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n. 9-2001 - © copyright.

TAR LAZIO, SEZ. III BIS - Sentenza 10 agosto 2001 n. 6985 - Pres. Scognamiglio, Est. Amicuzzi - Abagnale (Avv.ti G. Baldacci e P. Piva Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica (Avvocatura Generale dello Stato).

1. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Revoca del mandato - Inefficacia sul processo fino alla sostituzione del difensore.

2. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Rinuncia al ricorso - Presupposti e condizioni - Individuazione.

3. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Rinuncia al ricorso - Invalidità della stessa - Interpretazione da parte del G.A. come sopravvenuta carenza di interesse - Possibilità.

4. Fonti - Direttive comunitarie - Contenenti norme incondizionate e sufficientemente precise - Immediata applicazione nell’ordinamento nazionale - Sussiste.

5. Fonti - Direttive comunitarie - Non contenenti norme incondizionate e sufficientemente precise - Immediata applicazione nell’ordinamento nazionale - Impossibilità.

6. Università - Scuole di specializzazione - Sanitari ammessi a dette scuole - Direttiva 82/76/CEE e successivo D.Leg.vo 8 agosto 1991, n. 257 - Diritto di coloro che hanno frequentato i corsi di specializzazione prima dell'a.a. 1991/1992 di conseguire i correlati emolumenti - Non sussiste.

7. Giustizia amministrativa - Giudicato - Estensione ad altri soggetti rimasti estranei al giudizio - Non costituisce un obbligo per la P.A. - Azionabilità della pretesa in sede giurisdizionale - Impossibilità.

1. La mera revoca del mandato, non comporta, ex art. 85 del c.c., applicabile al processo amministrativo, alcun effetto su questo sino a quando non avviene la sostituzione del difensore.

2. La rinuncia al ricorso, ex art. 46 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, presuppone la sottoscrizione dell'avvocato munito di mandato speciale dello stesso ricorrente, la cui firma deve essere autenticata dallo stesso difensore, la notifica alle controparti, o la sottoscrizione di queste ultime per presa conoscenza, il deposito di tanto in giudizio prima del passaggio in decisione della causa (1) ovvero la dichiarazione a verbale di cui sia stato steso processo.

3. Nel caso in cui l'atto di rinuncia che non possa produrre gli effetti che gli sono propri, esso ben può essere interpretato come ammissione di un sopravvenuto difetto di interesse.

4. Le direttive comunitarie rimaste inattuate dopo la scadenza del termine assegnato allo Stato membro e che contengono disposizioni incondizionate (in quanto non subordinate ad alcuna condizione e non presupponenti, per la loro esecuzione o per la loro efficacia, l'emanazione di un qualsiasi atto degli Stati membri) e sufficientemente precise (per essere invocate da un amministrato ed applicate dal giudice) si trasfondono immediatamente nell'ordinamento interno e non consentono l'applicazione delle norme interne confliggenti (2).

5. Le direttive comunitarie che non possiedano tali caratteri hanno natura vincolante per le finalità perseguite, ma lasciano liberi gli Stati nella scelta delle modalità di realizzazione di dette finalità, e, per il loro carattere strumentale, non si trasfondono negli ordinamenti nazionali, avendo gli Stati come unici destinatari delle loro disposizioni, né i singoli possono invocarne la immediata applicazione, trattandosi di atti i cui effetti giuridici sono normalmente subordinati all'emanazione di un atto di esecuzione interna (3).

6. La direttiva 82/76/CEE, alla quale è stata data attuazione nell’ordinamento italiano con l'art. 6 del D.Leg.vo 8 agosto 1991, n. 257 (secondo cui ai medici ammessi alle scuole di specializzazione, in relazione all'attuazione dell'impegno a tempo pieno della loro formazione, è corrisposta, per tutta la durata del corso, ad esclusione dei periodi di sospensione della formazione specialistica, una borsa di studio) non ha un carattere incondizionato e tanto preciso da poter essere recepita omisso medio nel nostro ordinamento e comportare il diritto di tutti i medici che hanno frequentato i corsi di specializzazione in questione prima dell'a.a. 1991/1992 a conseguire i correlati emolumenti (4).

7. La estensione del giudicato nei confronti di altri soggetti non costituisce, di per sé, un obbligo, cui corrisponda un diritto del privato azionabile in sede di giudizio di legittimità (5).

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(1) T.A.R. Emilia Romagna, 15 novembre 1994, n. 825.

(2) Cass. Civ. Sez. Lavoro, 18 maggio 1999, n. 4817; Corte Giustizia CE, Sez. V, 29 maggio 1997, n. 389; Cons. Stato, Sez. III, 18 novembre 1997, n. 1472.

(3) T.A.R. Puglia, Sez. II, Bari, 15 novembre 1996, n. 735.

(4) Cons. Stato, Sez. VI, 15 dicembre 1999, n. 2090.

Ha precisato il TAR Lazio con la sentenza in rassegna che l'art. 12 della direttiva n. 82/76/CEE - il quale prevede, in via transitoria, che le disposizioni che stabiliscono una formazione specializzata a tempo ridotto (non retribuita) possono continuare ad essere applicate ai candidati che abbiano iniziato la loro formazione di medici specialistici al più tardi il 31.12.1983 - non può essere interpretato nel senso che (Cons. St., Sez. IV, 10 agosto 2000, n. 4442) la disposizione sia dettata nell'interesse ed a richiesta di essi candidati; esso, viceversa, deve essere inteso nel senso che sia posto a diretta tutela della esigenza di garantire una completa preparazione dei candidati mediante la frequenza a tempo pieno e solo in via indiretta e mediata a tutela della percezione di emolumenti spettanti a seguito della stessa, essendo previste precise condizioni di retribuibilità inerenti alla esclusività delle prestazioni svolte durante i corsi di specializzazione, con conseguente discrezionalità dell'Amministrazione di stabilire, non solo l'organizzazione dei citati corsi, ma anche il limite temporale di attuazione delle direttive di cui trattasi con riferimento alla retribuibilità dei corsi stessi.

(5) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 29 settembre 1998, n. 1317.

 

 

per l’annullamento

del decreto del Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica del 14.2.2000, contenente disposizioni di attuazione per la corresponsione di borse di studio ai medici ammessi alle scuole di specializzazione negli anni 1083-1991, di cui all'art. 11 della L. 19 ottobre 1999, n. 370, nonché degli atti presupposti, successivi e connessi, in particolare degli atti di esecuzione ivi previsti, e, ove occorra, previa disapplicazione della L. n. 370 del 19 ottobre 1999 per contrasto con la prevalente normativa comunitaria, "così come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia" (sentenza del 25 febbraio 1999),

nonché per la declaratoria

del diritto al pagamento di una adeguata retribuzione nell'ammontare di £ 21.000.000 indicizzati ex art. 6 del D.Leg.vo n. 257 del 1991, per ogni anno di specialità, ovvero di altra somma ritenuta di giustizia, oltre ad interessi e rivalutazione, nonché del danno ingiusto ai sensi e gli effetti dell'art. 35 del D.Leg.vo n. 80 del 1998, con condanna della convenuta Amministrazione al pagamento delle somme a tali titoli dovute;

(omissis)

FATTO

Con atto notificato il 25.5.2000, depositato il 24.6.2000, i medici indicati in allegato, assuntamente specializzati presso diverse scuole non prima dell'anno 1982/1983 ed anche dopo l'emanazione del D.Leg.vo n. 257 del 1991 (premesso che l'Amministrazione non si è adeguata alle direttive europee, che prevedevano adeguata remunerazione della formazione dei medici specialisti svoltasi secondo determinate modalità, nonostante siano state emanate in tal senso diverse pronunce giurisdizionali -è stata, infatti, concessa, con L. n. 370 del 1999, detta remunerazione solo a favore dei destinatari di formali pronunce dei T.A.R. e purché fosse dimostrato il mancato svolgimento per tutta la durata del corso di qualsiasi attività libero professionale esterna e di attività lavorativa anche in regime di convenzione o di precarietà con il S.S.N.-) hanno impugnato gli atti e chiesto la declaratoria dei diritti in epigrafe indicati, deducendo il seguente, complesso, motivo:

1.- Violazione dell'art. 10-249 Tr.CE, dell'allegato n. 1 della direttiva 75/362/CEE (recte: 75/363/CEE), aggiunto dalla direttiva 82/76/CEE, oggi trasfuse nella direttiva n. 93/16/CEE. Violazione dei principi di buona amministrazione e di imparzialità di cui all'art. 97 della Costituzione, interpretati alla luce dell'obbligo di lealtà comunitaria di cui all'art. 10 Tr.CE. Violazione dell'art. 11 della Costituzione, dell'obbligo di disapplicazione esistente a carico delle P.A., con riferimento al prevalente diritto comunitario ed, in ogni caso, dell'obbligo di interpretazione conforme ex artt. 10-249 del Tr.CE.. Violazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990. Eccesso di potere per carenza di motivazione.

Il Governo italiano ha violato gli obblighi derivanti dal diritto comunitario ed i principi di diritto sopra richiamati, avendo previsto esborsi monetari solo per alcuni dei soggetti aventi diritto ed a presupposti e condizioni inaccettabili.

Con riferimento alla riserva soggettiva non è stato tenuto conto della circostanza che, essendo stati annullati da pronunce giurisdizionali atti generali, i benefici dell'annullamento devono estendersi a tutti gli aventi diritto e non solo ai soggetti che sono stati parte nei relativi giudizi.

Anche nell'ipotesi che l'estensione del giudicato a terzi si configuri come una mera facoltà, il relativo potere dovere costituisce comunque vero e proprio obbligo giuridico, in virtù del prevalente diritto comunitario, avendo la Corte di Giustizia asserito che lo Stato membro deve rimediare al danno apportato attraverso l'applicazione retroattiva completa delle misure di attuazione della direttiva.

Lo Stato italiano è quindi tenuto a riconoscere a tutti i medici iscritti alle scuole di specializzazione a partire dall'a.a. 1982-1983 l'identica adeguata remunerazione che i decreti di tardiva attuazione della direttiva hanno previsto in favore di medici iscritti dall'anno accademico 1991-1992, salvo l'eventuale maggior danno, risolvendosi nel diniego del diritto a remunerazione la previsione di presentazione delle dichiarazioni circa la percezione di altri emolumenti, cui il decreto subordina l'erogazione di quanto dovuto, avendo la quasi totalità dei ricorrenti portato a compimento la specializzazione in virtù di qualche prestazione professionale o lavoristica.

E' censurabile comunque la decisione di non estendere il giudicato a molti medici che pure hanno sempre reagito al comportamento tenuto al riguardo dalla Amministrazione.

Il contenuto del decreto impugnato non è stato stabilito dalla legge, potendo la P.A. disapplicare norme interne in contrasto con norme comunitarie, sussistendo l'obbligo di interpretazione comunitariamente conforme ex artt. 10-249 Tr.CE.

Con atto depositato il 5.7.2000 si è costituito in giudizio il Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica.

Con memoria depositata il 23.3.2001 l'Amministrazione resistente (premesso che 337 dei ricorrenti risultavano tra i destinatari della L. n. 370 del 1999, che molti di essi avevano già presentato la domanda per ottenere la borsa di studio, con diritto al pagamento della stessa, che è risultato che 65 ricorrenti sono beneficiari delle sentenze della L. n. 370 del 1999, infine che molti dei deducenti hanno proposto già ricorsi a Giudici amministrativi ed ordinari) ha eccepito la prescrizione nei confronti dei ricorrenti che non abbiano mai posto in essere atti interruttivi ed ha dedotto la infondatezza del ricorso, concludendo per la reiezione.

In data 2.7.2001 il legale dei ricorrenti ha depositato un elenco di ventuno di essi recante in epigrafe la seguente locuzione "Revoche mandati di medici inseriti in ricorso R.G. 9922/2000, T.A.R. Lazio, Sez. III bis per rinuncia all'azione", con allegati undici atti di sostanziale rinuncia all'azione e revoca di mandato alle liti, nove di revoca del mandato alle liti ed uno di revoca di disposizione di pagamento a favore di sindacato.

Alla pubblica udienza del 2.7.2001 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Con il ricorso in esame numerosissimi medici, assuntamente specializzati presso diverse scuole non prima dell'anno 1982/1983 ed anche dopo l'emanazione del D.Leg.vo n. 257 del 1991, hanno chiesto l'annullamento del decreto del Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica del 14.2.2000, contenente disposizioni di attuazione per la corresponsione di borse di studio ai medici ammessi alle scuole di specializzazione negli anni 1083-1991, di cui all'art. 11 della L. 19 ottobre 1999, n. 370, nonché degli atti presupposti, successivi e connessi, in particolare degli atti di esecuzione ivi previsti, e, ove occorra, previa disapplicazione della L. n. 370 del 19 ottobre 1999 per contrasto con la prevalente normativa comunitaria, "così come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia" (sentenza del 25 febbraio 1999). Inoltre hanno chiesto la declaratoria del diritto al pagamento di una adeguata retribuzione nell'ammontare di £ 21.000.000 indicizzati ex art. 6 del D.Leg.vo n. 257 del 1991, per ogni anno di specialità, ovvero di altra somma ritenuta di giustizia, oltre ad interessi e rivalutazione, nonché del danno ingiusto ai sensi e gli effetti dell'art. 35 del D.Leg.vo n. 80 del 1998, con condanna della convenuta Amministrazione al pagamento delle somme a tali titoli dovute.

2.- Innanzi tutto il Collegio prende atto del deposito, in data 2.7.2001, da parte del legale dei ricorrenti, di un elenco di ventuno di essi recante in epigrafe la seguente locuzione "Revoche mandati di medici inseriti in ricorso R.G. 9922/2000, T.A.R. Lazio, Sez. III bis per rinuncia all'azione", non firmato, con allegati copie non autenticate di undici atti di sostanziale rinuncia all'azione e revoca di mandato alle liti, di nove di revoca del mandato alle liti e di uno di revoca di disposizione di pagamento a favore di sindacato.

In conseguenza delle circostanze che detto elenco non porta la firma del legale suddetto (che ha annunciato il deposito di alcune rinunce, senza indicazione nominativa dei ricorrenti cui si riferiscono), che le sopra indicate copie non risultano essere autenticate e che la mera revoca del mandato, non comporta, ex art. 85 del c.c., applicabile al processo amministrativo, alcun effetto su questo, il Collegio non può dare atto della rinuncia al ricorso nei riguardi di detti ricorrenti, tenuto conto che questa, ex art. 46 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, presuppone: la sottoscrizione dell'avvocato munito di mandato speciale dello stesso ricorrente, la cui firma deve essere autenticata dallo stesso difensore, la notifica alle controparti, o la sottoscrizione di queste ultime per presa conoscenza, il deposito di tanto in giudizio prima del passaggio in decisione della causa (T.A.R. Emilia Romagna, 15 novembre 1994, n. 825), ovvero la dichiarazione a verbale di cui sia stato steso processo.

Tenuto conto che l'atto di rinuncia che non possa produrre gli effetti che gli sono propri ben può essere interpretato come ammissione di un sopravvenuto difetto di interesse, il Collegio dichiara improcedibile il ricorso per sopravvenuto difetto di interesse nei confronti dei ricorrenti Tanzi Paola, Bartolomucci Moreno, Russo Guido, Fini Riziero, Cestra Domenico, Orossi Antonella Chiappini Franco, Di Ruzza Luigi, Fiorini Vincenzo e Papetti Giuseppe, relativamente ai quali sono state depositate copie di sostanziali atti di rinuncia al ricorso, raffiguranti sottoscrizioni la cui veridicità non è stata contestata in giudizio, ed ai quali può ritenersi riferito il preannunciato deposito effettuato dal legale dei ricorrenti nel corso dell'udienza di trattazione della causa.

3.- In secondo luogo, poiché risulta essere stata manifestata oralmente nel corso di detta udienza, da parte del legale dei ricorrenti, la volontà di questi di rinunciare alla proposta azione risarcitoria, e di tanto è stato steso processo verbale, il Collegio dà atto di tanto.

4.- In terzo luogo il Collegio prescinde dalla verifica della fondatezza delle eccezioni formulate dalla difesa della costituita Amministrazione con memoria depositata il 23.3.2001 (con riguardo alle circostanze che 337 dei ricorrenti risultavano tra i destinatari della L. n. 370 del 1999, che molti di essi avevano già presentato la domanda per ottenere la borsa di studio, con diritto al pagamento della stessa, che è risultato che 65 ricorrenti sono beneficiari delle sentenze della L. n. 370 del 1999, che molti dei deducenti hanno proposto già ricorsi a Giudici amministrativi ed ordinari e che è intervenuta la prescrizione nei confronti dei ricorrenti che non abbiano mai posto in essere atti interruttivi) stanti la evidente infondatezza ed inammissibilità del ricorso.

5.- Con l'unico, complesso, motivo di ricorso sono stati dedotti violazione dell'art. 10-249 Tr.CE, dell'allegato n. 1 della direttiva 75/363/CEE, aggiunto dalla direttiva 82/76/CEE, oggi trasfuse nella direttiva n. 93/16/CEE, dei principi di buona amministrazione e di imparzialità di cui all'art. 97 della Costituzione, interpretati alla luce dell'obbligo di lealtà comunitaria di cui all'art. 10 Tr.CE, dell'art. 11 della Costituzione, dell'obbligo di disapplicazione esistente a carico delle P.A., con riferimento al prevalente diritto comunitario ed, in ogni caso, dell'obbligo di interpretazione conforme ex artt. 10-249 del Tr. CE e dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990; inoltre eccesso di potere per carenza di motivazione. Il Governo italiano ha violato gli obblighi derivanti dal diritto comunitario ed i principi di diritto sopra richiamati, avendo previsto esborsi monetari solo per alcuni dei soggetti aventi diritto ed a presupposti e condizioni inaccettabili. Con riferimento alla riserva soggettiva non è stato tenuto conto della circostanza che, essendo stati annullati da pronunce giurisdizionali atti generali, i benefici dell'annullamento devono estendersi a tutti gli aventi diritto e non solo ai soggetti che sono stati parte nei relativi giudizi. Anche nell'ipotesi che l'estensione del giudicato a terzi si configuri come una mera facoltà, il relativo potere dovere costituisce comunque vero e proprio obbligo giuridico, in virtù del prevalente diritto comunitario, avendo la Corte di Giustizia asserito che lo Stato membro deve rimediare al danno apportato attraverso l'applicazione retroattiva completa delle misure di attuazione della direttiva. Lo Stato italiano è quindi tenuto a riconoscere a tutti i medici iscritti alle scuole di specializzazione a partire dall'anno accademico 1982-1983 l'identica adeguata remunerazione che i decreti di tardiva attuazione della direttiva hanno previsto in favore di medici iscritti dall'a.a. 1991-1992, salvo l'eventuale maggior danno, risolvendosi nel diniego del diritto a remunerazione la previsione di presentazione delle dichiarazioni circa la percezione di altri emolumenti cui il decreto subordina l'erogazione di quanto dovuto, avendo la quasi totalità dei ricorrenti portato a compimento la specializzazione in virtù di qualche prestazione professionale o lavoristica. E' censurabile comunque la decisione di non estendere il giudicato a molti medici che pure hanno sempre reagito al comportamento tenuto al riguardo dalla Amministrazione. Il contenuto del decreto impugnato non è stato stabilito dalla legge, potendo la P.A. disapplicare norme interne in contrasto con norme comunitarie, sussistendo l'obbligo di interpretazione comunitariamente conforme ex artt. 10-249 Tr.CE.

Osserva in proposito il Collegio che costituisce principio pacifico in giurisprudenza che le direttive comunitarie rimaste inattuate dopo la scadenza del termine assegnato allo Stato membro e che contengono disposizioni incondizionate (in quanto non subordinate ad alcuna condizione e non presupponenti, per la loro esecuzione o per la loro efficacia, l'emanazione di un qualsiasi atto degli Stati membri) e sufficientemente precise (per essere invocate da un amministrato ed applicate dal giudice) si trasfondono immediatamente nell'ordinamento interno e non consentono l'applicazione delle norme interne confliggenti (Cass. Civ. Sez. Lavoro, 18 maggio 1999, n. 4817; Corte Giustizia CE, Sez. V, 29 maggio 1997, n. 389; Cons. St., Sez. III, 18 novembre 1997, n. 1472); diversamente le direttive comunitarie hanno carattere vincolante per le finalità perseguite, ma lasciano liberi gli Stati nella scelta delle modalità di realizzazione di dette finalità, e, per il loro carattere strumentale, non si trasfondono negli ordinamenti nazionali, avendo gli Stati come unici destinatari delle loro disposizioni, né i singoli possono invocarne la immediata applicazione, trattandosi di atti i cui effetti giuridici sono normalmente subordinati all'emanazione di un atto di esecuzione interna (T.A.R. Puglia, Sez. II, Bari, 15 novembre 1996, n. 735).

L'allegato aggiunto alla direttiva 75/363/CEE dall'art. 13 della direttiva 82/76/CEE, ora trasfuse nella direttiva 93/16/CEE, nel disciplinare le caratteristiche della formazione a tempo pieno e ridotto dei medici specialisti, ha prescritto che essa, comportando la partecipazione alla totalità delle attività mediche del relativo servizio, implica che le sia dedicata tutta l'attività professionale per l'intera durata della settimana lavorativa e per tutta la durata dell'anno, "secondo le modalità fissate dalle autorità competenti", e "Tale formazione forma pertanto oggetto di una adeguata rimunerazione".

Con l'art. 6 del D.Leg.vo 8 agosto 1991, n. 257 in attuazione della citata direttiva 82/76/CEE, è stato stabilito che ai medici ammessi alle scuole di specializzazione, nei limiti definiti dalla programmazione di cui all'art. 2, comma II, in relazione all'attuazione dell'impegno a tempo pieno della loro formazione, è corrisposta, per tutta la durata del corso, ad esclusione dei periodi di sospensione della formazione specialistica, una borsa di studio, determinata, per l'anno 1991, in £ 21.000.000 (importo incrementato annualmente dall'1.1.1992 e rideterminato ogni triennio); con il successivo art. 8, II c., è stato stabilito che le disposizioni del decreto sarebbero state attuate a decorrere dall'a.a. 1991/1992.

A seguito di sentenze del T.A.R. Lazio passate in giudicato (tra l'altro di annullamento dei decreti del 17.12.1991 e del 28.12.1991 del Ministro dell'Università e della ricerca scientifica, adottati in adempimento a detto D.Leg.vo) con l'art. 11 della L. 19 ottobre 1999, n. 370, è stata disposta la corresponsione di una borsa di studio annua ai medici ammessi alle scuole di specializzazione dall'a.a. 1983/1984 all'a.a. 1990/1991, destinatari delle sentenze stesse, a condizione, tra l'altro, che avessero svolto il servizio a tempo pieno e non avessero svolto, per tutta la durata del corso, qualsiasi attività libero professionale esterna. Detta legge ha demandato al decreto in questa sede impugnato la fissazione delle pratiche modalità di attuazione della stessa.

Tanto premesso il Collegio ritiene il ricorso infondato ed inammissibile.

Deve, infatti, ritenersi che le direttive comunitarie di cui trattasi tendessero principalmente a garantire una formazione specialistica medica uniforme ed adeguata (perseguibile mediante la frequenza, renunerata, di corsi a tempo pieno) da parte degli Stati membri della Comunità europea, con fissazione di requisiti minimi vincolanti detti Stati per quanto riguarda il citato risultato da raggiungere, salvo restando la competenza degli organi nazionali con riguardo alla forma ed ai mezzi necessari per raggiungere il risultato stesso.

Il riconoscimento di emolumenti in favore dei medici frequentanti i corsi di specializzazione, poiché sottoposto da dette direttive a determinate condizioni (inerenti alla esclusività delle prestazioni nel corso degli stessi) volte a garantire principalmente la loro quanto migliore preparazione, assume carattere strumentale rispetto all'obiettivo principale fissato dalle direttive in questione (il conseguimento di adeguata ed uniforme formazione professionale), con conseguente libertà, con riguardo a tale aspetto, per gli Stati membri di organizzarsi nei confronti di medici che dette condizioni non avessero rispettato.

La normativa comunitaria in questione non può quindi ritenersi che (con riguardo alla pretesa di retribuzione da parte di medici che dette condizioni non hanno rispettato, avendo riconosciuto di aver effettuato, durante i corsi di specializzazione frequentati, anche prestazioni professionali o lavorative) contenesse disposizioni incondizionate e sufficientemente precise immediatamente applicabili nell'ordinamento interno e inibenti l'applicazione delle norme interne confliggenti, ma che avesse carattere vincolante per le finalità perseguite, alle condizioni stabilite, lasciando liberi gli Stati nella scelta delle modalità di realizzazione delle finalità stesse nella insussitenza di dette condizioni, non trasfondendosi in parte qua, per il suo carattere strumentale, nel nostro ordinamento nazionale e avendo gli Stati come unici destinatari delle sue disposizioni.

I singoli non possono, pertanto, invocare la immediata applicazione della normativa che riconosce la retribuibilità della frequenza dei corsi in questione, trattandosi di disposizioni i cui effetti giuridici sono, in assenza di rispetto delle condizioni alla stessa apposte, subordinati all'emanazione di atti di esecuzione interna (Cons. St., Sez. VI, 15 dicembre 1999, n. 2090).

Il beneficio invocato dai ricorrenti non può quindi derivare direttamente dalla normativa comunitaria perché questa, recepita solo dall'anno accademico 1991/1992, lascia, per quanto in precedenza asserito, sopravvivere disposizioni già vigenti nel periodo ad esso precedente per corsi di specializzazione già iniziati, con riguardo alla concreta retribuibilità di specializzandi non trovantisi nelle condizioni espressamente previste dalla citata normativa comunitaria.

L'art. 12 della direttiva n. 82/76/CEE, che prevede, in via transitoria, che le disposizioni che stabiliscono una formazione specializzata a tempo ridotto (non retribuita) possano continuare ad essere applicate ai candidati che abbiano iniziato la loro formazione di medici specialistici al più tardi il 31.12.1983, non può essere interpretato, ad avviso del Collegio, nel senso che (Cons. St., Sez. IV, 10 agosto 2000, n. 4442) la disposizione sia dettata nell'interesse ed a richiesta di essi candidati; esso, viceversa, deve essere inteso nel senso che sia posto a diretta tutela della esigenza di garantire una completa preparazione dei candidati mediante la frequenza a tempo pieno e solo in via indiretta e mediata a tutela della percezione di emolumenti spettanti a seguito della stessa, essendo previste precise condizioni di retribuibilità inerenti alla esclusività delle prestazioni svolte durante i corsi di specializzazione, con conseguente discrezionalità dell'Amministrazione di stabilire, non solo l'organizzazione dei citati corsi, ma anche il limite temporale di attuazione delle direttive di cui trattasi con riferimento alla retribuibilità dei corsi stessi.

Non appare quindi, nella parte che qui interessa, incondizionata e tanto precisa detta norma da poter essere recepita omisso medio nel nostro ordinamento e comportare il diritto di tutti i medici che hanno frequentato i corsi di specializzazione in questione prima dell'a.a. 1991/1992 a conseguire i correlati emolumenti.

Se, infatti, l'obbligo di retribuzione in maniera adeguata è stato riconosciuto dalla Corte di Giustizia incondizionato e preciso nella parte riguardante il diritto che la formazione sia retribuita, tanto non può affermarsi con riguardo alla retribuzione pretesa da coloro che, come i ricorrenti, abbiano frequentato i corsi di specializzazione prima dell'a.a. 1991/1992 svolgendo nel contempo attività professionale o lavorativa dipendente, tenuto conto che la sentenza della Corte citata del 3.10.2000, resa nel procedimento C-371/97, depositata in giudizio in data 2.7.2001, indica che l'obbligo di adeguata retribuzione si impone solo se le condizioni della formazione a tempo pieno e ridotto prevista dalla normativa comunitaria (comportando la partecipazione alla totalità delle attività mediche del relativo servizio che le sia dedicata tutta l'attività professionale per l'intera durata della settimana lavorativa e per tutta la durata dell'anno, "secondo le modalità fissate dalle autorità competenti") sono state rispettate dai medici specialisti in formazione.

La riconosciuta discrezionalità in materia della Amministrazione e la insussistenza di un obbligo giuridico, in virtù del diritto comunitario, di attuazione retroattiva delle direttive in questione con riguardo alla pretesa fatta valere in giudizio, comportano la non condivisibilità della censura di omessa estensione del giudicato derivato dalle citate sentenze cui si riferisce la L. n. 370 del 1999 anche ai non ricorrenti, godendo in materia di estensione la P.A. di ampia discrezionalità e non costituendo essa estensione, di per sé, un obbligo, cui corrisponda un diritto del privato azionabile in sede di giudizio di legittimità (Cons. St., Sez. VI, 29 settembre 1998, n. 1317).

Le considerazioni in precedenza svolte comportano anche l'impossibilità di positivo apprezzamento della dedotta illegittimità della condizione apposta dalle impugnate disposizioni alla retribuibilità della frequenza del corso di specializzazione, consistente nel mancato svolgimento di attività durante la frequenza dello stesso, atteso che la mancata imposizione ai medici che hanno frequentato i corsi stessi prima dell'a.a. 1991/1992, a seguito della tardiva attuazione delle direttive comunitarie in materia, di tutte le limitazioni ed incompatibilità connesse alle disposizioni introdotte con il D.Leg.vo n. 257 del 1991, di attuazione delle stesse, ha comportato una diversa, quindi incomparabile, posizione degli stessi (che affermano in ricorso di aver reso attività professionale o lavorativa per portare a termine le specialità e che hanno, quanto meno, avuto la possibilità di esercitare attività libero professionale o rapporti di lavoro compatibili con la frequenza dei corsi), a fronte della quale non può rivendicarsi lo stesso trattamento riservato ai borsisti ammessi in diverso regime giuridico ai corsi istituiti da detto D.leg.vo, cui sono stati riconosciuti emolumenti (allo scopo di consentirne la sopravvivenza) proprio a seguito del divieto loro imposto di svolgere qualsiasi attività ulteriore alla frequenza dei corsi di specializzazione (Cons. St., Sez. VI, 15 dicembre 1999, n. 2090).

Aggiungasi che non può comunque trovare accoglimento la domanda di declaratoria del diritto al pagamento di una adeguata retribuzione nell'ammontare di £ 21.000.000 indicizzati ex art. 6 del D.Leg.vo n. 257 del 1991, per ogni anno di specialità, ovvero di altra somma ritenuta di giustizia, oltre ad interessi e rivalutazione, non solo per la riconosciuta legittimità degli atti impugnati, ma anche poiché la posizione soggettiva dei ricorrenti ha natura di interesse legittimo in quanto derivante da un complesso di disposizioni che imponevano all'Amministrazione di disciplinare la materia delle specializzazioni mediche secondo principi miranti in via diretta alla cura del pubblico interesse (T.A.R. Lazio, Sez. I, 25 febbraio 1994, n. 279).

6.- Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse con riguardo ai ricorrenti prima elencati, dandosi altresì atto, con riguardo alla richiesta di risarcimento del danno, della rinuncia alla relativa azione da parte di tutti i ricorrenti, e, nella restante parte, essere respinto, per la prevalenza del relativo profilo, nei sensi e nei termini di cui in motivazione.

7.- Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione terza bis - dichiara improcedibile il ricorso in epigrafe indicato per sopravvenuta carenza di interesse, con riguardo ai ricorrenti indicati in motivazione, altresì atto, con riguardo alla richiesta di risarcimento del danno, della rinuncia alla relativa azione da parte di tutti i ricorrenti e, nella restante parte, respinge il gravame, nei sensi e nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla pubblica amministrazione.

Così deciso in Roma, dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione III bis -, nella camera di consiglio del 2.7.2001, con l’intervento dei signori Magistrati elencati in epigrafe.

Consigliere Roberto SCOGNAMIGLIO Presidente

Consigliere Antonio AMICUZZI Estensore

Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 10 agosto 2001.

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