’approvazione del progetto preliminare in questione – implicando contestuale variante al P.R.G. – risulta tuttora condizionata all’approvazione regionale, ex art. 6 L. n. 167/62; per gli atti di pianificazione peraltro – ex art. 13 L. n. 241 cit. – non è prevista la comunicazione di avvio del procedimento.

Quanto ai vari prospettati profili di eccesso di potere, si segnalano l’attuale stato di sospensione della concessione edilizia n. 641/c, la non completa urbanizzazione della zona di cui trattasi (le delibere che dichiarano sufficiente tale urbanizzazione, infatti, si riferirebbero non solo alle opere esistenti, ma a quelle previste), mentre per gli interventi di cui alle delibere impugnate non sarebbero disponibili altre aree (il terreno indicato dalla ricorrente sarebbe destinato al tracciato della strada di scorrimento "passaggio a nord ovest", mentre altre aree sarebbero destinate ad attrezzature pubbliche, a servizio degli abitanti di un quartiere limitrofo).

Le premesse della delibera consiliare n. 200/2000, inoltre, spiegherebbero abbondantemente – in base alle competenze dei consigli comunali, ex art. 32, c. 2, lettera b) – la deroga alla programmazione triennale delle opere pubbliche, ex art. 14 L. n. 109/94.

Le norme sull’edilizia scolastica, infine, non risulterebbero violate, in quanto per le opere di cui si discute non sono previsti finanziamenti statali o regionali. (fermi restando gli accertamenti di idoneità, che potrebbero essere disposti dalla Regione, in sede di approvazione della variante urbanistica adottata).

DIRITTO

La questione sottoposta all’esame del Collegio concerne l’approvazione di un progetto preliminare per l’esecuzione di opere pubbliche, in variante alla vigente disciplina urbanistica, ai sensi della disciplina acceleratoria dettata con legge n. 1/78.

Dette opere andrebbero ad incidere su un’area, già in passato per circa tre decenni inutilizzata – a seguito di inattuata programmazione vincolistica per infrastrutture di pubblico interesse, nell’ambito di un piano di zona da tempo decaduto – e solo in epoca relativamente recente ritenuta edificabile, con conseguente rilascio di concessione edilizia (n. 641/c del 7.7.1998) per la realizzazione di tre villini ad uso residenziale.

Un ampio contenzioso, tuttavia, ha successivamente coinvolto la progettazione della società concessionaria (attuale ricorrente): dapprima, infatti, la citata concessione è stata impugnata da soggetti terzi e sospesa; successivamente (atto n. prot. 301 del 26.2.99), la medesima concessione è stata annullata dal Comune di Roma in via di autotutela e su tutta la vicenda sono intervenute diverse pronunce di questo Tribunale (sentenze parziali nn. 1816/99 e 5934/2000, a seguito delle quali veniva nuovamente riconosciuta l’edificabilità della zona, secondo parametri di cubatura tuttora oggetto di accertamento).

Mentre avverso le sentenze sopra citate veniva proposto appello, ma senza che fosse sospesa l’esecutività delle medesime, il medesimo Comune – con delibera consiliare n. 200 del 30.11.2000 – approvava un progetto per opere pubbliche (scuola materna di due sezioni, centro socio-culturale-sportivo e parco attrezzato) con contestuale adozione di variante urbanistica, ex art. 1 L. 3.1.78, n, 1.

Avverso tale delibera ed alla successiva comunicazione, effettuata – formalmente ai sensi della legge n. 241/90 – con nota n. 5599 del 3.1.2001 è stato proposto il ricorso in esame, che nel primo ordine di censure prospetta appunto violazione delle norme da ultimo citate, che avrebbero imposto una più tempestiva comunicazione di avvio del procedimento.

Il Comune resistente contesta detta prospettazione, in quanto il provvedimento impugnato contiene solo un’adozione di variante, soggetta ad approvazione regionale, e comunque non ricadrebbe tra gli atti per cui l’obbligo di comunicazione sussiste, ai sensi dell’art. 13 della medesima legge n. 241.

Il Collegio non condivide le controdeduzioni comunali, essendo evidente che il provvedimento in questione - ex se autonomamente lesivo (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 9.10.86, n. 10; Cons. St., sez. V, 15.10.86, n. 545) - chiude un procedimento, destinato ad incidere su una situazione soggettiva protetta dei proprietari dell’area, localizzata per la realizzazione delle opere, pur essendo prevista una successiva procedura, finalizzata all’approvazione regionale della variante urbanistica.

In relazione a detto procedimento, pertanto, trovavano applicazione gli articoli 7 e 8 L. n. 241/90, che prescrivono comunicazione ai soggetti, nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti, non certo di tale provvedimento (che pure richiede notifica individuale: cfr. Cons. St. n. 545/86 cit), ma dell’avvio della procedura, che alla successiva emanazione di tale atto finale è preordinata (in tal senso: Cons. St., Ad. Plen., 24.1.2000, n. 2; sez. IV, 23.11.2000, n. 6237 e 24.2.2000, n. 1016; sez. V, 5.6.97, n. 603).

L’art. 13 della medesima legge n. 241/90, che esclude la comunicazione di cui trattasi per gli "atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione" (di norma, peraltro, privi di destinatari diretti) non può trovare applicazione in rapporto alla procedura in esame, che ha fondamentalmente finalità espropriative in rapporto a determinte aree, pur potendo implicare per le medesime anche modifica della pianificazione urbanistica.

Diversa, infatti, è la ratio sottesa alla preclusione, di cui al citato art. 13, rispetto a quella che fa ricadere la procedura, ex art. 1 L. n. 1/78 nell’ambito applicativo dell’art. 7 L. n. 241/90: in rapporto agli atti di pianificazione in senso lato, infatti, l’ampio numero dei soggetti, titolari di interessi qualificati anche contrapposti, nonché la presenza di interessi diffusi e di Enti esponenziali dei medesimi renderebbe la partecipazione al procedimento fattore presumibile di apporti sovrabbondanti, anche di segno opposto, con probabile sostanziale ostacolo per la speditezza dell’azione amministrativa, tenuto conto dell’ampia discrezionalità delle scelte in questione; in rapporto a procedure che – come quella espropriativa – siano destinate ad incidere in modo puntuale su singoli interessi protetti, la partecipazione dell’interessato al procedimento può fornire, al contrario, utile apporto per una migliore conoscenza della situazione di fatto e degli elementi argomentativi che potrebbero influire sul merito di scelte, rapide e meno soggette al rischio di travisamento, nonchè di conseguenti procedure contenziose.

Nella procedura, che qui interessa, preordinata all’occupazione d’urgenza, le ragioni da ultimo indicate risultano prevalenti, rispetto a quelle connesse alla pianificazione urbanistica in senso lato, sussistendo nella situazione in esame solo una variante, corrispondente in via esclusiva alla logica di localizzazione dell’opera pubblica, in rapporto alla quale è ben configurabile un apporto partecipativo del proprietario dell’area, nei termini sopra indicati. Quanto alla natura per definizione urgente delle opere di cui si discute, la giurisprudenza ha ben chiarito che non basta qualsiasi esigenza acceleratoria per legittimare la deroga al generale obbligo di comunicazione, richiedendosi un’urgenza qualificata, tale da non consentire la suddetta comunicazione, senza che risulti compromesso il soddisfacimento dell’interesse pubblico, cui il provvedimento finale è rivolto (Cons. St., sez. IV, 25.3.96, n. 368; Cons. St., sez. V, 29.1.96, n. 111).

La predetta esigenza – certamente invocabile, ad esempio, in materia di ordinanze contingibili ed urgenti, cause elettorali o situazioni, da individuare con adeguata motivazione caso per caso – non sussiste in via generale per la procedura, di cui alla citata legge n. 1/78, in rapporto alla quale l’apporto partecipativo dei potenziali destinatari appare non solo tecnicamente compatibile con i tempi - accelerati ma non brevissimi - della procedura stessa, ma anche idoneo ad assicurare scelte più consapevoli e potenzialmente non controverse (in senso conforme: Cons. St., sez. IV, n. n. 1326/97 cit.).

Nel caso di specie, le argomentazioni difensive della ricorrente – che segnala la presenza di aree alternative, per la collocazione delle opere di cui trattasi – inducono a ritenere invalidante il vizio di omessa comunicazione di avvio del procedimento, essendo contestata una scelta discrezionale, in rapporto alla quale non risulta effettuata (né può essere sostituita dalle memorie difensive del Comune) una completa valutazione comparativa delle opzioni possibili, tale da far ritenere comunque raggiunto lo scopo della comunicazione di cui si discute (cfr., per il principio, Cons. St., sez. V, 24.11.97, n. 1365 e 24.2.96, n. 232; sez. VI, 12.8.96, n. 1028).

In base ad un ordine di priorità logica, il Collegio ritiene ora di dover esaminare il quinto motivo di gravame, che appare fondato nella parte in cui censura l’avvenuta violazione dell’art. 14 L. 11.2.1994, n. 109, prescrivendo detta norma la realizzazione delle opere pubbliche sulla base di un programma triennale e degli aggiornamenti annuali del medesimo, fatti salvi – come specificato al 5° comma della citata norma – gli "interventi imposti da eventi imprevedibili o calamitosi, nonché le modifiche dipendenti da sopravvenute disposizioni di legge o regolamentari, ovvero da altri atti amministrativi, adottati a livello statale o regionale".

Né la motivazione dell’atto impugnato (che ha per oggetto l’approvazione del progetto preliminare per le opere in precedenza specificate), né la difesa comunale segnalano che fossero maturati i presupposti per l’ordinario aggiornamento del programma delle OO.PP. 1999-2000, né vengono concretizzate le ragioni per una deroga, che l’art. 32, comma 2, lettera b) rimette indubbiamente al Consiglio Comunale, ma nei limiti – evidentemente – previsti al riguardo dalla legge e quindi, per quanto qui interessa, dal quinto comma dell’art. 14 L. n. 109/94 sopra riportato.

Sempre secondo la difesa comunale, i presupposti per la deroga sarebbero deducibili dalle premesse dell’impugnata delibera n. 200/2000. Tali premesse, tuttavia, appaiono enunciate in modo inadeguato o erroneo.

L’Amministrazione, infatti, si limita a richiamare l’avvenuta decadenza, per la zona di cui trattasi, del Piano di Zona n. 67 "Acqua Traversa sud", con conseguente insorgere nei proprietari dei lotti interessati di "affidamenti…ingenerati da una non corretta applicazione della vigente normativa"; numerose "istanze e petizioni popolari", inoltre, segnalerebbero la carenza nella zona di "dotazioni urbanistiche…destinate a servizi di quartiere" (carenza che, peraltro, sarebbe emersa in modo inequivoco "nel corso di pregressi e pendenti giudizi").

Le circostanze sopra indicate non concretizzano in alcun modo "eventi imprevedibili o calamitosi", né segnalano l’intervento di nuove disposizioni normative, atte a giustificare la deroga alla programmazione, di cui al più volte citato art. 14 L. n. 109/94.

Non può non stupire, poi, il richiamo ad "affidamenti", che discenderebbero da non corretta applicazione della vigente normativa, considerato che parte almeno dell’area interessata dai nuovi interventi è oggetto di ius aedificandi dell’attuale ricorrente, in forza di concessione edilizia n. 641/c, la cui caducazione in via di autotutela è stata annullata con sentenza di questo Tribunale n. 5934 del 17.7.2000.

La perdurante sospensione dell’atto concessorio (in attesa dell’esito di accertamenti peritali, che riguardano peraltro le volumetrie assentite e non la sussistenza di ius aedificandi) non poteva indurre l’Amministrazione a ritenere la concessione stessa "tamquam non esset".

Non appare adeguato, inoltre, il riferimento a istanze e petizioni popolari, che – in ordine a presunta carenza di standards urbanistici, per la zona di cui si discute – entrano in contraddizione con ben precise delibere comunali (nn. 203/93 e 158/95), attestanti viceversa la completezza degli standards in questione; il Comune resistente eccepisce che dette delibere considererebbero non solo le infrastrutture esistenti, ma anche quelle solo previste: tra queste ultime, tuttavia, non possono certo ricomprendersi le opere approvate col provvedimento impugnato a diversi anni di distanza, né risulta in modo chiaro quante e quali opere programmate non abbiano poi avuto attuazione. Le pure indimostrate carenze urbanistiche, per l’area situata tra via Roccaraso e via Cortina d’Ampezzo, inoltre, dovevano essere bilanciate con le esigenze, cui dovevano fare fronte i finanziamenti, stornati attraverso l’impugnata deroga alla pianificazione triennale (interventi di recupero a sostegno delle periferie).

Le argomentazioni svolte inducono a ravvisare la fondatezza della censura di eccesso di potere per difetto di istruttoria e sviamento, contenuta con diverse argomentazioni nel secondo, terzo e quarto motivo di gravame.

Nel caso di specie, infatti, viene in considerazione l’approvazione di un progetto per la realizzazione di opere pubbliche, da posizionare in un’area già oggetto di trentennale inerzia, e dopo la decadenza di un Piano di Zona interessata da concessione edilizia, per la realizzazione di fabbricati ad uso residenziale.

La nuova progettazione di opere pubbliche, inoltre, risulta effettuata in deroga alla vigente pianificazione triennale (con motivazione non esaustiva sul punto, come già in precedenza illustrato), in tempi ravvicinati rispetto alla proposizione di appello avverso la citata sentenza di questo Tribunale n. 5934/2000 (che riconosceva l’edificabilità dei suoli e annullava il provvedimento, assunto in via di autotutela in affermazione di un nuovo indirizzo interpretativo, in materia di piani attuativi decaduti e di conseguente, ritenuta inedificabilità) .

In presenza di una sentenza esecutiva, in rapporto alla quale può essere avviato anche giudizio di ottemperanza, ex art. 10 L. 21.7.2000, n. 205, non può non ritenersi sussistente un limite alla potestà pianificatoria dell’Amministrazione, che doveva nella fattispecie tenere conto dei diritti della società concessionaria, più che del mero interesse pretensivo, normalmente inteso come diffida a non operare variazioni dello strumento urbanistico, dopo la notifica di una sentenza di accoglimento, riferita a diniego di concessione o silenzio rifiuto (cfr. su quest’ultimo punto Cons. St., Ad.Plen., 8.1.1986, n. 1 e successiva giurisprudenza consolidata).

In base alle argomentazioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che il ricorso debba essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati, e assorbimento delle ragioni difensive non esaminate; le spese giudiziali – da porre a carico della parte soccombente – vengono liquidate nella misura di £. 3.000.000 (tremilioni).

Non appare ammissibile invece, allo stato degli atti, la richiesta risarcitoria, genericamente e senza indicazione di un principio di prova formulata ai sensi dell’art. 7 L. n. 205/2000; nel caso di specie, peraltro, detta richiesta non potrà non essere condizionata dall’esito definitivo della diversa vicenda contenziosa, relativa al più volte ricordato atto di concessione n. 641/c.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, (Sez. II bis), ACCOGLIE il ricorso n. 2991/01 specificato in epigrafe e, per l’effetto, ANNULLA la delibera consiliare n. 200 del 30.11.2000 e la relativa nota di comunicazione n. 141/200; CONDANNA il Comune resistente al pagamento delle spese giudiziali, nella misura di £. 3.000.000 (tremilioni); DICHIARA INAMMISSIBILE, allo stato degli atti, la domanda di risarcimento del danno. .

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 5 luglio 2001 con l'intervento dei Magistrati:

Presidente Franco Bianchi

Consigliere Evasio Speranza

Consigliere est. Gabriella De Michele

Depositata l'8 ottobre 2001.

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