Giust.it

Giurisprudenza
n. 11-2002 - © copyright.

TAR LOMBARDIA-MILANO, SEZ. II – Sentenza 28 ottobre 2002 n. 4208 - Pres. Guerrieri, Est. Giordano - Invernizzi (Avv.ti Villata, Morbidelli e Righi) c. Azienda Ospedaliera San Paolo di Milano (Avv. Ferrari), Università degli Studi di Milano (Avv.ra Stato) e Podda (n.c.) - (accoglie).

1. Giurisdizione e competenza - Pubblico impiego - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - Per le controversie riguardanti le categorie indicate dall’art. 2, comma 5, del D.Lgs. n. 29/93 ed in particolare per i professori e ricercatori universitari - Sussiste anche dopo il D.L.vo n. 80/1998.

2. Giurisdizione e competenza - Pubblico impiego - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - Per controversia riguardante un professore universitario - Ancorchè concerna le attività assistenziali da quest’ultimo svolte presso le strutture del servizio sanitario nazionale - Sussiste.

3. Giustizia amministrativa - Processo amministrativo - Sua sospensione per pregiudizialità - Prosecuzione del giudizio - Atto di riassunzione - Non occorre - Deposito di una istanza di fissazione d’udienza - Sufficienza.

4. Giustizia amministrativa - Processo amministrativo - Cessazione della materia del contendere - Casi in cui si verifica - Individuazione.

5. Giustizia amministrativa - Processo amministrativo - Sopravvenuta carenza di interesse - Casi in cui si verifica - Individuazione - Circostanza che il ricorrente sia stato collocato in quiescenza - Non fa venir meno ex se l’interesse, che permane non solo a fini morali ma anche a fini risarcitori.

6. Pubblico impiego - Sanitari - Sanitari universitari - Art. 15-nonies, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 - Provvedimento di cessazione dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali, nonché dalla direzione delle strutture assistenziali, al raggiungimento dei limiti massimi di età ivi indicati - In assenza della stipula dei protocolli d'intesa tra università e regioni - Illegittimità a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 71/2001.

7. Giustizia amministrativa - Processo amministrativo - Sopravvenienza nel corso del giudizio di una sentenza declaratorio di illegittimità costituzionale di una determinata norma - Potere del giudice di tener conto della norma stessa - Non sussiste.

1. Continuano a rientrare nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 68, 4° comma, del D.Lgs. n. 29/93 (v. ora l'art. 63, quarto comma e art. 3, secondo comma, D.Lgs. n. 165/2001), tutte le controversie riguardanti i rapporti di impiego elencati dall’art. 2, comma 5, del D.Lgs. n. 29/93, tra i quali rientrano quelli dei professori e ricercatori universitari.

2. La giurisdizione esclusiva del G.A. sussiste, anche a seguito del D.L.vo n. 80/1998, in ordine ad una controversia riguardante un professore universitario ed avente ad oggetto l’esercizio delle attività assistenziali che, benché svolte presso le strutture del servizio sanitario nazionale, rientrano negli obblighi scaturenti dal rapporto d’impiego con l'Università, in quanto inscindibilmente connesse all’attività didattica e scientifica da questi svolta (la controversia nella specie concerneva un provvedimento che aveva disposto la cessazione di un docente universitario dall’attività assistenziale e dalla direzione di una struttura clinicizzata).

3. Nel caso in cui il giudice amministrativo abbia disposto la sospensione del giudizio, in attesa della definizione di una questione pregiudiziale, ai fini della prosecuzione della causa, una volta cessata la causa di sospensione, non occorre un atto di riassunzione, non previsto dal processo amministrativo, essendo sufficiente per impedire la perenzione del ricorso la presentazione di un’istanza di fissazione d’udienza (1).

4. La cessazione della materia del contendere può essere dichiarata soltanto qualora, con l’eliminazione dell’atto impugnato, il ricorrente consegua esattamente l’utilità alla cui tutela era preordinato il ricorso.

5. La improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d'interesse può essere pronunciata solo in presenza di un mutamento della situazione di fatto e di diritto cui consegua con certezza il venir meno per il ricorrente di qualsiasi utilità, anche se solo strumentale, morale o comunque residua. Tale mutamento non sussiste nel caso in cui il ricorso sia stato proposto da un dipendente pubblico, per il fatto che il ricorrente, nelle more della definizione del giudizio, sia stato collocato a riposo, atteso che in tale ipotesi l’interesse alla decisione di merito permane non solo sotto il profilo morale, ma anche per i riflessi patrimoniali che possono conseguire da una pronuncia favorevole, non potendosi escludere che l’interessato possa trarre ristoro, sotto il profilo risarcitorio, del danno subito a causa di un atto eventualmente riconosciuto illegittimo.

6. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale 16 marzo 2001, n. 71 (con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 15 nonies, secondo comma, del D. Lgs. n.502/92, aggiunto dall’art. 13 del D.L.vo 19.6.1999, n. 229, nella parte in cui dispone la cessazione del personale medico universitario di cui all’art. 102 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali, nonché dalla direzione delle strutture assistenziali, al raggiungimento dei limiti massimi di età ivi indicati, in assenza della stipula dei protocolli d’intesa fra università e regioni previsti dalla stessa norma), debbono ritenersi illegittimi gli atti con i quali, ai sensi della stessa norma, un professore universitario è stato dichiarato decaduto dalle funzioni assistenziali, ove tale atto sia stato adottato in carenza di previa stipula (ed applicazione) di suddetti protocolli d’intesa.

7. Ai sensi dell’art. 30 della L. n. 87/1953, sussiste il divieto per il giudice di dare applicazione a leggi dichiarate in contrasto con i precetti costituzionali rispetto ai rapporti non ancora esauriti, ciò in particolare quando, nel giudizio pendente, anteriormente alla pronunzia della Corte costituzionale, la legge o una sua norma sia stata oggetto di specifica censura (2).

------------------------------------

(1) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 luglio 1997 n. 706; 14 aprile 1998 n. 610.

(2) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 novembre 2000 n. 6072.

Alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto che la pronuncia di illegittimità costituzionale dell’art.15 nonies, secondo comma, del D.Lgs. n.502/92 rivestiva efficacia retroattiva e privava pertanto il provvedimento di decadenza impugnato del suo originario fondamento normativo.

 

 

per l'annullamento

della deliberazione 22 settembre 1999 n.1422 con cui il Direttore generale dell’Azienda ospedaliera ha preso atto della decadenza del ricorrente dalle sue funzioni assistenziali di dirigente medico di II livello responsabile dell’U.O. Medicina Generale I con decorrenza dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n.229/99, nonché, se e in quanto occorra, del provvedimento di comunicazione in data 30 settembre 1999

e per l’accertamento

del perdurante diritto del ricorrente, quale docente universitario di prima fascia della Facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano, a continuare l’esercizio delle attività assistenziali proprie del suo status, quale dirigente medico di II livello responsabile dell’U.O. Medicina generale presso l’Azienda Ospedaliera, fino all’inizio dell’anno accademico successivo al compimento del settantaduesimo anno di età e cioè sino al passaggio fuori ruolo, come stabilito dal combinato disposto degli artt.19 e 110 del D.P.R. n.382/80 e 16 D,lgs. n.503/92 per la docenza universitaria;

(omissis)

FATTO e DIRITTO

1) Il ricorrente, professore ordinario di Patologia medica presso l’Università degli studi di Milano, ha assunto in data 2 dicembre 1991 la direzione della Divisione di Medicina Generale III, con le funzioni assistenziali di primario, presso l’Ospedale San Paolo di Milano, per essere successivamente trasferito con le stesse funzioni primariali alla I Divisione di Medicina Generale del medesimo nosocomio.

Lo stesso ha chiesto di poter permaner nel servizio di ruolo quale docente universitario di I fascia sino all’inizio dell’anno accademico successivo al compimento del 72° anno d’età e tale diritto gli è stato riconosciuto con decreto del Rettore n.2840 del 2 agosto 1995, con conferma anche delle funzioni assistenziali di dirigente sanitario responsabile di unità operativa.

Senonché, con nota 30 settembre 1999, il Direttore generale dell’azienda ospedaliera ha comunicato all’interessato di aver preso atto della decadenza dalle funzioni assistenziali, ai sensi dell’art.15 nonies del D.Lgs. n.229/99, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto, precisando di considerare come svolte in via di fatto le funzioni rese sino alla data della comunicazione medesima.

2) Avverso la suindicata determinazione il prof. Invernizzi ha proposto il ricorso in epigrafe, con il quale chiede l’annullamento dell’atto impugnato e il riconoscimento del diritto all’esercizio delle funzioni assistenziali fino all’inizio dell’anno accademico successivo al compimento del settantaduesimo anno di età. Il ricorrente, dopo aver delineato il contesto normativo che disciplina la materia, espone a sostegno del gravame che:

il provvedimento ha determinato l’improvviso scardinamento delle attività assistenziali, con effetti ablatori delle complessive e compenetrate attribuzioni del ricorrente, in assenza della partecipazione procedimentale ex art.7 l.n.241/90, nonché in violazione del principio di continuità didattica e assistenziale, con lesione dello status di docente universitario e con palese disattenzione al principio della leale collaborazione che esigeva il concerto tra Università e Azienda Ospedaliera (1° motivo);

in considerazione dell’imprenscindibile coesistenza della funzione assistenziale con quella didattica, l’adozione del provvedimento che dispone la cessazione dalle attività assistenziali presuppone la previa definizione degli adempimenti convenzionali necessari a garantire al docente l’esercizio delle attività di cura e assistenza (2° motivo);

diversamente, l’art. 15 nonies D.lgs. n.229/99 risulterebbe affetto da molteplici vizi di illegittimità costituzionale per violazione degli artt.2, 3, 4, 32, 33, 76 e 97 Cost. (3° motivo).

Si è costituita in giudizio l’Azienda ospedaliera, che resiste al ricorso denunciandone l’inammissibilità e l’infondatezza.

3) Con successivo ricorso n.9516/2000, presentato avanti al TAR Lazio, il prof. Invernizzi ha riproposto la questione dell’accertamento del proprio diritto all’esercizio dell’attività assistenziale. Ciò ha indotto l’Azienda ospedaliera a costituirsi nella relativa procedura e a presentare istanza per regolamento di competenza, con la quale ha eccepito l’incompetenza del TAR Lazio successivamente adito.

Il ricorso in epigrafe veniva intanto chiamato all’udienza del 21 marzo 2001, in esito alla quale la sezione disponeva con ordinanza la sospensione del giudizio, in attesa della pronuncia in ordine alla competenza territoriale.

Con ordinanza n.2610/2001 la quinta sezione del Consiglio di Stato ha affermato la competenza del TAR Lombardia a conoscere della controversia.

Con istanza in data 14 novembre 2001 il ricorrente, richiamata la pronuncia del Consiglio di Stato ed evidenziata la cessazione della causa di sospensione del giudizio, ha chiesto la fissazione dell’udienza di merito, che è stata stabilita per la data del 20 giugno 2002.

In vista della discussione di merito le parti hanno depositato memorie difensive.

All’udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

4) Devono essere affrontate preliminarmente le eccezioni in rito, che sono state sollevate dall’Azienda resistente.

4.1) Questa assume in primo luogo l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sulla scorta del rilievo che la controversia, benché proposta da un docente universitario, non concernendo il rapporto di impiego con l’Università ma l’esercizio delle funzioni assistenziali in strutture del S.S.N., sarebbe devoluta, dal 30 giugno 1998, alla competenza del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro.

L’eccezione non ha fondamento.

L’art.68 del D.Lgs. n.29/93, come successivamente modificato prima di essere sostituito dall’art.63 del D.Lgs. n.165/2001, dispone al suo quarto comma che "restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 2 commi 4 e 5, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi.".

In forza di tale disposizione, il rapporto di impiego dei professori e ricercatori universitari, che è espressamente considerato dall’art.2 comma 5 del decreto, resta attratto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

La controversia in esame ha ad oggetto la pretesa all’esercizio delle attività assistenziali che, benché svolte presso le strutture del servizio sanitario nazionale, rientrano negli obblighi scaturenti dal rapporto d’impiego con l'Università, in quanto inscindibilmente connesse all’attività didattica e scientifica.

Pertanto, in forza del combinato disposto dei richiamati artt.68 comma 4 e 2 comma 5 D.Lgs. n. 29 del 1993 (ora: art.63 quarto comma e art.3 secondo comma D.Lgs. n.165/2001), il giudice del lavoro non ha giurisdizione sul provvedimento che dispone la cessazione di un docente universitario dall’attività assistenziale e dalla direzione di una struttura clinicizzata.

4.2) L’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata notifica al docente cui l’Azienda ha affidato le funzioni assistenziali rivendicate dal ricorrente è infondata in fatto, dal momento che il ricorso è stato regolarmente notificato anche al prof. Podda in qualità di soggetto controinteressato all’impugnazione.

4.3) L’Azienda ospedaliera deduce che alla pronuncia del Consiglio di Stato, che ha dichiarato la competenza del TAR Lombardia, non ha fatto seguito alcuna iniziativa del ricorrente, il quale non ha formalmente riproposto le proprie istanze avanti al giudice dichiarato competente.

Tale inattività, come riconosce la stessa difesa resistente, determina l’estinzione del gravame originariamente pendente avanti al TAR Lazio, ma non impedisce la prosecuzione e l’esame nel merito del presente ricorso, essendo venuto meno l’effetto sospensivo derivante dalla proposizione del regolamento di competenza.

Infatti, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo per discostarsi, nell’ipotesi di sospensione del giudizio amministrativo in attesa della definizione di una questione pregiudiziale, ai fini della prosecuzione della causa, una volta cessata la causa di sospensione, non occorre un atto di riassunzione, non previsto dal processo amministrativo, essendo sufficiente, ad impedire la perenzione del ricorso, la presentazione di un’istanza di fissazione d’udienza (cfr. CdS. IV, 14 luglio 1997 n. 706; 14 aprile 1998 n. 610).

4.4) E’ stata eccepita infine l’improcedibilità del ricorso per cessazione della materia del contendere; ciò per la considerazione che il ricorrente, il quale nelle more del giudizio ha raggiunto il settantaduesimo anno di età, è stato oramai collocato a riposo e, quindi, non può più aspirare all’affidamento delle funzioni assistenziali.

Nemmeno questa eccezione ha fondamento.

Deve infatti escludersi che la situazione rappresentata dalla resistente possa determinare la cessazione della materia del contendere, questa potendosi dichiarare soltanto qualora, con l’eliminazione dell’atto impugnato, il ricorrente consegua esattamente l’utilità alla cui tutela era preordinato il ricorso.

Né nella circostanza considerata può scorgersi un motivo di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d'interesse, che può essere pronunciata solo in presenza di un mutamento della situazione di fatto e di diritto cui consegua con certezza il venir meno per il ricorrente di qualsiasi anche se solo strumentale, morale o comunque residua utilità della pronuncia del giudice.

Nella specie, il collocamento in quiescenza non spoglia il ricorrente dell’interesse alla decisione di merito, che permane non solo sotto il profilo morale, ma anche per i riflessi patrimoniali che possono conseguire da una pronuncia favorevole, non potendosi escludere che l’interessato possa trarre ristoro, sotto il profilo risarcitorio, del danno subito a causa di un atto eventualmente riconosciuto illegittimo.

5) Il collegio deve quindi procedere all’esame nel merito del ricorso.

Al riguardo le doglianze esposte dal ricorrente hanno trovato definitiva conferma nella sentenza n.71 del 16 marzo 2001, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.15 nonies, secondo comma, del D.Lgs. n.502/92, aggiunto dall’art. 13 del D.L.vo 19.6.1999, n. 229, nella parte in cui dispone la cessazione del personale medico universitario di cui all’art. 102 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali, nonché dalla direzione delle strutture assistenziali, al raggiungimento dei limiti massimi di età ivi indicati, in assenza della stipula dei protocolli d’intesa fra università e regioni previsti dalla stessa norma, ai fini della disciplina delle modalità e dei limiti per l’utilizzazione del suddetto personale universitario per specifiche attività assistenziali strettamente connesse all’attività didattica e di ricerca.

Ne consegue, in via immediata e diretta, l’illegittimità dei provvedimenti impugnati che, come fondatamente dedotto dal ricorrente, sono stati adottati in carenza di previa stipula (ed applicazione) di detti protocolli.

6) Al riguardo non possono essere condivise le argomentazioni con le quali la difesa dell’azienda sanitaria sembra incline a ritenere che la pronuncia del giudice delle leggi non possa acquisire rilievo nella fattispecie oggetto del giudizio.

6.1) Come ricorda la stessa difesa resistente, in forza dell’art.30 l.n.87/53 le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della relativa decisione, il che impedisce a questo giudice di ritenere la legittimità di un provvedimento che è stato emanato in diretta applicazione della disposizione normativa (successivamente) espunta dall’ordinamento.

E’ infatti noto che la disposizione fa divieto ai giudici di dare applicazione a leggi dichiarate in contrasto con i precetti costituzionali rispetto ai rapporti non ancora esauriti, ciò in particolare quando, come nel caso di specie, nel giudizio pendente, anteriormente alla pronunzia della Corte costituzionale, la legge o una sua norma sia stata oggetto di specifica censura (cfr. CdS IV, 13 novembre 2000 n. 6072).

6.2) Neppure può assumere rilievo la circostanza che il Consiglio di Stato, pronunciandosi con l’ordinanza n.143/2000 nella sede cautelare del presente giudizio, abbia escluso la manifesta fondatezza della questione di legittimità costituzionale su cui si è successivamente pronunciata la Corte costituzionale con la sentenza n.71/2001.

Trattandosi, infatti, di pronuncia resa in sede di sommaria delibazione propria della fase cautelare, la stessa per il suo carattere interinale e provvisorio è inidonea a dar luogo ad una sorta di giudicato "interno", che possa precludere o pregiudicare la decisione di merito.

6.3) Infine, seppure è vero che la decadenza dalle funzioni assistenziali è stata dichiarata in doverosa applicazione di una disposizione (all’epoca) cogente, ciò non toglie che la pronuncia di illegittimità costituzionale della disposizione medesima riveste efficacia retroattiva e priva il provvedimento impugnato del suo originario fondamento normativo.

7) Il ricorso va pertanto accolto con le consequenziali statuizioni di cui in dispositivo.

Ricorrono giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia definitivamente pronunciando sul ricorso n. 3925/99 così dispone:

-accoglie il ricorso e per l’effetto annulla la deliberazione impugnata;

-compensa le spese tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano il 20 giugno 2002 in camera di consiglio con l'intervento dei magistrati:

Pio Guerrieri-presidente

Domenico Giordano-cons.est.

Anna Bottiglieri-ref.

Depositata in segreteria in data 28 ottobre 2002.

Copertina Stampa il documento Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico