TAR LAZIO, SEZIONE STACCATA DI LATINA – Ordinanza 8 febbraio 2001 n. 213 – Pres. Camozzi, Est. Orciuolo - Berardi (Avv. C. de Simone) c. Comune di Ripi e Toti (Avv. F. Petrivelli).
Giustizia amministrativa - Decreto presidenziale - Emesso ex art. 9 L. 205/2001 - Che dà atto della rinuncia ad un ricorso - Opposizione avverso il capo che finisce per compensare le spese fra le parti - In mancanza di adesione delle altre parti ed in violazione dell’art. 46 R.D. n. 642/1907 - Va accolta.
Giustizia amministrativa - Rinuncia al ricorso - Disciplina riguardante il regime delle spese - Prevista dall’art. 46, c. 2*, del R.D. 17 agosto 1907 n. 642 - Compensazione delle spese - In mancanza di adesione delle altre parti - Illegittimità.
Va accolta l’opposizione – proposta ai sensi dell’art. 26, 7° comma, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, come sostituito e integrato dall’art. 9 della legge 21 luglio 2000 n. 205 – ad un decreto presidenziale con il quale, nel dare atto della rinuncia ad un ricorso, si è disposta la compensazione delle spese in violazione dell’art. 46, secondo comma, del R.D. 17 agosto 1907 n. 642; quest’ultima norma, infatti, prevede la condanna alle spese del rinunziante nel caso in cui le altre parti non abbiano aderito alla richiesta di compensazione.
Il regime delle spese costituisce un capo della decisione e ben può costituire, da solo, obiettivo di impugnativa o di opposizione, e la reiscrizione del ricorso nel ruolo ordinario, prevista per il caso di accoglimento della opposizione dell’art. 26, settimo comma, L. n. 205/2000 può conseguentemente avvenire al solo fine di discettare e decidere su tale capo.
Fino a quando il giudice non dia atto della rinuncia al ricorso (e ciò può avvenire sempre che venga dal medesimo giudice riconosciuta la regolarità della rinuncia: cfr. art. 306 c.p.c.), lo stesso ricorso si trova in situazione di pendenza; cosicché non può negarsi che la controparte abbia interesse a costituirsi per resistere al ricorso, quanto meno a scopo tuzioristico al fine di evitare che il ricorso venga trattato in sua assenza in caso di declaratoria di invalidità o di inefficacia della rinuncia.
(1) Il regime delle opposizioni avverso decreti ex art. 9 della L. n. 205/2000 e delle spese di giudizio nel caso di rinuncia al ricorso.
Come risulta dal testo dell’ordinanza in rassegna, la vicenda prende le mosse da un decreto con il quale il Presidente del TAR Lazio-Latina, - ai sensi dell’art. 26, 7° comma, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, come sostituito dall’art. 9 della legge 21 luglio 2000 n. 205 - aveva preso atto dell’intervenuta rinuncia al ricorso, disponendo nel contempo la compensazione delle spese.
Dispone la norma appena citata che «La rinuncia al ricorso, la cessazione della materia del contendere, l’estinzione del giudizio e la perenzione sono pronunciate, con decreto, dal presidente della sezione competente o da un magistrato da lui delegato. Il decreto è depositato in segreteria, che ne dà formale comunicazione alle parti costituite. Nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione ciascuna delle parti costituite può proporre opposizione al collegio, con atto notificato a tutte le altre parti e depositato presso la segreteria del giudice adìto entro dieci giorni dall’ultima notifica. Nei trenta giorni successivi il collegio decide sulla opposizione in camera di consiglio, sentite le parti che ne facciano richiesta, con ordinanza che, in caso di accoglimento della opposizione, dispone la reiscrizione del ricorso nel ruolo ordinario. Nel caso di rigetto, le spese sono poste a carico dell’opponente e vengono liquidate dal collegio nella stessa ordinanza, esclusa la possibilità di compensazione anche parziale. L’ordinanza è depositata in segreteria, che ne dà comunicazione alle parti costituite. Avverso l’ordinanza che decide sulla opposizione può essere proposto ricorso in appello. Il giudizio di appello procede secondo le regole ordinarie, ridotti alla metà tutti i termini processuali» (su tale disposizione sia consentito far rinvio al mio I procedimenti abbreviati previsti dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, in Giustizia amministrativa n. 2-2001, pag. 192 ss., spec. a pag. 199).
Nella specie, avverso il decreto presidenziale ex art. 9 cit., una delle parti del giudizio - che tuttavia si era costituita posteriormente alla notifica dell’atto di rinuncia, ma prima dell’emissione del decreto - aveva proposto nei successivi sessanta giorni opposizione al collegio, lamentando che nel decreto del Presidente del TAR era stata prevista la compensazione delle spese, e ciò in violazione dell’art. 46, secondo comma, del R.D. 17 agosto 1907 n. 642, non avendo l’opponente acconsentito alla compensazione.
Il Collegio, dopo avere dato atto che l’art. 46 del R.D. n. 642 del 1907 si pone come norma derogatoria della possibilità per il giudice di compensare le spese del giudizio, prevista dall’art. 92 del c.p.c., ha accolto l’opposizione proposta, affermando nel contempo due principi:
a) il regime delle spese costituisce un capo della decisione e ben può costituire, da solo, obiettivo di impugnativa o di opposizione, e la reiscrizione del ricorso nel ruolo ordinario, prevista per il caso di accoglimento della opposizione dell’art. 26, settimo comma, L. n. 205/2000 può conseguentemente avvenire al solo fine di discettare e decidere su tale capo.
b) ai sensi dell’art. 46, secondo comma, del R.D. 17 agosto 1907 n. 642, il giudice amministrativo, nel dare atto dell’intervenuta rinuncia al ricorso, e salva espressa adesione delle altre parti, deve condannare il ricorrente alle spese del giudizio; con l’ulteriore corollario secondo cui fino a quando il giudice non dia atto della rinuncia al ricorso (e ciò può avvenire sempre che venga dal medesimo giudice riconosciuta la regolarità della rinuncia: cfr. art. 306 c.p.c.), lo stesso ricorso si trova in situazione di pendenza; cosicché non può negarsi che la controparte abbia interesse a costituirsi per resistere al ricorso, quanto meno a scopo tuzioristico al fine di evitare che il ricorso venga trattato in sua assenza in caso di declaratoria di invalidità o di inefficacia della rinuncia.
La prima affermazione (secondo cui il regime delle spese costituisce un capo della decisione e ben può costituire, da solo, obiettivo di opposizione) appare conforme al principio affermato in giurisprudenza secondo cui le sentenze sono appellabili anche limitatamente al capo riguardante il regime delle spese (cfr. sul punto C.G.A., sent. 21 novembre 1997 n. 515, in Giust. amm. sic., n. 4/97, p. 1158; nello stesso senso v. anche Cons. Stato, Sez. IV, 27 settembre 1993 n. 798; Sez. V, 25 ottobre 1989 n. 674; Cass. civ., Sez. lav., 7 luglio 1992 n. 8242).
La peculiarità del caso è costituita dal fatto che nella specie che non si era in presenza di una sentenza, ma di un decreto, il quale va reclamato innanzi al collegio. Ma ciò non sembra che possa impedire l’applicazione nei confronti del reclamo avverso il decreto presidenziale del principio affermato in ordine alle sentenze, avendo il reclamo sostanzialmente natura e forma di impugnazione, ancorchè non proposta innanzi ad un organo di secondo grado ma innanzi al Collegio.
Può convenirsi quindi sul fatto che, così come le sentenze sono appellabili anche limitatamente al capo riguardante le spese del giudizio, analogamente deve ritenersi che i decreti presidenziali ex art. 9 L. n. 205/2000 siano reclamabili per singoli capi, ivi compreso quello riguardante le spese.
Più complessa e meritevole di approfondimento si presenta la seconda statuizione (secondo cui ai sensi dell’art. 46, secondo comma, del R.D. 17 agosto 1907 n. 642, il giudice amministrativo, nel dare atto dell’intervenuta rinuncia al ricorso, e salva espressa adesione delle altre parti, deve condannare il ricorrente alle spese del giudizio).
In proposito va osservato che l’art. 46, secondo comma, del R.D. 17 agosto 1907 n. 642, prevede specificamente per il processo amministrativo che: "In qualunque stadio della controversia si può rinunciare al ricorso mediante dichiarazione sottoscritta dalla parte o dall’avvocato munito di mandato speciale e depositata nella segreteria, o mediante dichiarazione verbale di cui è stato processo verbale". Aggiunge il 2° comma dello stesso articolo inoltre che "Il rinunziante deve pagare le spese degli atti di procedura da lui compiuti".
Differente è invece la disciplina prevista dall’art. 306 c.p.c. per ciò che concerne le modalità di rinuncia, atteso che, ai sensi di quest’ultima disposizione, il processo si estingue per rinuncia agli atti del giudizio "quando questa è accettata dalle parti costituite che potrebbero aver interesse alla prosecuzione"; l’art. 306, 4° comma, c.p.c., tuttavia, in modo parzialmente analogo a quanto disposto dall’art. 46, 2° comma, del R.D. n. 642/1907, aggiunge che "il rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo".
La diversità della disciplina concernente le modalità della rinuncia ha indotto la giurisprudenza amministrativa ad affermare che "nel processo amministrativo la rinuncia al ricorso non necessita di accettazione della controparte ma abbisogna, affinchè si provochi l'estinzione del giudizio, di un'espressa pronuncia del giudice" (v. in tal senso TAR Lazio, Sez. II, 20 giugno 1991 n. 1125, in Giust. civ. 1991, I, 3148; v. in senso analogo anche Cons. Stato, Sez. IV, 8 settembre 1987 n. 533, in Giur. It. 1988, III, 1, 249, secondo cui "nel giudizio amministrativo la rinuncia al ricorso deve essere notificata alle altre parti costituite, ma è efficace indipendentemente dalla loro accettazione").
Poichè le ragioni sottese alla rinuncia al ricorso sfuggono alla disponibilità delle altre parti in contesa, posto che la rinuncia stessa, contrariamente a quanto accade nel processo civile, non abbisogna di formale accettazione ad opera delle altre parti del processo, la rinuncia al ricorso giurisdizionale amministrativo - sempre secondo la giurisprudenza - obbliga il rinunciante alla rifusione in favore delle controparti delle spese di lite sostenute ai sensi dell’art. 46 r.d. 17 agosto 1907 n. 642 (TAR Puglia-Bari, Sez. II, 16 luglio 1994 n. 1075, in TAR 1994, I, 3808).
In estrema sintesi, la diversità del procedimento riguardante la rinuncia all’azione civile ed al ricorso amministrativo (occorrendo nel primo caso una accettazione che nel secondo caso non è prescritta), ha fatto sì che sia stato affermato dalla giurisprudenza il principio secondo cui la rinuncia al ricorso giurisdizionale amministrativo obbliga il rinunciante alla rifusione in favore delle controparti delle spese di lite sostenute ai sensi dell’art. 46 r.d. 17 agosto 1907 n. 642.
Tale circostanza ha indotto nella specie il collegio ad annullare, in accoglimento dell’opposizione, il decreto presidenziale il quale, viceversa, nel dare atto dell’intervenuta rinuncia al ricorso, aveva compensato le spese di giudizio. E’ stato nel contempo affermato che, fino a quando il giudice non dia atto della rinuncia al ricorso (e ciò può avvenire sempre che venga dal medesimo giudice riconosciuta la regolarità della rinuncia: cfr. art. 306 c.p.c.), il ricorso stesso si trova in situazione di pendenza; cosicché non può negarsi che la controparte abbia interesse a costituirsi per resistere ad esso, quanto meno a scopo tuzioristico, al fine di evitare che il ricorso venga trattato in sua assenza in caso di declaratoria di invalidità o di inefficacia della rinuncia.
Va in proposito osservato che la disciplina che riguarda il regime delle spese nel caso di rinuncia al ricorso, ha fatto sì che l’istituto abbia avuto ben scarsa applicazione nella pratica, essendo in genere utilizzata, per raggiungere lo stesso scopo, la dichiarazione - resa talvolta nella stessa udienza fissata per la decisione del merito - del patrono del ricorrente secondo cui non sussiste più interesse a proseguire il giudizio.
La dichiarazione di improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse di solito - a meno che le parti resistenti non si oppongano - comporta anche la compensazione delle spese del giudizio.
Sotto questo profilo è da rilevare che la disciplina prevista nel caso di rinuncia, che - come sopra evidenziato - obbliga il giudice amministrativo a condannare il rinunciante al pagamento delle spese, salvo espressa adesione delle altre parti, finisce per essere troppo rigida rispetto a quella applicabile nel caso di dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse, che rimette all’apprezzamento discrezionale dello stesso giudice la pronuncia sulle spese.
Tutto ciò ha effetti sull’istituto della rinuncia, il quale finisce per essere penalizzato dall’attuale disciplina, quando - al contrario - dovrebbe essere incentivato, nell’ottica dello sfoltimento dei ruoli. Sta di fatto che molti ricorsi che non presentano più interesse, non vengono espressamente rinunciati, non soltanto per le complicazioni che la rinuncia impone (atto firmato dal ricorrente e notificato alle controparti), ma soprattutto per il regime delle spese. Si preferisce invece che, dopo diversi anni, il ricorso sia fissato per poi, con una semplice dichiarazione del patrono del ricorrente, ottenere una dichiarazione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, che quasi sempre si conclude con la compensazione delle spese.
E’ auspicabile quindi una riforma dell’istituto della rinuncia al ricorso, prevedendo forme agevoli per la sua proposizione (ad es. stabilendo che a tal fine non occorre un atto notificato, ma che può essere presentata una istanza depositata in segreteria, la quale verrà poi comunicata a tutte le parti con biglietto di cancelleria) e soprattutto parificando (per ciò che concerne le spese), la disciplina in atto prevista (risalente al regolamento di procedura del 1907) a quella applicabile nel caso di dichiarazione di improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse e cioè stabilendo, che anche nel primo caso, così come nel secondo, il regime delle spese potrà essere discrezionalmente determinato dal giudice amministrativo, salvo espressa opposizione delle altre parti del giudizio. (Giovanni Virga)
TAR LAZIO
SEZIONE STACCATA DI LATINA
ORDINANZA
Sull’atto di opposizione proposto da BERARDI Leano (rappresentato e difeso dall’Avv. Corrado de Simone, con domicilio in Latina, Viale dello Statuto n. 24) avverso il decreto del Presidente di questo TAR LT n. 128 del 6/12 dicembre 2000 emesso in ordine al ricorso n. 1380 del 2000 proposto da TOTI Carlo contro il COMUNE DI RIPI e nei confronti di BERARDI Simona e BERARDI Leano.
Visto il predetto atto di opposizione, notificato il 5/10 gennaio 2001, depositato il successivo 16 gennaio 2001.
Vista l’istanza di partecipazione alla camera di consiglio, avanzata da TOTI Carlo (rappresentato e difeso dall’Avv. Fernando Petrivelli, con domicilio in Latina, Via delle Medaglie d’Oro n. 8, c/o Avv. Roberto Baratta) con atto, depositato il 19 gennaio 2001, contenente deduzioni di inammissibilità e di infondatezza dell’atto di opposizione.
Relatore il Consigliere Dott. Elia Orciuolo.
Uditi, nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2001, l’Avv. Corrado de Simone per l’opponente e l’Avv. Fernando Petrivelli per il resistente.
Ritenuto e considerato quanto segue.
IN FATTO
Con l’atto in discussione BERARDI Leano ha proposto opposizione al decreto (in epigrafe indicato) con cui il Presidente di questo TAR LT ha dato atto della rinuncia al ricorso n. 1380 del 2000 proposto da TOTI Carlo contro il COMUNE DI RIPI e nei confronti di BERARDI Simona e BERARDI Leano per l’annullamento della concessione edilizia n. 31/2000 del 19 luglio 2000 rilasciata dal Comune di Ripi ai predetti Berardi Simona e Leano.
L’opposizione – proposta ai sensi (del settimo comma) dell’art. 26 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, come sostituito e integrato dall’art. 9 della legge 21 luglio 2000 n. 205 – attiene al (solo) punto del decreto relativo al regime delle spese di giudizio, con esso decreto compensate ma che l’opponente assume dover essere poste a carico del rinunziante, in applicazione dell’art. 46, secondo comma, del R.D. 17 agosto 1907 n. 642, non avendo egli opponente consentito alla compensazione.
Con atto depositato il 19 gennaio 2001 l’intimato TOTI Carlo ha resistito all’opposizione in argomento deducendone inammissibilità e infondatezza (e chiedendone conclusivamente il rigetto con vittoria di spese) osservando che:
- essendo stato l’atto di rinuncia notificato all’opponente Berardi Leano il 7 settembre 2000, avanti cioè che quest’ultimo si costituisse in giudizio, va ritenuto che, una volta prodottisi, a seguito di notificazione, gli effetti estintivi dell’atto di rinuncia, la costituzione in giudizio di Berardi ha costituito il frutto di una mera facoltà, non quindi l’esito di una necessaria attività difensiva in giudizio;
- l’opposizione non può attenere al solo regime delle spese, dato che in caso di accoglimento di essa dovrebbe disporsi la reiscrizione del ricorso nel ruolo ordinario;
- la disposta compensazione delle spese è giustificata dalla fondatezza del ricorso.
Nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2001, nel corso della quale i legali delle parti hanno insistito nelle rispettive posizioni, l’atto di opposizione è stato ritenuto per la decisione.
IN DIRITTO
L’atto di opposizione si presenta fondato, il citato art. 46 del R.D. n. 642 del 1907 ponendosi come norma derogatoria della possibilità per il giudice di compensare le spese del giudizio, prevista dall’art. 92 del cpc.
Le deduzioni del resistente Toti, inoltre, vanno disattese, in quanto:
- finchè il giudice non dia atto della rinuncia al ricorso (e ciò può avvenire sempre che venga dal medesimo giudice riconosciuta la regolarità della rinuncia: cfr. art. 306 cpc) lo stesso (ricorso) di trova in situazione di pendenza; cosicché non può negarsi che la controparte abbia interesse a costituirsi per resistere al ricorso, quanto meno a scopo tuzioristico al fine di evitare che il ricorso venga trattato in sua assenza in caso di declaratoria di invalidità o di inefficacia della rinuncia;
- il regime delle spese costituisce un capo della decisione, per cui ben può costituire, da solo, obiettivo di impugnativa o di opposizione, e la reiscrizione del ricorso nel ruolo ordinario, prevista per il caso di accoglimento della opposizione dell’art. 26, settimo comma, cit., ben può (conseguentemente) avvenire al solo fine di discettare e decidere su tale capo;
- la fondatezza del ricorso non può venire in discussione, la rinuncia ad esso precluderebbe ogni esame.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO
Sezione staccata di Latina
ACCOGLIE l’opposizione e, per l’effetto, DISPONE la reiscrizione del ricorso nel ruolo ordinario, al solo fine della trattazione circa il regime delle spese.
AVVERTE le parti che, al fine della trattazione, necessita la presentazione di nuova istanza di fissazione di udienza.
La presente ordinanza viene depositata presso la segreteria, che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Latina, nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2001.
IL CONSIGLIERE ESTENSORE
(Dott. Elia Orciuolo)
IL PRESIDENTE
(Antonio Camozzi)
Depositata l'8 febbraio 2001.