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TAR LAZIO, SEZ. II BIS – Sentenza 3 febbraio 2001 n. 868Pres. Bianchi, Est. De Michele – De Luca (Avv. R. Causo) c. Comune di Campagnano (Avv. L. Parenti).

1. Edilizia ed urbanistica – Condono edilizio – Termini di 24 mesi per il silenzio assenso e di 36 mesi per la prescrizione del diritto a richiedere il conguaglio dell’oblazione – Decorrono entrambi dalla presentazione della domanda.

2. Edilizia ed urbanistica – Condono edilizio – Termini di 24 mesi per il silenzio assenso e di 36 mesi per la prescrizione del diritto a richiedere il conguaglio dell’oblazione – Autonomia dei due procedimenti e dei relativi termini.

3. Edilizia ed urbanistica – Condono edilizio – Termine di 36 mesi per la prescrizione del diritto a richiedere il conguaglio dell’oblazione – Riguarda le richieste di integrazione – Omesso o non integrale pagamento dell’oblazione autoliquidata – Sono soggette a termini diversi.

4. Edilizia ed urbanistica – Condono edilizio – Termine di 36 mesi per la prescrizione del diritto a richiedere il conguaglio dell’oblazione – Richiesta di integrazione documentale – Non può essere considerata come interruttiva del termine.

1. L’art. 35, comma 18, della legge n. 28.2.85, n. 47, come modificato dall’art. 4 del D.L. 12.1.1988, n. 2, convertito con modificazioni in legge 13.3.1988, n. 68 (secondo cui "fermo il disposto del primo comma dell’art. 40, e con l’esclusione dei casi di cui all’art. 33, decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta ove l’interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all’ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all’accatastamento. Trascorsi trentasei mesi si prescrive l’eventuale diritto al conguaglio o al rimborso spettanti") disciplina una procedura – quella del cosiddetto condono edilizio – cui si vuole assicurare completa definizione in tempi certi: due anni per il rilascio della sanatoria anche in forma tacita e tre anni – a pena di prescrizione dei correlativi diritti - per il conclusivo calcolo delle somme, dovute a titolo di oblazione (non anche di contributo di concessione, separatamente disciplinato – art. 37 L. cit. – e per il quale debbono ritenersi vigenti le regole ordinarie); entrambi i termini sopra specificati risultano decorrenti dalla data della domanda (in tal senso dispone anche – in conformità alla prevalente interpretazione fornita dalla giurisprudenza – la circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 142 del 6.2.1989).

2. Non esiste un rapporto di interdipendenza tra la prescrizione triennale prevista per l’oblazione e l’effettiva maturazione del silenzio-assenso; le due procedure, in effetti, sono fra loro relativamente autonome: non a caso l’art. 39 della medesima legge n. 47/85 prevede che anche per opere non ammesse a sanatoria – purchè in astratto rientranti nei termini del condono – il pagamento dell’oblazione estingue i reati contravvenzionali, di cui al precedente art. 38 e che le eventuali sanzioni pecuniarie sono ridotte in misura corrispondente alla somma versata (1).

3. Il decorso del termine di trentasei mesi dalla domanda, ai sensi dell’35, comma 18, della legge n. 28.2.85, n. 47 e successive modificazioni, è circostanza sufficiente per consentire all’interessato di eccepire la prescrizione a tardive richieste di conguaglio, purchè si tratti di somma mancante (o eccedente, vigendo la stessa regola per i rimborsi) rispetto al dovuto, nei termini autoliquidati al momento della domanda e successivamente ritenuti erronei. L’omesso o non integrale pagamento dell’oblazione autoliquidata, invece, è soggetto alle diverse conseguenze di cui all’art. 39, c. 6, L. n. 724/94, che prevede "a pena di improcedibilità della domanda" di condono, l’obbligo di versare "in luogo della somma residua, il triplo della differenza tra la somma dovuta e quella versata, in unica soluzione entro il 31 marzo 1995" (evidentemente con possibilità per l’Amministrazione – oltre tale data – di riesaminare la situazione di abuso edilizio e di applicare le misure sanzionatorie previste, ove il maggiore versamento risultasse non effettuato).

4. In considerazione dell’autonomia della procedura di sanatoria, rispetto a quella di definizione dell’oblazione, non si può ritenere che una mera richiesta di documenti relativi alla prima di tali procedure, senza alcun riferimento all’individuazione di un debito pecuniario, possa classificarsi quale atto di costituzione in mora del debitore, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2943 cod. civ. (2).

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(1) Cfr. in tal senso Cass. Pen., sez. III, 15 dicembre 1987, n. 1817; 26 maggio 1988, n. 762 e 26 ottobre 1996, n. 3178.

(2) Cfr. in tal senso, TAR Marche-Ancona, 11 gennaio 1997, n. 3. Alla stregua del principio nella specie il TAR Lazio ha inoltre ritenuto che la contestazione da parte del Comune circa la non veridicità dell’autocertificazione (secondo la quale l’immobile, oggetto dell’abuso, sarebbe destinato a prima abitazione del ricorrente), e l’aver sostenuto l’applicabilità della detrazione di cui trattasi nei confronti di soggetti, che usufruiscano dell’opera abusiva "come prima abitazione, ma a titolo diverso dalla proprietà….anche se legati al proprietario da vincoli di parentela", costituiva una questione meramente interpretativa, che era stata sollevata sulla base di una circolare del Ministero dei Lavori Pubblici (n. 2241/UL del 17.6.1995) e che avrebbe dovuto essere prospettata nei termini, di cui all’art. 35, c. 18, L. n. 47/85.

D’altra parte, la natura dei documenti richiesti e la successiva, non correlata esclusione di una certa aliquota riduttiva, non consentivano di individuare una dolosa occultazione dell’esistenza del debito, idonea a determinare sospensione della prescrizione, nei termini di cui all’art. 2941, c. 1, n. 8 cod. civ.

 

 

per l'annullamento

della determinazione definitiva dell’importo dell’oblazione, comunicata con nota n. prot. 3317 del 26.3.1998, notificata in data 1.4.98;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune intimato;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 21 dicembre 2000, il Consigliere G. De Michele e uditi, altresì, i difensori delle parti, come da verbale di udienza in data odierna;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Attraverso il ricorso in esame, notificato il 29.5.1998, si contesta la determinazione in via definitiva dell’importo dell’oblazione – dovuta per il condono di opere edilizie abusive ex L. n. 724/94 – comunicata con nota n. prot. 3317 del 26.3.98, notificata in data 9.3.1998, in base alla quale dovrebbe ancora essere corrisposta la somma di £. 6.685.224, con ulteriori maggiorazioni e interessi.

Avverso la predetta determinazione comunale vengono prospettati i seguenti motivi di gravame:

violazione dell’art. 35, comma 18, della legge 28.2.1985, n. 47, con riferimento al termine perentorio di 36 mesi – decorrenti dalla data di presentazione dell’istanza di sanatoria – entro i quali deve essere effettuata a pena di prescrizione l’eventuale richiesta di conguaglio delle somme, autodeterminate e versate dall’interessato a titolo di oblazione;

errato diniego di riduzione ex artt. 44 L. n. 47/85 e 39, c. 13, L. n. 724/94; violazione del giusto procedimento ed illogicità, spettando il beneficio di cui trattasi non solo al proprietario, ma a chiunque si trovi – a qualunque titolo – in un rapporto di effettivo possesso ed utilizzo del bene;

errata applicazione di norme ed abuso di potere, riguardando la sanatoria la prima abitazione del ricorrente e non essendo previsto il pagamento di interessi, viceversa richiesti;

eccesso di potere sotto vari profili, non dovendo il rilascio della sanatoria essere condizionato al pagamento della somma, richiesta a titolo di saldo dell’oblazione.

Il Comune di Campagnano, costituitosi in giudizio, chiede il rigetto dell’impugnativa.

DIRITTO

Il ricorso appare fondato, in base alla prima e assorbente censura di violazione di legge, riferita all’art. 35, comma 18, della legge n. 28.2.85, n. 47, come modificata dall’art. 4 del D.L. 12.1.88, n. 2, convertito con modificazioni in legge 13.3.88, n. 68.

Secondo tale norma, "fermo il disposto del primo comma dell’art. 40, e con l’esclusione dei casi di cui all’art. 33, decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta ove l’interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all’ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all’accatastamento. Trascorsi trentasei mesi si prescrive l’eventuale diritto al conguaglio o al rimborso spettanti".

Il testo legislativo sopra riportato disciplina una procedura – quella del cosiddetto condono edilizio – cui si vuole assicurare completa definizione in tempi certi: due anni per il rilascio della sanatoria anche in forma tacita e tre anni – a pena di prescrizione dei correlativi diritti - per il conclusivo calcolo delle somme, dovute a titolo di oblazione (non anche di contributo di concessione, separatamente disciplinato – art. 37 L. cit. – e per il quale debbono ritenersi vigenti le regole ordinarie); entrambi i termini sopra specificati risultano decorrenti dalla data della domanda (in tal senso dispone anche – in conformità alla prevalente interpretazione fornita dalla giurisprudenza - la circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 142 del 6.2.1989).

Non appare istituito, peraltro, un rapporto di interdipendenza tra l’anzidetta prescrizione e l’effettiva maturazione del silenzio assenso; le due procedure, in effetti, sono fra loro relativamente autonome: non a caso l’art. 39 della medesima legge n. 47/85 prevede che anche per opere non ammesse a sanatoria – purchè in astratto rientranti nei termini del condono – il pagamento dell’oblazione estingua i reati contravvenzionali, di cui al precedente art. 38 e che le eventuali sanzioni pecuniarie siano ridotte in misura corrispondente alla somma versata; cfr. in tal senso Cass. Pen., sez. III, 15.12.87, n. 1817; 26.5.88, n. 762 e 26.1096, n. 3178).

Il decorso del termine di trentasei mesi dalla domanda, quindi, è circostanza sufficiente per consentire all’interessato di eccepire la prescrizione a tardive richieste di conguaglio, purchè si tratti – appunto – di somma mancante (o eccedente, vigendo la stessa regola per i rimborsi) rispetto al dovuto, nei termini autoliquidati al momento della domanda e successivamente ritenuti erronei.

L’omesso o non integrale pagamento dell’oblazione autoliquidata, invece, è soggetto alle diverse conseguenze di cui all’art. 39, c. 6, L. n. 724/94, che prevede "a pena di improcedibilità della domanda" di condono, l’obbligo di versare "in luogo della somma residua, il triplo della differenza tra la somma dovuta e quella versata, in unica soluzione entro il 31 marzo 1995" (evidentemente con possibilità per l’Amministrazione – oltre tale data – di riesaminare la situazione di abuso edilizio e di applicare le misure sanzionatorie previste, ove il maggiore versamento risultasse non effettuato).

Nel caso di specie, non è contestato il pagamento dell’oblazione, calcolata all’atto della domanda di sanatoria (28 febbraio 1995), ma attraverso l’atto che in questa sede si impugna (atto emesso in data 26 marzo 1998, su conforme determinazione del responsabile del procedimento) il Comune di Campagnano rettifica le modalità di calcolo, con particolare riguardo ad erronea "riduzione dell’oblazione per prima abitazione", con conseguente imposizione di pagamento di una somma maggiore, rispetto a quella a suo tempo corrisposta.

Si tratta dunque – indubbiamente – di una richiesta di conguaglio, per correzione di presunti errori di calcolo e non di contestazione di mancato pagamento; detta richiesta, inoltre, risulta emessa dopo la scadenza del termine di 36 mesi, di cui al ricordato art. 35, c. 18, L. n. 47/85 ed alla stessa, pertanto, può essere validamente eccepita la prescrizione.

Non modifica le conclusioni sopra raggiunte la lettera del citato Comune in data 4.1.1996 (n. prot. 130), lettera attraverso la quale si richiedeva all’interessato la produzione di una serie di documenti, integrativi della pratica di sanatoria.

Il Collegio non esclude, infatti, che in ordine alla prescrizione di cui trattasi valgano gli effetti interruttivi e sospensivi, al riguardo previsti nel codice civile; tenuto conto, tuttavia, della già ricordata autonomia della procedura di sanatoria, rispetto a quella di definizione dell’oblazione, non si può ritenere che una mera richiesta di documenti relativi alla prima di tali procedure, senza alcun riferimento all’individuazione di un debito pecuniario, possa classificarsi quale atto di costituzione in mora del debitore, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2943 cod. civ. (cfr. anche, in tal senso, TAR Marche, Ancona, 11.1.1997, n. 3).

La natura dei documenti richiesti e la successiva, non correlata esclusione di una certa aliquota riduttiva, infine, non consentono di individuare una dolosa occultazione dell’esistenza del debito, idonea a determinare sospensione della prescrizione, nei termini di cui all’art. 2941, c. 1, n. 8 cod. civ.

Il Comune resistente contesta, infatti, non la veridicità dell’autocertificazione, secondo la quale l’immobile, oggetto dell’abuso, sarebbe destinato a prima abitazione del ricorrente, ma l’applicabilità della detrazione di cui trattasi nei confronti di soggetti, che usufruiscano dell’opera abusiva "come prima abitazione, ma a titolo diverso dalla proprietà….anche se legati al proprietario da vincoli di parentela": una questione, dunque, meramente interpretativa, che viene sollevata sulla base di una circolare del Ministero dei Lavori Pubblici (n. 2241/UL del 17.6.1995) e che avrebbe dovuto essere prospettata nei termini, di cui al richiamato art. 35, c. 18, L. n. 47/85.

Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che il ricorso debba essere accolto, con conseguente declaratoria del diritto del ricorrente di eccepire la prescrizione del debito contestatogli e la correlativa inefficacia della richiesta di pagamento.

Le altre censure possono – ad avviso del Collegio stesso – ritenersi assorbite; le spese giudiziali, da porre a carico della parte resistente – vengono liquidate nella misura di £. 1.500.000 (unmilionecinquecentomila).

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, (Sez. II bis), ACCOGLIE il ricorso n. 8054/98, specificato in epigrafe e – per l’effetto – DICHIARA L’INEFFICACIA della richiesta di conguaglio n. 3318 del 26.3.98, in presenza dell’eccezione di prescrizione formulata dal ricorrente.

CONDANNA il Comune di Campagnano al pagamento delle spese giudiziali, nella misura di £. 1.500.000 (unmilionecinquecentomila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 21 dicembre 2000 con l'intervento dei Magistrati:

Presidente Franco Bianchi

Consigliere Consigliere est. Gabriella De Michele

Depositata il 3 febbraio 2001.

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