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n. 9-2002 - © copyright.

TAR LAZIO, SEZ. II BIS – Sentenza 3 settembre 2002 n. 7586 Pres. Giulia, Est. Speranza - Gargiulo (Avv. Paternò Raddusa) c. Comune di Roma (Avv. Lesti) e Ministero di Grazia e Giustizia ed altro (Avv.ra Stato) – (accoglie).

1. Pubblico impiego – Stipendi, assegni ed indennità – Indennità giudiziaria – Ex L. n. 221/1988 – Non spetta ai soggetti che svolgano funzioni che nulla hanno a che vedere con l’attività giudiziaria.

2. Pubblico impiego – Stipendi, assegni ed indennità – Indennità giudiziaria – Ex L. n. 221/1988 – Natura e presupposti per il riconoscimento – Individuazione – Fattispecie.

1. L’indennità c.d. giudiziaria prevista dalla legge 22 giugno 1988, n. 221 per il personale delle segreterie e cancellerie giudiziarie spetta al personale che presta attività presso tali uffici, a prescindere dalla appartenenza ai ruoli dell’amministrazione giudiziaria e quindi anche al personale ivi distaccato o comandato (1); occorre tuttavia che la prestazione sia inerente alla attività giudiziaria e, pertanto, l’indennità in questione non spetta a soggetto che, pur prestando servizio nei predetti uffici giudiziari, svolga funzioni che nulla hanno a che vedere con l’attività giudiziaria ovvero funzioni che non comportino "collaborazione diretta col personale di magistratura"

2. L’indennità c.d. giudiziaria prevista dalla legge 22 giugno 1988, n. 221 non ha natura retributiva, in quanto, pur trovando la sua fonte diretta e immediata nel rapporto di lavoro che lega il dipendente alla struttura amministrativa dell’organizzazione giudiziaria, non è finalizzata a compensare direttamente ed in via esclusiva tale prestazione, essendo rivolta in modo speciale ad indennizzare solo il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie del particolare, intenso, delicato ed ininterrotto servizio prestato per l’esatto ed ordinato funzionamento degli uffici giudiziari, condizione indispensabile per la corretta ed ordinata amministrazione della giustizia (2). In tale ottica e per tale finalità, il compenso in questione è da riconoscere a tutto il personale che assicuri, in concreto, l’indicata funzione, indipendentemente dalla sua appartenenza ai ruoli dell’Amministrazione giudiziaria (3) (alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto che la indennità in questione spettava alla ricorrente, la cui attività lavorativa svolta presso gli Uffici di Conciliazione di Roma con mansioni di cancelliere aggiunto, poteva ricondursi ad attività di collaborazione con il personale di tale magistratura).

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(1) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 9 gennaio 2001,n. 42; id., 17 ottobre 2000, n. 5516.

(2) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 febbraio 2001, n. 500.

(3) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 settembre 1992, n. 714; 30 marzo 1994, n. 307; 15 aprile 1996, n. 495; C.G.A., 25 settembre 2001, n. 403

Nella motivazione della sentenza in rassegna si ricorda che la legge 22 giugno 1988, n. 221 ha attribuito, a decorrere dal 1° gennaio 1988, al personale dirigente e qualifiche equiparate delle cancellerie e segreterie giudiziarie (art. 1) e al personale delle qualifiche funzionali dei ruoli di detti uffici (art. 2), l’indennità non pensionabile istituita dall’art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 per i magistrati ordinari.

L’art. 1 della legge 15 febbraio 1989, n. 51 ha, poi, esteso l’indennità in parola al personale amministrativo del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali, della Corte dei Conti, dell’Avvocatura dello Stato e dei Tribunali militari, nonché al personale civile dell’Amministrazione della Difesa inquadrato nella IV o nella V qualifica funzionale, distaccato temporaneamente, in attesa della istituzione di appositi ruoli organici, a prestare servizio presso gli uffici giudiziari della giustizia militare, limitatamente ad un contingente massimo di 129 unità.

Nella motivazione della sentenza, dopo avere ricordato i presupposti per il riconoscimento dell’indennità in questione, si fa riferimento alla copiosa casististica che si è formata sull’argomento.

Si ricoda in particolare che la giurisprudenza ha negato l’indennità in questione a soggetti che, pur prestando servizio nelle cancellerie e segreterie giudiziarie, svolgevano mansioni ritenute non riconducibili alla attività giudiziaria (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17.10.2000, n. 5513, relativa a dipendente comunale svolgente funzioni sue proprie di custode dell’immobile; Cons. Stato, sez. IV, 19.4.2001, n. 2361, concernente dipendente comunale svolgente funzioni di giardiniere; Cons. Stato, sez. IV, 7.2.2001, n. 500, concernente dipendente comunale, assegnato a prestare servizio, quale commesso (III q.f.), nella Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Lecce, con compiti caratteristici della qualifica rivestita e consistenti in mansioni ausiliarie di anticamera, di sorveglianza e di spostamento di fascicoli, ritenute mansioni esulanti da quelle proprie della giurisdizione anche in senso lato; l’indennità è stata esclusa a favore di personale che, pur prestando servizio presso i predetti uffici giudiziari, non svolga funzioni di collaborazione col personale di magistratura, quali custodi, commessi, giardinieri: Cons. Stato, sez. IV, 2.5.2001, n. 2468).

Tale indennità è stata invece ritenuta spettante (cfr. Cons. Stato, sez.  IV, 21.6.2001, n. 3333) per mansioni di centralinista svolte da dipendente comunale comandato a prestare servizio presso un ufficio giudiziario.

E’ stato ricordato, per completezza, che il compenso in parola è stato negato agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria assegnati alle sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica in quanto svolgenti, presso tali sezioni, esclusivamente la propria attività di polizia giudiziaria (cfr. Cons. Stato, sez.  IV, 5.7.2000, n. 3738 e 27.11.2000, n. 6279).

 

 

per ottenere

la declaratoria e l’accertamento del diritto della parte ricorrente a percepire l’indennità giudiziaria prevista dall’art.2, comma 1, della legge 22 giugno 1988,n.221, e dall’art.1 della legge 10 ottobre 1996, n. 525, per le mansioni svolte presso l’Ufficio di Conciliazione di Roma;

per la condanna delle indicate Amministrazioni, in solido o singolarmente, di quanto risulterà dovuto, oltre interessi e rivalutazione monetaria;

(omissis)

F A T T O

La parte nominata in epigrafe, che dichiara di essere dipendente del Comune di Roma e di avere prestato ininterrotta attività lavorativa dal 13.4.71 al 17.10.96 presso gli Uffici di Conciliazione di Roma con mansioni di cancelliere aggiunto del VI Ufficio, con il presente ricorso, notificato in data 22.7.1999 e depositato il 30 luglio successivo, ha chiesto il riconoscimento, in ragione delle anzidette mansioni, dell’indennità giudiziaria di cui all’art.2 della legge n.221/1988 per il periodo 1.1.88 – 17.10.96, indennità mai corrisposta dalle resistenti Amministrazioni, il cui inadempimento viene censurato per violazione di legge, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta.

La parte ricorrente sostiene che l’indennità di amministrazione(già denominata "indennità giudiziaria dalla legge n.221/1988) compete al personale in servizio presso le cancellerie e segreterie giudiziarie, personale al quale è stato equiparato quello che, pur non facendo parte degli uffici del Ministero di Grazia e Giustizia, sia stato comandato o distaccato a prestare servizio presso tali uffici.

Difatti - prosegue la parte istante – ciò che rileva, come più volte ribadito dalla giurisprudenza(C.d.S., IV, n.714/92; n.307/94; n.417/96 e n.705/97), non è l’appartenenza ad un ruolo specifico, bensì la prestazione effettivamente svolta presso l'A.ne giudiziaria, indipendentemente dall’inquadramento organico nelle strutture del Ministero di Grazia e Giustizia, dovendo individuarsi la ratio della percezione della indennità in questione nel relativo impegno lavorativo e non nello status dei beneficiari.

Pertanto, il diritto a percepire l’indennità in parola, giustificata dall’effettivo svolgimento delle mansioni proprie del personale di cancelleria e segreteria giudiziaria, va riconosciuto non solo ai dipendenti dello Stato, ma anche a quelli degli enti locali che assolvano a tali funzioni, risultando altrimenti illegittima ogni eventuale discriminazione.

Il Ministero della Giustizia ha opposto la infondatezza del ricorso in relazione al tipo di attività effettivamente assolta dalla parte ricorrente, eccependo comunque l’intervenuta prescrizione del diritto di credito vantato(cfr. memoria 20.2.2002).

Il Comune di Roma ha eccepito, in via preliminare, il difetto di legittimazione passiva, (atteso che per l’erogazione della indennità in questione, ove dovuta, sarebbe legittimato passivamente il Ministero della Giustizia, mentre, non rientrando la gestione degli uffici del Conciliatore tra i fini istituzionali del Comune, l’unico obbligo a carico dello stesso ente locale riguarda la messa a disposizione di locali idonei e di personale) e, nel merito, la infondatezza della pretesa di cui si tratta.

D I R I T T O

Come accennato, la questione sottoposta all’esame della Sezione concerne la spettanza, o meno, della indennità giudiziaria prevista dalla legge n.221 del 1988 in favore del personale amministrativo(nella specie comunale) assegnato a prestare servizio presso le cancellerie e segreterie giudiziarie.

Va ricordato che la legge 22 giugno 1988,n.221 ha attribuito, a decorrere dal 1° gennaio 1988, al personale dirigente e qualifiche equiparate delle cancellerie e segreterie giudiziarie(art.1) e al personale delle qualifiche funzionali dei ruoli di detti uffici(art.2), l’indennità non pensionabile istituita dall’art.3 della legge 19 febbraio 1981,n.27 per i magistrati ordinari.

L’art.1 della legge 15 febbraio 1989,n.51 ha, poi, esteso l’indennità in parola al personale amministrativo del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali, della Corte dei Conti, dell’Avvocatura dello Stato e dei Tribunali militari, nonché al personale civile dell’Amministrazione della Difesa inquadrato nella IV o nella V qualifica funzionale, distaccato temporaneamente, in attesa della istituzione di appositi ruoli organici, a prestare servizio presso gli uffici giudiziari della giustizia militare, limitatamente ad un contingente massimo di 129 unità.

Circa la natura giuridica e la ratio giustificativa della indennità in discorso, è stato osservato che essa non ha natura retributiva, in quanto, pur trovando la sua fonte diretta e immediata nel rapporto di lavoro che lega il dipendente alla struttura amministrativa dell’organizzazione giudiziaria, non è finalizzata a compensare direttamente ed in via esclusiva tale prestazione, essendo rivolta in modo speciale ad indennizzare solo il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie del particolare, intenso, delicato ed ininterrotto servizio prestato per l’esatto ed ordinato funzionamento degli uffici giudiziari, condizione indispensabile per la corretta ed ordinata amministrazione della giustizia(cfr. C.d.S., IV, 7.2.2001,n.500).

In tale ottica e per tale finalità, il compenso in questione è stato riconosciuto a tutto il personale che assicuri, in concreto, l’indicata funzione, indipendentemente dalla sua appartenenza ai ruoli dell’A.ne giudiziaria(cfr. C.d.S., IV, 2.9.92,n.714, 30.3.94,n.307, 15.4.96,n.495; Csi 25.9.2001, n.403).

La giurisprudenza, pur ribadendo il principio secondo cui l’indennità c.d. giudiziaria prevista per il personale delle segreterie e cancellerie giudiziarie spetta al personale che presta attività presso tali uffici, a prescindere dalla appartenenza ai ruoli dell’amministrazione giudiziaria e quindi anche al personale ivi distaccato o comandato(C.d.S., IV, 9.1.2001, n. 42, 17.10.2000, n. 5516), ha avuto occasione di precisare, quale condizione per la fruizione dell’indennità in parola, che la prestazione sia inerente alla attività giudiziaria e che pertanto l’indennità non spetta a soggetto che, pur prestando servizio nei predetti uffici giudiziari, svolga funzioni che nulla hanno a che vedere con l’attività giudiziaria ovvero funzioni che non comportino "collaborazione diretta col personale di magistratura".

Quanto alla casistica, può ricordarsi che la giurisprudenza, in applicazione del principio su enunciato, ha negato l’indennità in questione a soggetti che, pur prestando servizio nelle cancellerie e segreterie giudiziarie, svolgevano mansioni ritenute non riconducibili alla attività giudiziaria(Cfr. C.d.S., IV, 17.10.2000,n.5513, relativa a dipendente comunale svolgente funzioni sue proprie di custode dell’immobile; C.d.S., IV, 19.4.2001, n.2361, concernente dipendente comunale svolgente funzioni di giardiniere; C.d.S., IV, 7.2.2001,n.500, concernente dipendente comunale, assegnato a prestare servizio, quale commesso(III q.f.), nella Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Lecce, con compiti caratteristici della qualifica rivestita e consistenti in mansioni ausiliarie di anticamera, di sorveglianza e di spostamento di fascicoli, ritenute mansioni esulanti da quelle proprie della giurisdizione anche in senso lato; l’indennità è stata esclusa a favore di personale che, pur prestando servizio presso i predetti uffici giudiziari, non svolga funzioni di collaborazione col personale di magistratura, quali custodi, commessi, giardinieri: C.d.S., IV, 2.5.2001,n.2468).

Tale indennità è stata invece ritenuta spettante (cfr. C.d.S., IV, 21.6.2001, n. 3333) per mansioni di centralinista svolte da dipendente comunale comandato a prestare servizio presso un ufficio giudiziario. Va ricordato, per completezza, che il compenso in parola è stato negato agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria assegnati alle sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica in quanto svolgenti, presso tali sezioni, esclusivamente la propria attività di polizia giudiziaria (cfr. C.d.S., IV, 5.7.2000,n.3738 e 27.11.2000,n.6279).

Quanto al caso di specie, va osservato che il Comune, in memoria, non ha contestato l’avvenuto svolgimento, da parte della ricorrente, delle mansioni anzidette, mansioni del resto documentate dall’interessata.

In applicazione dei principi giurisprudenziali sopra richiamati, ritiene il Collegio che la pretesa della ricorrente ha fondamento, atteso che il tipo di attività da essa svolta presso gli uffici di Conciliazione di Roma, può ricondursi ad attività di collaborazione con il personale di tale magistratura.

La domanda della parte ricorrente di detto compenso, peraltro, va accolta, allo stato degli atti, nei limiti della prescrizione (quinquennale) eccepita dall’Amministrazione della Giustizia e, quindi, a partire dal 22.7.94 e fino al 30.4.97, avuto riguardo alla data di avvenuta notificazione del presente ricorso(22.7.1999), non avendo l’interessata dimostrato di avere presentato alla stessa A.ne, in data antecedente, istanze interruttive della prescrizione aventi ad oggetto l’erogazione dell’emolumento in questione.

Sulle somme riconosciute dovute alla ricorrente per il titolo in discorso, spettano interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data suindicata fino all’effettivo soddisfo.

Quanto a detti accessori, inerenti ad assegno considerato fisso e continuativo e non avente carattere indennitario in senso stretto, ma costituente parte integrante della retribuzione(cfr. Corte dei Conti, Sezione contr., 4.6.90,n.34), trovano applicazione i principi di cui all’art,22, comma 36, della legge n.724 del 1994(che ha esteso dalla data della sua entrata in vigore:1°.1.1995, il divieto di cumulo degli interessi e della rivalutazione monetaria anche per gli emolumenti di natura retributiva per i quali non sia maturato il diritto alla percezione entro il 31.12.94, con conseguente cumulabilità degli interessi e della rivalutazione monetaria per gli inadempimenti verificatisi prima del 1°.1.95), nonché di cui alla sentenza del Consiglio di Stato, Ad. Plen., 15.6.98,n.3(secondo cui gli interessi legali e la rivalutazione monetaria per gli emolumenti corrisposti in ritardo ai lavoratori dipendenti vanno calcolati separatamente sull’importo nominale del credito, per cui sulla somma dovuta per rivalutazione non vanno calcolati né gli interessi, né la rivalutazione ulteriore e sulla somma dovuta a titolo di interessi non vanno computati ancora interessi e rivalutazione).

In conclusione, in accoglimento del ricorso, va dichiarato il diritto della ricorrente, e il correlativo obbligo a carico del Ministero della Giustizia, che ha beneficiato delle prestazioni della ricorrente (cfr. TAR Calabria, Sez. Catanzaro, 11.3.98,n.190), alla corresponsione delle maggiori somme ad essa spettanti per il titolo in parola, maggiorate degli interessi e della rivalutazione monetaria nei sensi, limiti e modalità sopra indicati.

Quanto alle spese di giudizio, ivi compresi onorari e competenze, esse possono compensarsi fra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione II BIS, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, dichiara il diritto della ricorrente alla corresponsione della indennità giudiziaria nei sensi e limiti di cui in motivazione.

Condanna l’Amministrazione della Giustizia al pagamento, in favore della ricorrente, delle relative somme al medesimo spettanti per il titolo in questione, con interessi e rivalutazione monetaria, nei sensi, limiti e modalità precisati in motivazione anche per tale parte.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 18 aprile 2002.

Patrizio GIULIA PRESIDENTE

Evasio SPERANZA CONSIGLIERE, EST.

Depositata il 3 settembre 2002.

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