T.A.R. LAZIO, SEZ. LATINA - Ordinanza 4 maggio 1999 n. 371 - Pres. Camozzi, Est. Raponi - M. (Avv. Paoletti) c. Azienda Unità Sanitaria Locale Latina (n.c.). Sono rilevanti e non manifestamente infondate: a) in via principale la questione di legittimità dell'art. 33, secondo comma, lett. f) del d.lgs. n. 80/1998, in rapporto al primo comma del medesimo articolo, limitatamente all'esclusione della giurisdizione esclusiva, dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, stante l'insanabile contraddittorietà con il primo comma dello stesso articolo e la limitazione arbitraria della delega da parte del legislatore delegato, con violazione degli artt. 76 e 77, 1° comma, Cost.; b) in via subordinata, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 33, primo comma, del d.lgs. n. 80/98, in rapporto agli artt. 76 e 77, 1° comma Cost., per manifesto eccesso di delega; c) in via ulteriormente subordinata, quella dell'art. 11, comma 4, lett. g) della legge n. 59/1997, per violazione degli artt. 76 e 3 Costituzione. Con violazione in tutti i casi, anche degli articoli 3, 24 e 113 Cost., per il "vulnus" arrecato al canone generale di coerenza dell'ordinamento normativo e per le limitazioni e le difficoltà create all'esercizio del diritto di difesa (1). ------------------- (1) Ringrazio l'Avv. Corrado de Simone per avere cortesemente inviato per fax la sottoriportata ordinanza del T.A.R. Lazio-Latina, 4 maggio 1999 n. 371, con la quale sono state sollevate, sotto vari profili, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 33 del D. L.vo n. 80/1998 nonchè dell'art. 11, comma 4, lett. g) della legge n. 59/1997. Attendo il commento preannunciato dall'Avv. de Simone, che sarà pubblicato non appena perverrà in redazione. (G.V., 6-5-99) FATTO: Con ricorso notificato il 14 dicembre 1998, depositato nella Segreteria della Sezione il 13 gennaio 1999, il signor D.M. impugna il provvedimento in epigrafe, prot. 21421 del 9 novembre 1998, a firma del Direttore sanitario dell'Azienda U.S.L. di Latina, con il quale gli viene negata la somministrazione gratuita di somatostatina per chiusura dell'arruolamento di nuovi pazienti affetti da neoplasia del colon retto, come già fatto presente dalla Divisione di Oncologia dell'Ospedale Santa Maria Goretti di Latina, sede della sperimentazione, con certificazione del 2 ottobre 1998. Premesso di essere pensionato, privo di mezzi sufficienti per l'acquisto dei medicinali costosi (tra i quali la somatostatina) necessari per la cura della malattia da cui è affetto, di avere proposto ricorso ex art. 700 al Pretore di Latina, il quale ha declinato la propria giurisdizione in favore di quella del giudice amministrativo, l'istante deduce l'illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge, eccesso di potere e travisamento dei fatti, evidenziando che il bene supremo della vita umana, tutelato dall'art. 32 della Costituzione, richiede una tutela immediata ed efficace. Conclude per l'annullamento dell'atto impugnato, previa sospensiva dello stesso, con conseguente ammissione alla somministrazione gratuita della somatostatina. L'Amministrazione intimata non si è costituita in giudizio. Con ordinanza collegiale n. 76 del 28 gennaio 1999 è stata respinta la domanda incidentale di sospensiva sul rilievo che la questione in esame configurasse un rapporto individuale di utenza devoluto, ai sensi dell'art. 33 lett. f) del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, alla cognizione del giudice ordinario. Alla pubblica udienza del 15 aprile 1999 il ricorso è stato trattenuto in decisione. DIRITTO: I.- Il Collegio è chiamato ad esaminare e decidere, in sede di giurisdizione, che dovrebbe essere esclusiva, ai sensi dell'art. 33 del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, la controversia che il ricorrente ha instaurato contro il SSN impugnando il rifiuto opposto dall'AUSL Latina, in data 9 novembre 1998, alla propria richiesta, tendente ad ottenere la somministrazione gratuita della somatostatina per la cura della malattia da cui è affetto (carcinoma del colon rettale con metastasi epatiche). Tale rifiuto è stato motivato con la impossibilità nella sperimentazione del c.d. metodo Di Bella, essendo stato chiuso l'arruolamento di ulteriori pazienti nei protocolli riguardanti la patologia sopra indicata, giusta comunicato ministeriale del 5 agosto 1998 pubblicato sulla G.U. Sennonchè, l'applicazione della suddetta norme, emanata in attuazione della delega conferita dal Parlamento al Governo con l'art. 11, comma 4, lett. g) della legge 15 marzo 1997 n. 59, pone una serie di problemi costituzionalmente rilevanti, relativi alla coerenza del sistema normativo posto in essere con la legge delegata, alla stessa individuazione del giudice dotato di giurisdizione in materia di rapporti individuali di utenza, alla effettività della tutela giurisdizionale per il ricorrente. Tutte questioni dalla cui soluzione non può prescindersi per la decisione del caso in esame e che, ad avviso del Collegio, appaiono rilevanti e non manifestamente infondate posto che, per quanto si voglia tenere conto del complesso contenuto normativo e delle finalità che ispirano la delega, le norme emanate dal legislatore delegato eccedono i margini di discrezionalità consentiti dai principi e criteri direttivi fissati dal legislatore delegante (cfr. Corte cost. 5 febbraio 1999 n. 15 e 4 marzo 1999 n. 49), come meglio risulterà dalle considerazioni che seguiranno. II.- Pertanto, si sollevano d'ufficio le seguenti questioni di legittimità costituzionale. A) In via principale, si eccepisce l'incostituzionalità, in rapporto all'art. 77, I° comma Cost., dell'art. 33, secondo comma, lett. f) del d.lgs. n. 80/1998, nella parte in cui il Governo, dopo avere affermata, nel primo comma, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in tutte le controversie in materia di servizi pubblici, inopinatamente esclude dal novero di tali controversie i rapporti individuali di utenza con soggetti privati, oggettivamente riducendo in maniera consistente l'ambito della giurisdizione prima affermata senza alcuna limitazione (né limitazione è dato rinvenire nel testo della legge delega, ove esso si intenda come attributivo della giurisdizione esclusiva nelle materie ivi elencate). La presenza di tale inciso, di significato ambiguo è di dubbia interpretazione, rende insanabilmente contraddittorio e illogico il testo dello stesso art. 33, poiché il legislatore delegato espunge dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici, affermata con decisione nel primo comma, le controversie relative al non meglio identificati rapporti individuali di utenza con soggetti privati. Per quanto attiene al caso in esame, nel quale è implicato il SSN, la giurisdizione esclusiva potrebbe, ai sensi dell'art. 5, primo comma, della legge n. 1034/1971, configurarsi per i rapporti tra l'Amministrazione sanitaria e strutture private convenzionate, visti alla stregua di rapporti concessori di pubblico servizio, ma giammai potrebbe estendersi a quelli tra l'assistito e il SSN, che oggettivamente esulano dall'ambito concessorio per rientrare in quello del rapporto individuale di utenza contraddittoriamente escluso dalla giurisdizione del giudice amministrativo, nonostante la connotazione di tipo pubblicistico che lo contraddistingue. Tanto più grave appare poi la disposta esclusione se si considera che essa è stata introdotta in sostanziale adesione al parere espresso, in data 12 marzo 1998, dall'Adunanza Generale del Consiglio di Stato - Sezione atti normativi, sullo schema di decreto legislativo trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica. In tale parere l'Adunanza Generale non solo ha dato per scontato (ma non è dato comprendere quale sia l'iter logico seguito), per di più ignorando il tenore testuale della norma, che la delega di cui all'art. 11, comma 4, lett. g) della citata legge n. 59/97 concerne tre ambiti distinti e cioè: a) controversie concernenti diritti patrimoniali conseguenziali (ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno); b) controversie concernenti la materia edilizia, urbanistica e dei servizi pubblici; c) regime transitorio. Ma, ha anche ritenuto di suggerire, in contrasto con la ratio della delega, una previsione espressa che escludesse dalla devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie concernenti i rapporti individuali di utenza con soggetti privati, relative alle prestazioni del servizio, senza peraltro fornire alcun elemento o esemplificazione atta a chiarire il significato in tale locuzione. In conformità alle proprie osservazioni, l'Adunanza ha quindi proposto un suo testo dell'art. 38 dello schema di decreto, poi, sostanzialmente recepito dal legislatore delegato e trasfuso nell'art. 22 del d.lgs. n. 80/1998, nel quale (secondo comma, lett. f) è stata prevista, appunto, l'esclusione dei rapporti individuali di utenza, nonché delle controversie meramente risarcitorie riguardanti il danno alla persona e di quelle in materia di invalidità, pure suggerite nel parere in questione. Né sul significato della locuzione "rapporti individuali di utenza con soggetti privati" risulta essersi particolarmente soffermata la Commissione bicamerale permanente che pure ha esaminato lo stesso art. 38 dello schema di decreto nelle sedute del 18 e 19 marzo 1998, ritenendo a sua volta che non apparisse opportuno devolvere al giudice amministrativo anche le controversie aventi ad oggetto "rapporti individuali di utenza con gestori privati" non implicanti "la cognizione delle clausole generali di contratto". Si può, comunque, osservare che la formulazione della Commissione bicamerale indurrebbe ad una interpretazione restrittiva dei rapporti individuali di utenza, prefigurando, sembrerebbe, dei rapporti di tipo negoziale la cui esclusione sarebbe comprensibile. Il fatto che il legislatore delegato, dopo aver affermato nel primo comma dell'art. 33 la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, abbia arbitrariamente statuito, nel secondo comma, lett. f), siffatta esclusione e ciò abbia fatto contestualmente all'esplicazione di un'ampia gamma di ipotesi di giurisdizione esclusiva, sembrerebbe doversi interpretare nel senso che l'intenzione sia stata proprio quella, anche se non è dato di capire la "ratio", di sottrarre al giudice amministrativo le controversie che possono instaurarsi tra il SSN o strutture sanitarie private convenzionate e soggetti privati (utenti), in relazione a rapporti individuali di utenza. I quali potrebbero essere configurati proprio nelle ipotesi dell'assistito che chieda all'Azienda USL o ad altra struttura del SSN, ma anche a gestore privato di pubblico servizio, quali una farmacia o una clinica privata convenzionata, l'erogazione della somatostatina o di altro medicinale, ovvero accertamenti diagnostici, cure, ricoveri anche all'estero, prestazioni specialistiche etc ). Di detta esclusione non vi è traccia, invero, nella legge delega, rispetto alla quale si configura, quindi, un'attuazione non conforme ai principi ivi stabiliti, con conseguente violazione dell'art. 76 Cost. E' evidente che, ove il legislatore delegato non avesse prevista l'esclusione di cui si discute, non vi sarebbe dubbio che le controversie instaurate dagli assistiti nei confronti del SSN (come, ad esempio, nel caso di diniego opposto alla richiesta di una determinata prestazione o erogazione di servizi) rientrerebbero nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che ricomprende, appunto, tutte le attività e le prestazioni, anche di natura patrimoniale, che caratterizzano l'espletamento del pubblico servizio. La ragione dell'esclusione potrebbe essere, in ipotesi, quella di voler garantire ai soggetti privati una tutela più efficace e tempestiva (ad esempio, attraverso l'art. 700 c.p.c.) della domanda volta ad ottenere una determinata prestazione spesso necessaria per la salvaguardia del diritto alla salute psico-fisica. Tutela in ordine alla quale il giudice amministrativo, non dispone di idonei strumenti processuali, non essendosi il legislatore evidentemente rappresentata la necessità di dotarlo di tali strumenti contestualmente all'attribuzione della giurisdizione esclusiva in materie particolarmente delicate, al fine di rendere effettiva la tutela del cittadino. Opinando, poi, nel senso che i rapporti individuali esclusi siano quelli che gli utenti hanno con soggetti privati (evidentemente non gestori di un pubblico servizio), sarebbe evidente che essi trattandosi di rapporti sicuramente privatistici, non potrebbero non ricadere nella cognizione del giudice ordinario, onde la locuzione di cui trattasi sarebbe assolutamente pleonastica e "tamquam non esset". Non sfugge la rilevanza del profilo di incostituzionalità prospettato, stante la difficoltà di applicare una norma intimamente contraddittoria e di incerta interpretazione, nel momento in cui, contestualmente, da un lato attribuisce la giurisdizione al giudice amministrativo di tutte le controversie in materia di servizi pubblici (cfr. primo comma e secondo comma, lett. f), prima parte) e, dall'altro, la limita arbitrariamente e in modo consistente escludendo i rapporti individuali di utenza, come inevitabili riflessi negativi sulla tutela della posizione soggettiva del ricorrente. La non manifesta infondatezza delle questioni sollevate discende invece, dalle argomentazioni esposte e dalla seguente riassuntiva considerazione: se, come la Corte costituzionale ha avuto modo di ritenere, il controllo dei limiti posti al legislatore delegato postula l'individuazione sia dell'oggetto, sia della "ratio" della delega, non vi è dubbio che nel caso in esame le norme delegate abbiano interpretato la delega in senso estensivo per un verso (attribuzione della giurisdizione esclusiva), restrittivo per altro verso (esclusione dei rapporti individuali di utenza) delineando, in palese violazione dell'art. 76 Cost., un quadro legislativo contraddittorio e incerto (cfr. cost. 29 dicembre 1995 n. 531; 7 luglio 1995 n. 305). B) Per l'ipotesi che la Corte non ravvisi in cennato contrasto insito nell'art. 33 del d.lgs. n. 80/1998, si eccepisce, in via subordinata, l'incostituzionalità del primo comma dello stesso articolo, per eccesso nell'esercizio della delega, con riferimento agli articoli 76 e 77, primo comma, Cost. nella parte in cui attribuisce espressamente alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi (elencandone, in via esemplificativa, soltanto alcuni), pur in assenza di una specifica previsione che ciò consenta. Si osserva, innanzitutto, che, stando alla struttura letterale e logica nonché alla "ratio" della norma delegante, il legislatore ha inteso, senza dubbio, trasferire al giudice ordinario la giurisdizione in materia di pubblico impiego, tradizionalmente appannaggio del giudice amministrativo, ma, non altrettanto certamente si può affermare che abbia anche espressa volontà di attribuire a quest'ultimo giudice, quasi a compensazione di quella sottratta (come è stato ritenuto) la giurisdizione esclusiva in materia di servizi pubblici (esclusi i rapporti concessori). Invero, stando al chiaro tenore letterale dell'art. 11, comma 4, lett. g) della legge n. 59/1997, è logico ritenere che il legislatore delegante abbia inteso estendere la giurisdizione esclusivamente alle controversie relative ai diritti patrimoniali conseguenziali (ivi comprese quelle attinenti al risarcimento del danno) in materia di edilizia, urbanistica e di servizi pubblici. Né assume rilievo la circostanza che per la materia edilizia, e per quella dei servizi pubblici limitatamente al rapporto concessorio, si sia di fatto completata attraverso la sua estensione ai diritti patrimoniali conseguenziali e al risarcimento del danno, la preesistente giurisdizione esclusiva già attribuita al giudice amministrativo in forza dell'art. 16 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 e degli artt. 5, 7, commi 2 e 3, e 26, comma 3, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034. Resta sempre il fatto che per la materia urbanistica e per i rapporti in tema di servizi pubblici, diversi dal rapporto concessorio è stata semplicemente integrata la giurisdizione generale di legittimità con l'aggiunta della cognizione dei diritti patrimoniali conseguenziali e del risarcimento del danno. Ad avviso del Collegio, dunque, l'integrazione apportata alla giurisdizione generale di legittimità non vale a connotarla nel senso dell'esclusività, in quanto, a tal fine, sarebbe stato necessario devolvere al giudice amministrativo la cognizione di ogni e qualsiasi rapporto (relativo a diritti e interessi) nelle su indicate materie. Invero, come recita l'art. 7, terzo comma, della legge n. 1034/1971, la giurisdizione è esclusiva quando il giudice amministrativo conosce di "tutte le questioni relative a diritti", quindi non solo dei diritti patrimoniali e del risarcimento del danno, conseguenti all'annullamento di un atto amministrativo. Sulla base delle esposte considerazioni, le quali condurrebbero logicamente ad escludere la giurisdizione del giudice amministrativo, il Collegio ritiene che il primo comma dell'art. 33 del d.lgs. n. 80/1998 ecceda vistosamente i limiti della delega, la quale si è limitata unicamente ad estendere la giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie relative ai diritti patrimoniali conseguenziali e al risarcimento del danno, con conseguente violazione dell'art. 76 Cost. e del successivo art. 77, comma 1, Cost., ai sensi del quale il Governo non può emanare decreti legislativi in materie non espressamente delegate dal Parlamento. Non appare superfluo sottolineare la rilevanza della questione, avuto anche riguardo all'esigenza di tutelare con la maggiore tempestività possibile il ricorrente e quanti possano trovarsi in situazione analoga, tenuto conto che la giurisdizione di questo Tribunale sussisterebbe solo nel caso in cui le questioni sollevate fossero ritenute infondate. E tenuto, altresì, conto, del conflitto negativo di giurisdizione che, in relazione al caso in esame, si è determinato in sede cautelare tra questo giudice e quello ordinario: quest'ultimo, infatti, in precedenza adito dal ricorrente ex art. 700 c.p.c., aveva declinato la propria giurisdizione affermando quella del giudice amministrativo; la Sezione, a sua volta, in sede di esame e reiezione della domanda cautelare proposta con il ricorso in esame, aveva ritenuto configurarsi la giurisdizione dell'A.G.O., con riferimento all'inciso contenuto nella lett. f) dell'art. 33, senza che fosse, allora, valutato il profilo dell'eccesso nell'esercizio della delega, venuto in rilievo, "re melius perpensa", al momento dell'odierno esame di merito. C) Ove la Corte dovesse ritenere insussistente l'eccesso di delega, il Collegio solleva, in via ulteriormente subordinata, la questione di costituzionalità del citato art. 11, comma 4, lett. g) della legge di delega n. 59/97, nella parte in cui estende la giurisdizione (pacificamente ritenuta esclusiva) del giudice amministrativo alla materia dei servizi pubblici, oggettivamente indeterminata essendo evidentemente intesa nella sua totalità, stante l'innegabile contrasto con l'art. 76 Cost. Anche ammettendo, infatti, che la delegazione per "materie" possa trovare un aggancio nell'art. 103 Cost., è, invero, palese la violazione del precetto costituzionale secondo il quale la funzione legislativa può essere delegata a condizione che l'oggetto della delega sia definito, onde deve logicamente escludersi una possibilità di delega per blocchi di materie. E certamente non può ritenersi osservata detta prescrizione in una delega che appare irrimediabilmente prevalente, avrebbe esteso la giurisdizione del giudice amministrativo nella materia dei servizi pubblici senza alcuna specificazione e, quindi, da ritenere riferite a tutti i servizi. L'individuazione dei quali sarebbe stata, per di più, rimessa al legislatore delegato che vi ha, peraltro, proceduto parzialmente e "ad libitum" in mancanza delle doverose precisazioni in ordine al contenuto del blocco di materie trasferito. In sostanza, per riconoscere al legislatore delegato il potere di affermare in via generale la giurisdizione del giudice amministrativo in tutte le controversie in materia di servizi pubblici e di individuare grandi aree della materia (credito, vigilanza sulle assicurazioni, servizio farmaceutico, trasporti, telecomunicazioni, etc ) con la possibilità teorica di includervi altri servizi pubblici che potranno essere configurati in futuro, sarebbe stato comunque necessario che l'art. 76 Cost. avesse prevista una delega, per così dire, "aperta", riferibile, cioè, a gruppi di materie oggetto di successiva determinazione (il che, però, non è nel momento in cui si richiede che l'oggetto sia "definito") e che il legislatore delegante avesse, comunque, espressamente affermata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nella materia "de qua". Dunque, ove si volesse ritenere attribuita al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva (relativa, cioè, a tutti i diritti soggettivi e agli interessi legittimi) in materia di servizi pubblici, non può sfuggire che sarebbe stato necessario individuare, se non i singoli servizi, quantomeno il loro contenuto, assicurando, così, attraverso una definizione sostanziale degli stessi, l'osservanza del disposto dell'art. 76 Cost. Risulta, altresì, violato il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., che condiziona l'ordinamento normativo nella sua obiettiva struttura ed è inteso come espressione di un canone generale di coerenza al quale lo stesso ordinamento deve ispirarsi (cfr. Corte cost. sentenze n. 25/1966 e n. 204/1982). In effetti, il legislatore nell'attribuire, "tout court", al giudice amministrativo la giurisdizione (in via esclusiva, secondo l'opinione prevalente) su tutti i servizi pubblici, senza alcuna precisazione, ha modificato il preesistente assetto delle situazioni soggettive e rendendo più difficoltosa e incerta l'utilizzazione dei mezzi di tutela, con riflessi negativi, sull'applicazione del principio di uguaglianza dei cittadini nel momento in cui intendono avvalersi di tali mezzi. Più precisamente, se l'obiettivo della legge delega è quello di estendere la giurisdizione del giudice amministrativo alla materia dei servizi pubblici, è configurabile una mancanza di correlazione logica tra mezzo e fine, nel momento in cui viene omessa qualsiasi specificazione della materia dando luogo a incertezze interpretative che non vengono risolte, ma anzi sono confermate e aggravate dal legislatore delegato, per quanto si è osservato a proposito dell'art. 33, e sono perciò destinate a riflettersi sull'esercizio del diritto di agire in giudizio per a tutela di diritti e interessi, ai sensi degli artt. 24 e 113 Cost. In sostanza, la coerenza del sistema normativo legge-delega/legge delegata, valutata in rapporto all'art. 3 Cost. deve essere intesa nel senso che tale sistema, il quale regola in astratto e in via generale una serie di situazioni in concreto, sia tale da non ostacolare o aggravare l'esplicazione del diritto di difesa garantito dagli artt. 24 e 113 Cost., come, al contrario, si verifica nel caso in esame. Né sembra al Collegio che possano opporsi, in relazione all'incoerenza rilevata che attiene alla razionalità del sistema, l'impossibilità di sindacare il merito delle scelte legislative e l'ipoteticità del contrasto con il principio di uguaglianza (cfr. C. cost., 28 marzo 1996, n. 89). E' evidente che, ove fosse ritenuta l'incostituzionalità della legge delega con riferimento agli artt. 76 e 3 della Costituzione, l'art. 33 del d.lgs. n. 80/1998 resterebbe inevitabilmente travolto, dovendosi riconoscere la necessità, per quanto attiene ai servizi pubblici, di precisare l'oggetto della delega. III.- Invero e conclusivamente, solo dopo che sia stato chiarito se sia legittima l'esclusione dei rapporti individuali di utenza disposta dal legislatore delegato, se la giurisdizione esclusiva in materia di servizi pubblici sia stata effettivamente trasferita al giudice amministrativo, se la legge delegata abbia rispettato i limiti della delega e se la delega abbia, a sua volta, rispettato l'art. 76 Cost., potrà essere assicurata al caso in esame, dal giudice ordinario ovvero dal giudice amministrativo, la tutela richiesta in attuazione degli articoli 24 e 113 della Costituzione e del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) la cui violazione, per quanto detto, non pare possa escludersi. Discende da quanto sopra la necessità di sorprendere il giudizio ai sensi dell'art. 23 della legge n. 87/1953 e trasmettere gli atti alla Corte costituzionale P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sezione staccata di Latina, pronunciando sul ricorso in epigrafe, visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87: Dichiara rilevanti e non manifestamente infondate: a) in via principale la questione di legittimità dell'art. 33, secondo comma, lett. f) del d.lgs. n. 80/1998, in rapporto al primo comma del medesimo articolo, limitatamente all'esclusione della giurisdizione esclusiva, dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, stanti l'insanabile contraddittorietà con il primo comma dello stesso articolo e la limitazione arbitraria della delega da parte del legislatore delegato, con violazione degli artt. 76 e 77, 1° comma, Cost.; b) in via subordinata, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 33, primo comma, del d.lgs. n. 80/98, in rapporto agli artt. 76 e 77, 1° comma Cost., per manifesto eccesso di delega; c) in via ulteriormente subordinata, quella dell'art. 11, comma 4, lett. g) della legge n. 59/1997 per violazione degli artt. 76 e 3 Costituzione. Con violazione in tutti i casi, anche degli articoli 3, 24 e 113 Cost., per il "vulnus" arrecato al canone generale di coerenza dell'ordinamento normativo e per le limitazioni e le difficoltà create all'esercizio del diritto di difesa; Sospende il giudizio in corso disponendo l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e che sia, altresì, comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. La presente sentenza sarà eseguita dall'Autorità amministrativa. |