TAR LOMBARDIA, SEZ. I – Sentenza 13 febbraio 2001 n. 956 – Pres. Vacirca, Est. Di Santo - Società per azione Raffineria Padana Olii Minerali S.A.R.P.O.M. (Avv.ti Capria, Nanni e Occhipinti) c. Comune di Boffalora Ticino (MI) (Avv. Viviani).
Ambiente – Inquinamento – Disciplina prevista dal D.L.vo 22/97 e dal D.M. 471/99 – Ordine di bonifica – Va diretto all’autore dell’inquinamento – Ordine nei confronti del proprietario attuale dell’area che non sia anche autore dell’inquinamento – Illegittimità.
Ai sensi degli artt. 17 D.Lgs. 22/1997 e 8 D.M. 471/1999, che individua i poteri e le procedure di intervento della P.A. in materia di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, deve ritenersi che il solo soggetto legittimamente gravabile dell’obbligo di provvedere, su diffida del Comune, ai necessari interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e ripristino ambientale, sia il soggetto responsabile dell’inquinamento (1).
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(1) V. in senso analogo la sentenza dello stesso TAR Lombardia, Sez. I, 13 febbraio 2001 n. 987, in www.giustamm.it n. 2/2001, pag. http://www.giustamm.it/private/tar/tarlomb1_2001-987.htm. Riportiamo qui di seguito la nota di commento dell’Avv. Teodora Marocco.
Bonifica dei siti inquinati e responsabilità: un importante chiarimento giurisprudenziale
L’art. 17, comma 2, del decreto legislativo n. 22 del 1997 prevede che "chiunque cagiona anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a (limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli), ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale di aeree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento".
La responsabilità prospettata dall’articolo citato è stata ripetutamente discussa in dottrina in quanto, ad una prima lettura, sembra essere più ampia di quella generalmente vigente in campo ambientale e, soprattutto, non essere limitata ai casi di solo dolo o colpa.
Infatti, un’interpretazione restrittiva e meramente letterale, potrebbe avvalorare l’introduzione da parte del legislatore di una forma di responsabilità oggettiva in materia di bonifiche. Come è noto, tale responsabilità è caratterizzata dal fatto che l’illecito prescinde dall’elemento soggettivo (dolo o colpa) ed è integrata dal solo accadimento di un evento o fatto dannoso, conseguenza di una condotta a forma libera, e legato a quest’ultima in forza del solo rapporto causale.
A seguito di un evento dannoso sarebbe comunque necessario l’accertamento di un comportamento del soggetto destinatario di un’eventuale ordinanza di ripristino e di un nesso eziologico tra tale comportamento, che può ovviamente essere anche omissivo, e l’alterazione ambientale da rimuovere.
La disciplina oggi vigente potrebbe dunque essere paragonabile alla strict liability tipica degli Stati Uniti dove il proprietario può provare di non essere tenuto alla bonifica in quanto l’inquinamento è dovuto a fatto indipendente dalla sua volontà (per esempio forza maggiore) oppure a fatto di altro soggetto.
In caso contrario, se cioè non si volesse considerare neanche necessario il nesso causale ai fini dell’integrazione dell’illecito, si configurerebbe non già una responsabilità oggettiva, bensì una sorta di obbligazione propter rem, basata sul solo presupposto della proprietà dell’area da bonificare o dell’impianto dal quale si è determinato l’inquinamento, responsabilità che nel nostro ordinamento non trova luogo.
A chiarire questo complesso sistema normativo è intervenuta recentemente la giurisprudenza con alcune sentenze, peraltro alquanto articolate nella motivazione.
Anzitutto, in materia è intervenuto il TAR dell’Emilia Romagna. Tale tribunale pronunciandosi sull’art. 17 del decreto legislativo n. 22 del 1997, con sentenza del 19 febbraio 1998 (in Foro It. 1999, III, 28) ha stabilito che "è illegittima l’ordinanza con cui il sindaco ingiunge la riduzione in pristino di un’area oggetto di danno ambientale (nella specie per versamento di reflui inquinanti) al privato proprietario del fondo o al soggetto titolare di diritti reali o personali di godimento sul fondo stesso, in assenza dell’accertamento di un comportamento doloso o colposo del destinatario dell’ordinanza nonché di un nesso causale fra tale comportamento e l’alterazione ambientale da rimuovere".
Il TAR citato si richiama, in mancanza di specifica giurisprudenza sull’art. 17, alla giurisprudenza intervenuta in materia di rifiuti (art. 14) e sottolinea come un ordine di smaltimento non può che essere desunto da un comportamento anche omissivo di corresponsabilità con l’autore dell’abbandono illecito del rifiuto. Secondo il TAR, "il decreto Ronchi ha escluso in radice la configurabilità di qualsiasi ipotesi di responsabilità propter rem (già rifiutata dalla prevalente giurisprudenza amministrativa) ma ha definitivamente sancito il carattere di illecito amministrativo della violazione soggetta all’intervento ordinatorio del sindaco".
Al riguardo bisogna considerare che l’illecito amministrativo presuppone la configurabilità di una condotta dolosa o colposa con la conseguenza che non è legittima l’applicazione di una sanzione amministrativa sulla base di una generica culpa in vigilando o in eligendo ed in assenza di accertamenti specifici in ordine all’imputabilità dell’infrazione contestata al comportamento.
A conferma di questo orientamento interpretativo è recentemente intervenuto il TAR Milano con sentenza n. 956 del 2001. Il caso che ha portato il TAR Milano a pronunciarsi merita un approfondimento in quanto si presta in modo particolare ad una pronuncia in punto di responsabilità.
Infatti, era stata emessa nei confronti di una società che gestisce un oleodotto un’ordinanza di bonifica di un terreno contaminato da idrocarburi fuoriusciti dall’oleodotto medesimo. Lo sversamento di idrocarburi, però, non era dovuto ad una condotta attiva od omissiva della società, bensì era stata causata da un tentativo di furto ad opera di terzi. Nonostante la palese estraneità della società al evento causativo dell’inquinamento, il Sindaco del Comune nel territorio del quale si trova il terreno contaminato aveva ritenuto ugualmente di gravarla dell’obbligo di bonifica.
Dal testo della sentenza che annulla l’impugnata ordinanza di bonifica si evince che secondo lo schema delineato dalla normativa, il solo soggetto legittimamente gravabile dell’obbligo di provvedere ai necessari interventi di messa in sicurezza d’emergenza del terreno, di bonifica e di ripristino ambientale è il soggetto responsabile dell’inquinamento.
La responsabilità però discende, secondo il TAR Milano, dal coinvolgimento nella produzione dell’evento causativo del danno e dunque da un elemento doloso o colposo. E’ quindi nuovamente escluso dalla giurisprudenza di legittimità un criterio di imputazione della responsabilità meramente oggettivo.
Tale criterio di imputazione, peraltro, si allinea a quello vigente per tutte le altre forme di responsabilità ambientale presenti nel nostro ordinamento (T. Marocco).
Per l’annullamento
Dell’ordinanza del Sindaco Reg. Ord. n. 11, prot. N. 1963 in data 7 marzo 2000, notificata in data 9 marzo 2000, e di ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso;
FATTO E DIRITTO
La ricorrente, che gestisce un oleodotto di proprietà della Esso italiana S.r.l., che attraversa il Comune di Boffalora Sopra Ticino, ha impugnato l’ordinanza con tingibile ed urgente in materia sanitaria, datata 7 marzo 2000, con la quale il Sindaco del Comune in questione, ai sensi dell’art. 38, 2° comma, della legge 142/1990 e s.m., nonché del D.Lgs. 22/1997 e del D.M. 471/1999, espressamente richiamati, le ha ordinato "di provvedere alla messa in sicurezza del quantitativo di terreno pesantemente inquinato … mediante smaltimento in discariche autorizzate o staccato direttamente in sito" – specificando che i lavori avrebbero dovuto essere iniziati "entro e non oltre 10 gg. dal ricevimento della presente e ultimati entro i successivi 45 gg." – e di "presentare il progetto definitivo bonifica terreni ai sensi del D.Lgvo 471/1999 entro e non oltre 60 gg. dal ricevimento della presente".
La situazione di pericolo che con tale provvedimento si mirava a fronteggiare era stata determinata da uno sversamento di idrocarburi su terreno occasionato dalla manomissione dell’oleodotto (un terzo, dopo aver scavato una buca in corrispondenza di un tratto dell’oleodotto, perforava il tubo e la guaina di protezione di quest’ultimo nel tentativo di installare un’apparecchiatura per prelevare illecitamente il gasolio, ma, presumibilmente colto da malore per le esalazioni decedeva dentro la stessa buca che aveva scavato, colma ormai delle sostanze fuoriuscite dall’oleodotto che si spandevano anche nel terreno circostante).
La ricorrente deduce a sostengo del gravame:
1) pretesa violazione degli artt. 38, 2° comma, legge 142/1990, 17 D.Lgs. 22/1997 e 8 D.M. 471/1999, assumendo che "il Comune ha… emesso l’ordinanza impugnata senza seguire il procedimento previsto dal legislatore in materia di bonifiche, procedimento che … avrebbe portato a diverse determinazioni da parte dell’autorità in punto di responsabilità e obblighi di intervento"; in altri termini, l’ordinanza impugnata sarebbe stata emanata ai sensi dell’art. 38 della legge 142/1990 pur essendo previsto un apposito procedimento in materia di bonifica; quello di cui all’art. 17 del D.Lgs. 22/1997, che tuttavia stabilisce che destinatario dell’ordine di bonifica può essere soltanto il responsabile dell’inquinamento e non anche il soggetto definito come interessato alla bonifica;
2) pretesa violazione degli artt. 17 D.Lgs. 22/1997 e 8 D.M. 417/1999 sotto ulteriori profili, ed in particolare:
- perché "risulta … dimostrata ogni mancanza di responsabilità in capo a Sarpom, che non ha in alcun modo cagionato o concorso a cagionare lo sversamento di idrocarburi; "la mancanza di responsabilità in capo a Sarpom d’altronde" sarebbe stata "affermata esplicitamente dallo stesso Comune in una successiva comunicazione del 30 marzo 2000 … dove la società viene espressamente indicata quale ‘soggetto interessato alla bonifica’";
- perché "il Comune di Boffalora … non ha effettuato notifica in capo al proprietario del terreno contaminato";
3) la qualifica di Sarpom come "soggetto interessato" comporterebbe anche la violazione da parte del Comune della procedura relativa agli interventi ad iniziativa dei soggetti interessati;
4) pretesa violazione degli artt. 2 e 3, 3° comma, del D.M. 417/1999 e dei relativi Allegati, in quanto "gli interventi di ‘messa in sicurezza’ ora richiesti dal Comune ‘mediante smaltimento in discariche autorizzate’ o stoccaggio ‘direttamente in sito’ sono riconducibili, al contrario, alle misure di bonifica e ripristino ambientale ovvero di messa in sicurezza permanente";
5) pretesa violazione degli artt. 38, 2° comma, legge 142/1990 e 17 D.Lgs. 22/1997, in quanto il Comune avrebbe ‘deciso di emettere il provvedimento de quo per obbligare Sarpom a compiere un intervento di bonifica diverso da quello proposto dalla stessa società e che entrambe le parti, Comune e Sarpom, sapevano e sanno tuttora non essere di competenza della ricorrente".
Il ricorso è fondato.
Il provvedimento impugnato è stato espressamente emanato dal Sindaco nell’esercizio del suo generale potere di ordinanza finalizzato alla tutela preventiva ed immediata dell’igiene e della sanità pubblica nei casi di urgente necessità (art. 38, 2° comma, della legge 142/1990).
Ora, a prescindere dalla sopravvivenza o meno di tale potere in relazione ad una fattispecie quale quella per cui è causa – tenuto conto che vi è una disciplina specifica, contenuta negli artt. 17 D.Lgs. 22/1997 e 8 D.M. 471/1999, che individua i poteri e le procedure di intervento della P.A. in materia di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, ma che la sussistenza di una regolamentazione ad hoc non esclude ogni qual volta si ritenga che i normali strumenti giuridici predisposti dall’ordinamento siano inidonei a fronteggiare una situazione di pericolo attuale per la pubblica incolumità – ineludibili esigenze di coerenza del sistema inducono a ritenere che i destinatari delle ordinanze contingibili ed urgenti non possono che essere individuati tra i soggetti sui quali grava, in via ordinaria, l’obbligo di provvedere a quanto disposto dall’Amministrazione in via straordinaria con l’ordinanza la cui adozione è stata giustificata dalla sussistenza di una situazione di grave e urgente necessità (cfr. Cons. St. V, 1.12.1997 n. 1464).
Ciò comporta, secondo lo schema delineato dalla richiamata normativa, che il solo soggetto legittimamente gravabile dell’obbligo di provvedere, su diffida del Comune, ai necessari interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e ripristino ambientale, sia il soggetto responsabile dell’inquinamento.
Nel provvedimento impugnato, invece nonostante il richiamo al D.Lgs. 22/1997 e al D.M. 471/1999, che lascerebbe supporre l’intento di dare attuazione alle richiamate disposizioni, non è rinvenibile alcuna affermazione di responsabilità e di coinvolgimento della Sarpom nella produzione dell’evento causativo del danno, né un qualsivoglia elemento che consenta di ritenere che il Comune abbia gravato la Sarpom degli oneri di messa in sicurezza e di bonifica per il fatto di aver ritenuto quest’ultima responsabile della contaminazione.
Né, a riguardo, è fondatamente replicabile da parte dell’Amministrazione resistente che la Sarpom essendosi proposta senza riserve come operatore, avendo fatto acquiescenza all’ordinanza sindacale n, 27/1999 – con la quale le era stato ordinato, ai sensi dell’art. 38, 2° comma, della legge 142/1990 e s.m., in considerazione della "situazione di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente"; "di provvedere a dare immediata esecuzione al pieno rispetto degli obblighi di messa in sicurezza derivanti dal disposto dell’art. 17 del D.Lgs. n. 22/97 al fine di limitare la contaminazione dei suoli e della falda interessati dall’evento verificatosi nella data presunta tra il 17.9.1999 e il 18.9.1999 e rilevato in data 21.9.1999" – e agli altri atti sindacali che si confondano sul medesimo presupposto dell’ordinanza n. 11/2000, impugnata con il ricorso in esame – quello, cioè, del riconoscimento di Sarpom come soggetto responsabile – ed essendo, inoltre, intervenuto nelle conferenze di servizi (a fianco dei rappresentanti di tutti gli enti competenti in materia), le cui risultanze, dalla stessa Sarpom mai contestate, sono state poste alla base sia dell’ordinanza sindacale n. 27/1999 che dell’ordinanza n. 11/2000, avrebbe con tale comportamento irretrattabilmente riconosciuto la propria posizione di responsabile, tenuto alla bonifica, con conseguente inammissibilità del gravame in esame volto a rimettere in discussione tale qualificazione.
Infatti, l’aver ordinato alla Sarpom, con l’ordinanza contingibile ed urgente n. 27/1999, di dare esecuzione agli "obblighi di messo in sicurezza derivanti dal disposto dell’art. 17 del D.Lgs. n. 22/97", non presuppone necessariamente, in assenza di una qualsiasi indicazione in tal senso, l’individuazione di Sarpom quale soggetto responsabile del rilevato inquinamento e, in quanto tale, obbligato a far fronte agli interventi di cui al richiamato art. 17, ben potendosi ritenere, proprio perché non vi è alcun elemento che valga ad escludere siffatta possibilità, che con l’ordinanza in questione si sia voluta gravare la Sarpom degli obblighi scaturenti dall’art. 17 cit. non in quanto soggetto responsabile, ma, a prescindere da tale qualificazione, in quanto ritenuta il soggetto più idoneo per rimuovere la situazione di inquinamento riscontrata (cfr. verbale della conferenza dei servizi del 23.3.2000 – successiva, quindi, sia all’ordinanza n. 27/1999 che all’ordinanza n. 11/2000 – in cui il rappresentante della ASL della Provincia di Milano n. 1 asserisce che "l’unica ditta tecnicamente in grado di eseguire gli interventi di messa in sicurezza di emergenza sull’area è la società SARPOM in quanto gestore di cinque oleodotti paralleli che attraversano il terreno").
E. ad offrire un qualche spunto ricostruttivo - che peraltro non ha alcun valore dirimente - dell'intendimento inespresso della P.A., potrebbe essere utile rilevare che, nelle premesse dell'indicata ordinanza n. 27/1999, la Sarpom viene qualificata semplicemente come proprietaria dell'oleodotto in questione, precisandosi altresì che "l'evento era derivato da fatto doloso sul quale indagano gli Organi di Polizia Giudiziaria".
Nè indicazioni significative in ordine alla qualificazione di Sarpom come soggetto responsabile sono desumibili dai verbali delle conferenze di servizi, cui ha partecipato anche la ricorrente, le cui risultanze sono state poste a fondamento dell'ordinanza n. 27/1999 (cfr. verbali del 27.9.1999, 6.10.1999 e 8.10.1999) e dell'ordinanza n. 11/2000 (cfr. verbali in data 11.1.2000 e 2.3.2000).
Quanto, poi all'essersi la Sarpom spontaneamente attivata per porre in essere i primi interventi di messa in sicurezza e per aver assunto anche in prosieguo di tempo un comportamento collaborativo con la P.A. in ordine agli ulteriori interventi da eseguire, si tratta di circostanze di fatto inconferenti ai fini di un preteso autoriconoscimento della Sarpom come soggetto responsabile, ben potendosi coniugare il comportamento da quest'ultima tenuto nella vicenda de qua con una qualifica diversa da quella di soggetto responsabile, e precisamente con quella di "soggetto interessato" di cui agli artt 17 D.Lgs. n. 22/1997, 8 e 9 D.M. n. 471/1999 (cfr., a riguardo, la nota in data 3.3.2000, indirizzata alla ricorrente, con cui il Sindaco del Comune di Boffalora Sopra Ticino, dopo aver precisato che la richiesta della Sarpom "volta ad ottenere la sospensione della prescrizione di cui all'ordinanza n. 11 del 7.3.2000 relativa alla presentazione del progetto definitivo di bonifica dei terreni ai sensi del D.M. n. 471/1999" avrebbe potuto essere eventualmente accolta dopo la presentazione del progetto preliminare di cui all'art. 10 del richiamato D.M., conclude invitando la società Sarpom "in quanto soggetto interessato alla bonifica, a voler presentare nel più breve tempo possibile il progetto innanzi citato").
Sulla scorta di tutte le considerazioni che precedono risulta, quindi, infondata l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall'Amministrazione resistente e, correlativamente, risulta fondato il ricorso in esame, con assorbimento di ogni altro profilo di doglianza.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia - Sezione I accoglie il ricorso n. 1889/2000 indicato in epigrafe e, per l'effetto, annulla il provvedimento con lo stesso impugnato:
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Milano, nei giorni 25 ottobre 2000 e 6 febbraio 2001 dal Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia in Camera di consiglio, con l'intervento dei signori:
Giovanni Vacirca Presidente
Mario Mosconi Conigliere
Eleonora Di Santo Consigliere rel est.
Depositata in segreteria il 13 febbraio 2001.