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n. 5-2001 - © copyright.

TAR LIGURIA, SEZ II - Sentenza 13 aprile 2001 n. 399 - Pres. Balba, Est. Sapone - R. Oudghough (Avv.to R. Faure) c. Ente Opere Pie Riunite Devoto Marini Sivori (Avv.to R. Mottola).

Concorso - Bando - Requisiti che precludono la partecipazione - Clausola generica ed indeterminata - Tempestiva impugnazione - Non occorre.

Concorso - Esclusione - Di extracomunitario - Mancato possesso della cittadinanza italiana o di altro paese dell'Unione Europea ex DPR 487/1994 - Illegittimità - Requisito implicitamente abrogato dalla successiva normativa in tema di lavoratori extracomunitari.

Concorso - Esclusione - Di extracomunitario - Parità rispetto ai lavoratori italiani soltanto riguardo ai datori di lavoro privato - Illegittimità.

Non occorre la tempestiva impugnazione di un bando di gara contenente una clausola generica ed indeterminata che non preclude in modo certo la partecipazione alla procedura concorsuale. (Nel caso di specie, sebbene il bando prevedesse come requisito per la partecipazione al concorso, il possesso della cittadinanza italiana o di uno dei paesi dell’Unione Europea, non erano con certezza esclusi gli extracomunitari atteso che era anche previsto che il predetto requisito non fosse necessario per i soggetti equiparati per legge ai cittadini italiani).

E' illegittimo il provvedimento di esclusione da un concorso (nella specie, per infermiere professionale) fondato sul mancato possesso della cittadinanza italiana o di altro paese dell’Unione Europea, atteso che sebbene il DPR 487 del 1994 preveda unicamente la partecipazione di cittadini italiani o di un altro paese dell’Unione Europea, è altrettanto inconfutabile che trattandosi di una norma regolamentare la stessa per tale aspetto debba ritenersi implicitamente abrogata dalle norme successive intervenute a disciplinare la posizione giuridica dello straniero (ved. art. 2 D. Lgvo 286/98) .

E' illogico, per violazione del fondamentale principio di uguaglianza, anche alla luce dell'evoluzione normativa in materia di privatizzazione del pubblico impiego, il provvedimento di esclusione da un concorso non riservato in via esclusiva a cittadini italiani (DPCM 7 febbraio 1994), nella parte in cui si prospetta che il diritto dei lavoratori stranieri alla parità di trattamento rispetto ai lavoratori italiani, riguardi soltanto i datori di lavoro privato e non anche quello pubblico.

 

 

ESPOSIZIONE del FATTO

L’odierno ricorrente, cittadino extracomunitario in possesso del diploma di infermiere professionale, conseguito in Italia, con domanda datata 20/11/1999 ha chiesto di essere ammesso a partecipare al pubblico concorso per n.1 posto di infermiere professionale, bandito dal resistente istituto.

La suddetta istanza è stata rigettata con il gravato provvedimento avverso il quale sono stati dedotti i seguenti motivi di doglianza:

1) Violazione di legge;

2) Eccesso di potere sotto vari profili.

Si è costituita l’intimata amministrazione prospettando in primis l’inammissibilità del proposto gravame per mancata e tempestiva impugnativa del bando di concorso e contestando nel merito la fondatezza delle dedotte doglianze.

Alla pubblica udienza del 22 aprile 2001 il ricorso è stato assunto in decisione.

MOTIVI della DECISIONE

Con il proposto gravame l’odierno ricorrente, cittadino extracomunitario in possesso del diploma di infermiere professionale, ha impugnato il provvedimento, in epigrafe indicato, con cui l’intimata amministrazione non lo ha ammesso a partecipare al concorso pubblico per n.1 posto di infermiere professionale.

La contestata determinazione è stata adottata, ai sensi dell’art.2 del DPR n.487/1994, in quanto l’interessato non era in possesso della cittadinanza italiana o di altro paese dell’Unione Europea.

Preliminarmente il Collegio è chiamato ad esaminare l’eccezione con cui il resistente istituto prospetta l’inammissibilità del proposto gravame per mancata e tempestiva impugnativa del bando di concorso.

Al riguardo il Tribunale osserva che per giurisprudenza consolidata, la cui notorietà esime da ogni citazione, sussiste l'onere di immediata impugnazione del bando solamente per le disposizioni che precludono in modo certo la partecipazione ad una procedura concorsuale.

Tale situazione non è riscontrabile nella vicenda in esame, in quanto se è incontestabile che era espressamente disposto il possesso della cittadinanza italiana o di uno dei paesi dell’Unione Europea, è altrettanto incontestabile che era previsto che il predetto requisito non era necessario per i soggetti equiparati per legge ai cittadini italiani.

Trattandosi quest’ultima di una clausola generica ed indeterminata, tale da non precludere ex ante in modo certo la partecipazione del ricorrente al concorso de quo, non poteva, pertanto, ritenersi sussistente quell’immediata lesività del bando che ne legittimava un’autonoma impugnativa.

Venendo all’esame di merito il punto cruciale della presente controversia concerne la possibilità per un cittadino extracomunitario residente in Italia, in possesso di tutti gli altri requisiti prescritti, di partecipare ad un pubblico concorso per l’assunzione in un ente pubblico.

Al riguardo il Tribunale osserva che se è incontestabile che il DPR 487 del 1994 prevede unicamente la partecipazione di cittadini italiani o di un altro paese dell’Unione Europea, è altrettanto inconfutabile che trattandosi di una norma regolamentare la stessa per tale aspetto potrebbe ritenersi implicitamente abrogata da norme successive intervenute a disciplinare la posizione giuridica dello straniero.

In merito è opportuno premettere che il cittadino extracomunitario può essere iscritto, sia pure a particolari condizioni, nelle liste di collocamento e, conseguentemente, può essere assunto presso pubbliche amministrazione che quelle liste utilizzano per la copertura di posti vacanti.

E’ da rilevare poi che l’art. 2 del D.lgvo 286 del 1998 prevede espressamente che:

a) lo straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale gode in materia civile degli stessi diritti riconosciuti al cittadino italiano (c. 2);

b) ai lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti sul T.N. è riconosciuta parità di trattamento e piena eguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani (C. 3).

In tale contesto è evidente la finalità del legislatore di assicurare ai lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti sul T.N. lo stesso trattamento riservato ai lavoratori italiani, non solo allorchè il rapporto di lavoro si sia instaurato ma anche per quanto concerne l’astratta possibilità di instaurarlo.

D’altronde il limitare, come prospettato dall’intimata amministrazione, tale astratta possibilità solamente nei confronti dei datori di lavoro privati risulta essere palesemente illogico per violazione del fondamentale principio di eguaglianza, nonché in aperto contrasto con l’evoluzione normativa in materia di privatizzazione del rapporto di pubblico impiego.

Riguardo il primo aspetto non si vede, infatti, quale interesse fondamentale ed inderogabile della collettività possa essere leso dal consentire la partecipazione dello straniero a pubblici concorsi per la copertura di posti che per esplicita previsione non sono riservati in via esclusiva a cittadini italiani (DPCM 7/2/1994).

In termini più generali il Collegio osserva che la preclusione in questione risulta essere ancora più ingiustificata con riferimento all’attuale fase normativa in cui si assiste ad un’estesa privatizzazione del rapporto di pubblico impiego.

Tale fenomeno comporta che ai fini della disciplina del rapporto, comprensiva, altresì delle modalità di instaurazione dello stesso, nessuna rilevanza può assumere la natura, pubblica o privata, del datore di lavoro e, pertanto, non è riscontrabile nessun fondato motivo in base al quale lo straniero può legittimamente partecipare ad una pubblica procedura concorsuale indetta da un ente privato per la copertura di determinati posti, mentre tale possibilità gli è preclusa se per gli identici posti, soggetti alla medesima disciplina giuridica, la procedura è indetta da un ente pubblico.

Ciò premesso, il ricorso in trattazione deve essere accolto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA LIGURIA, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 129 del 2000, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Genova, nella Camera di Consiglio del 22 marzo 2001.

IL PRESIDENTE IL GIUDICE ESTENSORE

Depositata in Segreteria il 13 aprile 2001.

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