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Giurisprudenza
n. 2-2001 - © copyright.

TAR LAZIO, SEZ. II BIS – Sentenza 3 febbraio 2001 n. 867Pres. Bianchi, Est. De Michele - Ottaviano (Avv. F. Alberti) c. Ministero delle Poste e Telecomunicazioni (Avv.ra Stato).

Giurisdizione e competenza – Pubblico impiego – Dipendenti Ministero delle Poste – Controversie proposte dopo il 31.12.1993 (data di trasferimento del rapporto all’Ente Poste Italiane) – Giurisdizione dell’A.G.O. – Sussiste – Circostanza che il provvedimento impugnato sia stato adottato prima della predetta data e riguardi questioni antecedenti – Irrilevanza.

Pubblico impiego – Infermità e lesioni – Equo indennizzo – Diniego su conforme parere del Comitato per le Pensioni Previlegiate Ordinarie (CPPO) - In difformità da un precedente parere del Collegio medico-legale – Prevalenza del primo – Sussiste per la peculiare qualificazione del CPPO e per carattere assorbente del parere da quest’ultimo emesso rispetto ad eventuali fasi pregresse discordanti.

Nel caso un ex dipendente del Ministero delle Poste proponga un giudizio dopo la data il 31.12.1993 (e cioè dopo la data di trasferimento del rapporto all’Ente Poste Italiane, ex D.L. 1.12.1993, n. 487, convertito con modificazioni in L. 31.1.1994, n. 71), deve ritenersi che la relativa controversia esuli dalla giurisdizione amministrativa e partenga all’Autorità giudiziaria ordinaria, anche nell’ipotesi in cui il provvedimento sia stato adottato in data anteriore al 31.12.1993 e la controversia riguardi trattamenti di natura pubblicistica, sia economici che giuridici, antecedenti alla stipulazione del nuovo contratto collettivo di lavoro fra l’Ente Poste Italiane - ora Poste Italiane s.p.a. - ed i propri dipendenti (1).

I giudizi delle Commissioni medico-ospedaliere sono da considerarsi definitivi (ai sensi dell’art. 5 bis del D.L. 21.9.1987, n. 387, nel testo aggiunto dalla legge di conversione 20.11.1987, n. 472) ad alcuni particolari fini, quali la misura dell’assegno durante il periodo di aspettativa, le spese di cura ecc., mentre tale carattere definitivo non investe anche il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di un’infermità, ai fini specifici della pensione previlegiata e dell’equo indennizzo: fini, questi ultimi, per il quale il parere del CPPO non solo è necessario, in quanto esplicitamente previsto, ma per la peculiare qualificazione dell’Organo ha carattere assorbente rispetto ad eventuali fasi pregresse discordanti, in ordine agli aspetti medico-legali della patologia ed alla valutazione sia delle condizioni di lavoro del dipendente, sia dei preponderanti rapporti di causalità tra queste ultime e la patologia stessa (2).

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(1) Cfr. in senso lato, per il principio, Cass. SS.UU. civili 15.5.1992, n. 5792; Cass. 16.7.1981, nn. e 4623 e 4624; Corte Cost. 10.12.81, n. 185 nonchè - specificamente in rapporto all’Ente Poste, per la problematica in esame - Cass. SS.UU. 10.8.1996, n. 7406; 5.9.1997, n. 8587 e 24.9.1997, n. 9381.

Nella specie il TAR Lazio ha osservato che la vicenda sottoposta a giudizio era interamente maturata nell’ambito del sistema previgente, ovvero prima della trasformazione, operante dalla data di efficacia dei decreti di nomina degli organi dell’Ente Poste (decreti emanati con D.P.R. 23.12.1993, pubblicato su G.U. del 31.12.93); il ricorso in esame, tuttavia, risultava notificato e depositato nel corso del 1994, quando già - indipendentemente dalla natura del rapporto, e dalla regolamentazione pubblicistica del medesimo - era affermata in materia la giurisdizione del Giudice Ordinario, non incisa - come in precedenza ricordato - dal successivo D.L. 6.5.1994, n. 269, convertito in legge 4.7.94, n. 269.

Ha aggiunto inoltre che: "Non induce a diverse conclusioni la disposizione, introdotta dall’art. 1 del D.L. 6.5.1994, n. 269, convertito in legge 4.7.1994, n. 432, secondo cui permangono nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo le controversie, relative a questioni di lavoro insorte prima della trasformazione degli enti pubblici in enti pubblici economici, o in società di diritto privato: deve ritenersi, infatti, che la nuova disposizione detti una disciplina transitoria, applicabile solo alle trasformazioni successive all’entrata in vigore della medesima".

(2) Cfr. in tal senso, nonchè circa la possibilità di motivare il diniego di equo indennizzo per relationem, con esclusivo rinvio al parere del CPPO, se non affetto da evidenti vizi logici: Corte dei Conti, sez. controllo Stato, 18.2.88, n. 1895; Cons. St., sez. II, 14.3.90, parere n. 1232; Cons. St., sez. VI, 11.6.90, n. 587 e 19.5.89, n. 662; TAR Abruzzo, L’Aquila, 9.5.85, n. 204; TAR Lazio, Roma, sez. II, 3.8.90, n. 1532; 21.2.92, n. 443 e 25.2.92, n. 258; 11.11.93, n. 1374; 22.5.97, n. 983 e 10.4.97, n. 653.

 

 

per l'annullamento

della disposizione emessa dal Direttore Centrale della Direzione per il Personale del Ministero della Poste e Telecomunicazioni n. DCP/6/3/60349/373/83/NG del 6.12.1993, con il quale viene respinta una istanza di equo indennizzo, presentata il 4.3.1992;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’ atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza in data 21.12.2000, il Consigliere G. De Michele, uditi altresì i difensori delle parti, come da verbale di udienza in data odierna;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Attraverso il ricorso in esame, notificato il 12 febbraio 1994 e depositato il 14 aprile 1994, si impugna il provvedimento del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni emesso in data 6.12.1993, nella parte in cui respinge l’istanza di equo indennizzo, riferita a "ulcera duodenale", su conforme parere del Comitato per le Pensioni Previlegiate Ordinarie (CPPO), ma in contrasto con un precedente accertamento del Collegio Medico Legale, che avrebbe sancito in via definitiva la dipendenza da causa di servizio dell’infermità in questione.

Per quanto sopra, il diniego di equo indennizzo viene censurato per difetto di istruttoria, eccesso di potere per carenza di motivazione e contraddittorietà.

Il Ministero intimato si è costituito in giudizio, chiedendo che l’impugnativa sia dichiarata inammissibile o infondata.

DIRITTO

La questione sottoposta a giudizio riguarda un diniego di equo indennizzo, emesso su conforme parere del Comitato per le Pensioni Previlegiate Ordinarie (CPPO), in difformità da un precedente parere del Collegio Medico-legale. A tale riguardo può essere richiamata la tesi prevalente, secondo cui i giudizi delle Commissioni Medico-ospedaliere sono da considerarsi definitivi (ai sensi dell’art. 5 bis del D.L. 21.9.1987, n. 387, nel testo aggiunto dalla legge di conversione 20.11.1987, n. 472) ad alcuni particolari fini, quali la misura dell’assegno durante il periodo di aspettativa, le spese di cura ecc., mentre tale carattere definitivo non investe anche il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di un’infermità, ai fini specifici della pensione previlegiata e dell’equo indennizzo: fini, questi ultimi, per il quale il parere del CPPO non solo è necessario, in quanto esplicitamente previsto, ma per la peculiare qualificazione dell’Organo ha carattere assorbente rispetto ad eventuali fasi pregresse discordanti, in ordine agli aspetti medico-legali della patologia ed alla valutazione sia delle condizioni di lavoro del dipendente, sia dei preponderanti rapporti di causalità tra queste ultime e la patologia stessa (cfr. in tal senso, nonchè circa la possibilità di motivare il diniego di equo indennizzo "per relationem", con esclusivo rinvio al parere del CPPO, se non affetto da evidenti vizi logici: Corte dei Conti, sez. controllo Stato, 18.2.88, n. 1895; Cons. St., sez. II, 14.3.90, parere n. 1232; Cons. St., sez. VI, 11.6.90, n. 587 e 19.5.89, n. 662; TAR Abruzzo, L’Aquila, 9.5.85, n. 204; TAR Lazio, Roma, sez. II, 3.8.90, n. 1532; 21.2.92, n. 443 e 25.2.92, n. 258; 11.11.93, n. 1374; 22.5.97, n. 983 e 10.4.97, n. 653).

Premesso quanto sopra in ordine ad un indirizzo giurisprudenziale, che questo Tribunale ha ripetutamente condiviso nel merito, il Collegio ritiene comunque che, nella fattispecie, debba essere sollevata d’ufficio una questione pregiudiziale.

Il giudizio instaurato nei confronti del Ministero delle Poste – nel periodo in cui si perfezionava la trasformazione del medesimo (salvo competenze residue) in Ente pubblico economico - si può infatti anche ritenere proseguibile nei confronti delle Poste Italiane s.p.a. – subentrato in tutti i rapporti attivi e passivi del citato Ministero - in base al combinato disposto degli articoli 110, 156 e 299 cod. proc. civ. (cfr., per il principio, Cass. civ., sez. lav., 16.2.1989, n. 930; Cons. St., sez. IV, 11.5.79, n. 311; TAR Calabria, Catanzaro, 29.11.82, n. 279; TAR Toscana, 21.10.85, n. 823; TAR Lombardia, Milano, sez. I, 16.1.87, n. 21); non possono essere superati, tuttavia, gli effetti delle norme (combinato disposto degli articoli 1 e 10 del D.L. 1.12.1993, n. 487, convertito in legge 29.1.1994, n. 71) che devolvono la giurisdizione delle cause di lavoro, relative a personale dell’Ente in questione al Giudice Ordinario, senza disposizioni transitorie in materia di questioni pregresse.

In particolare, è pacifico in giurisprudenza che sussiste la giurisdizione del Giudice Ordinario per tutti i provvedimenti adottati - nella materia di cui trattasi - dopo il 31.12.1993, data in cui è avvenuta la trasformazione dell’ex amministrazione postale in ente pubblico economico, ai sensi del citato art. 1 D.L. 487/93 (cfr. in tal senso, fra le tante, TAR Lazio, sez. II, 3.2.1998, n. 139; TAR Lombardia, Milano, sez. I, 16.6.1994, n. 601; TAR Sicilia, Catania, 5.5.1997, n. n. 672; TAR Calabria, Catanzaro, 4.12.1996, n. 871).

Anche per provvedimenti anteriori al 31.12.1993, tuttavia, come per l’accertamento di un diritto maturato nell’ambito della regolamentazione preesistente, la giurisdizione di questo Tribunale non può che essere esclusa, quando la relativa domanda giudiziale risulti proposta oltre il termine, che segna il passaggio della cognizione sulla materia ad un Giudice diverso (cfr. art. 5 c.p.c., nel testo introdotto dall’art. 2 L. 26.11.1990, n. 353, nonchè, per il principio, Cass. SS.UU. n. 5792/92 cit.; Cass. 16.7.81, n. 4623; Cass. 11.5.1984, n. 2874; Cass. 23.8.90, n. 8573; Pretura di Firenze 9.4.1994; contra - ma per fattispecie valutate antecedentemente a pronunce di opposto segno della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, più avanti citate - TAR Abruzzo, Pescara, 3.2.1995, n. 100; TAR Lombardia, Milano, sez. III, 27.8.1996, n. 1326).

Non induce a diverse conclusioni la disposizione, introdotta dall’art. 1 del D.L. 6.5.1994, n. 269, convertito in legge 4.7.1994, n. 432, secondo cui permangono nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo le controversie, relative a questioni di lavoro insorte prima della trasformazione degli enti pubblici in enti pubblici economici, o in società di diritto privato: deve ritenersi, infatti, che la nuova disposizione detti una disciplina transitoria, applicabile solo alle trasformazioni successive all’entrata in vigore della medesima.

In presenza, dunque, di un provvedimento ritenuto lesivo della sfera giuridica del dipendente, ove l’atto sia stato emanato dopo il 31.12.1993 - o quando, comunque, dopo tale data risulti incardinato il giudizio (con le conseguenze, di cui al citato art. 5 c.p.c.) - qualora l’Ente di riferimento abbia operato la propria trasformazione in soggetto privato prima dell’emanazione della citata legge n.432/94, deve considerarsi sussistente la giurisdizione del Giudice ordinario, pur riguardando la controversia i trattamenti di natura pubblicistica, sia economici che giuridici, antecedenti alla stipulazione del nuovo contratto collettivo di lavoro fra l’Ente Poste Italiane - ora Poste Italiane s.p.a. - ed i propri dipendenti (cfr. in senso lato, per il principio, Cass. SS.UU. civili 15.5.1992, n. 5792; Cass. 16.7.1981, nn. e 4623 e 4624; Corte Cost. 10.12.81, n. 185 nonchè - specificamente in rapporto all’Ente Poste, per la problematica in esame - Cass. SS.UU. 10.8.1996, n. 7406; 5.9.1997, n. 8587 e 24.9.1997, n. 9381).

Non modifica i termini della questione il testo letterale del già citato art. 10 D.L. 1.12.1993, n. 487 (convertito con modificazioni in L. 31.1.1994, n. 71), in base al quale "sono devolute all’Autorità Giudiziaria ordinaria" le controversie "concernenti il rapporto di lavoro di diritto privato con l’Ente Poste Italiane"; la norma, infatti, interviene dopo la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, ai sensi del D.Lgs. 3.2.1993, n. 29 (cfr. artt. 2, comma 2 e 72), e non può che riferirsi ai giudizi di qualsiasi natura - impugnatori o di accertamento - incardinati nei confronti dell’Ente Poste dopo l’istituzione di quest’ultimo, indipendentemente dalla disciplina ancora pubblicistica del rapporto di lavoro, in concreto controverso (cfr. per il principio, in fattispecie diverse, Cass. Sez. Un. 21.1.1994, n. 548; Cass. 23.8.1990, n. 8573; Corte dei Conti, sez. contr. Stato, 7.6.1993, n. 91).

Nella situazione in esame, la vicenda sottoposta a giudizio è interamente maturata nell’ambito del sistema previgente, ovvero prima della trasformazione, operante dalla data di efficacia dei decreti di nomina degli organi dell’Ente Poste (decreti emanati con D.P.R. 23.12.1993, pubblicato su G.U. del 31.12.93); il ricorso in esame, tuttavia, risulta notificato e depositato nel corso del 1994, quando già - indipendentemente dalla natura del rapporto, e dalla regolamentazione pubblicistica del medesimo - era affermata in materia la giurisdizione del Giudice Ordinario, non incisa - come in precedenza ricordato - dal successivo D.L. 6.5.1994, n. 269, convertito in legge 4.7.94, n. 269 (art. 1).

La documentazione in atti, inoltre, induce ad escludere che la ricorrente faccia parte del contingente di personale, transitato nel nuovo Ministero delle Comunicazioni (cfr. di dichiarazione della ricorrente di avvenuta recezione dell’atto impugnato, firmata in data 25.2.1994 come dipendente dell’Ente Poste).

Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che il ricorso stesso debbano essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio stesso ritiene equo disporne la compensazione, data la novità - e la non pacifica interpretazione - della materia trattata alla data di notifica dell’impugnativa.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, (Sez. II bis), DICHIARA INAMMISSIBILE PER DIFETTO DI GIURISDIZIONE il ricorso n. 9405487, indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 21 dicembre 2000, con l'intervento dei Signori Magistrati:

Presidente Franco Bianchi

Consigliere Evasio Speranza

Consigliere est. Gabriella De Michele

Depositata il 3 febbraio 2001.

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