TAR LAZIO, SEZ. II TER – Sentenza 3 aprile 2002 n. 2737 - Pres. Leva, Est. Taglienti - Mirauto srl (Avv. Marella) c. Comune di Roma (Avv. Rocchi) - (riuniti due ricorsi, li respinge entrambi).
1. Edilizia ed urbanistica - Autorizzazione edilizia - Pertinenza - Nozione - E’ diversa da quella civilistica - Sussistenza di opere accessorie prive di capacità di un utilizzo separato e indipendente - Necessità.
2. Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Necessità - Per caravan collocato in maniera fissa - Sussiste.
Nel campo urbanistico, la nozione di pertinenza deve essere interpretata alla luce dei principi della materia edilizia e non di quelli civilistici di cui agli artt. 817 e ss. del c.c., nel senso che restano fuori dall’ambito di operatività della concessione edilizia i soli interventi di edilizia minori, rientrando nella nozione solo piccole opere accessorie prive di capacità di un utilizzo separato e indipendente, strettamente poste al servizio di quelle principali (1).
Occorre concessione edilizia per la installazione di un caravan collocato nel terreno in maniera fissa, ancorchè esso sia utilizzato al servizio di un edificio, non potendosi considerarsi il caravan come una pertinenza ai fini dell’assoggettabilità al regime autorizzatorio di cui all’art. 7 D.L. n. 9/82 (2).
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(1) Cfr. TAR Lombardia-Brescia 4 luglio 2000, n. 610; TAR Toscana 9 maggio 2000, n. 785; TAR Sardegna 29 maggio 2001, n. 639.
Sulla nozione di pertinenza alla quale fare riferimento nel campo edilizio v. anche in questa Rivista Internet Cons. Stato, Sez. V, sent. 30 ottobre 2000 n. 5828, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds5_2000-5828.htm.
Alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto che non potevano considerarsi pertinenze un capannone su plateatico di cemento di mq. 55 ed un caravan di mq. 21.
Ha osservato in particolare il TAR Lazio che il capannone, tra l’altro, non risultava coessenziale al bene principale nello svolgimento della attività, né precario. Ciò che comunque rilevava era l’impatto urbanistico del bene che, con il suo impegno volumetrico non indifferente, veniva a modificare l’assetto territoriale della zona. Altrettanto poteva dirsi per la collocazione fissa del caravan.
(2) Cfr. TAR Marche, 5 novembre 1999, n. 1177.
FATTO
Con il primo ricorso notificato l’8.9.00 e depositato il 22.09.00, la società Mirauto s.r.l., locataria di un terreno in Via Arco di Travertino n. 5, ha impugnato la Determinazione Dirigenziale n. 1119 con la quale il Comune di Roma ha disposto la sospensione dei lavori per la costruzione di opere ritenute pertinenziali, realizzate nel suindicato terreno. Successivamente, con il secondo ricorso, notificato il 17.10.00 e depositato il 27.10.00, la stessa società ha impugnato la Determinazione Dirigenziale n. 1509 dell’11.8.00 del Comune di Roma con la quale è stata disposta la demolizione delle stesse opere.
Premesso che la Società ricorrente ha presentato, per la propria attività commerciale espositiva di auto e moto a servizio di vendita, una D.I.A. in data 18.6.98 nella quale è contenuta la descrizione di lavori che si sarebbero dovuti eseguire risulta realizzata una struttura in plastica destinata a funzioni pertinenziali e strumentali della sua attività. Il Comune di Roma ha ricondotto la realizzazione di tale struttura nell’area di un regime concessorio e, constatando l’assenza di una preventiva concessione edilizia, ha adottato, in un primo tempo, il provvedimento cautelare di sospensione dei lavori e, successivamente, il provvedimento di demolizione delle stesse opere ritenute meramente pertinenziali già avviate.
Pertanto, avverso il primo ricorso la ricorrente deduce:
1) Violazione ed erronea applicazione dell’art. 4 L. 28.2.85 n. 47;
2) Eccesso di potere per travisamento ed erroneità di presupposti;
3) Difetto di adeguata istruttoria;
Trattandosi di un’opera che per sua struttura e funzione risulta inidonea ad introdurre significative trasformazioni urbanistiche o edilizie del territorio essa non è riconducibile nell’area delle concessioni edilizie;
Avverso il secondo ricorso, la ricorrente deduce:
1) Violazione ed erronea applicazione dell’art. 9 L. 28.2.85 n. 47 in relazione agli artt 817 c.c. e 7 lett. a) L. 25.3.82 n. 94;
Si sottolinea il legame funzionale delle opere in questione al servizio del bene principale, evidenziandone il carattere pertinenziale in quanto sfornite di autonomo valore di mercato;
2) Eccesso di potere per travisamento ed erroneità nei presupposti. Difetto di motivazione e adeguata istruttoria. Manifesta ingiustizia; si lamenta una carenza di motivazione per l’assenza di un iter logico del provvedimento amministrativo seguito che porta ad escludere le opere realizzate dal regime autorizzatorio; Costituitasi l’amministrazione intimata, ha sostenuto l’infondatezza di entrambi i ricorsi, dichiarando di aver agito nell’applicazione dell’art. 7 L. n. 47/85 e giustificando l’adozione dei propri provvedimenti sull’accertametno di una situazione di fatto pienamente riconducibile ad un regime concessorio;
DIRITTO
Con i ricorsi in epigrafe la società ricorrente ha impugnato due determinazioni dirigenziali con le quali il Comune di Roma ha disposto, prima la sospensione, e poi la demolizione delle opere realizzate dalla società nel terreno di cui essa è locataria, per l’esercizio della propria attività di esposizione e vendita di auto e moto, costituite da un capannone su plateatico di cemento di mq. 55 e da installazione fissa di un caravan di mq. 21.
Il collegio dispone la riunione dei due ricorsi per ragioni di evidente connessione oggettiva e soggettiva, al fine di una loro soluzione congiunta.
Sotto il primo profilo la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 4 della L. 47/85, sostenendo l’impossibilità di ricondurre la fattispecie in esame nell’ambito di una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, trattandosi piuttosto di una struttura di natura pertinenziale.
Il collegio ritiene di non poter condividere tale definizione. Risulta, infatti, per costante orientamento giurisprudenziale, che la nozione di pertinenza deve essere interpretata alla luce dei principi della materia urbanistica – edilizia e non di quelli contenuti negli artt. 817 e ss. del c.c., nel senso che restano fuori dall’ambito di operatività della concessione edilizia i soli interventi di edilizia minori. In tema di pertinenza è unicamente il tipo di collegamento funzionale con la cosa principale e non l’esistenza di un collegamento fisico l’elemento distintivo tra l’ampliamento della cosa principale (soggetto a concessione) in cui la nuova struttura costituisce elemento essenziale della stessa e pertinenza (soggetta ad autorizzazione) in cui il collegamento non attiene all’essenza della cosa, avendo solo funzione di mero servizio. La natura pertinenziale per fini edilizi non coincide con quella civilistica, ma comprende solo piccole opere accessorie prive di capacità di un utilizzo separato e indipendente, strettamente poste al servizio di quelle principali (cfr. TAR Lombardia-Brescia 4/7/2000 n. 610; TAR Toscana 9/5/2000 n. 785; TAR Sardegna 29/5/2001 N. 639).
Pertanto, non può considerarsi pertinenza ai fini dell’assoggettabilità al regime autorizzatorio di cui all’art. 7 DL 9/82 l’intervento edilizio di costruzione del capannone in oggetto che, tra l’altro, non risulta coessenziale al bene principale nello svolgimento della propria attività commerciale, né precario. Ciò che comunque rileva è l’impatto urbanistico del bene che, con il suo impegno volumetrico non indifferente, modifica l’assetto territoriale della zona. Altrettanto può dirsi per la collocazione fissa del caravan, secondo quanto la giurisprudenza amminsitrativa ha già avuto modo di affermare (cfr. ad es. TAR Marche 5/11/99 n. 1177). Sotto il secondo profilo, la società ricorrente lamenta un difetto di adeguata istruttoria e una carenza di motivazione del provvedimento che dispone la demolizione delle strutture stesse, di cui precedentemente era stata disposta la sospensione dei lavori.
Nemmeno detta censura può essere accolta, giacchè nella fattispecie l’istruttoria adeguata consiste nella individuazione esatta del bene, che nella fattispecie è avvenuta, non essendo contestato tra le parti il fatto; le conseguenze demolitorie derivano poi da una interpretazione delle norme.
Per lo stesso motivo non può condividersi la censura di difetto di motivazione, giacchè è chiaro, dai provvedimenti impugnati, che l’Amministrazione ha ritenuto le opere rientranti nel regime concessorio e non in quello meramente autorizzatorio.
In conclusione i due ricorsi devono esser respinti. La condanna al pagamento delle spese di giudizio segue la soccombenza; esse sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione II ter, riuniti i ricorsi in epigrafe, li respinge entrambi.
Condanna la soc. MIRAUTO al pagamento in favore del Comune di Roma delle spese di giudizio, che liquida in complessive euro 2.000.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 febbraio 2002, con l’intervento dei Magistrati
Gianni LEVA Presidente
Paolo RESTAINO Consigliere
Carlo TAGLIENTI Consigliere estensore
Depositata il 3 aprile 2002.