Giust.it

Giurisprudenza
n. 5-2002 - © copyright.

TAR LOMBARDIA-BRESCIA - Sentenza 14 maggio 2002 n. 857 - Pres. Mariuzzo, Est. Tricarico – Carleschi (Avv. M. Ballerini) c. Comune di Calcinato (Avv. G. Bonomi) – (dichiara il ricorso inammissibile).

Comune e Provincia – Consiglieri comunali e provinciali – Legittimazione ad impugnare le delibere adottate dai rispettivi organi consiliari - Sussiste in linea di massima solo nel caso in cui tali delibere siano lesive del loro jus ad officium – Legittimazione al di fuori di tali ipotesi – Va riconosciuta solo nel caso in cui il consigliere non abbia avuto il testo oggetto di adozione e di approvazione, nonché i relativi allegati – Fattispecie.

La legittimazione dei consiglieri comunali ad impugnare le delibere adottate del consiglio comunale di cui fanno parte in linea di massima sussiste solo nel caso in cui tali delibere siano lesive del loro jus ad officium (1).

Nei casi in cui non venga dedotta la lesione dello jus ad officium, deve riconoscersi un interesse a ricorrere ad un consigliere comunale di minoranza, quando lo stesso non abbia avuto a disposizione il testo oggetto di adozione e di approvazione, nonché i relativi allegati, onde consentirgli di esaminare preventivamente la documentazione e di esprimere le proprie opinioni in merito (2).

------------------------

(1) Cfr. T.A.R. Abruzzo-L’Aquila, 9 gennaio 1992, n. 1; T.A.R. Veneto, 20 dicembre 1999, n. 2479; T.A.R. Basilicata, 27 maggio 1999, n. 191.

(2) Cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 27 ottobre 1998, n. 1712.

Alla stregua di tale principio nella specie il T.A.R. Lombardia, constatato che nella specie i vizi dedotti non riguardavano lo jus ad officium del consigliere comunale ricorrente, ma la violazione di norme del procedimento (artt. 2 e 3 della L.r. n. 23/1997, che prevedono per l’approvazione della variante al P.R.G. con una procedura semplificata) e che, peraltro, il ricorrente aveva partecipato attivamente a tutte le sedute che avevano condotto alle deliberazioni impugnate, esprimendo il proprio voto contrario o astenendosi dal voto, senza eccepire nulla in ordine alla legittimità della procedura seguita, ha dichiarato il ricorso stesso inammissibile per difetto di legittimazione attiva.

Sulla legittimazione dei consiglieri v. in questa rivista CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 31 gennaio 2001 n. 358, secondo cui in particolare "In via di principio, i consiglieri comunali, in quanto tali, non appaiono legittimati ad agire contro l'Amministrazione di appartenenza, dato che il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi di una stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive"; con la stessa sentenza è stato inoltre affermato che "un ricorso di singoli consiglieri (in particolare, contro l'Amministrazione di appartenenza) può ipotizzarsi soltanto allorchè vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto all'ufficio dei medesimi e quindi su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere (ad esempio scioglimento del Consiglio comunale e nomina di un commissario ad acta)".

 

 

FATTO

Al momento della presentazione del ricorso in epigrafe il ricorrente era consigliere del Comune di Calcinato, in rappresentanza del Gruppo politico denominato "Linea indipendente".

In tale sua qualità ha partecipato alle sedute consiliari che hanno condotto all’approvazione della variante al Piano regolatore generale del Comune resistente, secondo la procedura semplificata di cui alla L.r. 23.6.1997, n. 23.

Come lo stesso ricorrente afferma espressamente nel ricorso e secondo quanto si evince, d’altra parte, dalle deliberazioni qui gravate, egli ha manifestato il proprio voto contrario nelle sedute cui si fa riferimento.

Le deliberazioni rispettivamente di adozione della variante, di esame delle osservazioni alla proposta di variante nonché di approvazione in via definitiva della stessa ed, infine, di rettifica di errore materiale della delibera di adozione, indicate in epigrafe, sono state impugnate con l’odierno ricorso per i seguenti motivi di diritto:

1) violazione di legge per errata e falsa applicazione dell’art. 2 della L.r. 23.6.1997, n.23 – eccesso di potere per contrasto tra il dispositivo della delibera ed il contenuto della variante;

2) violazione di legge per errata, falsa e mancata applicazione dell’art. 3 della L.r. n. 23/1997.

Il ricorrente sostiene di "non essere interessato sotto il profilo personale al contenuto delle varianti approvate" e di agire "nella sua qualità di consigliere comunale".

Il Comune intimato si è costituito in giudizio, eccependo, in via pregiudiziale, la carenza di legittimazione in capo al ricorrente e contestando la fondatezza dei richiamati motivi di doglianza.

Con ordinanza 26.2.1999 n. 130, questo Tribunale ha accolto l’incidentale domanda di sospensione.

L’appello avverso detta ordinanza è stato accolto dal Consiglio di Stato –sez. IV, con conseguente reiezione dell’istanza di sospensiva proposta in primo grado nei confronti delle delibere impugnate.

Alla pubblica udienza dell’8.1.2002 il ricorso in epigrafe è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1 - Il Collegio deve preliminarmente esaminare la sussistenza o meno, in capo al ricorrente, della legittimazione a presentare il ricorso de quo, contestata dal Comune resistente.

Come sopra rilevato, il ricorrente qui fa valere non già un suo interesse personale, bensì agisce nella qualità di consigliere comunale.

Per giurisprudenza pressoché costante (cfr. T.A.R. Abruzzo- L’Aquila 9.1.1992 n. 1; T.A.R. Veneto 20.12.1999 n. 2479; T.A.R. Basilicata 27.5.1999 n. 191), si riconosce tale legittimazione in capo ai consiglieri comunali solo qualora l’impugnativa di una delibera adottata dall’organo politico si assuma lesiva del loro munus.

Il caso di specie non rientra in tale ipotesi, giacchè i vizi dedotti attengono alla violazione di norme del procedimento, e più precisamente, degli artt. 2 e 3 della citata L.r. n. 23/1997.

In particolare, il ricorrente lamenta che si sarebbe fatto ricorso alla procedura semplificata di cui alla richiamata L.r. n. 23/1997 al di fuori delle tassative ipotesi espressamente contemplate dalla legge medesima e che, pertanto, al contrario, si sarebbe dovuta utilizzare la procedura ordinaria, che richiede l’intervento della Regione in sede di approvazione delle varianti al P.R.G..

Inoltre lo stesso sostiene che i documenti allegati sarebbero diversi da quelli previsti dalla legge.

In proposito il Collegio ritiene di condividere un indirizzo giurisprudenziale, secondo il quale, nei casi in cui non venga dedotta la lesione dello jus ad officium, deve riconoscersi un interesse a ricorrere ad un Consigliere comunale di minoranza, quale è il ricorrente in questione, quando lo stesso non abbia avuto a disposizione il testo oggetto di adozione e di approvazione, nonché i relativi allegati, onde consentirgli di esaminare preventivamente la documentazione e di esprimere le proprie opinioni in merito (cfr. T.A.R. Lazio – II 27.10.1998 n. 1712).

Nel caso qui in esame il ricorrente ha partecipato attivamente a tutte le sedute che hanno condotto alle deliberazioni gravate, esprimendo il proprio voto contrario o astenendosi dal voto.

Egli sostiene che sarebbe stato "impossibilitato a capire il contenuto delle varianti", in quanto la scheda di controllo di cui alla L.r. 12.3.1984, n. 14, allegata al posto della scheda informativa prevista per le varianti semplificate dalla L. r. n. 23/1997, non era ex se, a suo dire, non in grado di rendere chiaro tale contenuto.

In realtà risulta evidente come la detta scheda di controllo allegata alla delibera di adozione fosse più completa ed esaustiva di quella informativa di cui alla L.r. n. 23/97, quest’ultima peraltro allegata alla delibera n. 103/1998.

Infatti, dal confronto tra le stesse si evince che nella prima sono, comunque, riportati, seppure in forma diversa, anche i dati contenuti nella seconda.

Inoltre le quattro tavole progettuali allegate sempre alla delibera n. 59/1998-di adozione delle varianti in questione- riportano in modo analitico gli ambiti considerati nonché le relative varianti.

D’altra parte, la conferma di detta chiarezza e sufficienza viene proprio dalla circostanza che il ricorrente non si è limitato ad esprimere il proprio voto, ma ha discusso diffusamente le dette varianti nel corso dei suoi numerosi interventi in sede consiliare, senza, peraltro, mai prospettare alcuna osservazione in ordine all’iter procedimentale adottato o a supposte violazioni della normativa applicata.

Il ricorrente, edotto circa il contenuto delle varianti, al contrario di quanto lo stesso sostiene, ben avrebbe potuto far valere in detta sede le censure sollevate davanti a questo Tribunale.

Ne deriva che non può riconoscersi, in capo allo stesso, la legittimazione a ricorrere e, pertanto, il ricorso deve dichiararsi inammissibile.

2 – Con riferimento alle spese di giudizio, il Collegio è dell’avviso che debbano essere poste a carico del ricorrente e che possano essere liquidate in € 2.150,00 (duemilacentocinquanta/0), oltre ad oneri di legge.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia- Sezione staccata di Brescia - definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.

Condanna il ricorrente a corrispondere al Comune di Calcinato la somma di € 2.150,00 (duemilacentocinquanta/0), a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa, oltre ad oneri di legge.

Così deciso, in Brescia, l’8 gennaio 2002, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Francesco MARIUZZO - Presidente;

Sergio CONTI – Giudice;

Rita TRICARICO - Giudice estensore.

Depositata in data 14 maggio 2002.

Copertina Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico