Giust.it

Giurisprudenza
n. 5-2001 - © copyright.

TAR LAZIO, SEZ. III - Ordinanza 10 maggio 2001 n. 4050 - Pres. Cossu, Est. Mollica - Zangrilli ed altri (Avv. M. Sanino) c. Università degli studi di Roma Tor Vergata (Avv.ra Stato) e Spina ed altri (n.c.).

Pubblico impiego - Dipendenti Università - Tecnici laureati medici - Art. 8, comma 10°, L. n. 370/1999 - Non comporta l’inquadramento dei tecnici laureati nel ruolo dei ricercatori.

Pubblico impiego - Dipendenti Università - Tecnici laureati medici - Inquadramento nel ruolo ricercatori - Esclusione - Art. 8, comma 10°, L. n. 370/1999 - Contrasto con artt. 3 e 97 Cost. - Questione di legittimità costituzionale - Va sollevata.

L’art. 8, comma 10, della L. 19 ottobre 1999 n. 370, secondo cui il personale di cui all'art. 6, comma 5, del D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 502 e successive modificazioni è ricompreso nelle dizioni previste dall' art. 16, comma 1, della L. 19 novembre 1990 n. 341 e successive modificazioni, non può essere interpretato come previsione d'inquadramento ex lege dei tecnici laureati medici nel ruolo dei ricercatori universitari, bensì come conclusivo momento di equiordinazione funzionale fra le dette categorie, che restano peraltro distinte sul piano dello stato giuridico.

Non è manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 10, della L. 19 ottobre 1999 n. 370 nella parte in cui, nel costituire momento conclusivo dell'evoluzione normativa di equiordinazione funzionale tra i tecnici laureati medici e i ricercatori universitari, non ha contestualmente previsto la correlata collocazione dei primi nell’apparato organizzativo universitario in posizione formale corrispondente alle funzioni normativamente esercitate.

 

 

per l’annullamento

della nota Rettorale del 20 luglio 2000 prot. 27341/00 di risposta all’atto di diffida all’inquadramento dei ricorrenti nel ruolo dei ricercatori universitari confermati, e di ogni altro atto a questo annesso, connesso, presupposto e/o conseguenziale, anche non conosciuto dai ricorrenti, e per il conseguente

riconoscimento del diritto

dei ricorrenti ad essere inquadrati nel ruolo dei ricercatori universitari confermati.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli studi di Roma "Tor Vergata";

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore, per la pubblica udienza del 10 gennaio 2001, il Consigliere Bruno Mollica;

Uditi, altresì, i difensori delle parti, come da verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto:

FATTO

I ricorrenti espongono di essere tecnici laureati medici e odontoiatri, funzionari tecnici e collaboratori tecnici in servizio presso l’Università di Roma "Tor Vergata" con funzioni assistenziali.

Impugnano la nota rettorale 20 luglio 2000 prot. 27341/00 di risposta ad atto di diffida all’inquadramento nel ruolo dei ricercatori universitari confermati; chiedono altresì il riconoscimento del diritto ad essere inquadrati nel detto ruolo.

Ciò nell’assunto che la disposizione di cui all’art. 8 comma 10 L. n. 370 del 1999 debba essere intesa come previsione di inquadramento ex lege dei ricorrenti nel ruolo medesimo; sulla base dell’evoluzione normativa il personale in questione sarebbe infatti stato collocato sul medesimo piano giuridico del personale medico docente, sì da aver titolo al detto inquadramento.

A sostegno dell’impugnativa i ricorrenti deducono: violazione e falsa applicazione della L. 19 ottobre 1999 n. 370, in particolare art. 8, comma 10, della L. 19 novembre 1990 n. 341, in particolare art. 12 del D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 502, del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, della L. 14 gennaio 1999 n. 4, in particolare art. 1, comma 10. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare per difetto di motivazione e istruttoria, travisamento dei fatti, ingiustizia manifesta, difetto dei presupposti.

Con memoria difensiva depositata in vista dell’udienza di discussione della causa, i ricorrenti illustrano ulteriormente la prospettazione contenuta nell’atto introduttivo, anche con riferimento al sopravvenuto annullamento straordinario di precedente decreto dell’Università degli studi "La Sapienza" che provvedeva all’inquadramento dei tecnici laureati di quell’Università nel ruolo dei ricercatori, ed al parere reso in merito dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato.

Resiste l’intimata Università ed eccepisce preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia; nel merito, sostiene diffusamente l’infondatezza del gravame e ne chiede il rigetto.

Alla pubblica udienza del 10 gennaio 2001, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

1. – L’impugnativa proposta dagli odierni ricorrenti, tecnici laureati medici e odontoiatri (nonché funzionari tecnici e collaboratori tecnici) in servizio presso l’Università degli studi di Roma "Tor Vergata", è intesa, da un lato, all’annullamento del diniego di inquadramento nel ruolo dei ricercatori universitari confermati; dall’altro, ad ottenere il riconoscimento del diritto ad essere inquadrati nel detto ruolo.

2. – Va in primo luogo disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla resistente Università degli studi.

Ed invero, nella specie si verte in tema di inquadramento nella posizione di ricercatore universitario: la controversia attiene quindi al rapporto d’impiego di tale categoria di personale, ed è conseguentemente attratta nella giurisdizione di questo giudice per effetto della previsione dell’art. 68, comma 4, del D.L.vo 31 marzo 1998 n. 80.

3. – Sulla inammissibilità del ricorso nella parte in cui è diretto all’accertamento del diritto all’inquadramento non sembra possa esservi ragione di dubbio.

Costituisce infatti orientamento giurisprudenziale consolidato, da cui non vi è motivo di discostarsi, che l’istanza di accertamento di un diritto soggettivo all’inquadramento è inammissibile in quanto il relativo provvedimento costituisce attività di organizzazione della Pubblica amministrazione, che sostanzia in capo al dipendente solo posizioni di interesse legittimo che, come tali, esulano da una pretesa accertativa.

4. – Ammissibile si palesa invece la pretesa annullatoria del provvedimento di rigetto dell’inquadramento richiesto, nel quadro della consentita verifica di conformità ai parametri normativi dell’operato dell’Amministrazione.

5. – Si sostiene nel ricorso, in estrema sintesi, che sulla base dell’evoluzione normativa, il detto personale (che, per brevità, viene indicato, d’ora in poi, come "tecnici laureati") sarebbe stato collocato sul medesimo piano giuridico del personale medico docente, sì che la disposizione dell’art. 8 comma 10 della L. 19 ottobre 1999 n. 370 – secondo cui il personale di cui all’art. 6, comma 5, D.L.vo n. 502/92 e successive modificazioni "è ricompreso nelle disposizioni previste dall’art. 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990 n. 341, e successive modificazioni" – andrebbe intesa come previsione di inquadramento ex lege dei ricorrenti nel detto ruolo.

La corretta interpretazione dell’art. 8, comma 10, cit. presuppone un rapido excursus della portata delle norme che rilevano nella specie.

La figura del tecnico laureato è stata configurata dall’art. 35 D.P.R. n. 382/80, dedicato al personale tecnico delle Universita, con la specifica funzione di coadiuvare i docenti per il funzionamento dei laboratori; agli stessi veniva assegnata anche la funzione di diretta responsabilità delle attrezzature scientifiche e didattiche in dotazione e la direzione dell’attività del personale tecnico non laureato assegnato al laboratorio.

L’art. 16, primo comma, L. 19 novembre 1990 n. 341 ha poi stabilito che "nella presente legge, nelle dizioni <<ricercatori>> o <<ricercatori confermati>> si intendono comprese anche quelle di <<assistenti di ruolo ad esaurimento>> e di <<tecnici laureati in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, alla data di entrata in vigore del predetto decreto"; e la "presente legge" specificava, all’art. 12, che i <<ricercatori>>, ad integrazione di quanto previsto dagli articoli 30, 31 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980 n. 382 "adempiono ai compiti didattici in tutti i corsi di studio previsti dalla legge, secondo le modalità di cui ai commi 3, 4, 5, 6 e 7 del presente articolo" (id est: affidamenti e supplenze, anche di corsi e moduli, partecipazione alle Commissioni d’esame, copertura di insegnamenti sdoppiati).

Per effetto di tale norma, quindi, ai tecnici laureati in possesso dei requisiti ex art. 50 D.P.R. n. 382/80 all’entrata in vigore del decreto sono stati attribuiti i precitati compiti di docenza e, deve ritenersi, avuto riguardo al richiamo ai compiti dei ricercatori ex artt. 30, 31 e 32 D.P.R. cit., contenuto nell’art. 12, che anche siffatti compiti (compiti didattici integrativi, esercitazioni, cicli di lezioni interne e attività di seminario) siano ricompresi nel rinvio, costituendo essi funzioni di più limitato spessore rispetto a quelle individuate dall’art. 12 cit., e quindi un prius logico, prima che giuridico, della disposizione stessa.

Ciò, nelle facoltà di medicina, in aggiunta ai compiti assistenziali di fatto esercitati da tale personale in relazione alla carenza, quantomeno all’epoca, di personale medico.

Col successivo art. 6, comma 5, D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 502, come sostituito dall’art. 7 D.L.vo 7 dicembre 1993 n. 517, si è stabilito che nelle strutture delle facoltà di medicina e chirurgia il personale laureato medico e odontoiatra di ruolo, in servizio alla data del 31 ottobre 1992, delle aree tecnico scientifica e socio sanitaria, "svolge anche le funzioni assistenziali".

Per effetto dell’art. 6 cit., al personale per cui è causa, in servizio al 31 ottobre 1992, sono pertanto attribuite formalmente anche le funzioni assistenziali.

Nel quadro di questa evoluzione normativa di assimilazione funzionale dei tecnici laureati ai ricercatori, sembra utile segnalare, ancora, le disposizioni dell’art. 72, comma 3, D.L.vo n. 29/93 – che consente al detto personale l’iscrizione all’ordine professionale – e dell’art. 1 comma 6 L. n. 662/96, che estende al personale medesimo la normativa sulla disciplina dell’attività libero professionale intra ed extra moenia.

In tale complesso normativo si inserisce la precitata disposizione dell’art. 8, comma 10, L. n. 370/99 che, nella prima parte, stabilisce che "al personale di cui all’articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12, commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7, della legge 19 novembre 1990 n. 341".

Ad un primo esame, la disposizione sembrerebbe, inspiegabilmente, meramente reiterativa della attribuzione di compiti dadattici ai tecnici laureati, già prevista dal ricordato art. 16, comma 1, L. n. 341/90 cit. per effetto del rinvio alle disposizioni della "presente legge" (e, quindi, all’art. 12 della legge medesima, che disciplina l’attività di docenza).

Senonchè, una differenza – e non di poco conto – appare ravvisabile fra le due disposizioni, riferendosi la norma degli artt. 16 e 12 L. n. 341/90 ai "tecnici laureati in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, alla data di entrata in vigore del predetto decreto" e, l’art. 8, comma 10, prima parte, L. n. 370/99 cit., "al personale di cui all’articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni", e cioè ai tecnici laureati "in servizio alla data del 31 ottobre 1992".

L’art. 8 comma 10, prima parte, L. n. 370/99 opera quindi una estensione della attribuzione dei compiti didattici al personale tecnico laureato non direttamente contemplato dall’art. 16 L. n. 341/90 in quanto non in possesso dei requisiti dei tecnici laureati ex art. 50 D.P.R. n. 382/80.

Ed invero, questi ultimi, giusta punto 3 dell’art. 50 cit., sono i tecnici laureati in servizio all’atto dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 382/80, che entro l’anno accademico 1979-80 abbiano svolto tre anni di attività didattica e scientifica, quest’ultima comprovata da pubblicazioni udite, documentate da atti della facoltà risalenti al periodo di svolgimento delle attività medesime; mentre i tecnici laureati contemplati dall’art. 8, comma 10, L. 370/99 sono, giusta art. 6, comma 5, D.L.vo n. 502/92, tutti quelli in servizio nelle strutture della facoltà di medicina alla data del 31 ottobre 1992.

Ed allora, la disposizione dell’art. 8, comma 10, seconda parte, laddove stabilisce che "il suddetto personale è ricompreso nelle dizioni previste dall’articolo 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341 e successive modificazioni", non è reiterativa della disposizione dell’art. 16 comma 1 L. n. 341/90, in quanto, se è vero che entrambe si limitano ad includere "nelle dizioni" <<ricercatori>> e <<ricercatori confermati>> i tecnici laureati, è pur vero che diversi sono i destinatari delle due previsioni normative.

La disposizione dell’art. 8 comma 10 ha quindi una sua autonoma valenza estensiva alla speciale categoria dei tecnici laureati contemplata dal D.L.vo n. 502/92; sì che, mediante il rinvio alle <<dizioni>> di cui all’art. 16 L. 341/90 – che, a sua volta, rinvia, anche, all’art. 12 – il riferimento esclusivo ai compiti didattici sembra al Collegio, pur nella ambigua formulazione della norma, sufficientemente individuato.

Deve escludersi di conseguenza che l’art. 8 comma 10 seconda parte cit. costituisca l’ultimo tassello di una evoluzione normativa di assimilazione di status fra le due figure di personale universitario per cui è causa: esso è, semmai, un ulteriore, presumibilmente conclusivo, momento di equiparazione funzionale fra le due categorie, e non altro.

Non sembra allora lecita al Collegio una configurazione della norma in termini di previsione di inquadramento ex lege.

Sul piano letterale, ciò deve escludersi per quanto in precedenza esposto, anche alla stregua del fondamentale canone ermeneutico dell’art. 12 delle preleggi.

Ciò non senza concordare con l’acuta analisi della Seconda Sezione del Consiglio di Stato laddove, nel parere in data 22 novembre 2000, - reso in sede di annullamento straordinario ex L. n. 400/98 del decreto del Rettore dell’Università degli studi "La Sapienza" di Roma 21 gennaio 2000, concernente l’inquadramento dei tecnici laureati nel ruolo dei ricercatori – definisce "ermetica" la disposizione dell’art. 8 comma 10, quale norma che "con i suoi complicati rinvii statici e la sua portata ambigua e lacunosa, ha voluto dire e non dire, dare e non dare, riconoscere e non riconoscere, demandando e rimandando a successivi interventi interpretativi, affidati necessariamente ad altri soggetti istituzionali, amministrativi e giurisdizionali, la scelta di opzioni applicative che, in ogni caso, era ben intuibile e prevedibile che avrebbero determinato la reazione di una o dell’altra delle categorie professionali interessate, come in effetti è puntualmente avvenuto con l’instaurazione di numerosi giudizi innanzi ai giudici amministrativi".

Peraltro, pur nella rilevata (dal Consiglio di Stato) opinabilità delle contrapposte soluzioni interpretative, il Collegio, al di là del dato letterale, non può esimersi dalla constatazione che l’ordinamento degli apparati pubblici, la cui organizzazione riceve tutela anche a livello costituzionale, non può essere svincolato, anche in ragione dell’interesse pubblico sotteso al buon funzionamento degli stessi, da puntuali prescrizioni che sanciscano, nelle singole fattispecie, le modalità di inserimento negli apparati medesimi: il che avrebbe richiesto una chiara previsione – nella specie insussistente – di incardinamento nella struttura universitaria con la qualifica pretesa, restando escluso che ciò potesse avvenire sulla base di una norma non solo "ermetica" e di portata "ambigua", ma anche di natura specializzante, ove si ponga mente all’attribuzione di funzioni docenti a personale che non è stato inserito nel pubblico ufficio per l’espletamento di tali funzioni, giusta art. 35 D.P.R. n. 382/80.

D’altro canto, a contrastare la tesi abilmente sostenuta dalla difesa dei ricorrenti concorrono, sul piano della interpretazione teleologica della norma, ulteriori elementi.

Non si comprenderebbe, invero, ove in ipotesi dovesse aderirsi alle tesi degli odierni ricorrenti, per quale motivo il Legislatore, con la L. n. 370/99, avrebbe introdotto un inquadramento automatico dei tecnici laureati, pur in presenza di altra legge, la n. 4 del 14 gennaio 1999 con cui, appena pochi mesi prima, e quindi in un contesto normativo sostanzialmente unitario di disciplina dello specifico settore universitario, era stato previsto l’inquadramento del personale tecnico laureato mediante apposita procedura concorsuale riservata; e, per di più, senza alcun riferimento – quantomeno in senso modificativo, sostitutivo o derogatorio – a tale sistema di accesso alla qualifica ex L. 4/99; e ciò, a tacere delle ricadute sperequative tra appartenenti alla stessa categoria dei tecnici laureati, e in identica posizione, che si determinerebbero in ragione di una interpretazione siffatta – che immotivatamente ed illogicamente beneficierebbe alcuni, destinatari dell’inquadramento automatico, e penalizzerebbe altri, col ricorso alla procedura concorsuale, sia pure riservata – con non lievi dubbi in ordine alla razionalità delle scelte sotto profili di rango costituzionale.

Ed ancora, non sembra secondario elemento quello ricavabile dal testo stesso della disposizione, laddove si prevede che "dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato".

Come già rilevato da altro Collegio giudicante (cfr. T.A.R. Bari, I Sez., 5 luglio 2000 n. 2759), non è ravvisabile omogeneità tra la retribuzione dei tecnici laureati rispetto a quella dei ricercatori, atteso che, ai sensi dell’art. 2 comma 1 L. 22 aprile 1987 n. 158, per questi ultimi il trattamento economico è pari al 70% della retribuzione prevista per i professori universitari di ruolo della seconda fascia di pari anzianità; e non può non concordarsi con la considerazione in proposito espressa dal precitato giudice, secondo cui sarebbe "del tutto capzioso distinguere tra bilancio dell’Università e bilancio dello Stato, per sostenere che l’inquadramento invocato graverebbe solamente sul primo, in quanto, come noto, anche nell’attuale prospettiva autonomistica permane una sostanziale derivazione (specie con riferimento alle spese per il personale) del finanziamento delle università dal bilancio dello Stato".

Diversamente opinando, il riferimento al "bilancio dello Stato", nella detta norma, apparirebbe meramente tautologico e di ben ermetico significato.

Per le suesposte considerazioni, pur a fronte della opinabilità, in astratto, delle contrapposte interpretazioni del dato normativo, il Collegio ritiene meditatamente che debba essere preferita quella che ravvisa nella portata della norma un ulteriore, conclusivo momento di equiordinazione funzionale di due categorie che restano peraltro distinte sul piano dello stato giuridico, in difetto di una norma che ne prescriva l’incardinamento in un’unica posizione formale.

6. – Le conclusioni cui è pervenuto il Collegio comporterebbero quindi il rigetto dell’impugnativa, siccome infondata (e l’inammissibilità, in parte qua, cfr. punto 3, della stessa).

Senonchè, a tali conclusioni il Collegio è pervenuto sulla base della corretta (tale è ritenuta da questo giudice) interpretazione di una norma della cui costituzionalità sembra lecito dubitare.

Ed invero, dalle argomentazioni che precedono emerge la configurabilità della piena equiparazione funzionale tra ricercatori e tecnici laureati per effetto della stratificazione di una serie di norme di cui l’art. 8, comma 10, L. 370/99 rappresenta il momento ultimo.

Sembra allora al Collegio che a tale equiordinazione funzionale, nell’ambito della medesima struttura organizzativa, debba necessariamente corrispondere una identità di posizione formale e non già una differenziazione di stato giuridico.

Se è vero che l’art. 8, comma 10, L. n. 370/99 costituisce il momento terminale della ricordata evoluzione normativa di assimilazione (cfr., in tal senso, anche, Cons. Stato, II Sez., n. 921/2000 cit. e VI Sez., 2 novembre 1998 n. 1480), sembra al Collegio che esso, nella parte in cui non ha contestualmente previsto la correlata collocazione dei tecnici laureati nell’apparato organizzativo universitario in posizione formale corrispondente alle funzioni normativamente esercitate, si ponga in contrasto con l’art. 3 Cost. – inteso come generale canone di coerenza e ragionevolezza dell’ordinamento (Corte cost. n. 204/82) – sub specie di manifesta irragionevolezza della disposizione nel quadro del sistema normativo in cui la stessa si colloca, anche con riferimento all’art. 1, comma 10, della legge n. 4/99, e sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza a parità di presupposti, e quindi per disparità di trattamento, nonché col principio di buon andamento e d’imparzialità dell’Amministrazione ex art. 97 Cost., apparendo nel contempo "irrazionale e sperequato un intervento legislativo che scarichi su una categoria compiti ed obblighi funzionali già spettanti ad altra categoria operante all’interno della medesima struttura, senza riconoscere la complessiva disciplina di status a quest’ultima riservata" (cfr., in tal senso, Cons. Stato, II Sez., n. 921/2000 cit.); e ciò non senza considerare la primaria rispondenza alle esigenze funzionali dell’Amministrazione della equiparazione funzionale di cui trattasi (a tale finalità risponde del resto anche la pregressa concessione ai tecnici laureati delle prerogative professionali e l’estensione del regime della libera professione ex art. 72 D.L.vo n. 29 del 1993 e art. 1 comma 6 L. n. 662/96).

7. – In punto di rilevanza della questione, basti osservare che la determinazione di sostanziale rigetto dell’impugnativa, cui ritiene di dover pervenire il Collegio sulla scorta della interpretazione della norma della cui costituzionalità si dubita, rende rilevante ai fini di causa la verifica del giudice delle leggi sotto il profilo della pronuncia additiva in precedenza indicata, come tale assolutamente idonea a determinare il soddisfacimento dell’interesse sostanziale dei ricorrenti.

8. – Per le considerazioni che precedono, va conseguentemente sollevata d’ufficio la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 10, L. 19 ottobre 1999 n. 370 per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. sotto i profili enunciati in motivazione.

Va disposta, pertanto, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con conseguente sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, per la pronuncia sulla legittimità costituzionale della suindicata norma.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione III – dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 10, della L. 19 ottobre 1999 n. 370 per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. sotto i profili enunciati in motivazione.

Dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente giudizio.

Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento.

Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 10 gennaio 2001 e, in prosecuzione, 7 marzo 2001, con l’intervento dei Magistrati indicati in epigrafe.

Luigi COSSU Presidente

Bruno MOLLICA Consigliere, est.

Depositata il 10 maggio 2001.

Copertina