TAR LOMBARDIA-MILANO, SEZ. I - Sentenza 29 agosto 2001 n. 5634
- Pres. Vacirca, Est. Di Santo - Amato (Avv.ti P. Mantini e F. Basile) c. Ministero dell'Interno e Prefettura di Lecco (Avv.ra Stato).Autorizzazione e concessione - Licenza di P.S. - Sentenza ex art. 444 c.p.p. - Non si identifica con una sentenza di condanna.
Autorizzazione e concessione - Autorizzazione ad eseguire investigazioni- Revoca - A seguito di sentenza ex art. 444 c.p.p. - Illegittimità.
La sentenza recante l'irrogazione di una pena concordata tra l’imputato e il Pubblico Ministero, e cioè emessa, ai sensi degli artt. 444 e 445 c.p.p., a seguito di patteggiamento, non si identifica in una condanna in quanto, mancando l'accertamento dei fatti, non comporta affermazione di colpevolezza e quindi di responsabilità dell'imputato (1).
Una sentenza ex artt. 444 e 445 c.p.p. non fa venir meno requisito della assenza di "condanna per delitto non colposo" richiesto dall'art. 134 del T.U.LL.P.S. ai fini della concessione dell'autorizzazione per eseguire investigazioni, nè è da sola sufficiente a legittimare la valutazione negativa circa la persistenza della buona condotta, valutazione addotta a giustificazione dell’esercizio della facoltà di revoca delle licenze di polizia, di cui all'art. 11, 2° comma, T.U.LL.P.S. (2).
----------------------------------
(1) Cfr. Cass. pen., Sez. un., 26 febbraio 1997 n. 1469; 8 maggio 1996 n.2002. ; v. anche Cons. Stato, Sez. VI, 23 febbraio 1999 n. 11, secondo cui la funzione stessa dell'istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, non è quella di accertare, con gli effetti propri dei giudicato, l’esistenza del reato, bensì quella di risolvere in tempi brevi il procedimento, con l'irrogazione della sanzione derivante dall'accordo fra le parti in giudizio, approvato dall'autorità giudicante.
Invero, come ritenuto dalla S.C. (Cass. pen., Sez. un., 8 maggio 1996 n. 11) la sentenza di cui all’art. 444 c.p.p. si sostanzia nell'applicazione di una pena "senza giudizio", perché il giudice non deve dichiarare la colpevolezza dell'imputato, ma deve far riferimento all'accordo tra pubblico ministero ed imputato sul merito del l'imputazione, pur esercitando autonomi poteri di controllo sull'accordo stesso.
Secondo il TAR Lombardia, inoltre, non potrebbe prospettarsi come elemento di diverso giudizio la equiparazione di cui all’art. 445, 1° comma, dello stesso codice di procedura penale, atteso che, come affermato dalla Corte di Cassazione, "il patteggiamento definisce in modo negoziale il procedimento e dalla equiparazione di cui all'art. 445 c.p.p. non può derivare alcuna ammissione di responsabilità da far valere fuori del procedimento così definito".
La sentenza di patteggiamento, pertanto, non è utilizzabile in altro procedimento ... come prova di responsabilità penale dell'imputato che ha richiesto e consentito l'applicazione della pena ex art. 444 c.p.p." (Cass. pen, sez. VI, 27 novembre 1995 n.649); il rapporto di "equiparazione" tra sentenza patteggiata e sentenza di condanna, quindi, "è esauribile solo nell'ambito in cui è possibile cogliere gli aspetti positivi della ... affinità" tra i due tipi di pronuncia. aspetti che "concernono esclusivamente l'applicazione di una pena ad un soggetto per un determinato reato" (Cass. sez. un. Penale, 26 febbraio 1997).
(2) V. da ult.
TAR Friuli Venezia Giulia, sent. 30 agosto 2001 n. 563, in www.giustamm.it n. 9/2001, pag. http://www.giustamm.it/tar1/tarfriuli_2001-563.htm , secondo cui la sentenza ex art. 444 c.p.p. non prova né la sussistenza né l'addebitabilità dei fatti cui essa inerisce; con la stessa sentenza è stato analogamente ritenuto che è illegittimo il provvedimento di revoca di autorizzazioni di p.s. adottato facendo mero riferimento a tale tipo di sentenza.
PER L'ANNULLAMENTO
dei decreto n.1372/00/12B15/GAB dei 1° giugno 2000, notificato il 19 giugno successivo, con il quale il Prefetto di Lecco ha revocato il decreto n.1033/98/12B15/GAB dei 13 novembre 1998 di autorizzazione alla gestione nella provincia di Lecco di un Istituto di investigazioni denominato "Amato Investigazioni e Associati", nonché di ogni altro atto preordinato e conseguente e comunque connesso;
Visto il ricorso con i relativi allegati
Visto l'atto di costituzione in giudizio del I' Amministrazione intimata;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 10 maggio 2001-relatore il Consigliere Eleonora Di Santo - i difensori delle parti;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
Con il ricorso in esame il ricorrente ha impugnato il provvedimento n. 1372/00/121B15/GAB del 1° giugno 2000, con il quale il Prefetto di Lecco ha revocato, ai sensi degli artt. 11 e 134 T.U.LL.P.S., 444 e 445 c.p.p., il decreto n.1033/98/12B15/GAB del 13 novembre 1998 di autorizzazione alla gestione nella provincia di Lecco di un Istituto di investigazioni denominato "Amato Investigazioni e Associati", in ragione sostanzialmente dell'emissione nei confronti dei medesimo ricorrente, a seguito di patteggiamento, di una sentenza di condanna da parte del Tribunale di Bergamo in data 19 ottobre 1999 per. il reato di tentata estorsione (artt.56 - 629 c.p.).
In particolare i presupposti a fondamento dell'impugnato provvedimento risultano essere i seguenti:
- in primo luogo, l'arresto dei ricorrente e l'applicazione da parte del GIP di Bergamo in occasione della revoca della misura della custodia cautelare del divieto dì soggiorno nei comuni della Provincia di Bergamo che attesterebbero "il riconoscimento della pericolosità del soggetto e comunque, concretano elementi di responsabilità a carico dell'Amato, in ordine al reato di tentata estorsione
- In secondo luogo, "la pena comminata dal Tribunale di Bergamo, seppure applicata su richiesta delle parti, ex artt. 444 e 445 c.p.p.," che "deve ritenersi comunque basata sull'ammissione da parte dell'interessato dei fatti, accertati, corrispondenti a quanto rilevato dal Pubblico Ministero."
Deduce il ricorrente a sostegno dei gravarne: 1) "Violazione di legge per contrasto con gli artt.444 e 445 c.p.p.. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Violazione dell'art.3 della legge n.241 del 1990 per difetto ed insufficienza della motivazione"; 2) "Violazione di legge per contrasto con l'art.11, secondo comma, del R.D. n.773 dei 1931 sotto il profilo della mancata valutazione dei profili di incompatibilità con la permanenza dell'autorizzazione. Difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Illegittimità per contrasto con l'art.3 della legge'n.241 del 1990 per difetto di .motivazione"; 3) "Illegittimità per violazione dell'art.166 cod. pen. e per violazione del principio di gradualità della sanzione. Eccesso di potere nelle sue diverse figure sintomatiche"; 4) "Violazione di legge per contrasto con l'art.2 della legge 241 del 1990 sotto il profilo della mancata conclusione del procedimento entro i termini fissati".
Il ricorso è fondato sotto l'assorbente profilo di censura dedotto con il :primo motivo di impugnazione.
La sentenza recante l'irrogazione di una pena concordata tra l’imputato e il Pubblico Ministero, e cioè emessa, ai sensi degli artt.444 e 445 c.p.p., a seguito di patteggiamento, non si identifica in una condanna in quanto, mancando l'accertamento dei fatti, non comporta affermazione di colpevolezza e quindi di responsabilità dell'imputato (Cass. pen. Sez. un., 26.2_1997 n. 1469; 8.5.1996 n.2002).
Tale diversità deriva dalla funzione stessa dell'istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, che non è quella di accertare. con gli effetti propri dei giudicato, l’esistenza del reato, bensì quella di risolvere in tempi brevi il procedimento, con l'irrogazione della sanzione derivante dall'accordo fra le parti in giudizio, approvato dall'autorità giudicante (Cons. St,, Sez. VI, 23 febbraio 1999 n. 11
Infatti, la sentenza di cui all’art.444 c.p.p. si sostanzia nell'applicazione di una pena "senza giudizio", perché il giudice non deve dichiarare la colpevolezza dell'imputato, ma deve far riferimento all'accordo tra pubblico ministero ed imputato sul merito del l'imputazione, pur esercitando autonomi poteri di controllo sull'accordo stesso (Cass. pen. sez- un., 8 maggio 1996 n. 11)
Né in contrario potrebbe prospettarsi come elemento di diverso giudizio la equiparazione di cui all’art.445, 1° comma, dello stesso codice di procedura penale.
Al riguardo, vale, infatti, quanto affermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui "il patteggiamento definisce in modo negoziale il procedimento e dalla 'equiparazione' di cui all'art.445 c.p.p. non può derivare alcuna ammissione di responsabilità da far valere fuori del procedimento così definito.
La sentenza di patteggiamento, pertanto, non è utilizzabile in altro procedimento ... come prova di responsabilità penale dell'imputato che ha richiesto e consentito l'applicazione della pena ex art.444 c.p.p." (Cass. pen, sez. VI, 27 novembre 1995 n. 649); il rapporto di "equiparazione" tra sentenza patteggiata e sentenza di condanna, quindi, "è esauribile solo nell'ambito in cui è possibile cogliere gli aspetti positivi della ... affinità" tra i due tipi di pronuncia. aspetti che "concernono esclusivamente l'applicazione di una pena ad un soggetto per un determinato reato" (Cass. sez. un. Penali 26 febbraio 1997).
Ciò impedisce di ritenere che tale tipo di sentenza faccia venir meno requisito della assenza di "condanna per delitto non colposo" richiesto dall'art. 134 del T.U.LL.P.S. ai fini della concessione dell'autorizzazione per eseguire investigazioni.
Il provvedimento impugnato non può trovare, pertanto, in tale disposizione la sua fonte legittimante.
La sentenza penale in questione, inoltre, unitamente all'altro presupposto su cui si fonda il provvedimento impugnato, non è da sola sufficiente a legittimare la valutazione negativa espressa dall'Amministrazione circa la persistenza della buona condotta, valutazione addotta a giustificazione dell’esercizio della facoltà di revoca delle licenze di polizia, di cui all'art.11, 2° comma, T.U.LL.P.S..
Infatti, dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art.11, 2' comma, R.D773/1931, nella parte in cui poneva a carico dei cittadino l'onere di provare la sua buona condotta (C. Cost. 16.12.1993 n.440), ferma restando comunque la necessaria sussistenza in capo al richiedenti le licenze dì polizia dell'ordinario requisito della "buona condotta morale", l'Amministrazione, pur continuando a godere di, ampi poteri discrezionali nel valutare le circostanze di fatto che possono far venir meno il requisito in parola e quindi legittimare il diniego (o la revoca) della licenza di polizia, deve rigorosamente provare i fatti su cui si fonda la sua valutazione discrezionale.
Essa, cioè. in un ordinamento, quale il nostro, in , cui è costituzionalizzata la presunzione di non colpevolezza dell'imputato fino alla condanna definitiva (art. 27 Cost.). non può far discendere automaticamente, come nel caso di specie, senza alcuna autonoma istruttoria e valutazione, il venir meno delle condizioni soggettive per il mantenimento del titolo di polizia dalla circostanza che siano state adottate delle misure cautelari e sia stata emessa una sentenza di patteggiamento nel confronti dell'interessato.
Tale autonoma indagine valutativa è, invece, radicalmente mancata nel caso in esame, ancorché il ricorrente abbia sempre contestato la prospettazione dei fatti compiuta dalla querelante negando ogni sua responsabilità.
Risulta, anzi, espressamente dal provvedimento impugnato che gli elementi di responsabilità a carico del ricorrente in ordine al reato di estorsione sono stati desunti in maniera apodittica dalle misure cautelari adottate nei suoi confronti - ancorché le misure cautelari nella fase delle indagini preliminari siano emesse dal Giudice penale sulla base di un semplice sospetto sulla colpevolezza del soggetto alle stesse sottoposto e pertanto non siano idonee a far ritenere sussistente una responsabilità il cui accertamento è rimesso alla fase dibattimentale e che si è reputato che la pena applicata a seguito di patteggiamento «deve ritenersi comunque basata sull'ammissione da parte dell'interessato dei fatti accertati, corrispondenti a quanto rilevato dal Pubblico Ministero".
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto, con assorbimento di ogni ulteriore profilo di doglianza.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M
il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia - Sezione 1 accoglie il ricorso n.3829/2000 indicato in epigrafe, e, per l'effetto, annulla il provvedimento con lo stesso impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così, deciso in Milano, in data 10 maggio 2001 dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia In Camera di consiglio, con l'intervento dei signori:
Giovanni Vacirca Presidente
Marìo Mosconi Consigliere
Eleonora Di Santo Consigliere rel. est.
Depositata il 29 agosto 2001.